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Autore: Dead Master    08/10/2011    7 recensioni
"Idiota, cosa ci trovi di divertente?!"
"Rido perchè mi piaci, Gokudera" lo disse col suo solito e insopportabile sorriso da idiota, con un tono talmente naturale che se fosse stato distratto avrebbe potuto benissimo pensare che stesse parlando del tempo o dei compiti per il giorno seguente.
Solo che Gokudera non era distratto.
Non sono molto brava con le presentazioni, ma se come me amate Yamamoto e Gokudera insieme, allora questa storia fa per voi.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Sono abbastanza in ritardo con l'aggiornamento, lo so, perdonatemi!
L'ispirazione aveva preso il volo per un po' e quando è tornata non ho più avuto il tempo materiale per buttarla su carta! A scuola, nonostante sia passato solo un mese, ci stanno già oberando di compiti, per cui ho scritto un pezzettino alla volta. Sto già lavorando al quarto capitolo e in più sto finendo una shot a rating rosso sempre 8059... sperando di riuscire a farmi perdonare con del sano e puro yaoi! XD
Beh, non ho molto da dire, se non che come al solito mi pare che il capitolo sia una schifezza. Purtroppo per voi però io mi sono affezionata a questa storia, quindi, dovesse volermici tutta la vita, la finirò! ù.ù
Solo, temo proprio di essere caduta nell'OOC in questo capitolo, nonostante io cerchi di farci attenzione. Purtroppo per la situazione creatasi e per il tempo decisamente ridotto per scrivere, Yamamoto e Gokudera sono usciti fuori così. Ahimè, non linciatemi!
E scusatemi per il titolo del capitolo. Di volta in volta peggiora! Grazie al cielo ne uno già pronto per il prossimo che non mi fa schifo! XD
Probabilmente questo lo cambierò non appena ricorderò quello che avevo messo prima che la storia venisse brutalmente cancellata! v.v

Ok, vi lascio alla lettura, che è meglio! E grazie per essere ancora qui a seguire la fic di una povera pazza :)








                INFECTED







Terzo sintomo - L'idiota del baseball







Era la mattina del compito di matematica, la campanella della prima ora era suonata da un pezzo; ormai gli studenti attendevano impazienti di ascoltare il trillo annunciante la seconda ora, durante la quale sapevano già di avere buco e di avere quindi il tempo di ripassare per il test di matematica che li attendeva giusto prima del pranzo.
Tuttavia i minuti passavano e ancora non c'era traccia di Gokudera. Tsuna era preoccupato per l'assenza ingiustificata del suo amico e anche Yamamoto sembrava turbato dietro il sorriso di circostanza che aveva usato per rassicurarlo.

