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Autore: Meme06    05/10/2011    9 recensioni
E se Ikuto fosse un vampiro ed Amu una semplice ragazza che però dentro di se nasconde un'indole oscura e sadica? Che cosa succederebbe? Ambientato nel passato. un'altra storia che ha sviluppato la mia mente malata, spero vi piaccia ^ ^
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The smell of your blood'
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L'anziano signore si era appena messo seduto. La barba grigia poco curata era cresciuta e gli dava leggermente fastidio.

L'assemblea si era appena riunita e tutti aspettavano che l'uomo iniziasse a parlare.

- Dunque… - disse l'anziano aggiustandosi gli occhiali. - Siamo tutti d'accordo che questi omicidi sono stati fatti e sono tutt'ora portati avanti dalla stessa persona…

- Scusi signore ma non credo si tratti di una persona. - disse uno interrompendo il discorso dell'anziano.

Il quale annuì grave e riprese a parlare:

- Avete ragione, quindi deduco che su questo siamo tutti d'accordo. Per questo dopo lunghe settimane di riflessione sono giunto alla conclusione che il nostro consiglio non sia abbastanza per combattere questa 'cosa'.

Tutti annuirono concordi con il saggio anziano, colui che prendeva sempre le più importanti e intelligenti decisioni.

- Quindi che cosa dobbiamo fare? - chiese allora un altro uomo.

- Semplice… - rispose l'anziano aggiustandosi per una seconda volta gli occhiali. - Dobbiamo chiamare colui che può sconfiggere questa creatura tanto temuta sin dai tempi remoti. Il suo nome è John Williams.

- Signor Takegawa, state parlando del cacciatore di vampiri? - domandò di nuovo l'uomo di prima.

Takegawa annuì per poi alzarsi e congedarsi dall'assemblea con poche parole.

- Annuncio la fine dell'assemblea. Chiameremo John Williams non appena saremo tutti usciti da questa stanza. Chi è l'addetto ai messaggi dovrà inviarne uno al sottoscritto. - disse. - E ora scusatemi ma devo andare.

Si salutarono tutti garbatamente per poi andarsene. I componenti del gruppo dei messaggeri scrissero la lettera al suddetto esperto di vampiri, in seguito la consegnarono al postino che dopo averla presa se la mise nella sacca e continuò il suo lavoro.

Tutti in cuor loro speravano di ricevere presto l'onore di avere vicino a, come grande aiuto, un maestro con così tanta esperienza come John Williams. In seguito tornarono tutti alle rispettive case, sempre con il pensiero di quell'uomo impresso sulla mente.


Un uomo sulla quarantina, capelli castani, occhi di un blu notte magnetico, se ne stava seduto sulla poltrona color mattone del suo salotto.

Era intento a leggere un grosso e pesante tomo, dall'aria molto antica. Mentre nella mano destra reggeva un bicchiere di whisky che beveva a piccoli sorsi, gustandosi il sapore della sua bevanda preferita.

Fuori era notte e pioveva, si poteva sentire dalle gocce di pioggia che davano piccoli colpi sul vetro, per poi lasciarsi andare scivolando lungo la parete trasparente.

Il volume che stava studiando trattava di anatomia umana, argomento molto interessante quanto complicato da studiare.

Ecco che cosa stava facendo il cacciatore esperto di vampiri John Williams quando suonarono alla porta.

Chiuse il libro mettendo tra le pagine un segnalibro dorato, lo poggiò sul comodino accanto, dove vicino si mise il bicchiere di whisky. Si alzò dalla poltrona, anche se controvoglia e andò ad aprire alla porta, di cui il campanello non le voleva sapere di smettere quel fastidioso din-don.

- Arrivo arrivo! - esclamò spazientito l'uomo per poi aprire il pesante portone e scoprire all'infuori di esso un ragazzo dai capelli rossi, le lentiggini a decorargli il volto. Teneva in mano una lettera ed era bagnato fradicio. - Santo Dio ragazzo vuoi entrare? Fuori sta diluviando.

- Grazie signore… - rispose il ragazzino pulendosi i piedi e accettando all'istante l'invito del signor Williams. Gli porse la lettera. - Questa è per voi…

Gli disse. L'uomo la prese, guardò distrattamente il destinatario, poi la mise in tasca e si diresse verso l'armadio del salotto.

- Tieni, metti questa… - disse al ragazzo lanciandogli una coperta tirata fuori dal mobile.

