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Autore: Melanto    06/10/2011    9 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 7: Il villaggio di Yoshiko (parte I)

Raskal, Capitale del Regno degli Ozora – Terre Centrali

Il Primo Ufficiale Ryoma Hino controllò per l’ultima volta i finimenti dello stallone per verificare che fosse tutto in ordine. Il levianto nero batté al suolo lo zoccolo, denotando impazienza, poi sbuffò e sollevò il muso, ma non si mosse. Erano una razza fiera della regione Levi-Ant, sperduta nell'Ovest delle Terre Centrali. Muscoli scattanti, infaticabili e agili.
L’uomo si portò più avanti, prendendogli le briglie.
Nel cortile interno del castello, la Guardia Reale era schierata e pronta a partire, mentre fuori dalle mura, le migliaia di uomini della Guardia Cittadina avevano invaso la capitale e le sue strade. Si vedevano più militari che cittadini, ormai. A breve, però, quella fiumana di guerrieri si sarebbe mossa, in direzione del Nord. Una volta arrivati al fronte, del futuro non sarebbero rimaste che ipotesi.
“Tutto bene?”
La voce di Ramon Victorino s’attirò per un attimo il suo sguardo.
“Siamo in guerra. Non c’è niente che vada bene.” Sul viso fece aleggiare un sorriso di rassegnazione che stemperò l’espressione seria.
Gli altri Capitani erano anche loro impegnati in controlli di routine ormai compiuti decine e decine di volte, giusto per ingannare l’attesa. Hernandez provava gli archi dei suoi arcieri scelti; Shunjin-Go[1] affilava la lama della spada con movimenti lenti e precisi; Shinprasat[2] sferrava pugni nel vuoto per valutare se l’armatura gli permettesse di muoversi agilmente.
Ryoma spostò lo sguardo verso l’ingresso del castello. Il Re rimaneva presso il porticato, seduto su uno dei muretti. Sulle gambe, coperte da un’armatura più leggera di quella che avrebbe indossato una volta arrivati al fronte, teneva il piccolo Principe Daichi. L’uomo parlava e il bambino rideva, agitandosi come avesse avuto l’argento vivo in corpo. C’era anche la Regina.
Da quando era giunta la notizia della scomparsa di Tsubasa, la donna tendeva a rimanere confinata nelle sue stanze, ma quello era un giorno troppo importante; doveva essere lì, al fianco del sovrano, per dargli il suo supporto prima della partenza. Sorrideva, ma in quella smorfia si poteva leggere tutta la preoccupazione che recava nell’animo.
“Non durerà.” Il Capitano Victorino spostò il proprio destriero, uno stallone levianto simile a quello di Hino ma di colore bianco. “Faremo in modo che questa guerra si estingua il più velocemente possibile, tanto da non permetterle nemmeno di varcare i confini.”
“Su questo puoi scommetterci la testa.” Al solo pensiero di trovarsi di fronte Gamo e i suoi, Ryoma ridusse lo sguardo. “Nascerà e morirà in un’unica battaglia. E nessuno di loro avrà salva la vita.”
In quel momento, dal portone principale, il Comandante Roberto Hongo fece il suo ingresso a passo sostenuto; una mano reggeva l’elsa della spada e l’altra era chiusa in pugno, lungo il fianco; seguiva rigidamente i suoi movimenti. Raggiunse il Re e gli parlò fitto, annuendo un paio di volte.
Per Ryoma quello era il segnale che era ora di muoversi. Senza aspettare il comando da parte del sovrano, montò in sella, lanciando poi un’occhiata a Ramon.
“Hai fatto un discorsetto ai tuoi? Ormai ci siamo.”
“Non temere, mi sono già premurato che ciascuno di loro salutasse le persone care” rispose, allontanandosi assieme alla cavalcatura per raggiungere il gruppo della Guardia Reale affidato al suo comando.
Nel frattempo, il Re si era alzato, aveva messo a terra il piccolo Daichi e gli aveva carezzato il capo un’ultima volta. La Regina gli aveva amorevolmente sistemato il mantello sulle spalle e lui le aveva baciato la fronte.
Nell’osservarli, Ryoma pensò che non c'erano altre possibilità: o si vinceva o si moriva, e molti di loro, nonostante un’eventuale vittoria, sarebbero morti lo stesso. Lui avrebbe combattuto anche per loro; quel pensiero avrebbe reso più letale ogni suo affondo, più rabbioso, perché attraverso la sua lama si sarebbe riversato anche l’odio dei suoi compagni.
Re Koudai non disse una parola, raggiunse il robusto e solido Colosso delle Isole Zmyr, ubicate al largo della costa Nord, in groppa al quale avrebbe affrontato la traversata e la battaglia per il pianeta, e montò in sella. Il mantello oscillò alle sue spalle, nell’aria limpida di Raskal; campeggiava, nel centro, il simbolo della famiglia Ozora. Spronò la cavalcatura e la indirizzò verso il portone. Al suo fianco, Roberto Hongo era immancabile, come un’ombra.
“In marcia” fu tutto ciò che disse, prima di varcare la soglia delle mura con la testa alta e lo sguardo fiero, e quelle due semplici parole corsero di bocca in bocca, di orecchio in orecchio; volarono come il vento, trasmettendosi a ogni soldato come un respiro. La macchina della guerra si era mossa da tempo e loro erano gli ultimi ingranaggi; bulloni e rotelle. Come le tessere d’un domino ogni cavaliere montò sul proprio destriero, i fanti impugnarono lance e stendardi, i trombettieri fecero suonare l’adunata in tutta Raskal.
La gente s’affacciò dalle case, interruppe il proprio lavoro, uscì in strada. Rimase a vedere sfilare il Re in persona e il suo Comandante. Gli uomini migliori della Guardia Reale venivano subito dopo, seguiti dagli alti ufficiali della Guardia Cittadina. Dietro ancora, i fanti, i Naturalisti, gli Alchimisti, i magazzinieri. Carretti e casse, armi e viveri, scorte d’acqua.
I cittadini inneggiavano al sovrano e alla vittoria, lanciavano fiori, salutavano. Qualcuno piangeva, nascosto, più lontano.
Mentre sfilavano verso la porta Nord della città, per quanto nel suo spirito ardesse la voglia di punire i traditori e la convinzione che avrebbero sconfitto Gamo, Ryoma Hino si sentì, per un attimo, alla testa d’un corteo funebre.