La porta si spalancò all'improvviso e un Gokudera trafelato, dai capelli spettinati, la camicia sgualcita e l'aria di cattivo umore, entrò nella classe. Non fece in tempo a richiudere la porta che subito l'insegnante lo attaccò, rimproverandolo per il ritardo inammissibile e Gokudera rimase a litigarci per una trentina di secondi, finché il suono che avvertiva la fine dell'ora non li interruppe e il professore raccolse stizzito le sue carte e i suoi libri, lasciando la stanza nel preciso istante in cui Tsuna sospirava sollevato.
Gokudera lo raggiunse al suo banco mentre un brusio si levava fra i loro compagni, che spostavano sedie e banchi e si scambiavano gli appunti e le formule di matematica; quando se lo ritrovò di fronte Tsuna quasi non ascoltò le sue scuse sul fatto che col suo ritardo aveva disonorato il Decimo e via discorrendo; i suoi occhi erano concentrati sul viso stanco e provato del suo braccio destro: oltre alle profonde occhiaie, che erano la cosa che lo allarmavano di meno, spiccavano una guancia livida e un labbro spaccato.
Proprio quando anche un gioviale Yamamoto si stava avvicinando, Tsuna chiese, serio: << Gokudera-kun, che ti è successo? >> Nelle iridi di Gokudera passò per un attimo una luce strana, ma fu talmente veloce che Tsuna si domandò se non se la fosse immaginata.
Le labbra di Gokudera si tesero in un sorriso che voleva essere rassicurante e fece un gesto con le mani come a sminuire la faccenda: << Non è niente Decimo, sul serio, solo un piccolo incidente..! >> Fu allora che Yamamoto, dopo aver scrutato le ferite chiedendosi che cosa avesse combinato Gokudera dopo aver lasciato la sua casa, notò il sangue sulla manica della camicia: gli afferrò il polso - lo stesso della sera precedente - per controllare che non ci fossero altre escoriazioni, poi alzò lo sguardo per osservare il volto improvvisamente sconvolto e le guance lievemente rosate dell'altro, impietrito sul posto con gli occhi spalancati.
A quel punto anche Tsuna, mentre Gokudera cercava di calmare il battito furioso del suo cuore e di cacciare i dannati ricordi, si accorse della macchia scarlatta sul risvolto della camicia e si allarmò, precedendo la domanda di Yamamoto: << Gokudera-kun! Che cosa hai fatto?! >>
Gokudera strattonò il braccio dalla presa di Yamamoto, freddandolo con un'occhiata truce, prima di rivolgere tutta la sua attenzione al suo boss: << Niente, Decimo, solo che mentre tornavo a casa ieri sera mi sono imbattuto in un gruppo di studenti delle scuole superiori che avevano voglia di litigare... Ma non preoccupatevi, ho saputo mostrare loro la forza impareggiabile della famiglia Vongola! >> e mentre le labbra spaccate si piegavano in un sorriso soddisfatto, come se fosse contento del suo lavoro, Tsuna lo guardava spaventato, cercando di trovare le parole per fargli capire che lui non desiderava vederlo ferito solo per dimostrare chi fosse il più forte, anzi, non voleva avere niente a che fare con dei teppisti o altri tipi poco raccomandabili.
Prima che potesse esprimere i suoi pensieri, però, si intromise Yamamoto: << Haha, Gokudera, stai sempre a pensare a giocare ai mafiosi! >> Gokudera non fece in tempo a ricoprirlo d'insulti; Yamamoto gli porse un paio di quaderni e i suoi occhiali da lettura, continuando a sorridere: << Tieni, li hai lasciati a casa mia ieri sera! >>
Il Guardiano della tempesta rimase imbambolato a fissare gli oggetti fra le mani del suo compagno e, come se fossero dotati di uno strano potere, non riuscì a trattenere le memorie che prepotenti invasero la sua mente e lo fecero cadere in un turbinio di emozioni pericolose; nulla aveva più un contorno, le figure del Decimo e di Yamamoto erano sfocate, la classe stava scomparendo per lasciare il posto a un'altra stanza che riconobbe subito: quella di Yamamoto.
E tutto fu come la sera precedente: l'eccitazione del momento, il caldo soffocante, il dolore lavato via da una lingua bollente, due mani gentili e audaci al contempo, gli occhi ardenti, il sorriso splendente...
Aveva voglia di urlare a squarciagola per eliminare quelle cose dalla sua testa; non poteva essere vero, nonostante i suoi sforzi non era riuscito a controllare il suo stesso corpo e ora si ritrovava risucchiato da quelle sensazioni che odiava, odiava con tutto il cuore. No, non poteva fidarsi neanche di quello, perché batteva fin troppo velocemente e non capiva il motivo di tanta trepidazione.

<< Gokudera! Ti senti bene? >> la voce apprensiva di Yamamoto lo fece tornare alla realtà, nella scuola media di Namimori insieme al suo adorato Decimo.

Un momento: dov'era il Decimo?

Si guardò a destra e a sinistra e lo scorse accanto a Kyoko, imbarazzato ma felice mentre svolgeva degli esercizi di matematica in sua compagnia.
Sbuffò portandosi le mani in tasca, evitando di alzare lo sguardo verso Yamamoto, sperando così di sottrarsi da una nuova perdita di controllo di se stesso.

