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Autore: _Fedra_    07/10/2011    1 recensioni
PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO UN FINALE DIVERSO PER LA SAGA. Sono passati cinque anni da quando Cate ha lasciato Narnia, rassegnandosi a una vita normale e abbastanza scontata. Ma la ragazza non sa che le porte di quel mondo parallelo stanno per riaprirsi di nuovo e che lei potrebbe essere l'unica in grado di salvare coloro che ama da un terribile destino. Una fiction che stravolge l'intera saga, ai confini della fantasia, fino all'ultimo, cruciale passaggio che porterà oltre ogni confine.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
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I Quattro Troni
 



“Come diavolo vi è saltato in testa di mandarmi là sotto?” tuonò Peter non appena fece la sua trionfale comparsa dal pozzo, i capelli biondi appiccicati sulla fronte e una buona dose di melma verdastra spalmata sul viso d’angelo. Impossibile restare seri, non con il Magnifico ridotto in quello stato. “Ah, vi faccio anche ridere, non è così?” esclamò il ragazzo, sputacchiando acqua in tutte le direzioni.
Edmund crollò sulle ginocchia tenendosi la pancia, scosso da un eccesso di risate. Ero convinta che fosse sul punto di sentirsi male.
Suo fratello gli scagliò un’occhiata di fuoco. “Suppongo che come al solito sia tu il fautore di tutto questo, non è vero fratellino?”.
“Credo che, per una volta, Ed c’entri poco con le tue disgrazie, Peter”.
Il Magnifico si voltò verso di me, un’espressione di pura incredulità dipinta sul volto, convinto che le mie parole fossero uno scherzo e incontrando invece il mio sguardo serio e in qualche modo soddisfatto. “Che cosa?” domandò perplesso.
“Scusaci, Pete,” mi schermii incrociando le braccia “ma, a quanto pare, sei rimasto vittima di un incantesimo e non avevamo altra scelta che farti fare un bel tuffo nell’Acqua Vera. L’alternativa era quella di tenerci un bambino di ventiquattro anni”.
Peter mi lanciò un’occhiata di fuoco, i suoi intensi occhi azzurri di nuovo vivi e fiammeggianti come quelli di un tempo. Mi sentii crollare il mondo addosso: nonostante tutto quello che era accaduto, si vedeva chiaramente che gli piacevo ancora. “Deduco che sia stata tu a escogitare il tutto, non è vero?” chiese in tono di sfida, puntandomi scherzosamente un dito contro.
“Ehi, piano con le accuse!” replicai scansandogli la mano con un gesto eloquente. “L’ho fatto per il tuo bene.
 Alle mie spalle, Edmund aveva smesso all’istante di ridere e percepivo chiaramente quanto si stesse scaldando.
“Molte grazie, Miss” disse Peter senza smettere di sorridere. “Ve ne sarò per sempre grato”.
“Peter!”.
Raggiante per aver riavuto il vecchio fratellone, Lucy gli gettò le braccia al collo. Lui rise e la strinse in uno dei suoi calorosi abbracci, sollevandola di un buon palmo da terra. “Piccola peste!” esclamò, nonostante la sorella avesse ormai i suoi quindici anni.
Noi scoppiammo a ridere deliziati, stemperando all’istante la scherzosa tensione che si era creata fra di noi.
“Scusate se vi interrompo, ragazzi,” intervenne a un certo punto Rebecca, che, nonostante si trovasse in un ambiente per lei decisamente fuori contesto, non sembrava affatto disposta a perdere la sua irrefrenabile verve “ma temo che qui ci ritroviamo con i tempi un po’ stretti. Ricordate che sta per venire la fine del mondo e forse anche un’invasione di pazzi esaltati? Io mi sbrigherei a correre ai ripari, se fossi in voi…”.
“Fine del mondo? Invasione? E, scusate se mi intrometto, ma come mai ci ritroviamo di colpo tutti a Narnia e chi sono tutte queste persone che avete portato con noi?” chiese Peter confuso.
Ci scambiammo tutti un’occhiata esasperata. Mi duole dire che ciò che nei romanzi viene allegramente omesso per la gioia del lettore, nell’effettivo tempo della storia occupa molto più spazio che poche righe di scuse da parte dei protagonisti. E che quella incaricata di ripetere per l’ennesima volta l’intera tiritera a causa della distrazione dei miei personaggi, come al solito, sarei stata io.
“Pete, è una lunga storia” dissi in tono rassegnato. “Perciò mettiti comodo e ascolta, perché abbiamo poco tempo”.
E presi a raccontare.
 
