Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: _FairyGirl_    05/10/2011    2 recensioni
Un incontro con una persona basta per cambiarti la vita? Forse sì, se la persona in questione è Robert Pattinson. E può una ragazza comune lasciare un segno? Sì se la ragazza in questione è Shiri: vuole vivere della sua musica, non ha pretese e spera in qualcosa di migliore. Ama le piccole cose e desidera solo...essere ricordata. Si incontreranno e...dovrete leggere per sapere il resto (:
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta
 

Mi aiuta ed insieme scavalchiamo la ringhiera del grosso cancello e con un salto, raggiungiamo l’altro lato, entrando nel parco.
“Perché è uno dei tuoi parchi preferiti?” gli chiedo mentre mi ripulisco le mani dal terriccio.
“Non lo so, lo è sempre stato. Forse perché ha una bella atmosfera” mi spiega ricominciando a camminare.
“Non è che ti daranno per disperso?” gli chiedo preoccupandomi un po’. Forse è controllato o roba del genere.
Ride leggero e la sua risata mi colpisce in pieno petto.
“No tranquilla ragazza del pub, non mi daranno per disperso” dice mettendosi le mani in tasca.
“Meglio così”. Mi guardo attorno. Due anni che vivo a Londra e non sono mai entrata in quel parco…che vergogna.
“Davvero non mi dirai come ti chiami?” insiste.
“Te l’ho detto, lo devi scoprire tu”
“Ma come faccio? Ci sono miliardi di nomi, potresti chiamarti in tutti i modi e poi..sei italiana, non conosco nomi italiani”
“Ti facilito le cose allora: non ho un nome italiano”
“Oh grazie! Ora sicuramente sarà più facile” dice quasi infastidito.
“Ho un nome ebraico” gli dico fermandomi sotto ad un albero.
Lui fa lo stesso e mi guarda.
“Non conosco nemmeno nomi ebraici” mi sussurra.
“Impossibile: Noah?”
Annuisce.
“È ebraico”
“Adam?”
Annuisce di nuovo.
“Aaron?”
“Okay ho capito, tutti nomi provenienti dalla Bibbia” dice.
Annuisco con un sorriso.
“Ma il mio non è così antico”
“Quindi ti chiami…?” ci riprova.
Sorrido e mi stringo nella giacca. È ora di dirgli il mio nome.
“Shiri” sussurro.
“Shiri?” ripete.
Annuisco. Non parla per alcuni istanti.
“È uno strano nome”
“Già, la conosci l’attrice Shiri Appleby?”
Scuote la testa.
“ La protagonista del telefilm Roswell…”
Fa di nuovo cenno di no con la testa. “Non guardo molto i telefilm”
“Bè, mi chiamo come lei. A mia madre è piaciuto subito, anche se lei l'aveva letto in un libro. Soprattutto le è piaicuto il suo significato”
“ Perché, che cosa significa?”
“La mia canzone”
Fa un mezzo sorriso.
“Perfetto per te” sussurra.
Annuisco mentre si va a sedere su una panchina, poco distante da me. Lo seguo e mi siedo anche io, rimanendogli un po’ distante.
“Quindi…ti chiami Shiri” ripete. “ è inutile vero, che ti dica il mio nome?”
Scoppio a ridere e mi guarda male.
“Inutile è dire poco” dico tra le risate.
Scuote la testa senza dire nulla.
“Non è colpa tua se sei famoso”
“Credi?”
“Che cosa?”
“Che non sia colpa mia?”
Alzo le spalle. “Bè, è un modo di dire, in realtà è solo colpa tua. Sei tu che hai deciso di fare l’attore, a proposito...ti piace farlo?”
“Sì, molto”
“Immagino che dev’essere divertente”
“E faticoso”
Lo guardo. “ Faticoso fare l’attore?” esclamo allibita. “Ma non mi dire!” lo prendo in giro.
“Che cosa intendi?”
“Vuoi anche che te lo spiega? Ti facevo molto più intelligente”
Fa una smorfia. “Guarda che ho capito, ma voglio che me lo spieghi lo stesso”
Sospiro. “Mi rifiuto di credere che il mestiere dell’attore sia faticoso. Faticoso è alzarsi la mattina alle cinque e andare in fabbrica, faticoso è prendersi cura di un bambino piccolo tutti i giorni per ventiquattro ore, faticoso è stare seduti su una scrivania davanti ad un computer otto ore, faticoso è cercare di salvare delle vite quando arrivano in ospedale, faticoso è fare…il muratore, o il minatore! Faticoso è lavorare dieci ore al giorno sotto al sole e prendere una miseria di stipendio…non è di certo fare l’attore per quanto possa essere stancante. Senza offesa, amico” spiego un po’ agitata dal discorso. Lui si limita a fissarmi, non dice nulla. Mi fa andare in crisi, forse l’ho offeso. Ma non me ne importa, sono convinta di quello che ho detto.