Evidentemente era stato per almeno un minuto buono perso nel vortice dei ricordi. Che stupido era. Non doveva mostrarsi così debole, che figura faceva davanti al Decimo e soprattutto che figura gli faceva fare se il suo braccio destro era così blando?

Aveva proprio bisogno di fumare.
Fece per dare le spalle all'altro, congratulandosi per essere riuscito a mantenere un'aria impassibile nonostante tutto, ma Yamamoto lo fermò trattenendolo per una spalla. Immediatamente quel punto prese fuoco e, proprio come un vero incendio, le fiamme si propagarono in tutto il corpo, ustionandolo senza pietà.

<< Gokudera, tieni. >> Yamamoto gli porse nuovamente i suoi quaderni e i suoi occhiali, e a Gokudera gli ci volle uno sforzo disumano per voltarsi, afferrare le sue cose, e pronunciare quelle parole con il tono che usava sempre con lui: << Oi, idiota, dov'è la mia giacca? >>

Yamamoto parve leggermente sorpreso e forse anche deluso, Gokudera non seppe dirlo; magari era una sua impressione, anche perché subito era tornato ad aprirsi in un sorriso di scuse, grattandosi la nuca come se fosse imbarazzato: << Ah, scusami Gokudera, me la sono scordata a casa! Hehehe! >>
<< Stupido invasato del baseball, vedi di non dimenticartela anche domani, si gela e quella è la mia unica giacca! Tzè, che idiota..! >> borbottò lanciandogli un'occhiata minacciosa prima di dirigersi verso la porta della classe, deciso più che mai ad andare a farsi qualche sigaretta prima del test di matematica, senza dare all'altro la possibilità di ribattere.
Non vide neanche che Yamamoto aveva seguito tristemente tutti i suoi movimenti, per poi tornare a sorridere verso gli altri compagni non appena la chioma argentata era sparita dietro la porta.





Il tempo scorreva lento, o forse era a lui che le giornate sembravano interminabili; fatto sta che era passata una settimana dalla fatidica sera dell' "incidente" a casa di Yamamoto, e a Gokudera pareva fossero trascorsi neanche un paio di giorni: le sensazioni erano ancora vivide in lui, anche se si era riabituato a trattare l'altro come faceva solitamente; in fondo non era neanche così difficile, l'idiota restava sempre insopportabile. E se qualche flashback faceva capolino, Gokudera pensava intensamente a qualsiasi altra cosa o si buttava a capofitto nello studio, passando le notti insonni per evitare anche gli strani e indesiderati sogni che avevano iniziato a popolare la sua mente.

Diventava di giorno in giorno sempre più stanco e irritabile, nonostante sminuisse la cosa davanti a un preoccupato Tsuna
che lo vedeva sempre più consumato e denutrito, ostentando un'aria allegra ben poco convincente. A scuola non mangiava più e Tsuna non poteva avere la certezza che a casa riuscisse a prepararsi da solo un pasto decente, per questo in quei giorni lo aveva invitato a cena da lui, sperando di riuscire a fargli riprendere un po' di colore; Gokudera era stato ovviamente felice e onorato di poter dividere lo stesso tavolo del Decimo, ma alla fine non aveva mai toccato cibo se non per un onigiri che non aveva neanche terminato. La scusa del mal di stomaco non era più plausibile, visto che Bianchi portava gli occhiali durante la sua permanenza.
Tsuna era sicuro che qualcosa turbasse il suo amico, ma ogni volta che provava a farlo parlare questi continuava a ripetere che tutto andava bene, solo era un periodo che dormiva male. Come se non si vedesse! Le occhiaie si facevano sempre più visibili sul volto del Guardiano della tempesta, così come altri segni che testimoniavano la sua trasandatezza che, sperava Tsuna, non avrebbe superato quel livello.