Sendai, Dogato di Rhalesta – Regno degli Ozora, Terre del Sud

Smontarono dalle cavalcature che erano da poco entrati nel borgo rurale di Sendai.
Era un villaggio che faceva capo al Dogato di Rhalesta, una delle città agricole più importanti del Sud.
Avevano attraversato a cavallo immensi campi coltivati che si estendevano all’esterno dell’abitato e poi, una volta varcata una delle porte, avevano deciso di procedere a piedi.
Il borgo era costituito da costruzioni prevalentemente basse, con enormi terrazze al posto dei tetti spioventi utilizzate non solo per la raccolta delle acque piovane, ma anche come postazioni strategiche per le vedette della Guardia Cittadina che, trattandosi di un borgo situato all’estremo confine del Dogato, non era composta dall’esercito regolare. Era costituito dagli stessi abitanti che facevano riferimento al capo del villaggio.
Stavano camminando nel centro del borgo, ornato da una bellissima fontana zampillante, quando Mamoru fermò il gruppetto ed esordì.
“Mi raccomando, cerchiamo di non farci riconoscere come al solito.” Con un sopracciglio inarcato puntò lo sguardo su Yuzo. Quest’ultimo sospirò.
“Possibile che tu ce l’abbia ancora con me per quanto avvenuto a Sundhara? Non è mica stata colpa mia…”
“Non ho detto di avercela con te. Guardo te solo perché sei quello più incline a fare danno, uccellino” specificò Mamoru con supponenza e divertimento. “La nostra nuova parola d’ordine sarà: ‘discrezione’. Dobbiamo essere invisibili, senza attirare l’attenzione e senza farci cogliere da attacchi improvvisi di buonasamaritanismo” elencò solennemente e pretese che gli altri rispondessero quel diligente quanto annoiato: “Sì, signore.”
Mamoru non ebbe nemmeno il piacere di poter distendere un sorriso soddisfatto che un grido allarmato coprì ogni altro rumore.
Lungo la facciata esterna di una casa in costruzione, la fragile impalcatura di tavole in legno era crollata, lasciando che un uomo penzolasse pericolosamente nel vuoto. Le sue grida richiamarono subito gli astanti, mentre gli altri che erano sulla struttura cercavano di salvarlo. In quell’istante, anche l’ultima tavola cui restava aggrappato si spezzò, e per lui sembrò non esserci più nulla da fare. Ormai era spacciato.
Tra le persone che si fecero da parte, con spavento, dei fasci di vento filtrarono a tutta velocità avvolgendo il corpo del malcapitato, pochi attimi prima che toccasse il suolo, e salvandolo per miracolo da una morte certa.
“Oooh!” si levò generale, cavalcando lo stupore dei presenti che si volsero tutti nella direzione dei quattro Elementi.
Hajime e Teppei erano rimasti pietrificati; l'unico movimento che si concessero fu quello di girare adagio le teste per osservare Yuzo e prepararsi alle fiamme che sarebbero volate di lì a poco. All’unisono, si coprirono il viso con una mano.
All’altro lato del volante, Mamoru aveva i pugni stretti così forte che Acqua e Terra si aspettarono di vederli sanguinare.
“Dis… cre… zio… ne…” sillabò a denti serrati e capo chino. I capelli coprivano lo sguardo bruciante. “Avevo detto… discrezione…”
Yuzo tremò da capo a piedi, osservandolo con terrore, ma tentando ugualmente di mostrare una specie di sorriso tra il dispiaciuto e l’intimorito.
“Ma-Mamoru… mi dispiace… io…”
“Taci, Yuzo. Taci.”
Intanto l’uomo era ancora sospeso a mezz’aria, avvolto dal vento. Osservava, incredulo, i quattro sconosciuti, senza osare aprir bocca e, onor del vero, non volava una mosca in tutta la piazza.
“Ma… ma io… non potevo…”
Vuoi stare zitto, impiastro colossale?!” Mamoru esplose a mo’ di bomba. Gli occhi iniettati di sangue e i capelli che serpeggiavano impazziti. Avrebbe voluto strozzarlo, glielo si leggeva in faccia. “Ma che cavolo ho detto, io?! Nemmeno un minuto fa, cazzo! E tu: ‘sì, signore’Sì signore! Discrezione, per tutte le Dee! Discrezione! Sai cosa significa?! Lo sai?!”
“Mamoru, non potevo lasciarlo morire!”
“E chi te l’ha detto?! Non te l’ho di certo ordinato io!”
Yuzo strabuzzò gli occhi, assumendo un piglio più deciso.
Hajime e Teppei si guardarono rassegnati.
“Ecco i fuochi d’artificio” sospirò il tyrano.
“E’ un innocente! Se posso salvarlo, perché non dovrei?”
“Perché lo dico io! Avevo dato un ordine, stramaledizione! E l’ordine era ‘essere discreti’, non di andare in giro con un cartello con su scritto: ‘Elementi, per di qua’!” Mamoru appoggiò la mano al fianco, continuando a gesticolare e portando avanti una sorta di monologo. “Ma, ovviamente, nessuno mi sta a sentire, eh. Ci mancherebbe. E’ come se non parlassi.”
“Non prenderla così sul personale… avrei fatto lo stesso anche se tu fossi stato Master Misugi.” Yuzo tentò di fargli capire il suo punto di vista, ma sapeva quanto la Fiamma fosse intransigente su certe cose. “Era mio compito salvare quell’uomo.”
“E se invece era destino che morisse?! Eh?! Ci hai pensato?! Magari era arrivata la sua ora!”
Il volante sbuffò, distogliendo lo sguardo. Se si fosse messo a parlare con un muro gli avrebbe dato sicuramente più soddisfazioni. Altroché.
“E vuoi metterlo a terra, dannazione?! L’hai salvato, l’abbiamo capito, ora lascialo andare!” Mamoru gli fece notare solo in quel momento che l’uomo era ancora avvolto dai suoi poteri, sospeso a pochi centimetri dal suolo.
“Oh! Sì, subito.” Svelto, Yuzo si adoperò per farlo atterrare perfettamente in piedi e incolume. Rapidamente richiamò l’aria a sé e i fasci che avevano salvato il povero malcapitato si ritirarono, sgusciando tra le persone che li seguirono pieni di meraviglia e curiosità. Per molti di loro, era la prima volta che vedevano qualcuno usare la magia.
“Bene! Adesso veniamo a noi!”
Yuzo si portò le mani ai fianchi, usando un tono accondiscendente. “Mamoru, ne abbiamo già parlato. Mi sembrava d’esser stato chiaro…”
“Anch’io credevo d’esserlo stato con te, ma vedo che hai fatto orecchie da mercante. Come a Sundhara, come a Dhèver.” Incrociò le braccia al petto, categorico. “Avevamo una tregua, tra noi, vuoi mandarla a monte?”
“Certo che no!” Il volante strabuzzò gli occhi. Quando era infuriato, Mamoru diventava del tutto irragionevole.
A quel punto, si intromise una voce titubante. “Scusate…”
La Fiamma silurò con gli occhi infuocati l’uomo salvato dall’uccellino. “Che c’è?!”
“I-io… volevo…”
“Sì! Siamo Elementi! Va bene? Fuoco, Aria, Terra e Acqua! Contento? E dovevamo essere discreti! Per tutte le Dee!”
“Mamoru, vuoi smetterla? Stai facendo tutto da solo!”
Cosa?!” Ora sì che gli sarebbe balzato alla gola. Hajime e Teppei lo temettero per un attimo piccolissimo in cui sudarono freddo, mentre l’uomo, imperterrito s’intrometteva ancora, sperando di sedare gli animi.
“Oh! Quale onore, per noi, giovani Elementi delle Dee.” Era cordiale; si tirò su gli occhiali che aveva sul naso. “Vi sarò per sempre grato per avermi salvato da morte certa. Ditemi, come posso sdebitarmi?”
Yuzo gli rivolse un sorriso felice e un inchino che sembravano sottolineare la spontaneità del suo intervento del tutto gratuito. Mamoru, invece, tornò a incenerirlo con gli occhi; la rabbia a fior di pelle.
“Sai dove possiamo trovare il capo villaggio?”
L’uomo li osservò sorpreso, per un momento, prima di allargare un amplissimo sorriso entusiasta e sollevare le mani.
“Ma sono io! Sono io il capo villaggio di Sendai. Mi chiamo Koji Yamaoka, ma per tutti sono semplicemente Mastro Koji. Cercavate me e mi avete salvato, doveva essere destino.” Educatamente si fece da parte, indicando una costruzione che affacciava proprio in quella piazza. Era bassa, come le altre, ma più grande e ugualmente in arenaria. “Venite. Andiamo pure a casa mia, lì potremo parlare tranquillamente.”
Mamoru rimase con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Accanto a lui, Yuzo era altrettanto sorpreso, così come Hajime e Teppei. Poi, sul viso del volante le labbra tracciarono una mezzaluna sorridente e soddisfatta. Si girò verso la Fiamma pronto a dir qualcosa, ma l’altro lo zittì prima che potesse proferire anche solo ‘A’.
“Taci” sibilò veloce, una mano alzata. Le dita arpionate alle briglie del cavallo stringevano in maniera convulsa. Inspirò lentamente un paio di volte ed era palese che stava cercando di controllare la collera. “Non dire. Una. Parola” scandì piano.
“Ma-”
“Ah!”
“Io-”
Sh!”
Mamoru gli rivolse un’occhiata che avrebbe incenerito anche i ghiacci polari. “Stai. Zitto” intimò in maniera decisiva e gli volse le spalle. Con passo misurato iniziò a seguire il capo villaggio senza aggiungere altro. Non avrebbe mai ammesso la ragione di quell'insopportabile uccellino.
Dietro di lui, Yuzo stava praticamente fremendo. Spostava il peso da un piede all’altro e si mordeva il labbro inferiore. Ogni tanto lanciava un’occhiata ai suoi compagni e poi tornava a fissare la schiena della Fiamma. Attese che si fosse allontanato a sufficienza e infine si girò verso Acqua e Terra, parlando a voce più bassa possibile.
“Visto? Ho fatto bene a salvare la vita di quell’uomo! Avevo rag-”
Yuzo!” Il richiamo di Mamoru tuonò così forte da farlo sobbalzare. “Ti ho sentito, maledizione! Stai parlando?! Fai silenzio e vieni subito qui! Muoviti!”
“Arrivo!”
Mentre vedevano il volante raggiungere di corsa il giovane di Fuoco, che non perse tempo ad ammonirlo acidamente, Hajime e Teppei scoppiarono a ridere.