Il giovane l'afferrò prontamente e si avvolse in quel tessuto di lana rosso fuoco. Sempre dopo aver ricevuto il permesso dall'uomo si accomodò in salotto e si riscaldò davanti al fuoco.

Solo in quel momento l'uomo tirò fuori la lettera. La scrutò ancora per un po' prima di aprirla e leggere la lettera…


Egregio signor John Williams,

Noi, il consiglio di Mitsuyo, siamo obbligati a richiedere il suo prezioso aiuto per un problema presentatosi dinanzi a noi solo poche settimane fa.

Omicidi sempre più atroci si sono susseguiti notte dopo notte, incutendo paura agli abitanti che ritrovavano i cadaveri delle vittime il giorno dopo. All'inizio abbiamo pensato ad un semplice forestiero pazzo che si divertiva con le persone, magari anche a saccheggiarle.

Come avrete già capito questa era una scusa banale per tranquillizzare la gente del nostro piccolo e sperduto paesino.

La verità è che un non morte, più comunemente chiamato vampiro, ha scambiato questo piccolo luogo per la sua personale dispensa.

Per questo, con le migliori intenzioni, vi chiediamo per favore di lodarci della sua presenza e aiutarci a combattere questa belva assetata di sangue. Se vi è possibile giungere qui da noi entro tre giorni ne saremo più che lieti.


Cordiali saluti

Il consiglio di Mitsuyo


Rilesse la lettera più volte per assimilarle meglio il contenuto.

- Mitsuyo, ah? - si chiese pensieroso. - L'ho già sentito nominare, non dev'essere troppo lontano da qui.

Pensò bene sulla proposta. Non era certo giovane come una volta, ma aveva abbastanza energia per vivere un'altra avventura, magari l'ultima, chi può saperlo?

- Ragazzo? - domandò l'uomo voltandosi verso il divano beige del salotto, dove aveva fatto sedere il postino, infreddolito e fradicio per via del brutto tempo. Il rosso si voltò in direzione dell'uomo. - Tu sai dove si trova Mitsuyo?

Il ragazzo annuì.

- Mi ci potresti condurre domani se ti offro vitto e alloggio per stanotte? - chiese ancora Williams.

- Si signore. - rispose il ragazzo.

- Come ti chiami?

- Kay. - rispose.

- Sei giovane Kay, non è vero? Quanti anni hai?

- Sedici, signore. - rispose nuovamente il ragazzo ravviandosi i capelli rossi dietro le orecchie.

- Bene, allora domani si parte. - annunciò John. - Seguimi che ti mostro dove dormirai, domani sarà un lungo cammino…

Kay si alzò in piedi e seguì Williams fino al piano di sopra. Si sentiva alquanto confuso, doveva essere una cosa davvero importante per portare quell'uomo a chiedere aiuto a lui per arrivare a Mitsuyo.

Non si torturò ancora la mente con altre domande, si limitò ad addormentarsi nel letto della stanza dove lo aveva condotto il signor Williams.


Il giorno seguente si incamminarono all'alba per poter giungere in massimo due giorni di viaggio il luogo dove avrebbero preso una carrozza per essere condotti a Mitsuyo.

- Ragazzo, sei sicuro che sia questa la direzione da prendere? - chiese ad un tratto l'uomo mentre cercava in tutti i modi di far fronte al terribile vento che si era alzato durante la notte precedente.

- Si signore, questa strada la faccio tutti i giorni, so benissimo dove porta. - rispose il ragazzo mentre si metteva un braccio davanti al viso per cercare di proteggerlo.

Williams decise di fidarsi e proseguirono per quella via arrivando, come aveva detto il ragazzo, dove avrebbe dovuto prendere una carrozza.

- Signore, io devo andar, vi lascio qui. - annunciò d'un tratto il giovane. L'uomo gli rivolse uno sguardo interrogativo. - Per me è ancora giorno di lavoro e di paga, devo consegnare altra posta.

Si spiegò meglio il rosso.

- Capisco, grazie figliolo. - detto questo tirò fuori qualche moneta e la diede al ragazzo che sorridendo accettò il dono dell'uomo. Il quale di seguito salì in carrozza dando la meta di Mitsuyo.

- Dove deve andare signore? - aveva chiesto il cocchiere.

- Mitsuyo, grazie.

Il viaggio fu lungo e anche se ci volevano solo due ore per arrivare, John era così stanco che non si accorse neppure di essersi addormentato quando il cocchiere giunse a svegliarlo.

Si sentiva solo leggermente scosso.

- Signore, siamo arrivati… - gli disse il biondo che guidava la carrozza.