Era un noioso e freddo lunedì come tanti altri; Gokudera si trovava nel terrazzo della scuola da solo visto che il Decimo era stato invitato a pranzare da Kyoko in classe e, ovviamente, lui non aveva rifiutato.
Era intento a fumare l'ennesima sigaretta della giornata, lo stomaco che brontolava per la mancanza prolungata di cibo; ormai aveva imparato ad ignorare anche il bisogno fisiologico della fame, assieme ai ricordi invadenti che non volevano saperne di lasciarlo in pace.
In fondo, era solo una questione d'allenamento.

Mentre era intento a chiudersi il giubbotto per ripararsi dal freddo pungente, sentì la porta che conduceva all'interno dell'edificio cigolare e alzò lo sguardo per controllare chi fosse salito fin lassù a disturbare uno dei suoi rari momenti di calma.

<< Ero sicuro di trovarti qui, Gokudera! >> No, non poteva essere vero. Di tutti, proprio l'idiota del baseball aveva deciso, quel giorno, tra l'altro estremamente ventoso, di andare a rifugiarsi sul tetto della scuola?
Decisamente il destino si stava beffando di lui. Dopo tutti gli sforzi che stava facendo per accantonare quell'unico, sconcertante episodio, tutti i fattori parevano andargli contro.
Non era giusto, pensò, mentre Yamamoto si avvicinava e gli si sedeva accanto, porgendogli poi un contenitore da bento, sorridendo gentilmente.
Gokudera continuò semplicemente a non badare a lui, sbuffando del fumo e gettando la cicca oltre la rete contro cui poggiava la sua schiena, maledicendo il profumo invitante proveniente dal contenitore, che aveva fatto lamentare piuttosto rumorosamente il suo stomaco, ricordandogli che stava morendo di fame e che l'ultima cosa che aveva mangiato era stato mezzo onigiri a casa del Decimo due sere prima.

<< Gokudera, tieni. L'ho portato per te. >> disse Yamamoto, posandogli il bento sulle gambe quando capì che non avrebbe allungato le mani per prenderlo.
Gokudera si sentì stranamente imbarazzato davanti al fatto che Yamamoto avesse pensato a lui e gli avesse portato da mangiare, tuttavia non desiderava altri casini nella sua mente già abbastanza provata. Tutto ciò di cui aveva bisogno era fumare e restare da solo, senza la presenza di Yamamoto al suo fianco, che gli trasmetteva una sensazione di protezione e calore, ma soprattutto una confusione infinita nel cuore.
Perché non poteva continuare a vederlo come l'idiota del baseball che era e che era sempre stato? Perché tutto si era dovuto complicare a quel modo?

<< Non ho fame. >> disse con tono scocciato, prendendo il contenitore e posandolo a sua volta sulle gambe di Yamamoto, senza mai guardarlo, neanche per sbaglio.
Una folata di vento più forte delle altre accompagnò quella manciata di secondi di silenzio, interrotto poi da Yamamoto: << Gokudera, ho sentito il tuo stomaco. So che hai fame. Mangia! >> Tolse il coperchio del bento rivelando del sushi, un paio di onigiri e delle verdure. L'odore era davvero delizioso.
<< Ti ho detto che non ho fame! >> berciò voltandosi di scatto nella sua direzione senza rifletterci, irritato dalla sua insistenza oltre che dal suo essere lì accanto a lui.

Si ritrovò incatenato da due intensi occhi scuri, che lo guardavano come a volergli leggere l'anima.
Era stata una pessima mossa. Adesso che era faccia a faccia con Yamamoto, si sentiva vulnerabile e insignificante. Non sapeva che fare.

<< Anche Tsuna è preoccupato per te. >> esordì all'improvviso Yamamoto, facendolo sussultare. Gli rimise fra le mani il contenitore, sorridendogli incoraggiante << Avanti, so di non essere bravo come il vecchio, ma me la cavo in cucina! Mangia. >>
Gokudera arrossì lievemente, senza sapere bene il perché; si limitò a posare lo sguardo sulle pietanze, immaginando che per prepararle si era dovuto alzare molto presto visto che aveva avuto anche gli allenamenti di baseball prima delle lezioni. La cosa lo faceva sentire felice, ed era insolito per Gokudera sperimentare un sentimento tanto forte di fronte a un gesto così piccolo e semplice.