La casa di Mastro Koji era su due livelli con un bel cortile interno e l’ampia terrazza sommitale. Il suo proprietario era una persona affabile e disponibile; li aveva addirittura convinti a pernottare da lui che tanto: “La mia dimora è così spaziosa, non dovete preoccuparvi. E poi gli Elementi delle Dee sono sempre i benvenuti.”; non avevano potuto rifiutare. Anche perché Mamoru non lo aveva permesso, sempre per la storia del risparmio e del non dormire all’addiaccio.
“Vi siamo grati per la vostra ospitalità, Mastro Koji” ribadì Yuzo, mentre una domestica serviva la cena. L’odore speziato della carne riempì le narici dei giovani, aprendo lo stomaco di Teppei che fissava la sua porzione con occhi adoranti e l’acquolina in bocca. Di fronte a lui, Hajime faceva finta di niente, tanto ormai c’era abituato.
“Ma no, questo è il minimo ch’io possa fare. Voi mi avete salvato e non potrò mai dimenticarlo.” Con benevolenza, rivolse un’occhiata amorevole alla consorte, una donna molto bella e raffinata che sedeva al suo fianco. “Mi spiace solo d’aver rimandato alla sera la nostra discussione. Purtroppo, anche se piccolo, Sendai mi dà molto da fare come capo villaggio. Sono davvero desolato.”
Il pomeriggio, subito dopo il loro arrivo e il salvataggio dell’uomo, nonostante fossero andati alla dimora di Mastro Koji per discutere, quest’ultimo non era riuscito a prestare loro la dovuta attenzione: i numerosi impegni nella gestione del villaggio l’avevano tenuto costantemente in movimento. L’uomo aveva quindi proposto loro di sistemarsi a casa sua e di riposarsi; a cena avrebbero avuto finalmente modo di parlare di tutto.
“Dovrebbero farvi Doge vista la dedizione che mettete nel vostro lavoro, Mastro Koji” affermò Mamoru, bevendo un sorso di vino rosso, e l’interpellato arrossì, schernendosi con imbarazzo.
“Ah! Ma no, ma no! Sarebbe così impegnativo! E poi non potrei più dedicarmi alla mia famiglia.” Sorrise, sistemando gli occhiali. “Loro vengono sempre prima di tutto.”
La Fiamma tacque. Negli occhi nascose un’espressione ferita.

“Loro vengono prima di tutto.”

Quella frase riecheggiò nella sua testa in maniera sprezzante, assieme all’incontro con Rika. Poi sorrise, con un certo rammarico, rendendosi conto di quanto le realtà del mondo potessero essere differenti tra loro.
Spostò lo sguardo davanti a sé e solo allora si accorse che Yuzo lo stava osservando. Sul volto aveva un’espressione incuriosita e preoccupata che gli fece immediatamente indurire i tratti e girare la faccia. In uno sbatter di ciglia era tornato di nuovo il solito Mamoru di sempre, ma dentro di sé si redarguì dicendosi di dover prestare maggiore attenzione.
“Veniamo a noi.” Mastro Koji aveva ripreso a parlare. “Cosa vi porta a Sendai? È un villaggio piuttosto piccolo e non è annoverato tra le mete turistiche del Sud.”
Mamoru prese la parola prima che potesse farlo il volante. Severamente incrociò le mani davanti a sé, tenendo poggiati i gomiti ai lati del piatto dove la sua porzione di carne era stata solo appena toccata. “Siamo in viaggio per conto del Re Ozora.”
L’uomo parve realmente sorpreso e ammirato. “Oooh.”
“Purtroppo, non è una visita di piacere” specificò la Fiamma, smorzando da subito l’entusiasmo del suo interlocutore. “Ciò di cui vi metteremo a parte deve restare un segreto tra noi e voi, spero comprendiate.”
“Ma certo. Ma certo.” Koji s’affrettò subito ad annuire. Con un deciso battere di mani ordinò alle due donne che stavano servendo la cena di lasciarli da soli, in modo che non vi fossero orecchie indiscrete. “Prego. Parlate pure.”
“Il Principe Tsubasa è scomparso alcuni mesi fa.” Mamoru fu lapidario e la notizia lasciò veramente sconcertato il capo villaggio che sgranò gli occhi.
“Ma non è possibile! Il Principe è stato qui ultimamente-”
“Lo sappiamo, per questo siamo giunti fino a Sendai. Il Re ci ha dato il compito di ritrovarlo e noi stiamo ripercorrendo il tragitto del suo viaggio.”
“Vorremmo che ci parlaste della sua visita.” Yuzo lo disse con un sorriso cordiale volto a stemperare la durezza della Fiamma. Quest’ultimo gli rivolse un’occhiata stizzita, ma non aggiunse altro; era ancora infastidito per quello che era successo al loro arrivo per essere più conciliante nei suoi confronti. Per fortuna, il volante si era abituato al suo caratteraccio e ignorò volutamente il suo sguardo pessimo.
Ignaro a queste loro strane dinamiche, Mastro Koji si portò una mano al mento, pensieroso.
“In verità, il suo soggiorno è stato molto breve. Impegni importanti lo richiamavano altrove. È arrivato qui verso metà mattinata e il pomeriggio stesso è ripartito.”
“Avete notato qualcosa di strano durante la sua sosta?” Hajime si sporse un po’ verso il centro del tavolo.
“No… non mi pare… il Principe ha tenuto un piccolo discorso agli abitanti, ha fatto il giro del villaggio ed è ripartito dopo pranzo.”
La Fiamma fece ruotare il vino nel bicchiere, guardando il liquido oscillare piano lungo le pareti trasparenti.
“Visto che Sendai è piccolo, non avete visto se c’erano stranieri sospetti?” Nella sua mente c’era ancora la convinzione che si trattasse di Stregoni, anche se non poteva provarlo e, dopotutto, avrebbero sempre potuto camuffarsi per passare inosservati; la Magia Nera aveva un potere che era meglio non sottovalutare.
“Me ne sarei accorto, sicuramente” negò Mastro Koji. “A parte la piccola delegazione di Guardie Reali che accompagnavano il Principe, no, non c’era nessun altro esterno al villaggio.”
Mamoru sorseggiò il vino, sospirando. “Sì, capisco.”
“Vi dispiace se per un giorno o due gironzoliamo nei paraggi alla ricerca di informazioni?”
Il capo villaggio scosse animatamente il capo, guardando con un ampio sorriso collaborativo il volante. “Ma no! Che dite? Fate tutto quello che ritenete opportuno per ritrovare il nostro amato Principe e la Chiave. Anzi, se c’è qualcosa ch’io possa fare per voi-”
“Non disturbatevi oltre, Mastro Koji”, Hajime sollevò una mano per rassicurarlo, “avete già fatto molto offrendoci ospitalità. Continuate pure a svolgere i vostri doveri come se non ci fossimo. Faremo anche il possibile per non turbare la serenità degli abitanti di Sendai…”
Tsk. Come se non l’avessimo già fatto” sbuffò Mamoru, lanciando un’occhiata accusatoria nei riguardi di Yuzo che sostenne il suo sguardo con un sopracciglio inarcato.
Koji Yamaoka rise divertito. “Al massimo li avete incuriositi. Non ci sono Minister in questo villaggio: troppo piccolo per averne uno e troppo vicino ad altri più grandi che ne sono dotati. Perdonateli se vi scruteranno con insistenza.”
I giovani, tranne la Fiamma che parve chiaramente seccata, gli rivolsero un sorriso tranquillo.
Finalmente, poterono dedicarsi al pasto che avevano davanti mentre Teppei dava l’assalto alla sua seconda porzione con buona pace di Hajime che si domandava dove diavolo lo mettesse tutto quello che ingurgitava: il tyrano non ingrassava nemmeno di un etto.
“In merito al fatto che non siamo abituati ad avere dei maghi elementali a Sendai…” Mastro Koji parve un po’ in imbarazzo ed esitante. Mamoru lo guardò di sottecchi, mentre tagliava la carne. L’uomo muoveva lo sguardo dal proprio piatto al volante e sembrava in difficoltà.
Perché aveva una brutta sensazione?
“…Yuzo, avrei un favore da chiederti. Tu sei un Elemento d’Aria, vero?”
Appunto e ti pareva.
Il suo sesto senso funzionava in maniera impeccabile. Mamoru sospirò impercettibilmente mentre buttava giù il boccone, pronto a sentire di cosa si trattasse. Davanti a lui, l’uccellino aveva la solita espressione innocente e candida.
“Sì, se posso esservi d’aiuto…” disse e alla Fiamma cominciò ad andare di traverso la cena. Come al solito, quel dannato piccione concedeva la sua disponibilità senza pensarci su due volte.
Mastro Koji poggiò le posate nel piatto, levando con decisione lo sguardo. Stavolta, al posto del solito entusiasmo, Mamoru vi scorse una nota più triste.
“Ecco, io… avrei una figlia.”
Stavolta il boccone gli andò di traverso sul serio, tanto che si mise a tossire, spezzando la conversazione. Hajime versò subito dell’acqua che la Fiamma buttò giù d’un sol fiato.
Per un attimo, quella frase detta dal capo villaggio gli era sembrata quasi il principio di una proposta di matrimonio. E come gli era venuto in mente non volle nemmeno saperlo.
Yuzo, diversamente da lui, era felicissimo della cosa. Di sicuro non aveva avuto il suo stesso pensiero, Mamoru ne era convinto al cento per cento.
“Ha undici anni e ha sempre… sempre desiderato divenire una Sacerdotessa Elementale dell’Aria.”
Ora, la Fiamma s’era fatta improvvisamente più attenta e seria. Succedeva sempre così quando sentiva nominare quella maledetta casta di fanatiche.
Il volante, invece, allargò il sorriso, come se per lui non ci fosse nulla di male, anzi, sembrava davvero interessato, ma il capo villaggio non aveva ancora terminato.
“Purtroppo, la sua salute cagionevole non le permette di poter lasciare Sendai.”
Di colpo, tutto l’entusiasmo che Mamoru aveva letto sul volto di Yuzo si dissolse come se un improvviso colpo di spugna l’avesse cancellato. Le labbra persero la presa sul sorriso che scivolò e scomparve, lasciando, al suo posto, un’espressione dispiaciuta.
“Oh…”
Anche la serietà della Fiamma mutò, stemperando la durezza.
“Per questo volevo chiederti se… se non ti spiacerebbe farle visita. Ovviamente non devi sentirti obbligato, ci mancherebbe! Mi rendo conto che sarai impegnato con i tuoi compagni per cercare il Principe, e se non fosse un caso estremo non te lo avrei mai chiesto, però… so che a lei non resta molto e so che non avrà una seconda occasione di poter vedere un vero Elemento d’Aria. Per questo, ti chiedo: potresti parlare un po’ con mia figlia?”
“Ma certo!” Yuzo gli rispose con foga. Poi, improvvisamente, si volse a cercare lo sguardo di Mamoru, con apprensione. “Perché posso… vero?”
La Fiamma spalancò gli occhi.
Voleva il suo permesso?!
Adesso?!
Con tutte le volte che si era raccomandato, quel dannato volante andava a cercare il suo consenso nell’unico momento in cui non ne avrebbe avuto bisogno.
Ruotando gli occhi con noia gli fece capire che era ovvio che potesse farlo, che diamine!, non era mica un mostro senza cuore.
L’uccellino si illuminò a quel suo ‘sì’ silenzioso, sorridendo nuovamente con entusiasmo, tanto da lasciare la Fiamma con un sopracciglio inarcato sull’espressione rassegnata. Ormai era palese, come era stato quando si trovavano a Sundhara: per quanto avrebbe tentato di cambiarlo o di renderlo più simile a ciò che lui avrebbe voluto che fosse, avrebbe sempre fallito, perché Yuzo sarebbe rimasto il solito, stupido volante.
“Sarò più che felice di poter parlare con lei, Mastro Koji” confermò proprio quest’ultimo e il capo villaggio poté sciogliere la tensione in un’espressione di profonda gratitudine.