“…e questo è tutto” conclusi dopo un tempo che mi parve infinito, lasciando il povero Peter più sbalordito e confuso che mai. Sicuramente, quella non era stata una delle sue giornate migliori.
La cosa che mi sconcertava più di tutte, però, era l’atteggiamento di totale indifferenza dei miei compagni di viaggio, quasi come se il fatto che stesse per venire la fine del mondo non li riguardasse, forse perché anche loro si erano stufati di sentirsi dire per l’ennesima volta la stessa cosa.
Edmund aveva praticamente saccheggiato l’albero di mele sotto cui si era seduto, lasciando a terra un bel cumulo di torsoli rosicchiati come conseguenza a uno dei suoi attacchi di fame nervosa. Lucy si era cimentata nell’arte del coiffeur e aveva appena sistemato i capelli di Rebecca in un intricato sistema di trecce e treccine. Giulia e Massi, com’era prevedibile, si erano appartati in un angolino e si stavano scambiando una serie di effusioni delle quali non volli indagare e Leo, rimasto solo, aveva tirato fuori l’Ipod, miracolosamente intatto nonostante tutta quella strapazzata, e si stava sparando non so cosa a tutto volume.
“Non abbiamo un attimo da perdere!” esclamò Peter battendosi un pugno sul palmo. “Dobbiamo subito organizzare la resistenza, in attesa dell’attacco”.
“Sì, ma non credo che possiamo fare molto contro la fine del mondo” sospirai io tristemente.
“Tu puoi fare eccome!” ribatté lui sorridendo. “Tu puoi cambiare le cose, ricordi?”.
“Sì, ma non so come!”.
“Ma è semplicissimo! Ti basta volerlo!”.
“Per favore, Pete, basta!” esclamai prendendomi la testa fra le mani. “Non ci raccapezzo più!”.
“E dalle un po’ di tregua, poverina!” sbottò Edmund cingendomi le spalle con un braccio e fissando suo fratello in cagnesco.
“Calmati, Ed!” rispose Peter. “Non volevo certo farla disperare!”.
“Ma, a quanto pare, ci sei riuscito lo stesso!”.
“La volete piantare di beccarvi come due zitelle? Di certo non semplificate la cosa in questo modo!” esclamai esasperata.
“Scusami, amore” intervenne Edmund allungandomi un bacio sulla testa.
“Deve riposare” osservò Peter.
“Sì, grazie, era quello che stavo tentando di dirle anch’io!” lo interruppe l’altro.
“INSOMMA, BASTA!” tuonai levando gli occhi al cielo.
“Va bene, basta” tagliò corto Edmund. Mi venne voglia di alzare le braccia in segno di esultanza. “Passiamo all’azione senza spaccarci la testa in questi ragionamenti filosofici. Quando verrà il momento, ci comporteremo di conseguenza. E, per cominciare, direi di entrare nel castello e vedere che cosa fare”.
“Era proprio quello che volevo dire io, per l’appunto!” disse Peter gonfiando il petto orgoglioso.
“BASTA CHE ANDIAMO SENZA PERDERE ALTRO TEMPO!” mi affrettai ad aggiungere prima che riprendessero a beccarsi. E, per rendere la cosa ancora più convincente, mi levai in piedi e presi ad avanzare a grandi passi verso il castello.
Subito mi ritrovai fiancheggiata da quei due, che continuarono a discutere per tutto il tragitto per cose alle quali non prestai la minima attenzione, troppo stanca e preoccupata per dedicarmi alla loro interminabile telenovela. Mi limitai a voltarmi verso Lucy, la quale mi lanciò di rimando un’occhiata carica di fraterna solidarietà.
“Gli uomini!” esclamò levando gli occhi al cielo.
 