Stava comunque per rifiutare nuovamente l'offerta, ma le urla del suo stomaco glielo impedirono: si arrese, per evitare ulteriori figuracce e, per prima cosa, assaggiò un onigiri, trovandolo saporito e confortante per il doloroso vuoto al suo interno.
Con la coda dell'occhio vide Yamamoto guardarlo soddisfatto e speranzoso, quasi scodinzolante, in attesa di un suo giudizio.
<< Non era male per uno scemo del baseball... >> disse quando ebbe finito di mangiare la palla di riso, con un tono indifferente che nascondeva la gratitudine.
Tirò fuori una nuova sigaretta, accendendola con qualche difficoltà a causa del vento; rimise il coperchio e restituì il contenitore a Yamamoto che corrugò la fronte, perplesso:
<< Non lo finisci? >>
Gokudera non aveva più intenzione di dargli corda, ne aveva abbastanza, era stanco dei pensieri molesti che a causa della figura che gli sedeva accanto non lo lasciavano più.
<< Non ho fame. >>
Sperava che continuando ad inspirare a pieni polmoni, il fumo gli entrasse anche nel cervello e gli annebbiasse ogni minuscola particella che lo formava, per non dover più vedere o sentire Yamamoto, per non dover più affrontare quei maledetti ricordi.
Gli sarebbe bastato soltanto che l'altro lo lasciasse da solo.

Ma non fu così.

Si sentì strattonato per il braccio destro, quello col quale teneva la sigaretta che, per la sorpresa, gli cadde dalle dita, rotolando poco più in là; incontrò gli occhi seri e rabbiosi di Yamamoto, che stringeva forte il polso che giusto una settimana prima era stato invece trattato con un riguardo impareggiabile.
Gokudera spalancò gli occhi, preso totalmente in contropiede, non aspettandosi assolutamente una reazione simile così all'improvviso.
<< Hai davvero intenzione di fingere che non sia successo niente? >> chiese Yamamoto a bruciapelo, obbligandolo a guardarlo in quelle iridi così diverse, mostrandogli un'espressione decisamente incazzata, avvicinando i loro volti attraverso la presa sul braccio << Non puoi credere sul serio di poter andare avanti come se niente fosse, Gokudera! >> esclamò ancora con un tono adirato, sbattendolo contro la rete e piazzandoglisi davanti senza lasciargli una via di fuga.

Gokudera si sentì letteralmente schiacciato da quello sguardo penetrante, ma non aveva intenzione di soccombere o di permettere a quell'idiota di fare il bello e il cattivo tempo con lui.
Iniziò a divincolarsi dalla stretta sui suoi polsi, ringhiando: << Bastardo, che ti è preso? Mollami! >>
Yamamoto non batté ciglio, limitandosi ad artigliare con maggior vigore le braccia dell'altro, avvicinandosi ancora di più a lui col corpo, facendo arrestare di colpo il suo cuore già frastornato quando avvertì il suo respiro caldo sul viso.
<< Io non ho fatto altro che ripensare a quella sera. Invece tu sembri preso da altri pensieri, tanto più importanti di quello che è accaduto fra noi giorni fa da non farti più mangiare. Perché? >>
Gokudera non sapeva se ridere, urlare, o scappare via da quella maledettamente gelida terrazza; ancora riusciva a stupirsi dell'idiozia dell'invasato del baseball, che era così ottuso da non essere riuscito ad arrivare da solo alla soluzione della sua stessa domanda: era per colpa sua che Gokudera non mangiava più, era per colpa sua se non aveva il controllo delle sue emozioni, era per colpa sua che non poteva più dormire la notte.