La piccola Yoshiko non riusciva a stare ferma un momento mentre si agitava nel letto, tempestando di domande la governante.
“Ma allora è vero che sono arrivati degli Elementi? Eh?! Oggi ho sentito una gran confusione provenire dalla piazza, ma non sono riuscita a vedere. Ti prego, Miyu!”
“Signorina, per favore! Non agitatevi così, non vi fa bene, lo sapete. Su, fate la brava.” Per l’ennesima volta, la donna le sistemò le coperte, mentre la bambina restava seduta, la schiena appoggiata contro tre grandi e morbidi cuscini imbottiti. Sulle gambe, c’era l’ultimo libro di Leggende Elementali che il buon Gozo, mercante di stoffe, aveva portato dal suo viaggio a Shaqqara. Lei lo stava divorando con l’innata, esuberante curiosità e voglia di sapere, conoscere e scoprire quelle realtà lontane da Sendai. Voleva sognare.
Accanto al letto, in un angolo, la sedia a rotelle restava a riposo.
“Ma non mi sto agitando! Dai, per favore… sono davvero degli Elementi?! E che Elementi sono?! E da dove vengono?! E perché sono qui?! Posso vederli, domani?! Ti prego! Ti prego! Ti prego! Prometto che farò la bravissima!” I suoi occhioni scuri erano lucenti e supplicanti.
Da quanto tempo desiderava incontrarne uno dal vivo? Vedere un mago guerriero, servo delle Dee, fautore della magia più potente del pianeta. Chissà quante storie aveva da raccontare, quanti viaggi e avventure, quanta conoscenza.
La donna sospirò, portandosi le mani ai fianchi e gonfiando le guance. “E va bene, signorina: sì, sono arrivati degli Elementi.”
Yoshiko si illuminò di gioia, le ciglia che sbattevano incredule e il libro che veniva portato a coprire la bocca e i suoi gridolini.
Vederla così estasiata fece stemperare il piglio arrabbiato alla governante, che sorrise, rilassando le spalle. La donna si piegò in avanti per poterle fare una confidenza e la bambina rimase ad ascoltarla con attenzione.
“Sono quattro e hanno salvato vostro padre che stava per avere un bruuuutto incidente”
Yoshiko trattenne il fiato.
“E poi?!”
“E poi sono ospiti in questo palazzo; se promettete di fare la brava… forse li potrete vedere. Sono molto impegnati, sapete?”
La bambina annuì vigorosamente. Diede una rapida lisciata alle coltri e si mise composta, al centro del letto, con la schiena ben dritta. “Sarò buonissima” giurò solennemente.
In quel momento, la voce affettuosa del capo villaggio le interruppe.
“Chi è che sarà buonissima?” domandò, divertito, facendo capolino sulla soglia.
“Io! Io!” la bambina alzò la mano. “Papà! E’ vero che sei stato salvato da degli Elementi?! Miyu mi ha detto che ce ne sono quattro! Se mi comporterò bene potrò vederli?”
L’uomo le si avvicinò, ridendo; sua figlia era su di giri. Le prese dolcemente il viso tra le mani e le baciò il capo.
“Ma tu ti comporti già bene, piccola mia. Per questo, avrai un piccolo premio.”
Lei sollevò il viso nella sua direzione, guardandolo con aria incuriosita e perplessa.
Il capo villaggio le sorrise ancora, prima di girarsi verso la porta.
“Yuzo, vieni, entra pure.”
Yoshiko fissò l’uscio con curiosità, lo vide schiudersi, pian piano. Dall’esterno, la figura di un giovane sconosciuto fece capolino, titubante.
Lei capì all’istante chi fosse.
Per anni, da che aveva imparato a leggere, aveva cercato notizie su Alastra, e della Magia Elementale dell’Aria sapeva molto di più di quanto potessero conoscere gli altri del villaggio. Aveva sempre desiderato divenire una Sacerdotessa e riconoscere Yuzo per ciò che era fu una conseguenza immediata.
Rimase con la bocca semiaperta mentre lo vedeva avanzare nella camera: il passo sicuro, il sorriso e tutta l’espressione del viso che trasmettevano calma e gentilezza.
Yoshiko si portò le mani al volto, allargando un sorriso di pura gioia.
“Un Elemento d’Aria!” squittì, emozionata. “Un vero Elemento d’Aria! Veroveroverovero!” Di slancio strinse Mastro Koji in un abbraccio caloroso. “Grazie, papà! Grazie, grazie, grazie!”
Yuzo sorrise di quell’entusiasmo così genuino e forte, contagioso. C’era vita, in quella bambina, che non voleva arrendersi e restava aggrappata allo spirito con tutta sé stessa. E questa sua tenacia gli scaldò il cuore.
“Mi raccomando, non torturarlo con le tue domande, però” scherzò bonariamente il capo villaggio e Yoshiko arrossì, gonfiando appena le guance.
“No, che non lo torturo!”
“Certo, certo. Allora vi lascio parlare” si congedò l’uomo, facendo un cenno anche alla governante. Quest’ultima rivolse un inchino al giovane d’Aria e uscì; piano, la porta venne chiusa sui loro passi.
La stanza affacciava nella piazza principale di Sendai ed era dipinta di un rilassante e luminoso arancio. Le tende oscillavano appena accanto ai vetri aperti per permettere il passaggio dell’aria.
In quel villaggio, ancora più addentro al Regno del Sud, vi era un clima molto umido e caldo. Per lui, che poteva sopportare temperature ben peggiori, non faceva differenza, ma per gli abitanti cercare anche il più piccolo spiraglio di corrente era necessario.
Il volante si avvicinò di qualche passo, fino a raggiungere il letto, da cui la piccola non perdeva nemmeno uno dei suoi movimenti. Era visibilmente emozionata e lo guardava, stregata. Yoshiko gli fece cenno di accomodarsi sulle coltri e lui obbedì.
“Hai subito capito che ero un Elemento d’Aria, sei molto intuitiva"
La bambina arrossì per il complimento. “Ho letto così tanto di voi che mi è sembrato di conoscerti già. E poi… quella è una Piuma di Yayoi, vero?” indicò il lungo orecchino che il giovane portava con sé.
“Sì, esatto.”
“Ah! Che meraviglia! Dal vivo sono molto più belle che disegnate su un libro.”
Yuzo convenne e con gesti fluidi tolse il pendente per farglielo vedere da vicino.
Yoshiko si sporse, gli occhioni spalancati e il sorriso trasognante. “E’ bellissima!” Poi sembrò come ricordarsi di una cosa importante e assunse una postura più dritta. Si profuse in una sorta di inchino. “Grazie per aver salvato il mio papà e per aver accettato di parlare con me.”
“Non devi ringraziarmi, aiutare gli altri è un mio dovere, inoltre…”, Yuzo rimise la piuma all’orecchio, inclinando leggermente il capo, “…non potevo non far visita a un’aspirante Sacerdotessa dell’Aria.”
Yoshiko sospirò, abbassando un po’ lo sguardo. “Te lo ha detto il mio papà, vero? Ma io non potrò mai diventare una Sacerdotessa e servire la Dea…”
“Lo stai già facendo.”
La giovane levò su di lui le iridi nocciola; sul viso brillava un’espressione di palese perplessità mentre Yuzo esibiva quella tranquillità disarmante e, all’apparenza, imperturbabile. A volte, sembrava che avesse potuto spostare le montagne.
“Ami la Dea, ami il suo Elemento. Amare è sempre stato il primo insegnamento della Divina Yayoi e fintanto che tu continuerai a farlo, ad amare i tuoi genitori, la gente che ti circonda, l’intero pianeta allora non verrai mai meno ai suoi insegnamenti.”
Yoshiko lo ascoltò con attenzione. Lei era sempre stata convinta che per poter servire davvero la Dea avrebbe dovuto prendere i voti di Sacerdotessa, andare ad Alastra e non lasciarla mai più come si richiedeva. E invece, le parole di Yuzo le fecero capire che tutti, nel loro piccolo, potevano servirla. Questo nessuno glielo aveva mai detto e se ne sentì profondamente orgogliosa e felice. Anche rassicurata, perché il suo sogno, anche se non si sarebbe realizzato pienamente, non sarebbe morto assieme a lei.
Gli sorrise, con calore e riconoscenza. “Grazie.”
Il volante le poggiò una mano sul capo. “Il mio nome è Yuzo e puoi chiedermi tutto quello che vuoi.”