Williams aprì gli occhi e se li sfregò come fanno i bambini quando vengono svegliati dalle loro madri.

Si guardò intorno un attimo spaesato, poi ricordò tutto e con uno 'scusi', un 'grazie' e un 'buona giornata anche a lei' si dileguò entrando nel piccolo paesino che aveva richiesto il suo aiuto.

Appena varcata la soglia la tranquillità e la pace lo investirono. Nel villaggio erano giorni che ormai non usciva più nessuno di casa se non per andare a prendere l'acqua, operazione che facevano a mezzogiorno, per la paura di essere attaccate.

I banchi posti in fila per il corso, erano vuoti e tristi. Da tempo non facevano neanche più le fiere, troppa gente ammucchiata insieme e il vampiro poteva essere ovunque.

L'uomo percorse un bel tratto prima di giungere alla 'casa del consiglio', così veniva chiamata la dimora in cui si tenevano tutte le assemblee e in cui venivano prese tutte le decisioni.

Bussò con vigore al portone. Prima di aprirli gli chiesero tutte cose assurde, lui sapeva che era la paura che parlava, ma era lo stesso spazientito.

- Ascolti signora, no, non sono un vampiro, non sono uno zombie e non sono stato appena ucciso, ora mi lascia passare? Sono il signor Williams, John Williams, sono giunto qui sotto richiesta del consiglio. - disse l'uomo cercando di mantenere la calma.

La donna che era dietro la porta, anche se un po' titubante, aprì delicatamente l'entrata, facendo accomodare il signor Williams in salotto.

- Mi scusi, ma vede, con i tempi che corrono abbiamo tutti paura di tutti, dopo tutto nessuno ha mai visto il vampiro e lo ha potuto raccontare… - disse la donna mentre si dirigeva in cucina per preparare del tè.

- Oh non si preoccupi signora, ci sono abituato. - disse l'uomo con un accenno di ironia. - Dov'è l'uomo con cui devo parlare?

Chiese poi.

- L'ho chiamato proprio adesso, dovrebbe giungere fra poco. - rispose la donna mentre tirava giù due tazze bianche dalla credenza.

Fu proprio come aveva detto, in pochi minuti un anziano signore si presentò davanti a Williams.

- Buongiorno signor Williams. - salutò il vecchio per poi porgergli la mano che l'uomo accettò volentieri.

- Buongiorno a lei signor…

- Takegawa, signor Takegawa. - si presentò.

- Takegawa, perfetto. - disse allora John. Si sedettero di nuovo mentre aspettavano che la cameriera portasse il tè. - Sono giunto da voi per il problema del non morto che attacca il vostro villaggio.

L'anziano annuì grave.

- Non sappiamo come fare con questo problema. - disse.

- Bene, ora che sono giunto qui vedrà che non avrà più vita tanto facile il nostro caro vampiro. - disse con un sorrisetto appena accennato. - Dove abita?

- Chi?

- Il vampiro è ovvio. - rispose l'uomo.

- Oh, non lo sappiamo, non lo abbiamo nemmeno mai visto mentre uccideva le persone. - rispose Takegawa.

Williams diventò serio e pensieroso.

- Ho visto che c'è un bosco qui vicino… - iniziò a dire. L'anziano annuì. - E se si trovasse al di là di esso? Ci avete mai pensato?

- Si, ma nessuno entra mai in quel luogo. Chi vi è entrato non ne è più uscito…

- Sicuramente perché è stato preso dal vampiro, ma se uno lo sa affrontare non deve avere timore. - disse John interrompendo il signor Takegawa. - Domani inizieremo le ricerche Quando è stato l'ultimo omicidio?

- Proprio ieri, un bambino di otto anni. - rispose tristemente il vecchio aggiustandosi gli occhiali.

- Quindi sta sera avrà di nuovo fame e dovremo essere pronti a riceverlo… - ragionò Williams.

In quel momento la cameriera portò loro il tè. Fecero giusto in tempo a prendere in mano le tazzine e a sorseggiare un po' della bevanda che bussarono alla porta.

La cameriera corse ad aprire, questa volta meno impaurita di prima. Entrò in casa un uomo biondo, dall'aria esausta, che si avvicinò lentamente al signor Takegawa.

- Signor Hotori, cos'è successo? Prego si sieda. Cameriera, una tazza di tè per il signor Hotori! - disse l'anziano guardando sbigottito l'uomo biondo che aveva davanti.

- Subito signore. - rispose la cameriera mentre si dirigeva in cucina a preparare nuovamente il tè.