“Wow” sussurra. Lo guardo senza capire.
“Sai davvero che cosa vuol dire lavorare”
“Dovresti saperlo anche tu” dico un po’ bruscamente.
“Oh credimi, lo so. E so anche che il mio lavoro non è niente in confronto a quelli che hai citato tu. Lo so che fare l’attore è un grande, anzi, grandissimo privilegio, perché potrei ritrovarmi a faticare sul serio e invece faccio quello che amo, a differenza di altri meno fortunati”
“Da come parlate voi attori del vostro lavoro, non sembra proprio. Sembra che farlo sia faticoso e firmare gli autografi o stare davanti ai fotografi...sia…troppo stressante. Odio questo modo di pensare!”
“Anch’io” dice velocemente. Lo guardo.
“Davvero” sussurra. “ Spero di non essere così o almeno, di non dare quell’impressione perché ne morirei”
Sposto lo sguardo sulle mie mani.
“No, non la dai” sussurro.
“Meglio così” dice con un sorriso.
Si alza dalla panchina e mi offre la mano, di nuovo.
“Vieni”.
“Dove andiamo ora?”
“A fare una passeggiata, c’è la luna” dice indicandola con un dito.
Mi alzo e senza prendere la sua mano cominciamo a camminare, in silenzio. Non so nemmeno che ore sono. Forse è tardi.
“Tu invece lavori in una libreria” ricomincia.
“Sì, da circa un anno”
“Ti piace?”
“Molto, amo leggere”
“Anche io”
“Ne ho sentito parlare”
“Davvero?”
“Sì, forse l’ho letto su un giornale che sei un divoratore di libri”
Ride. “Più o meno e che genere leggi?”
“Di tutto, ma amo i classici”
“Tipo?”
“Dickens, Wilde, Austen, Shakespeare, Goethe, Prust…ma leggo anche cose moderne, anzi, ultimamente sto proprio leggendo solo quelli”
“Non male”
“E tu?”
“Amo i libri di poesia, ma in genere anche io leggo di tutto”
Sospiro e mi stringo nelle spalle.
“Hai freddo?” mi chiede.
“No, sto bene”. È molto dolce. Mi fermo e lui fa lo stesso, guardandomi.
“Che succede?”
“Perché mi hai chiesto di venire a fare una camminata con te?”
“Non potevo?” chiede titubante.
“Sì, ma…voglio capire. Sei venuto con un sacco di amici…perchè proprio io? Non mi conosci affatto”
“Ho sentito la tua musica e…le cose che scrivi sono vere quindi vuol dire che tu sei una persona vera e avevo bisogno di stare con qualcuno così. Con qualcuno che non gli importa minimamente chi io sia”
“Che cosa ne sai che non m’importa chi sia tu?” lo stuzzico.
“L’ho capito dalla reazione che hai avuto appena mi hai visto…non hai urlato o altro, mi hai semplicemente salutato come se fossi uno qualunque. Era da tanto che non mi succedeva”
Sorrido. “Io sono…solo stata me stessa”
“Lo so, e ti ringrazio”
“Davvero mi stai ringraziando per questo?”
“Sì, davvero!” dice ridendo. Poi ritorna serio. “ Quindi, vuoi stare ancora un po’ qui con me?”
Wow, che proposta! E me la sta facendo Rob, in persona!
“Sì” sussurro. Lui sorride e ricomincia a camminare. Poi si ferma di nuovo.
“Hai fame?” mi chiede. In effetti, ora che me lo chiede, sento il mio stomaco brontolare.
Annuisco.
“Conosco un posto qua vicino che fa degli ottimi hamburger”
“Perfetto” dico sorridendo. “Ma...come usciamo dal parco?”
Indica il cancello. Dovevamo di nuovo scavalcare.
Ci avviciniamo e lui salta sul muretto poi, stando attendo, scavalca il cancello nero e con un altro salto raggiunge la strada al di là. È atletico il ragazzo.
Salto anch'io sul muretto e con fatica mi arrampico sul cancello.
“Se mi faccio male, sarà tutta colpa tua”
“Non succederà, dai vieni” mi dice.
Sono sul bordo del cancello e devo scendere.