Mamoru seguitava a restare, braccia conserte, appoggiato con la schiena alla sedia; lo sguardo puntato all’esterno a osservare la piazza di Sendai dall’alto. La brezza calda, il bicchierino di liquore ancora pieno a metà davanti, le gambe allungate sotto al tavolo.
Nella piccola saletta del secondo piano che Mastro Koji aveva messo a loro completa disposizione c’erano solo loro tre. La mappa della zona spiegata sulla superficie del tavolo e lì accanto quella dove era tracciato il loro percorso.
“Secondo me, conviene che setacciamo prima la zona a Ovest.” Teppei evidenziò l’area con le dita. “Guarda com’è fitta la vegetazione.”
Di fronte a lui, Hajime annuì mantenendo un piglio critico. Il tè fumava ancora debolmente.
Sendai era circondata da boschi e foreste che si aprivano in rare radure. Offriva, quindi, un’infinità di luoghi dove potersi andare a nascondere e loro speravano di riuscire a trovare, nel folto degli alberi, qualche indizio lasciato dai misteriosi rapitori del Principe.
“Se ci dividiamo in due gruppi, potremmo fare anche prima” propose il Tritone. “Così controlleremo contemporaneamente Est e Ovest.”
“Giusto! Allora domattina ci alzeremo presto e informeremo anche Yuzo.”
Tsk. Se non è impegnato a fare il bambinaio.” La Fiamma aveva il labbro tirato in un sorriso ironico, lo sguardo ancora all’esterno.
Hajime sospirò con condiscendenza, afferrando la tazza col tè.
“Vuoi lasciarlo in pace? È per una buona causa.”
“E chi dice niente?” si difese, spostando lo sguardo sul suo interlocutore. “La mia era solo una constatazione. Anzi, magari è la volta buona che me lo tolgo dai piedi per un po’. E poi piantala di prendere sempre le sue parti, non sei mica sua madre.” Stavolta sghignazzò apertamente, beccandosi una smorfia di rimando.
“Scusa, ma tu non l’avresti fatto se fossi stato al suo posto? Metti che la bambina avesse aspirato al ruolo di Sacerdotessa Elementale del Fuoco, non saresti andato a parlare con lei?”
L’ironia sul viso di Mamoru si affievolì, lasciando il posto a un’espressione quasi amara. Girò il viso, tornando a fissare l’esterno.
“No.”

