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Autore: Eryca    08/10/2011    5 recensioni
Avevo 17 anni quando un ciclone improvviso fece il suo ingresso nella mia vita, e mi stravolse ogni piano e ogni certezza.
Avevo 17 anni quando finalmente capii che c’era un’alternativa.
Avevo 17 anni quando mi resi conto che potevo scegliere.

~
Per Amy Murray la vita significa fare ciò che è giusto. Ma qualcuno di molto particolare arriverà, e metterà in discussione tutte le sue tesi, facendole capire il vero significato della vita.
~
Attenzione: Questa non è la solita storiella d'amore, non fermatevi a questa presentazione.
***
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parental Advisory: The static age

 
 

Capitolo Terzo
Born and raised by the hypocrites

 
 



Quel giorno faceva maledettamente caldo.
Avete presente una di quelle tipiche giornate di fine scuola?
I fiori bianchissimi che cadevano dai rami, ricoprivano le aiuole decorative, dando alla Rodeo High School un’aria molto spettrale.
Eravamo in California, quindi non c’era da stupirsi se il sole era alto e l’afa ti opprimeva.
Era tutto nella normalità dei fatti.
Indossavo un paio di shorts di jeans, e una canotta color rosso amore. Ero appoggiata ad un muretto fuori scuola, mentre aspettavo l’arrivo di Jake; io e lui ci davamo ogni giorno appuntamento in quel punto, in modo da poter entrare a scuola insieme.
Quella mattina, però, non ero molto entusiasta del mio netto anticipo.
Sfilai l’i-Pod dalla tasca, e infilai le cuffiette nelle orecchie. Quando non avevo nulla da fare ascoltavo la musica.
E non un qualsiasi genere musicale, ma bensì musica classica.
Di solito facevo partire la sinfonia che ballavo per il saggio, chiudendo gli occhi e lasciandomi trasportare dall’armonia, immaginandomi nella testa i passi. Era così rilassante che quasi mi irritavo quando qualcuno mi riportava alla realtà.
La sera prima, avevo attirato sguardi sgomenti quando ero scoppiata in una risata fragorosa, a cena.
Beh, certo, non era stata del tutto colpa mia.
Ok, mi ero lasciata trasportare come una bambinetta di dodici anni da un’idiozia che quel William Joseph aveva detto all’ospedale. Però ancora in quel momento, se ci pensavo, non potevo fare a meno di ridacchiare da sola.
Come diavolo si fa a soprannominare Gesù Cristo “GC”?
Sentì picchiettare sulla mia spalla, e alzando lo sguardo da terra, scorsi un bel viso familiare.
-Scusa, non ti avevo sentito- sorrisi dolcemente al mio ragazzo, che mi baciò le labbra.
I baci in pubblico erano sempre, rigorosamente casti.
Era successo qualche volta, quando ci trovavamo a casa di uno o dell’altro, che eravamo finiti su un letto avvinghiati, affannati e .. mezzi nudi.
Ma non avevamo mai fatto sesso, anche se ci eravamo andati molto vicini. Strano, ma vero. Di solito le ragazze della mia età avevano perso la verginità da almeno tre o quattro anni, ma io non ero una comune ragazzina.
In ogni caso mi sentivo rilassata all’idea di possedere ancora la mia verginità. Ne andavo fiera.
-Come stai?- chiese mentre mi stringeva la mano nella sua.
Ci avviammo verso l’entrata dell’edificio, brulicante di ragazzini di quasi tutte le età.
Data la splendida giornata, quasi tutte le persone erano vestite in modo leggero; lo stesso Jake indossava dei pantaloncini e una maglietta.
Alla mia sinistra, un gruppetto di skater sfrecciava tra i marciapiedi e mi tagliava la strada. I soliti incapaci.
-Bene, sto bene. Te?- mi ricordai di rispondere alla domanda di Jake.
In fondo non mi potevo ritenere sfortunata: era un bravo ragazzo.
Proprio ciò che andava a genio a mio padre.
Non lo avrei mai deluso, di quello ne ero sicura. Io facevo sempre le scelte giuste.
-Mh, tutto bene.- liquidò la conversazione.
In realtà io e Jake non facevamo mai grandi chiacchierate o cose del genere. Non avevamo troppe cose da dirci, se non le solite banalissime conversazioni fatte.
Ma andavano bene, giusto?
Non appena misi piede nel liceo, notai che sembrava essere più pieno del solito. Forse era solo una mia stupida illusione.