Il biondo seguì il consiglio e si accasciò letteralmente sulla poltrona di fronte a Takegawa e vicino a Williams.

- Ho bisogno d'aiuto… - stava per dire il signor Hotori, ma Takegawa lo fermò.

- Questo è il signor Williams, è un noto cacciatore di vampiri ed è stato così gentile e giungere fino qui per aiutarci a sconfiggere il vampiro. - disse.

Il biondo annuì e diede la mano a John.

- Piacere, io sono…

- Non occorre che mi ripete il suo nome, mi dica solo qual'è il problema. - ecco come risolveva le cose Williams, sempre schietto e preciso.

- Beh dopo la morte di mio figlio… - iniziò il biondo. - È successa una cosa molto strana. La mia domestica più fidata, Hinamori Amu è sparita.

- Sparita? - domandò sempre più sorpreso Takegawa.

Hotori annuì.

- Da quanto è sparita? - chiese John.

- Da quasi due giorni ormai. - rispose il biondo tentando di mantenere la calma.

Il tè arrivò anche per il terzo uomo appena giunto. Il quale prese subito la tazzina e iniziò a berlo a piccoli sorsi, anche se velocemente. Fuori si gelava e un po' di tè caldo di certo non guastava.

- Domani c'è il rischio che ritroveremo il so corpo? - chiese Takegawa all'uomo castano di fronte a lui.

- Non è detto… - rispose. - Il vampiro di solito uccide e basta e anche volesse giocarci un po' non lo fa mai per due giorni di seguito, la voglia di sangue diventerebbe insopportabile da reprimere.

- Quindi? - chiese Hotori.

- Quindi credo proprio che l'abbia in qualche modo rapita o che lei sia andata da lui e…

- Non può esse andata da lui… - intervenne il biondo interrompendo il signor Williams. - Amu è una brava ragazza, che ragione avrebbe di andare da lui?

- La stessa per cui lui la vuole lì. - rispose l'uomo. - Molte persone credono che diventare immortali sia una cosa spettacolare, fuggire alla morte è sempre stato il sogno di noi vivi…

- Amu è una ragazza intelligente! - esclamò Hotori, voleva davvero bene a quella ragazza.

- Si calmi si onor Hotori, non c'è motivo di adirarsi. - disse calmo John. - Non sto mettendo in dubbio niente e sto traendo nessuna conclusione. Quelle che faccio si chiamano ipotesi.

Il biondo parve calmarsi.

- Anche perché… - iniziò a dire Williams. - il non morto ha il potere di attrarre la sua vittima, questa Amu è comunque umana…

- Ma perché trattenerla così a lungo? - domandò Hotori sempre più confuso.

- Non ne ho idea… - disse pensierino Williams. Dopo di che si batté le mani sui ginocchi e si alzò. - Deduco che dovremo attraversare il bosco stasera.

Entrambi i signori annuirono.

- Ci dobbiamo mettere bene d'accordo. - disse John riferito a Takegawa. - Chiamate tutti gli uomini del consiglio.


Ikuto uscì dal bagno proprio nel momento in cui la ragazza riponeva i biscotti.

- Non ti piacciono i mirtilli? - chiese mentre si passavo un panno sulla testa.

La ragazza si voltò a guardarlo e stava per rispondere quando ci ripensò e decise di arrossire. Il ragazzo era uscito solo con due asciugamani, uno in vita e l'altro il mano, per i capelli.

Dopo quella visione era anche logico che avesse perso l'uso della parola. Soprattutto quando lui le si avvicinò andandola a scrutare.

- Hey, ti chiesto solo una cosa, perché sei diventata un pomodoro? - le domandò.

Solo in quel momento lei si riprese andando ad arrossire ancora di più però.

- N-non lo so… - rispose nervosa. - Comunque non è per quello che non li ho mangiati, ma perché sono ammuffiti.

- Certo che lo sono, è proprio la muffa a dar quel buon sapore al sangue. - rispose il ragazzo.

- Bleah… - fu l'unica cosa che disse la ragazza prima di voltarsi. - Vai a vestirti manico tombale.

Come lo aveva chiamato?

- Maniaco tombale… - ripeté il ragazzo perplesso per poi scoppiare a ridere.

Le si avvicinò da dietro e le cinse la vita con le braccia, sussurrandole all'orecchio un sibilante 'd'accordo'. Il tono della sua voce era inquietante ma a lei piaceva proprio perché la faceva rabbrividire.