“Davvero?”
Yoshiko non smetteva di strabuzzare gli occhi a ogni spiegazione che Yuzo non lesinava di darle, soddisfacendo davvero tutte le sue infinite domande.
“Certo. Le phaluat appena nate non hanno il ventre azzurro, ma sono avvolte da un piumaggio bianchissimo.”
Oooooh. E sono morbide?”
“Morbidissime” rise Yuzo, mentre Yoshiko era deliziata; con la fantasia stava immaginando piccoli batuffoli candidi dal becco lungo che dibattevano le ali cercando di volare già come le meravigliose fenici d’aria adulte.
“E tu te ne prendi cura?”
“L’ho fatto fino a che non sono dovuto partire, adesso se ne starà occupando di sicuro il vecchio Magister Jinnosuke.”
“Devono essere bellissime quando volano tutte insieme…”
“Sì, lo sono. Si muovono in stormi, mettendosi in formazione. Da terra è molto difficile scorgerle nelle giornate di cielo sereno” spiegò Yuzo e la bambina lo ascoltava rapita da parole e racconti, davano una realtà quasi tangibile a ciò che aveva letto o visto in qualche immagine dipinta su carta ingiallita. Ora poteva scoprire cosa fosse vero e cosa fosse solo una diceria. E il suo interlocutore non si risparmiava nemmeno un po’, narrandole quanti più dettagli possibili, senza stancarsi.
Yoshiko sorrise. “Sei una persona buona” disse d’un tratto, lasciandolo con le mani sospese a mezz’aria, prese nel mezzo d’una spiegazione impegnativa. “Si vede. Gli Elementi d’Aria sono tutti così? Gentili come te?”
Yuzo arrossì appena; non gli capitava spesso che qualcuno gli facesse dei complimenti tanto aperti. Nell’ultimo periodo, stando a contatto con un tipo come Mamoru, il massimo della parola cortese era stata ‘stupido volante’, che lasciava un po’ il tempo che trovava. Sorrise.
“Sì, fa parte della nostra natura e del nostro Elemento. La Divina Yayoi è considerata l’esempio della gentilezza e del buon cuore e noi, che siamo suoi servitori, cerchiamo di portare avanti i suoi insegnamenti in qualsiasi situazione. Per controllare un Elemento come l’Aria, ci vogliono calma e tranquillità, ma anche bontà per non farsi dominare dal troppo potere che ci si potrebbe trovare tra le mani.”
“Anche le Sacerdotesse Elementali sono così?” Gli occhi di Yoshiko si illuminarono di curiosità e trepidazione, ma Yuzo si ritrovò a sospirare, stringendosi nelle spalle. Sulle labbra un sorriso dispiaciuto.
“Purtroppo non saprei dirlo, non ne ho mai vista una. Perdonami.”
“Davvero? Ma il Tempio di Alastra è proprio sotto la grande Scuola Elementale e le due strutture sono collegate da un passaggio interno!” Le sembrava così incredibile che non si fossero incrociati nemmeno per un attimo veloce.
“Le Sacerdotesse non hanno il permesso di uscire dal Tempio nemmeno per volare attorno alla Punta di Diamante”, com’era chiamata l’appuntita base di roccia grezza su cui era edificata la Scuola, “e tra gli Elementi d’Aria, solo il Master e il Console hanno il permesso di poter scendere attraverso il passaggio che porta al Tempio, e solo in casi particolarissimi o estremi.”
Yoshiko era seriamente impressionata. Sapeva che la vita delle Sacerdotesse era votata alla clausura, ma non pensava potesse essere così rigida. Non potevano nemmeno volare all’esterno, ma solo dentro la struttura sacra. Quella notizia parve raffreddare le sue aspettative.
Yuzo se ne accorse.
“Delusa?” domandò, dispiaciuto di averle dovuto narrare una realtà decisamente diversa da come doveva averla idealizzata.
La bambina scrollò le spalle, sprofondando nei cuscini. “Un po’… di certo non è romantica come la descrivono nei libri. Volare deve essere così bello che non poterlo fare all’aperto deve essere una costrizione terribile.”
“Sì, l’ho sempre pensato anche io. Noi Elementi abbiamo molta più libertà rispetto a una Sacerdotessa e meno responsabilità. Vegliare sull’Elemento Eterno è un compito difficilissimo dal quale non è possibile distrarsi nemmeno un momento. Anche per questo, il Tempio ha ridotto a zero i contatti con l’esterno.”
Yoshiko annuì. “Lo capisco, però deve essere brutto non vedere mai il Sole, il cielo azzurro o le phaluat che volano libere. Non si sentiranno tristi?” Il dispiacere si appropriò dei suoi tratti e quella purezza d’emozioni disegnò un sorriso sulle labbra del volante. Se avesse potuto diventarlo, era convinto che Yoshiko sarebbe stata un’ottima Sacerdotessa, ma, allo stesso modo, forse un po’ egoisticamente, lui fu felice che non potesse recludersi nel tempio di Alastra. Uno spirito così vitale avrebbe finito con il morire lentamente, tra quelle mura di roccia.
Dolcemente, le carezzò il capo coperto da morbidi capelli castani, facendo scivolare la mano sulla guancia.
“Forse, però sono sicuro che se sapessero che c’è chi si preoccupa per loro, sarebbero molto, molto felici.” Le confidò e la bambina ricambiò il suo sorriso, cercando appoggio in quelle dita che trasmettevano calore e tranquillità. Le ricordavano contemporaneamente il tocco protettivo di suo padre e quello dolce e amorevole di sua madre.
Sì, quell’Elemento d’Aria era davvero una persona buona.
“Ora, però, devi riposare” affermò Yuzo. Erano rimasti a parlare almeno per un paio di ore e non voleva che Yoshiko si affaticasse; il capo villaggio aveva accennato alla sua salute molto cagionevole e al fatto che si stancasse facilmente, soprattutto la sera.
“Vai già via?”
“Hai bisogno di dormire, lo sai.”
Yoshiko non rispose, ma si limitò ad abbassare lo sguardo, emettendo un sospiro dispiaciuto. Quando lo sollevò, un guizzo speranzoso balenò nelle sue iridi. “Quando ripartirete?”
“Tra due giorni.”
Lei si animò come per magia; tutta la stanchezza che sentiva, nonostante si sforzasse d’apparire in perfetta salute, sembrò dissolversi. Le labbra tornarono a distendersi in un sorriso e gli occhi a brillare. “Allora, se non è un disturbo, parleresti ancora un po’ come me, domani? Lo so che avrai tanto da fare ma posso rubare qualche minuto del tuo tempo, la sera?”
“Certo che puoi. Passerò volentieri, proprio come oggi, e potremo continuare da dove abbiamo interrotto.”