-Beh, io vado a lezione.- Le labbra di Jake si posarono gentilmente sulla mie, premendo leggermente.
A volte avrei voluto che mi avesse presa e baciata davanti a tutti. Ma era un irrazionale pensiero di un’adolescente con gli ormoni in subbuglio. Quella parte di me che dovevo assolutamente reprimere e nascondere. Ne andava della mia reputazione.
Lisciandomi la maglietta mi incamminai verso l’aula di Laboratorio. Non mi dispiacevano i laboratori, però come prima ora erano un po’ pesanti.
I corridoi erano ormai vuoti, siccome la campanella era già suonata da qualche minuto. Ma io dovevo andare al piano superiore, quindi potevo permettermi un minimo ritardo.
E poi la professoressa mi adorava, non mi avrebbe mai sgridata.
Stump, Domb, pata.. crack!
Un fracasso infernale arrivò alle mie orecchie, allarmandomi.
Che diavolo era stato? Sembrava un rumore di qualcosa che cadeva e si rompeva.
Affrettai il passo cercando di capire da dove veniva quel chiasso. Dovevo controllare che nessuno si fosse fatto male.
Intravidi che la porta dello Sgabuzzino degli inservienti era aperta, e un manico di scopa ne usciva fuori.
Era Bart, il bidello, che si era fatto male?
-Bart? Sei tu? Tutto bene?-
Nessuna risposta.
Non potevo entrare nelle stanze del personale, ergo non potevo vedere se Bart stava bene. Che diavolo! Non avevo mai trasgredito una regola in vita mia, quella non doveva essere la prima..
Ma se davvero il bidello si era ferito?
Sporsi colpevolmente la testa.
Una lampadina di pessima qualità penzolava sul soffitto, illuminando precariamente la stanzetta.
Un ammasso di scope, ramazze, spazzoloni e quant’altro, era rovesciato a terra creando un caos terribile.
Un piede spuntava da sotto quella confusione.
-Bart, oh Cielo! Lascia che ti aiuti! Vieni fuori di lì! Vado a chiamare qualcuno,così..-
Non feci in tempo a finire la frase che una fastidiosissima voce roca mi interruppe.
-Non ci pensare neanche, Barbie!-
Dalla montagna di utensili spuntò fuori una testa di un giallo canarino, con tanto di volgarissima ricrescita.
Due occhi verdi mi fissavano con aria di sfida, mentre un secchiello rosso penzolava sulla sua testa.
Armstrong.
-Mi chiamo Amy Murray, non barbie, idiota!- sbottai seccata.
Che diamine ci faceva lui lì?Guarda un po’ se me lo dovevo beccare pure a scuola.
Non si poteva neanche studiare in santa pace in quel posto.
-E io mi chiamo Billie-Joe Armstrong, non idiota.-
-Bene, allora credo che questo punto sia chiarito.- risposi incrociando le braccia con aria sufficiente. Notai che continuava a fissarmi in modo strano, inarcando un sopracciglio.
Ad un certo punto lo vidi sbuffare.
-Che vuoi?- sbottai.
-Hai intenzione di rimanere lì impalata a guardare il soffitto, oppure mi dai una mano ad uscire da questo cumulo di merda?-
Sempre elegantemente fine, Billie-Joe.
Quel ragazzo non si smentiva mai. E quella tinta era probabilmente uno di quei barattoli scadenti che vendevano nei discount.
Afferrai la sua mano e lo aiutai ad alzarsi, controvoglia.
Appena fu in piedi si spolverò i vestiti. Cosa a mio avviso inutile, dato lo squallore di quei quattro stracci neri. Davvero una pena.
Si scompigliò in capelli, in un gesto del tutto naturale, a differenza di quello di Jake, che lo faceva solo per attirare gli sguardi delle primine innamorate di lui.
Patetico, lo sapevo anche io.
-Allora?- chiesi impaziente.
-Allora, che?-
-Sai, le persone normali mi avrebbero ringraziata per averti fatto uscire da quel bordello.-
Lo vidi sogghignare. –Non ti ringrazierò, quindi potresti anche sgommare.-
Ma come diavolo si permetteva?
Io lo aiutavo ad uscire da una situazione come quella, offrendogli il mio aiuto nonostante mi avesse insultata il giorno prima, e lui..
Non mi ringraziava neanche?
Oh, diavolo! Quello era troppo anche per me!
-Lo sai che sei proprio un cafone arrogante? Spero davvero che mio padre ti dia una punizione adeguata, così magari sarà la volta buona che impari un po’ di disciplina!-