Il ragazzo la lasciò andare e si chiuse di nuovo in bagno.

Amu rimase ancora per un po' girata di spalle rispetto alla porta del bagno, dopo di che iniziò a gironzolare per la stanza, fino a che non notò il portaombrelli.

Al posto degli ombrelli c'erano tutti pugnali, spadini, spade e un Athame. Si guardò intorno prima di sbottonarsi il vestito ed estrarre dalla tasca interna il pugnale, quello che aveva preso l'altra volta quando Ikuto se n'era andato. Lo aveva conservato fino a quel tempo, se lo era sempre portato appresso.

In quel momento uscì dal bagno Ikuto. La ragazza accortasi di lui rimise dentro il pugnale e prese a riabbottonarsi la camicia.

Il ragazzo avvicinandolesi vide che cosa era in tenta a fare e con un sorrisetto malizioso le disse:

- Hai tutta questa fretta di spogliarti?

Amu avvampò all'istante mentre si richiudeva l'ultimo bottone.

- Non è come pensi. - disse solo per poi girarsi ed entrare in bagno.

- I vestiti sono già pronti! - le disse il ragazzo ridendo.

La vasca era già stata riempita, si immerse all'istante e l'acqua era…

- Fredda!!! - esclamò balzando fuori dalla vasca. Si strinse nelle spalle tremando. - Brrr… m-ma c-come fa… brrr…

Si voltò a guardare la vasca con terrore, avrebbe dovuto farsi il bagno in quel bagno gelato? Se fosse andata al polo Nord a fare il bagno sarebbe stata di certo più al caldo che lì dentro.

Però non poteva non lavarsi, doveva farsi il coraggio e rientrare. Piano piano, piede per piede per poi abbassarsi, riuscì ad immergersi in acqua e a fare un bagno anche se continuava a tremare. L'acqua troppo calda non le piaceva, ma se entro dieci secondi non sarebbe uscita di nuovo da lì Ikuto avrebbe trovato il suo corpo ibernato.

Uscì nuovamente dalla vasca. L'asciugamano che volse intorno al corpo le sembrò caldissimo al confronto.

Tirò un sospiro di sollievo. Accettare di restare insieme a quel ragazzo stava diventando una serie di torture da superare.

Si guardò intorno e trovò dei vestiti sopra un tavolino, probabilmente erano quelli gli abiti che le aveva lasciato. Li prese in mano.

- Santo cielo… - mormorò sottovoce. Erano grandissimi per lei. La maglia le arrivava fino alle ginocchia e i pantaloni erano per modo di dire più alti di lei. - Beh… credo che la scelta sia abbastanza facile.

Prese la camicia nera e si mise solo quella. Prese il suo abito e il coltello e uscì dalla stanza.

- Ho fat… - si bloccò all'istante vedendo la stanza vuota. - Ehm.. Ikuto?

Ma nessuno le rispose. Gironzolò un po' per la stanza, convinta che tornasse, ma non arrivò nessuno.

Uscì fuori e percorse il corridoio superiore, quello che si trovava subito fuori da lì. Sembrava non vi fossero altre porte, almeno fino a che non vide una porta blu notte con il pomello argento. Forse è lì dentro… si disse. Decise di provare a bussare, ma di nuovo nessuna risposta.

Spazientita aprì la porta.

- Ikuto, lo so che sei qui dentro! Si può sapere perché non mi rispondi? - chiese con un tono di voce innervosito. La stanza era immersa nel buio. Non poteva essere andai a dormire, era notte fonda e aveva anche cenato. Dove diavolo si era cacciato? Decise di entrare lo stesso, magari voleva solo spaventarla, sadico com'era.

Entrò piano cercando di abituare i suoi occhi al buio. Iniziò a camminare quando…

- Ahio! - esclamò cadendo su qualcosa di morbido. Tastò il territorio. - Ma… è un letto…

E adesso? Che avrebbe fatto lì? Fece spallucce e decise di aspettare, prima o poi doveva tornare.

Iniziava seriamente ad annoiarsi. Tirò fuori il pugnale e iniziò a lanciarlo per poi riprenderlo.

- Certo che sono proprio in una situazione strana… - iniziò a dire in un sussurro a se stessa. - Sto in un castello vicinissimo al paesino in cui vivo, però siccome nessuno attraversa mai il bosco, nessuno lo conosce. Sono qui insieme ad un affascinante vampiro che non fa altro che imbarazzarmi ed attrarmi. E poi… - aggiunse guardando il letto. - Ma i vampiri non dormono nelle bare?