“Oh! Grazie!” La piccola era così felice che, se avesse potuto, avrebbe saltato di gioia, ma le sue gambe non erano in grado nemmeno di reggere il suo esile peso, così si limitò a stringergli una mano tra le sue prima di lasciarla andare. Diligentemente scivolò sotto le coperte, mentre Yuzo le sistemava i cuscini sotto la testa e le rimboccava le lenzuola leggere con attenzione e praticità.
Yoshiko ridacchiò. “Posso farti una domanda?”
“Sicuro, chiedi pure.”
“Tu hai un fratellino, vero? Sei premuroso come la mia mamma!”
Il volante cominciò a ridere di gusto, mentre gli venivano in mente anche le parole di Rika, quando lo aveva visto alle prese con Mayleen. “Uno solo? Ne ho centinaia.”
Lei ridacchiò e si girò di lato, pronta per dormire.
Yuzo abbassò la fiamma della lampada, riducendola a un baluginio tenue che ricreava una riposante penombra. “Sogni d’oro” augurò e lasciò la camera, chiudendo piano la porta.
Un rilassato sorriso gli tendeva ancora le labbra mentre s’avviava per il corridoio. Le torce incassate nelle pareti illuminavano debolmente la via da percorrere. Era felice quando riusciva a rendersi utile in qualcosa, anche solo portando un po’ di conforto e serenità. Pensandoci bene, in quella missione si sentiva un intralcio il più delle volte, perché non era un Elemento da combattimento, anzi. Rifuggiva la lotta e non perché non sapesse farla, ma perché non voleva far del male a nessuno, e sapeva quanto queste sue limitazioni pesassero pure nel suo rapporto con Mamoru. Spesso era convinto che lui lo vedesse un po’ come un incapace cui bisognava dire cosa fare e su cui non poter fare troppo affidamento. Nonostante avesse detto di fidarsi di lui un po’ di più, al volante non erano sfuggite le occhiate di sufficienza che ogni tanto gli rivolgeva. Avrebbe dovuto lavorare sodo per riuscire a farsi accettare completamente e poi…
Yuzo sospirò, passandosi una mano dietro la nuca.
E poi era successa quella cosa.
Non avrebbe mai pensato che anche Hajime ne fosse coinvolto e la scoperta l’aveva lasciato sorpreso e… spaventato. Gli era parso un segno infausto. Tutto gli sembrava infausto quando si trattava dell’onice.
La toccò con le dita, avvertendola gelida come sempre e con la sensazione che pulsasse di vita propria. Ma non voleva che quel pensiero negativo oscurasse il piacere che aveva provato nel far compagnia a Yoshiko, così scosse il capo e si focalizzò sulla bambina e il suo amore per l’Aria.
“Ah, ragazzo!”
La voce di Mastro Koji attirò l’attenzione di Yuzo. Il giovane lo scorse farglisi contro dal fondo dell’andito assieme alla moglie Yumiko.
“Stavamo andando dalla nostra bambina per darle la buonanotte. Spero non ti abbia fatto disperare con le sue domande infinite.”
Il volante s’affrettò a negare; il sorriso si fece più ampio. “Ma no, Mastro Koji, nient’affatto. Anzi, se fosse possibile, mi piacerebbe farle un po’ di compagnia anche domani sera, quando torneremo dalla perlustrazione.”
Non lo vide nettamente, ma a Yuzo parve che l’uomo quasi si commuovesse, scambiò una rapida occhiata con la donna al suo fianco e poi rispose: “Ma certo, ragazzo, certo! Che domande!”
Yumiko gli rivolse un profondo inchino in segno di ringraziamento e si avviò alla camera di Yoshiko. Non era una donna molto loquace, ma attraverso i suoi gesti e le espressioni del viso, gli sguardi, tutte le parole che non diceva divenivano chiarissime.
“Ti raggiungo subito” affermò il capo villaggio, rimanendo accanto a Yuzo. Appena la donna scomparve dietro la porta della stanza, Koji Yamaoka emise un profondo sospiro. Sul viso, l’espressione mutò in una smorfia a metà tra il rassegnato e il grato. Sollevò gli occhiali con un gesto lento, passandosi le dita sugli occhi.
“Io… io non so davvero come esprimerti tutta la mia riconoscenza per ciò che stai facendo.” L’uomo accompagnò quella frase con un secondo sospiro. Gli occhi emersero da dietro le mani e stavolta il volante poté scorgere reale commozione.
“Non dovete ringraziarmi, lo faccio con vero piacere, credetemi.” Eppure offrirgli il suo sorriso non gli sembrò abbastanza, in quel momento.
“E invece devo. Non l’avevo mai vista così felice. Lei… lei sorride sempre, anche quando è allo stremo delle forze. Sorride per alleggerire il suo dolore e il nostro. Quando ha visto te, sembrava rinata. Questo per noi vale più di un miracolo.”
Yuzo abbassò lo sguardo, intrecciando le mani davanti a sé; l’espressione seria e preoccupata. “E’ così grave?”
Non l’aveva percepito nel tempo in cui erano rimasti a parlare. Anche lei era brava a nascondere, allora.
“Non le resta molto, ormai. Il Naturalista ha detto che si tratta di giorni, forse settimane. Quando la sera le andiamo ad augurare la buonanotte, io e mia moglie ci domandiamo sempre se sarà l’ultima, se al mattino si sveglierà.” Il capo villaggio tornò a mostrargli un sorriso più sereno anche se provato. “Per questo ti sono grato, se riesci a rendere lieti i suoi ultimi giorni.”
Yuzo gli rivolse uno sguardo stranamente fermo. Sembrava aria immobile, la stasi nell’occhio del ciclone.
“Farò tutto quello che sarà in mio potere. Glielo prometto.”
“Più di quanto stai già facendo?” L'uomo gli poggiò una mano sulla spalla.
“Caro”, Yumiko Yamaoka s’affacciò dalla porta, con un sorriso, “vieni, nostra figlia ti cerca.”
“Oh, oh! Eccomi subito!” Di nuovo, sul volto del capo villaggio era tornata l’espressione cordiale e un po’ buffa, quella che mostrava a Yoshiko affinché continuasse anche lei a sorridere e Yuzo aggrottò leggermente le sopracciglia nell’osservarlo allontanarsi.
Nell’aria c’era un odore triste. Lo inspirò a fondo, percependolo fin dentro ogni cellula del proprio corpo. Poi, si volse, cominciando a camminare nuovamente per il corridoio.
Non era abituato a vedere la gente soffrire e questo era uno dei grandi effetti collaterali del non aver mai lasciato Alastra. Quando si era trovato a Dhèver, dove la situazione era stata addirittura peggiore, si era sentito come soffocare dal dolore altrui, schiacciare al suolo. Fuori dal suo mondo tranquillo e felice, la gente soffriva molto di più di quanto potesse anche solo pensare e molto di più di quanto lui potesse materialmente fare per essere d’aiuto.