Lo dissi tutto d’un fiato, senza pensarci su due volte. Nessuna persona era mai riuscita a farmi incavolare in quel modo. Io, Amy Murray, non avevo mai alzato la voce in vita mia.
E ora un completo idiota si permetteva di farmi sembrare una  pazza isterica.
Favoloso, Amy. Davvero favoloso.
Poi fece la cosa più irritante che un uomo potrebbe mai fare.
Scoppiò a ridere.
E anche rumorosamente.
Come può una persona ridere di te, povera scema, che lo hai insultato?
Mi sentii pervadere da un senso di odio profondo nei suoi confronti. Era un’umiliazione che io non potevo sopportare, nessuno si era mai permesso di comportarsi in quel modo con me!
Era una cosa che io non riuscivo a concepire!
-Ooh, barbie, sei davvero divertente.-
-Ma vai a quel paese!- sbottai.
-Ehi, guarda che la mammina non vuole che usi certi vocaboli scurrili!-
Mi prendeva pure in giro.
Ok, fantastico. Avevo davvero fatto colpo.
-Già, almeno io non finirò dentro uno sgabuzzino ricoperta di scope!-
I suoi occhi si strinsero in due fessure, e poi, scrollando le spalle sfoderò un sorriso sghembo.
-Beh, tuo padre mi ha spedito qua, quindi discutine con lui, barbie-
Mio padre che.. ?–Ma che diavolo stai farneticando?-
-Il tuo dolce paparino ha deciso che la giusta punizione per un “delinquente di strada” come me, sarebbe stato un volontariato forzato alle scuole superiore. Quindi, Welcome to Rodeo High School, Billie-Joe!-
No, mio padre non aveva potuto fare una cosa del genere.
Davvero lo aveva mandato a lavare i  nostri corridoi? Speravo che lo mandasse a fare volontariato nelle prigioni.. O perché no, in un gulag!
Ovunque ma lontano da me.
Non nella mia stessa scuola.
-Ma tu non vai a scuola?- chiesi con fare stizzito.
-In teoria sono iscritto proprio in questo schifo di liceo.. Ma sarà qualche mese che non vengo..-
-E perché mai?- chiesi attonita.
-Non me ne frega un cazzo di stare qui a scaldare una sedia, ascoltando le stronzate che hanno da dire dei frustrati di cinquant’anni che passano le serate a farsi le seghe davanti ai porno!-
Rimasi assolutamente senza parole.
Come poteva una persona pensare cose simili nei riguardi di professori laureati e intelligenti?
Che cosa ne sapeva quel ragazzino della vita?
Come si permetteva di dare sentenze sul sistema scolastico quando non ne faceva neanche parte?
-Sai cosa ti dico, Billie-Joe Armstrong? Che sei proprio un imbecille! Guardati intorno, ma chi sei tu per sputare giudizi affrettati sugli insegnanti? Chi ti ha dato l’autorità di dire che tutto questo per cui i nostri padri hanno lavorato fa schifo? Ti credi superiore solo perché sei un ribelle, e pensi di non avere bisogno dell’istruzione. Ma ti sbagli.-
Ci fissavamo.
Occhi negli occhi.
E per una volta notai che non avevamo nulla di differente. Anche io provavo odio come lo provava lui.
Quel verde era troppo intenso per i miei gusti, non capivo come una persona poteva avere degli occhi così espressivi. Se guardavi negli occhi di Billie-Joe potevi leggerci la vita.
Solo che dovevi osservarli, non vederli.
-E a te chi te lo dice che è come pensi te? Apri gli occhi, barbie. Il mondo non è fatto solo di quello che tu vuoi vedere. Questa merda di scuola non ti farà diventare più furba di me, solo più ottusa. La vita non è tutta rose e fiori. La vita è dura.-
Bum. Bum.
Bum. Bum.
Sentivo il mio cuore battere all’impazzata. Non tanto per il nervoso, quanto per lo stupore.
Nessuno mi aveva mai detto certe cose, nessuno si era mai permesso di parlarmi così.
Se non mio padre.
E ora quel Billie-Joe arrivava e pretendeva di avere ragione su un argomento che io conoscevo alla perfezione?
Perché era così, vero? Io avevo ragione, giusto?
Come poteva essere altrimenti?
-Scusami William Joseph, ma devo proprio andare in classe io. Buon lavoro.-
Girai sui tacchi, e sull’orlo del cedimento presi a camminare in modo troppo veloce.
Non dovevo piangere.
Non dovevo dare peso a quelle sue insulse parole sboccate. Non avevano un senso.
Come lui d’altronde.
-Il mio nome è Billie-Joe, non William Joseph. Ricordatelo, barbie.-
 