- Alcuni si… - rispose una voce. Una figura da lei fin troppo conosciuta varcò la soglia della camera.

La ragazza avvampò all'istante, aveva sentito tutto quello che aveva detto? Ops.

Il ragazzo le si avvicinò mettendosi seduto vicino a lei. I suoi occhi erano bianchi e poteva così vedere al buio. Rise nel vederla rossa sulle gote. Le si avvicinò a un centimetro dal volto chiedendole:

- E così sono un vampiro affascinante che ti imbarazza e ti attrae, non è vero?

Ecco, ora la sua faccia era identica a quella di un peperone. Era davvero strano come una creatura demoniaca potesse scatenare in lei emozioni umane più di quanto lo fosse mai stata in realtà.

- E-ecco… non ti hanno insegnato a non origliare quello che dicono gli altri? - chiese cercando di passare sopra a cosa era appena successo.

Lui fece un mezzo sorriso:

- E a te invece non hanno insegnato a non parlare delle persone che non ci sono?

Le chiese con aria soddisfatta. Allora anche lei sorrise.

- A quanto pare c'eri… - rispose con tono di sfida.

- Ma tu non potevi saperlo…

- N-non c'entra. - tentò di ribattere la ragazza, ma poco convinta.

- Ti piace? - domandò. Era una domanda un po' fuori dal contesto.

- Che cosa? - chiese confusa la rosa.

Un battere di mani da parte del vampiro diede vita a quattro candele rosse disposte nella stanza a due per lato. La stanza era comunque poco illuminata, ma almeno adesso poteva vedere in viso il vampiro.

Ikuto le indicò il pugnale che, senza rendersene conto, aveva ancora in mano.

- Oh, questo… - disse. - Si…

Rispose abbassando lo sguardo e annuendo.

- Mi fa piacere… - disse il ragazzo prendendolo dalle sue mani. - Visto che l'ho fatto io…

- Dici davvero? - chiese stupita la rosa.

Ikuto annuì.

- Quindi lo avevo lasciato nella tua stanza… - disse. Era una semplice constatazione.

- Già… - rispose la ragazza. Il vampiro dopo averlo guardato allungo glielo porse nuovamente. - Ehm… non è tuo?

- Visto che ti piace te lo regalo. - le disse.

La ragazza lo prese sorridendo.

- Grazie… li fai tutti tu? - gli chiese.

- I pugnali? - la ragazza annuì. - Si tutti io.

- Pratichi anche la magia? - chiese curiosa.

Lui le rivolse una strana espressione.

- Perché me lo chiedi? - chiese il vampiro.

- Perché ho visto un Athame insieme alle altre spade… - rispose.

- Ah, no mi piaceva la forma del pugnale e ne ho fatto uno. - disse Ikuto. - Te ne intendi, non è vero?

- Un po'… - fece Amu abbassando di nuovo lo sguardo. - Ma non ci puoi uccidere con quello, lo sai no?

Chiese ancora. lei le alzò il viso prendendole il mento tra le dita. Le prese nuovamente il pugnale e glielo posò leggermente sulla guancia.

- Si lo so… - le disse guardandola negli occhi. - Ti sei mai chiesta perché ti tengo qui e ancora non ti ho uccisa?

La ragazza rabbrividì un attimo specialmente a causa del coltello, perché quella domanda? Voleva ucciderla adesso? Scosse il capo.

- Non mi mentire… - le disse guardandola sempre negli occhi e costringendo lei a fare lo stesso.

Amu deglutì.

- Si, me lo sono chiesto.

- Vuoi saperlo? - le chiese sibilante.

- S-si.

Trattenne il respiro mentre il ragazzo le passava il coltello sul viso. Sentiva la lama carezzarle la pelle, magari l'avrebbe uccisa adesso. Un colpo secco alla gola. Sentì la lama fredda poggiarsi sul suo collo, sentiva l'ansia e la paura di morire crescerle dentro come fuoco che bruciava la legna.

- Voglio farti conoscere l'oscurità. - le disse.

Ecco, come al solito aveva capito male. Ikuto non poteva averle detto quelle parole. Aveva capito male, sicuramente, non poteva aver detto che…

- Amu, Ti voglio con me, o meglio… - si spiegò Ikuto. - Come me.

La ragazza lo guardava con un'espressione sorpresa dipinta sul volto. Ma allora, lei per lui… significava qualcosa, al di là di un buon pasto da gustare.

- Amu? Rispondimi. - le disse serio. - Tu vuoi essere come me?

  
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