Aprimmo il grande portone di quercia con fatica, dopo averlo liberato della selva di rampicanti che ne aveva imprigionato i battenti in uno strano abbraccio faccio di tralci, foglie e spine. I nostri passi rimbombarono nell’atrio completamente deserto.
“Attenti” ci avvertì Edmund sguainando la spada.
Noi lo imitammo immediatamente.
Procedemmo lentamente lungo gli interminabili corridoi del castello, perlustrando ogni angolo alla ricerca di qualche anima rimasta al suo interno, ma nulla, non vi era alcuna traccia dei suoi abitanti. Come se fosse sotto un incantesimo, pensai e subito un insopportabile senso di gelo mi serrò il torace. Edmund sembrò percepire la mia paura e allungò una mano verso di me, cercando di farmi coraggio. Io afferrai le sue lunghe dita e le strinsi forte fra le mie, mentre una vampa di calore mi risaliva lungo le guance e il cuore accelerava i suoi battiti come un puledro al galoppo.
“Che strano” commentò a un certo punto Lucy indicando le pareti. “Non mi ricordo di questo arazzo”.
“Neanch’io” disse Peter inarcando un sopracciglio biondo. “E’ molto bello, però”.
“Molto realistico” osservai d’istinto, notando l’incredibile cura con cui era stato realizzato l’interminabile corteo di fauni, centauri, minotauri e altre creature di Narnia che seguivano i nostri passi lungo le pareti.
“Ecco la Sala dei Troni!” esclamò improvvisamente la Valorosa indicando un’alta porta dalla sommità a ogiva che conduceva a un grande ambiente inondato di luce.
“Oh, che meraviglia!” esclamò Giulia prendendo a saltellare deliziata. “Non avrei mai creduto di potervi entrare, un giorno!”.
Facemmo ingresso nella grande sala completamente vuota, le cui immense vetrate si affacciavano su un mare color pervinca sormontato da un cielo di porpora. In cima a una breve rampa di scale marmoree, sorgevano quattro troni di pietra, scolpiti in modo semplice e allo stesso tempo maestoso, come le personalità di quegli uomini incredibili che vi erano stati destinati e di cui tre stavano camminando al mio fianco. Subito mi ritornò in mente il giorno dell’incoronazione, quando quell’immensa sala brulicava di creature di ogni sorta, tutte strette attorno al grande Aslan, il quale aveva chiamato i fratelli Pevensie uno a uno, posando sul loro capo le corone a loro destinate e consegnando nelle loro mani il destino di Narnia. Ricordavo ogni dettaglio di quel momento solenne, dello squillare delle trombe, le danze delle driadi e delle naiadi, l’improvviso distacco che avevo provato verso coloro che più amavo, comprendendo che il mio destino sarebbe stato molto diverso dal loro.
“Cate!”.
Solo allora mi accorsi di essere rimasta indietro, ai piedi della scalinata. Edmund mi stava fissando dolcemente, tendendomi la mano con gentilezza. “Vieni, Cate”.
“No” risposi scuotendo il capo. “Quel posto appartiene a voi”.
“Non vedi che c’è ancora un seggio libero?”.
Mi si annodarono le budella. “NO!” esclamai decisa. “Quel trono appartiene a Susan!”.
Edmund lanciò un’occhiata agli altri due, i quali gli risposero con un cenno d’assenso. A quanto pareva, erano riusciti chissà come ad architettare tutto senza consultarmi.
“Devono essere quattro i Figli di Adamo e le Figlie di Eva a occupare questi seggi” continuò il Giusto con decisione. “E, in quanto nostra sorella è assente, solo tu per noi sei degna di farne le veci fino al suo ritorno”.
“Con quale diritto?” domandai in tono di sfida.
“Forse non ci hai mai pensato, ma tu qui sei la mia regina” si limitò a rispondere Edmund con un sorriso.
Le sue parole mi tolsero il fiato e improvvisamente ebbi l’impressione di stare precipitando da un’altezza vertiginosa. Io una regina? E non una regina qualunque, la sua regina?
Chiusi gli occhi, le mani premute contro le tempie, cercando disperatamente di prendere una decisione logica. Logica, logica, chi meglio di Susan avrebbe saputo usare questa benedetta logica? Susan, se riesci a sentirmi, ti prego, dimmi: che cosa devo fare? Aiutami, Sue. Ho bisogno di te in questo momento, non voglio compiere un atto di empietà contro una regina, un’amica e una sorella.
Improvvisamente, un senso di pace mi invase. Come in un sogno, mi parve di avvertire una piccola mano che mi si stringeva dolcemente attorno all’avambraccio, come per farmi forza, mentre la voce della Dolce mi risuonava gentilmente nella testa, proprio come se Susan fosse stata davvero lì accanto a me: “Non temere, Caterina. I miei fratelli hanno ragione. A Narnia manca una regina e solo tu puoi prendere il mio posto fino a quando le cose non si saranno sistemate. Non temere, so quello che faccio e ti prometto che alla fine vivremo tutti insieme felicemente. Devi solo fidarti di me, dei miei fratelli e dei tuoi amici e vedrai che tutto si aggiusterà. Coraggio, Cate. Non aspettare oltre. Narnia ha bisogno di te, ha bisogno di tutti voi!”.