L'intensità con cui Yamamoto lo stava guardando era troppo per Gokudera, che aveva cercato in tutti modi di fare del suo meglio per far sì che tutto sembrasse normale, che una dannatissima sera di una settimana prima non era successo quel che era successo.
Dio, perché quell'idiota doveva sempre intromettersi nella sua vita? Perché doveva rendergli tutto così difficile?
Lo detestava. Lo detestava, perché ogni cosa che lo riguardava sembrava fatta apposta per irritarlo.
Quel suo sorriso spontaneo, il suo essere stupido e ingenuo, la sua fin troppa estroversione, il dare fiducia al prossimo con estrema facilità.
E le cose non erano certamente migliorate dopo quell'episodio.
Lo odiava. Lo odiava, perché gli aveva mostrato espressioni di cui non poteva fare a meno di ripensare; lo odiava perché in realtà aveva bramato ogni secondo in cui la sua lingua era stata a contatto con la sua pelle; lo odiava, perché per causa sua il suo cuore aveva cominciato a battere furiosamente, dandogli la sensazione di essere lui stesso uno stupido; lo odiava, perché non riusciva a ribellarsi di fronte a quell'espressione determinata, troppo simile a quella che vedeva continuamente nella sua testa; e se già solo rimembrandola si sentiva bruciare, dal vivo era cento volte peggio.

In un impeto di coraggio, Gokudera rialzò gli occhi che non ricordava di aver abbassato e, fulminandolo da quella poca distanza che li separava, gli tirò un poderoso calcio nella pancia, che fece subito mollare la presa sui suoi polsi a Yamamoto.
<< Ti avevo detto di non toccarmi più, bastardo! >> urlò, alzandosi dal pavimento per guardare dall'alto in basso Yamamoto che si teneva la parte lesa con le braccia mentre, barcollando, provava a sollevarsi anche lui.
Quello che vide poi Gokudera quando Yamamoto alzò il volto, lo lasciò disorientato.

Stava sorridendo.

Un sorriso storto a causa del dolore provocato dal calcio, ma comunque un sorriso.
Gokudera sbatté le palpebre, come se non fosse certo delle sue facoltà visive.

<< Allora... non hai dimenticato... Gokudera. >> disse con un tono come sollevato, allargando il sorriso e spostandosi di nuovo più vicino all'altro che, sconvolto da tanta inaudita contentezza, indietreggiò diffidente, ripetendo: << Guai a te se mi tocchi di nuovo. >>

Trovò abbastanza forza di volontà per girare i tacchi e dirigersi verso la porta che conduceva all'interno della scuola. Non si volse, si affrettò a scendere le scale e a mescolarsi con la massa di studenti, pregando che una volta finita quella giornata avrebbe scoperto che tutta quell'insostenibile storia era stata solo frutto di un semplice incubo.










Ta-daaan!
Si, mi faccio pena da sola. Che finale orrendo! -.-
Di tutti i capitoli che ho scritto, questo è quello che mi è uscito peggio, me ne rendo conto.
Intanto, perché non l'ho riletto, sapendo che altrimenti avrei cancellato tutto. Perdonate quindi gli errori che correggerò più tardi.
Poi, Yamamoto soprattutto lo trovo OOC. Mi sono ispirata a lui in questo capitolo rivedendo la battaglia contro Gamma e quindi il famoso litigio fra Yamamoto e Gokudera. Non credo in ogni caso di essere riuscita a interpretarli al meglio. Mi spiace! T^T
In compenso, so che il prossimo capitolo sarà divertente da scrivere - almeno spero! -, perché so che cosa succederà. Muahahaha!
Ok, basta.
Vi ringrazio tantissimo per i commenti, ai quali risponderò più tardi. Scusatemi, ma vado di fretta e avevo solo ora il tempo per aggiornare! ^^"
Spero che nonostante tutto abbiate voglia di continuare a leggere questa fic. :)

Un bacio a tutti!






   
 
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