“Noi siamo semplici essere umani leggermente più speciali di altri, perché conosciamo la magia. Niente di più. Non siamo divinità, figliolo, e non riusciremo mai a preservare tutte le vite di questo pianeta. Però, ricordati sempre che anche un solo gesto che possa arrecare sollievo al dolore altrui è prezioso.”

“Anche un solo gesto…” a fior di labbra ripeté le parole di suo padre. Gliele aveva dette circa nove anni prima, quando non era ancora divenuto Console. Aveva sempre cercato di insegnargli il possibile prima del termine del suo mandato e l’inizio dell’altro, molto più impegnativo, che l’avrebbe tenuto lontano dalla Scuola. Con un sorriso, Yuzo si rese conto che riusciva sempre a trovare il giusto conforto in quei ricordi con lui, quando c’era qualcosa a turbare il suo cammino. Un po’ come Mastro Koji faceva con Yoshiko: le dava il conforto e la solidità cui appoggiarsi quando non si sapeva che fare, anche in maniera impercettibile, camuffandola dietro un’apparente tranquillità.
Parlare con lei, soddisfare la sua curiosità sarebbe stato il gesto che avrebbe fatto per portarle almeno un po’ di sollievo, ma non gli parve abbastanza.
Yuzo sollevò il capo, inspirando a fondo di nuovo, e in quel momento scorse la figura di Mamoru seduta in una piccola saletta. Il viso girato a osservare l’esterno e una bottiglia di liquore davanti.
La Fiamma lo notò che non era ancora entrato e gli rivolse il suo mezzo sorriso ironico facendogli cenno d’avvicinarsi.
Il volante varcò le soglie della stanza accogliente, dove le tende oscillavano alla brezza filtrante dalle vetrate spalancate, e si accomodò di fronte al compagno.
“Allora, fatta la tua buona azione quotidiana, uccellino?” lo pungolò Mamoru senza perdere tempo.
“Sì, signore.”
“Perché non ti rivolgi a me sempre così, mh?” finse di supplicarlo con le sopracciglia aggrottate. “Non senti come suona bene?”
Lui si volse e guardò fuori dalla finestra; c’era una bella vista della piazza di Sendai. “Perché poi non avresti nulla di cui lamentarti e ti annoieresti.”
“Uh, sagace.”
Yuzo sbuffò un sorriso; lo sguardo vagava alla città addormentata o in procinto di dormire. Bagliori tenui di candele e lanterne provenivano dalle finestre di alcune abitazioni, mentre la fontana continuava a zampillare con un mormorio piacevole che si accodava ai grilli. Attorno, oltre i confini, le fronde boschive stormivano piano, scure, creando come una coperta intorno alla città.
Il volante distese le braccia lungo il davanzale, appoggiando il viso sopra di esse.
“Mi piace questo posto.”
L’espressione di Mamoru si fece attenta nell’osservare il suo profilo e valutare quella frase. Il volante non lesinava mai nell’esprimere i propri pareri, come tutti, ma questa volta vi colse una nota più personale e sentita. Sul viso, carpì un accenno di tristezza.
“E’ così tranquillo e raccolto. La gente mi sembra felice.”
“Qualcosa non va?”
Yuzo sorrise un po’ sorpreso del fatto che l’altro si fosse accorto del suo turbamento.
Nel gorgogliare della fontana rivelò: “Lei morirà.”
“Si muore tutti prima o poi”
“Ma per lei avverrà prima degli altri. Non le rimane molto.”
Mamoru rimase in silenzio, continuando a scrutarlo; con lui era fin troppo facile riuscire a leggergli dentro.
“Vorrei… vorrei poter fare di più.”
“Non dirmi che ti ci sei già affezionato, vero?” inarcò un sopracciglio e l’altro rise, senza voltarsi.
Per Mamoru fu un ‘sì’. Cominciò a scuotere il capo, facendo schioccare la lingua tra i denti.
“Il solito volante. Così non andiamo d’accordo.”
“Perché? Cosa c’è di male?”
“C’è che ti fai distrarre e noi dobbiamo essere concentrati.” Si versò da bere e poi portò il bicchiere alle labbra. “I legàmi sono solo un intralcio.” Lo vuotò d’un sol colpo, avvertendo il calore dell’alcool scendere piacevolmente lungo la gola e l’esofago.
Yuzo sollevò il capo, assumendo una postura più composta. Sul viso, vi era un’espressione incredula. “Ma… ma i legàmi fanno parte di noi fin dalla nascita. Rifiutarli o non averne significa essere-” si interruppe all’improvviso, abbassando lo sguardo.
“Che cosa, volante?”
“No, niente.”
“Dillo.”
“Non vorrei offenderti” rifuggì ancora i suoi occhi, ma la mano della Fiamma gli afferrò il polso con decisione, bloccandolo sulla superficie del tavolo prima che potesse ritrarlo.
Nello sguardo, che aveva incrociato per la sorpresa di quel gesto, Yuzo lesse il ribollire spietato della pece.
“Offendimi.”
Il volante si mortificò per non aver pensato prima di parlare.
“Soli.”
Tsk.” La Fiamma sbuffò un mezzo ghigno ironico. “La solitudine non mi spaventa. Anzi, almeno non ho seccature.”
“A me sì.”
La sincerità con cui lo disse colpì Mamoru in maniera precisa come fosse stato punto da un lungo spillo, così come l’espressione malinconica che lesse sul suo viso.
“Per questo mi circondo di legàmi.”
Si fissarono a lungo, cercando di leggere negli occhi dell’altro le parole non dette che maturavano le loro scelte tanto opposte. Poi, la Fiamma lasciò la presa tornando a versarsi da bere.
“Si vede che siamo diversi” ironizzò e Yuzo annuì, rivolgendogli un sorriso di circostanza. Lo sguardo tornava a fuggire verso l’esterno.
“Perché ti sei affezionato alla mocciosa?”
Stavolta, il sorriso che carpì dal suo profilo fu nuovamente sincero, ma sempre pregno di quella malinconia che gli sembrava così strana, come una nota stonata, qualcosa di sbagliato, ma non capiva perché lo infastidisse tanto.
“Il suo amore per l’Aria, la sua voglia di apprendere e volare con la fantasia quando la realtà ti costringe al suolo… mi ricorda quando ero piccolo.”
Stavolta la Fiamma non rispose, limitandosi a osservarlo con un senso di profonda nostalgia che gli pungolò il petto. Lo scacciò prontamente e con decisione, relegandolo nello spazio impolverato del suo cuore da cui era fuggito. Lì, dove giacevano i ricordi.
Gli vide prendere un respiro più profondo e, quando si volse, la maschera creata attraverso l'incantesimo di Autocontrollo era calata perfettamente sul suo viso, mostrandogli un sorriso che avvertì gelido.
“Allora, qual è il programma di domani?”
Il tono completamente differente, gli occhi fissi nel cristallo, le labbra che sembravano seguire la piega sbagliata.
Yuzo si stava nascondendo e lui l’aveva capito all’istante, tanto da rimanerne spiazzato. Il mimetismo camaleontico dei sentimenti era perfetto, tale sarebbe parso ad altri occhi che non avrebbero saputo cogliere le differenze, ma lui… da quando riusciva ad aggirare simili difese con tanta semplicità?
Tsk. Come sei romantico” lo prese in giro, appoggiando un braccio alla spalliera della sedia e cambiando postura. “Comunque, domattina sveglia all’alba. Io e te daremo un’occhiata alla zona Ovest, Hajime e Teppei setacceranno le boscaglie a Est. Vediamo di trovare qualcosa.”
“Spero non ti dispiaccia se, in serata, torno a far compagnia alla figlia di Mastro Koji. Le ho detto che sarei passato.”
Mamoru arricciò le labbra, incrociando le braccia al petto.
“A proposito di questo: la vuoi smettere di chiedere il mio permesso verso cose per cui non ne hai bisogno?! Sembra quasi che tu mi prenda per il culo!”
“Ma no! Ma no! Giuro! Non l’ho fatto con quell’intenzione è solo che… sto cercando di fare il possibile per… per venire incontro alle tue esigenze. Voglio far durare questa tregua.”
“Se vuoi che duri, devi semplicemente fare quello che dico io, quando lo dico io. Non è poi così difficile.”
“Ma io lo sto già facendo, sul serio!”
Mamoru sollevò il mento. “Seee, seee. Come il salvataggio non autorizzato di Mastro Koji.”
“Sì, ma ho fatto bene, no? Questo devi ammetterlo.”
La Fiamma grugnì. “Vedi di sparire dalla mia vista, volante. Vattene a dormire che domani ci aspetta una lunga giornata.”
Yuzo sorrise, alzandosi lentamente. “D’accordo, ho capito. Taccio.”
“Bravo.”
“Tu non vieni? Ah, ma è vero! Dormiamo in camere separate.”
Mamoru allargò le braccia, portandole dietro la nuca e dipingendosi un sorriso sornione. “Già! Una vera pacchia. Niente uccellini cinguettanti nelle orecchie. Cosa chiedere di più alla vita?”
Il volante continuò a sorridere, scuotendo il capo e allontanandosi di qualche passo.
“Eppure sono sicuro che un po’ ti mancherò. Buonanotte.”
“Certo, come no, in un’altra vita, magari!” sbottò a ridere Mamoru, la mano che veniva agitata in un cenno di saluto. Lo seguì con gli occhi fino a che non scomparve oltre l’uscio. Velocemente il sorriso si dileguò, lasciando il posto a un’espressione più seria e pensosa. Spostò lo sguardo alla bottiglia e si versò ancora un dito di quella grappa dal colore scuro. Prese il bicchiere e si perse nell’oscillare del fondo senza smettere di vedere la fissità falsa della maschera dietro cui Yuzo continuava a trovare rifugio.
Quanto di simile c’era dentro di loro?

 


[1]SHUNJIN-GO: Capitano della Nazionale Cinese comparsa nel "World Youth Hen". Sì, pg-meteora. X3 Vogliategli bene. :* (fotina: *clicca qui* XD ammettetelo, non ve lo ricordavate nemmeno!)

[2]BUNNAKU SHINPRUSAT: ammetto, ho un debole per la squadra Thailandese. X3 Mi sono sempre stati simpatici, e infatti non è la prima volta che compaiono in una mia AU. Vi ricordate che avevo già nominato i Fratelli Konsawatt? Ebbene, non poteva mica mancare Bunnakinopuccio! *-* Mi ha sempre ispirato grande simpatia, per il suo essere un piagnone XD (Bunnakuzzo: *clicca qui*)


 

…Il Giardino Elementale…

Argh. Scusate, capitolo lungo. X3
Questa prima parte del capitolo 7 darà il via a una specie di 'minisaga', che si concluderà nel capitolo 9. Quello che avverrà in questa parte della storia sarà molto, molto importante, perché segnerà i nostri eroi in maniera profonda per svariati motivi. Qualcuno si sentirà tradito, qualcun altro si sentirà in colpa, tutti soffriranno. Nessuno ne uscirà illeso.
XD ovviamente, non potevo non dare un ruolo piccino a Yoshiko Yamaoka che, in questa storia, non è la sorellastra di Taro. ;)
Da quando ho scritto "Huzi", mi sono affezionata moltissimo a questo pg e quindi, se posso, cerco di inserirlo alla prima occasione buona! *sghignazza*
Ringrazio, come sempre, tutti coloro che seguono questa storia :D! Ci rileggiamo al prossimo aggiornamento!


Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti

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