“Ci sono io” dice venendo sotto di me e allungandomi una mano. Questa volta la prendo e mi aiuta a scendere. Mi ritrovo con il suo viso a pochi centimetri dal mio e mi sento morire. Lui mi guarda senza dire nulla.
“Visto? Non ti sei fatta male”
“No” sussurro allontanandomi. “ Grazie”
“Andiamo a mangiare?” dice.
Annuisco e riprendiamo a camminare, mentre il mio cuore ritorna a battere normalmente.
Il posto in cui mi porta è davvero carino e non c’è nessuno, siamo solo io e lui. Non si è ancora tolto gli occhiali da sole e il berretto ma la ragazza dietro al bancone lo riconosce. Emette un urlo, gli chiede immediatamente una foto e un autografo. Io rimango in disparte, sorridendo di quella situazione. Quando ritorna da me fa una smorfia.
“Hai capito cosa intendevo prima quando ti ho detto della tua reazione appena mi hai visto?”
“Certo, non c’entra nulla con quella che abbiamo visto adesso” dico ridendo.
“Appunto” risponde sedendosi. Io faccio lo stesso.
“Ho ordinato anche per te”
“D’accordo” rispondo. Lo guardo per qualche secondo.
“Puoi anche toglierteli gli occhiali, non c’è nessuno e la commessa ti ha già riconosciuto”
Ride leggero e se li sfila. Wow, il mio cuore si ferma e mi paralizzo. Ha degli occhi bellissimi e uno sguardo profondo.
“Così va meglio, ragazza del pub?” mi dice sorridendo.
Ho solo la forza di annuire mentre arrivano i nostri piatti. La ragazza guarda solo Rob e gli fa mille sorrisi. Lui ricambia e la ringrazia. È davvero molto, molto disponibile e gentile. Mi piace.
Oddio, ho pensato davvero che mi piace? Sì, l’ho pensato perché è quello che provo. Come fa a non piacermi? È così…
“Non mangi?” mi chiede interrompendo i miei pensieri. Mi accorgo che non ho ancora toccato nulla e con un mezzo sorriso comincio a mangiucchiare le mie patatine. Ho una fame!
“Ti va di fare un gioco?” gli chiedo ad un certo punto alzando lo sguardo. Annuisce.
“Si chiama la prima volta”
“E in che cosa consiste?” mi chiede bevendo un sorso di coca cola.
“Io ti chiedo quando è stata la prima volta che hai fatto o detto qualcosa…e tu mi devi rispondere. Poi tu fai lo stesso con me”
Annuisce anche se non sembra molto convinto. Forse gli sembra un gioco stupido, in effetti un po’ lo è, ma è l’unico modo in cui posso conoscere qualcosa di lui senza essere troppo invadente.
“Allora…quando è stata la prima volta che hai baciato una ragazza?”
Ride. “Ah, ecco dove volevi arrivare” dice.
Ops. “ È così il gioco” dico per giustificarmi.
Ride ancora di più, poi appoggia i gomiti sul tavolo e mi guarda con aria di sfida.
“Dodici anni tu?”
“Non è così il gioco” dico abbassando lo sguardo.
Lo sento sospirare. “Quando è stata la prima volta che hai baciato un ragazzo?” mi chiede.
Alzo gli occhi. “ Diciassette”
“Così tardi?”
Lo guardo male.
“Scusa, è che mi sembra strano…sei una ragazza carina e non credo che tu abbia problemi con i ragazzi”
Carina? Mi reputa carina?
“Bè, non ho mai trovato un ragazzo per cui valesse la pena costruire qualcosa”
“E a diciassette anni l’hai trovato?”
“Veramente no, ma comunque in questo gioco non bisogna dare spiegazioni ma solo rispondere alle domande”
“E dai, sono curioso” dice guardandomi negli occhi. Abbasso lo sguardo. Ma come fanno le attrici a ricambiare i suoi sguardi? Io mi sento morire ogni volta.
Prendo un respiro profondo.
“ Si chiamava Patrick e ci siamo baciati solo perché abbiamo dovuto scontare una penitenza ad uno stupido gioco”
Rob non dice niente per alcuni secondi e allora lo guardo.
“Mi stai dicendo che non hai mai avuto un ragazzo?”
"Seriamente, no"
“Che cosa pazzesca! Nel ventunesimo secolo c’è ancora qualcuno che crede nel vero amore” dice sorridendo.
“È una brutta cosa?”
“No, per niente è solo che…ho paura che tu possa trovare qualcuno che si prenda gioco di te”
Aspetta, aspetta! È preoccupato per me? Rimango colpita.
“No, non credo che succederà” sussurro.