Oh, non lo avrei dimenticato mai più.
 
 
 
 
Ore più tardi..
 
Tempo.
Solo tempo.
Uno, due, tre. Salto. Quatt-ro, e cin-que, se-i.
Solo il mio respiro. Dovevo dar retta solo al mio respiro.
Io e il mio respiro.
Uno, due. Uno, due. Un, due, tre.
Mi lasciai trasportare dallo splendore del Lago dei Cigni *, facendomi accuratamente sollevare dal mio partner.
Io non ero Amy Murray. Ero Odette.
E il mio compagno era Siegfried.
Nulla aveva più un senso. Lo spazio, il tempo, la vita.. Non importavano. Non più.
Perché io danzavo tra le acque del lago, abbracciata a Siegfried il mio amore eterno.
Mi sentivo libera da ogni preoccupazione.
Nulla mi dava un’analoga sensazione. Solo io e la danza. Un amore che non poteva finire.
-Che cazzo di posto è mai questo! Cazzo!-
Una voce scurrile come poche mi destò dal mio sogno irreale, e mi riportò alla realtà.
Ero sul palco che provavo per il saggio, e la mia insegnante guardava verso il fondo del teatro.
Avevano interrotto il balletto.
Tre ragazzi se ne stavano appollaiati sulle sedie, guardando verso di noi.
Uno era alto e magro, sembrava uno stuzzichino. Aveva degli orribili capelli ossigenati.
Un altro era piuttosto grassoccio e buffo, con quei capelli color arancio sbiadito misto a marron schifo.
Una ragazza dai capelli fucsia e l’aria annoiata li accompagnava.
Avevano interrotto il mio ballo.
Quel giorno sembrava non avere fine.
Guardai Tom, il mio partner, e sbuffai sapendo che condivideva il mio stato d’animo.
-Scusate signori, ma queste sono prove a porte chiuse. Non vi è concesso di restare qua dentro.-
La mia insegnante, Natalja Strakowskji, aveva una voce dura e severa, esattamente come la sua persona.
Personalmente mi inquietava con quello chignon impeccabile, e i suoi modi raffinati.
Allora non lo capivo, ma ora so che avevo paura di assomigliarle.
-Mi scusi signora, ma volevo chiederle un’informazione-
Oddio, non ci potevo credere! Il tipo buzzurro con i capelli arancioni e l’aria da ragazzo di strada aveva appena parlato in modo assolutamente educato alla mia insegnante.
Aveva acquistato dei punti.
-Si, mi dica signore.-
Il tizio, allora, si guardò intorno con fare sospetto. Poi parlò.
-Ma qua vendete per caso marijuana?-
Come non detto.
 
 
*************
 
 
*Ci tenevo a precisare che il balleto de “Il Lago dei Cigni” è molto bello, e i nomi di Odette e Siegfried che ho aggiunto nel testo sono quelli della vera trama.
Vi riporto qua un link, in cui potrete trovare le informazioni sul balletto se vi interessa.
http://it.wikipedia.org/wiki/Il_lago_dei_cigni#Trama
 

Angolo Snap:
 
Grazie a Virgy <3

Ed ecco per voi il Terzo Capitolo!
Bene, come tutti gli altri capitoli, anche questo è stato corretto e cambiato millemila volte. L’indecisione è una brutta bestia, oh già.
Comunque sia.. Volevo precisare un po’ di cose (giusto per rompervi u.u)
Volevo solo che fosse un capitolo abbastanza di peso, per il fatto dello scambio di battute tra Billie e Amy.
Difatti gli ho donato un capitolo intero, in pratica.
Credo sia stato importante il fatto che Billie la ponesse davanti ad un dilemma davvero importante, e farle capire che forse lei non ha sempre e comunque ragione.
E nello stesso tempo lei gli sputasse in faccia che lui non può fare ciò che vuole in qualsiasi caso.
Credo che sia chiaro a tutti chi sono i ragazzi che interrompono la lezioni di danza di Amy xD
Come al solito vi chiedo di lasciare un commentino se leggete,
e se avete consigli o cose da farmi notare, ben venga! Io sono qua per voi!
 
Ancora tanti saluti,
Snap. :3
  

   
 
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