Spalancai gli occhi, improvvisamente pervasa da una consapevolezza del tutto nuova. Assecondando la forza irresistibile che le parole di conforto di Susan avevano suscitato in me, tesi la mano verso Edmund, incontrando le sue dita e seguendolo sulle scale, fino a ritrovarmi di fronte al trono della Dolce.
“Sia come vuoi” disse osservando il suo stemma brillare sullo schienale. Mi sedetti insieme agli altri.
Un brivido irresistibile percorse le intricate nervature di pietra che sorreggevano l’intera volta della sala, dipanandosi lungo le colonne e il pavimento e percorrendo l’intero castello simile a una scarica elettrica, nello stesso istante in cui l’ultimo raggio di sole scompariva all’orizzonte con un ultimo debole bagliore. Un ruggito assordante echeggiò per le stanze, mentre il rumore di centinaia di passi esplose dal corridoio, fino a rivelare il principio di un corteo interminabile di creature di ogni sorta, che si diressero verso il trono e si prostrarono umilmente ai nostri piedi.
“Che cosa succede?” esclamai senza fiato.
“L’arazzo!” disse Lucy. “Ecco dove erano finiti tutti, erano prigionieri di un dipinto!”.
“E noi li abbiamo richiamati” concluse Peter. “Bentornati, signori!”.
“Vostra maestà” lo salutò il fauno più vicino inchinandosi ai suoi piedi. “Le nostre spade e le nostre frecce sono al servizio di Narnia”.
“Vi siamo grati per il vostro valore e la vostra fedeltà” rispose il Magnifico sorridendo. “Qual è il vostro nome?”.
“Geremia, vostre maestà”.
“Ebbene, Geremia, tu sarai a capo delle nostre truppe”.
“Vi ringrazio, maestà”.
I suoi compagni lo seguirono, inchinandosi e presentandosi a loro volta. Io seguivo in silenzio la scena, sentendomi estremamente in imbarazzo di fronte a tutta quella gente che ci rendeva omaggio. La regina non era decisamente il ruolo che mi si addiceva. Non vedevo l’ora che ritornasse Susan.
Una volta terminata la cerimonia, le tenebre erano scese su Narnia e le numerose torce appese lungo le pareti si erano accese, illuminando la grande sala di una soffusa luce rossastra.
Re Peter predispose un banchetto, affinché tutti i convenuti potessero saziarsi e prepararsi al giorno dopo. Noi cenammo insieme a loro, usufruendo del cibo che era apparso come per miracolo all’interno delle cucine. Il castello, desolato fino a poche ore prima, si era trasformato in un inarrestabile brulicare di vita e non vi era angolo che non fosse occupato da creature dedite agli incarichi più disparati. Giulia sembrava un bambino portato al luna-park per la prima volta e continuava ad aggirarsi fra i tavoli con gli occhioni azzurri che brillavano d’euforia, attaccando bottone con chiunque le si parasse davanti fino a rimbambirlo di chiacchiere. Massimo, invece, era sul punto di avere una vera e propria crisi di identità. Più di una persona, scambiandolo per Edmund, gli si era prostrata davanti chiamandolo “vostra maestà” e lui, al culmine dell’imbarazzo, si era dovuto sorbire la proskinesis senza battere ciglio, gli enormi occhi neri sgranati per lo stupore. Rebecca, invece, non si era fatta perdere d’animo e, armata del suo inseparabile notebook, si avvicinava quasi di soppiatto ai Narniani, sottoponendoli a delle vere e proprie interviste, avida di sapere il più possibile su quel popolo straordinario. Quello che invece sembrava il più taciturno di tutti era Leo, il quale se ne stava in un angolino a consumare il suo pasto, l’aria pensosa e imbronciata e lo sguardo perso nel vuoto. La cosa mi preoccupò. Non era cosa degna del mio fratellino quella di isolarsi dal resto della banda. Era come se ci fosse qualcosa che non andava. Poi, notai la sua espressione e subito mi balenò alla mente un ricordo di cinque anni prima, quando anch’io, sentendomi di troppo in una situazione del genere, mi ero allontanata dal resto del gruppo, restando sola con i miei pensieri. Possibile che Leo si fosse innamorato?

                                                                                                                                                    

Ci avviciniamo alla fine con questo capitolo, la cui stesura mi ha strappato non poche risate!
Ringrazio sin da ora quelle due suocere di Edmund e Peter per essersi prestati così docilmente a una simile parte senza opporre resistenta e mi scuso con i lettori se, nonostante l'esplicito tentativo di affogamento da parte dell'intero cast, Peter sia sempre quello di prima, ma, vabbé, ci ho provato a migliorarlo. Se qualcuno vuole avanzare un'ipotesi razionale a tutto questo, sarò lieta di ascoltarlo.
Ringrazio anche tutti i miei lettori, che ogni settimana leggono e commentano questa fiction da ormai quasi un anno e non sembrano mai stancarsi delle avventure di Cate e i suoi amici. Mille volte grazie, siete mitici!^^
Ora non ci resta che salutarci, in attesa del prossimo aggiornamento (il che, ve lo prometto, arriverà molto presto).
Un bacio grande!
vostra
Sunny

 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

   
 
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