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Autore: Dante_Chan    05/10/2011    0 recensioni
Che risposta potrebbe dare un piccione al corvo della canzone dei Baustelle "Il corvo Joe"? Coloro che nelle proprie poesie o canzoni vogliono parlare di cose oscure o fuori dall'ordinario parlano spesso di animali "maledetti" (corvo, pipistrello...), ma che proprio per questo suscitano un certo fascino. Per parlare veramente di cose nuove, bisogna rivolgersi ad animali considerati davvero infimi: cosa meglio di un piccione? Chi si sognerebbe mai di fare poesia su un colombo? Chi è veramente l'animale "maledetto" fra il corvo ed il piccione?
Ci tengo a precisare che i Baustelle sono il mio gruppo preferito e, secondo me, "Il corvo Joe" è una delle loro canzoni più belle, che riesce ad emozionarmi ogni volta che la ascolto.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ah, Corvo! Splendore nero nel cielo chiaro!
Tanto fortunato sei, ad essere tale!
Di tenebre vestito, ti aggiri cupo e incurvato
come quella donna
che falce dalla lama bianca come scheletro
appresso si porta.
Il tuo grido richiama la morte
mentre ti lamenti della tua posizione
e agli umani urla d’odio scagli,
che ti sbirciano con orrore.
E qualcuno con timore ma rispetto
ti guarda e altri ti venerano anche,
per quello che sei
e che simboleggi.
Ti crogioli nel rimorso
e ti illudi che il tuo disprezzo sia giustificato,
ma ben più infelice è il mio destino, oh Corvo.

Grigio, piccolo, goffo.
Portatore di flagelli. Topo con le ali.
Non la diversità mi maledice,
bensì il gran numero della popolazione
a cui appartengo;
perché, si sa, gli esseri umani
han poco a cuore ciò che raro non è.
E più una specie popolosa diventa,
più d’infimo valore e di disturbo appare.

Mi cacciano i bambini col sorriso in volto
e calci mi regalano, potendo,
mentre m’inchino e la testa abbasso
per raccogliere le briciole restanti
del pasto loro,
come infimo spazzino prende ciò
che il re della selva sceglie di avanzare.
E se cerco riparo in alto,
su statua o colonna, la gente
mi tira maledizioni
e mi chiama imbrattatore
e i falchi mi libera contro.

Sono uno fra tanti, come tanti ne esistono
e mai nessuno per me
proverà altro che ribrezzo.
Alcun aedo mi canta
e se canta
è per cantarmi male
e di me burlarsi. I poeti maledetti
che tu dici di cupo onor nero
ti coprono, oh Corvo.
 E aumentano l’imponenza
della figura tua
e l’allegoria che sulle ali porti.
Ma uno come me come può esser cantato bene?

Torno al nido e non c’è più;
al suo posto, punte di ferro
che si arrugginiscono sul mio cuore.
Non ho spazio per vivere.
Ma che importa? Sono uno fra tanti,
come tanti ne esistono
e mai nessuno per me
proverà altro che raccapriccio.

Non perdonarli, Corvo. Non vi sarà giustizia divina.
Vivono meglio, loro. E vivranno di più.
Noi, sempre subordinati al loro volere.
Alle angustie,
alle punte,
al fil di ferro,
ai bocconi di fiele,
ai falchi e ai gufi,
ai loro sassi,
alla loro cultura ignorante sottomessi.
E come il loro sangue seccherà,
così il nostro.
La vita uccide.
   
 
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