“La prima volta” incomincia.  “Che hai detto una bugia?”
“Io non dico le bugie”
“Davvero? Mai detta neanche una?”
Arriccio le labbra.
“Forse una”
“Spara” sembra davvero curioso.
Sospiro. “Una mia amica, aveva un padre abbastanza tosto, uno di quelli che non puoi aprire bocca, che hanno sempre ragione loro e che non ti fanno fare niente. Un giorno mi disse che spesso la picchiava, anche senza motivo. Una volta lo vidi con i miei occhi. Ne rimasi scioccata, non potevo credere che un padre potesse fare una cosa del genere. Una mattina Reby, così si chiamava la mia amica, prese un brutto voto a scuola e aveva paura di tornare a casa, avrebbe dovuto far vedere il test a suo padre e sicuramente si sarebbe infuriato, così le dissi di fare cambio di verifica. Lei portò a casa la mia, con una bella  A e io portai a casa la sua con una D. Per tutta la settimana io portai a casa i suoi test con i brutti voti e lei i miei. Mia madre mi mise in punizione per tre settimane mentre il padre di Reby non le torse un capello”
Rob mi fissa. Quasi abbagliato.
“Nessuno ha mai scoperto la verità?”
“Mia madre sì, non capiva come potessi andare così male a scuola, ero sempre stata brava, ma le feci promettere di non dire nulla e gli raccontai del padre di Reby”
“Perché andava così male a scuola la tua amica?”
“Era una ragazza piena di problemi e suo padre non le facilitava le cose…faceva fatica a concentrarsi e non riusciva a studiare. L’aiutai per un mese circa, e i suoi voti migliorarono, così tutto tornò alla normalità. Ero contenta che almeno per quella settimana ero riuscita a farla stare bene, senza lividi”
Rob sorride e mi guarda ancora più attentamente.
“Sei una ragazza coraggiosa”
Alzo le spalle. “Non poi così tanto” dico abbassando lo sguardo.
“La prima volta…”
“Ah no, tocca a me!” lo interrompo. Mi fa cenno di continuare.
Ci penso qualche istante. Che cosa voglio sapere davvero di lui?
“La prima volta che hai capito di star facendo la cosa più giusta in tutta la tua vita?”
“Wow, bella domanda”
Sorrido.
“Per fortuna ci sono stati molti momenti…ma forse, quando ho dato un senso alla mia vita cambiando praticamente ogni cosa di me. Sapevo che era la giusta strada per sentirmi soddisfatto e felice”
“Lo sei ancora?”
“Che cosa?”
“Soddisfatto e felice?”
“Abbastanza” risponde annuendo.
“Io non mi accontenterei dell’abbastanza. Io vorrei essere felice al massimo grado”
“Non si può sempre essere felici così...la vita è fatta di alti e bassi”
“Già, forse è vero” dico finendo di mangiare. Lui ha già finito e non mi sono nemmeno accorta.
“La prima volta che ti sei fatta un regalo?” mi chiede. Sembra che quel gioco gli piaccia.
“L’anno scorso. Mi sono comprata una bellissima copia rilegata in pelle di Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen”
“Ti piace così tanto la Austen?”
“Sì, ho dei bei ricordi legati ai suoi libri”
Ormai ho finito di mangiare e tira fuori il portafoglio.
“Faccio io” dico.
“Scherzi?” mi dice mettendo i soldi sul tavolo. Che carino!
“Vieni, usciamo di qui” mi dice alzandosi. Faccio lo stesso e prima di uscire salutiamo la ragazza dietro al bancone. È ancora su di giri.
“Dove andiamo ora?” gli chiedo.
“A casa, è tardi” mi dice. Ah, peccato.
Sorride. “Vuoi fare ancora qualcosa?” mi chiede. Forse ha notato la mia espressione triste.
“Solo se per te non è un problema”
“No, nessun problema…”
“Sai, da noi in italia si dice che la notte è giovane”
Ride. “Carino” dice cominciando a camminare di nuovo per quella Londra silenziosa. Sembra che quella notte tutti siano in casa, giusto per lasciare spazio a noi.
“Ti va di venire a vedere il mio di posto preferito?” gli dico. Ho voglia di fargli conoscere tutto di me, anche se domani mattina mi sveglierò e ogni cosa sarà stata solo un sogno. Ma ora sono lì con Robert e non posso farmi sfuggire questa occasione.
“Molto volentieri” mi dice.
“Poi ti lascio tornare a casa”
Scuote la testa. “ E chi ti dice che io voglia tornare a casa?”
Rido. Quanto lo adoro!

  
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