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Autore: Angel Black Wings    08/10/2011    0 recensioni
-Ehi mi senti?-
La guardava dall'alto del divano scomodo e duro.
-Sei ancora viva?-.
Mia sentiva un forte bruciore nella gola e nello stomaco. Urlava, urlava dal dolore e respirava a fatica. Il suo cuore accelerava ad ogni affanno. Un ragazzo biondo e con gli occhi chiari la guardava, aveva paura di averla uccisa, la sua figura non era chiara agli occhi di Mia, che erano gonfi e bruciavano. Non riusciva a parlare, come se la voce fosse bloccata e nonostante l'irresistibile voglia di urlare, Mia non ci riusciva.
-Ci penso io Stefan spostati-.
Un altra voce, più acuta, sicura. Qualcosa le afferrò il capo e sentì un dolore atroce sul collo. Urlò, all'improvviso tutta la voce era venuta fuori, sentiva che tutto il suo corpo l'abbandonava e poi, sprofondò nel buio più totale.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mia fece scivolare le dita sui tasti bianco avorio e incominciò a comporre una soave e allegra musica che riempì l'anfiteatro della scuola. Erano le otto e mezza passate e il sole era scomparso dietro le sfumate nuvole di Maggio, la scuola era quasi vuota. Mia aspettava che le amiche finissero di ripulire l'aula d'arte. Sentiva il pianoforte vibrare, le sue mani scivolavano sole da un tasto all'altro, si abbandonava alla musica, chiudeva gli occhi e si faceva trasportare dalla melodia, come un unica cosa.
 -Mia -.
Mia aprì gli occhi e vide una ragazza bionda, alta e mingherlina che la fissava con i suoi piccoli occhi color del cielo, aveva le mani nelle tasche del giubbotto di pelle nera, quel filo di matita le risaltava gli occhi.
 -Isabel scusami, mi ero distratta -.
 -Non ti preoccupare  -sorrise  -Jolie e Vichy ci stanno aspettando fuori -.
Mia chiuse il pianoforte, prese lo zaino buttato a terra e scese dal palco. Isabel era come una sorella per Mia, avrebbe dato l'anima per lei e Isabel nonostante era difficile che si legasse a qualcuno, pur di non vederla stare male avrebbe anche lei dato la vita per l'amica.
Uscirono dalla scuola e sedute su una panchina c'erano altre due ragazze. Quella seduta aveva i capelli ricci che scendevano sulla schiena, di un castano chiaro, i suoi occhi luccicavano al chiarore della luna, erano castani e le sfumature di verde li rendevano ancor più belli. Si era trasferita in America da circa sei anni, la madre era francese e il padre americano. Jolie era la più testarda e la prima nonché unica delle quattro amiche ad aver baciato un ragazzo. Tenerla a bada era un ardua impresa, faceva tutto di testa sua, ma era fedele e considerava le amiche la sua vita. Vichy, invece, stava in piedi, era alta e la sua corporatura robusta risaltava i lineamenti del corpo. Era bella, molto bella, ma sul suo viso si leggevano anni di sofferenza. Aveva incontrato Jolie, Isabel e Mia solo da quasi due anni, le uniche amiche che aveva mai avuto. Per le tre era stata una vera fortuna trovare Vichy, lei le univa e   le completava. Si accarezzava i lunghi capelli neri, con alcune ciocche bionde e guardava Jolie con i suoi grandi e dolci occhi neri. Le ragazze si girarono a guardare Mie e Isabel che si dirigevano verso di loro.
 -Ma come si fa a fare a botte con l'ex ragazzo di Mia?- rideva Jolie, con quell'accento un po' francese.
 -È  stato lui ad incominciare e poi sapete come sono fatta -.
 Isabel guardava la luna ricordando la mattina. Era l'intervallo e le tre amiche erano sedute alla loro panchina come ogni giorno ed era apparso Max. Erano stati insieme quando lei era ancora un'adolescente ingenua e stupida, ma lui l'aveva mollata perché lei non aveva voluto baciarlo. Con presunzione e sfacciataggine si divertiva a sverginare le ragazzine del primo anno. Quella mattina era passato davanti a loro.
 -Guarda un po' le verginelle  -non lo sopportava nessuno.
-Sparisci Max -Isabel era la tipica ragazza a doppia faccia.
Quando tutti la guardavano vedevano nei suoi occhi e nel suo viso angelico, una bontà e un cuore enorme, la tipica ragazza che sfama i bambini poveri e cura gli anziani. Ma chi meglio di Mia conosceva Isabel. Lei era la prima a fare a pugni in una rissa, la prima a incendiare una macchina o rompere il vetro di una  casa. E fu così che prima di aprire bocca Max si ritrovò steso a terra con Isabel sopra di lui che gli tirava schiaffi e calci.
La professoressa Merlou, una stronza, l'aveva presa, portata dal preside e costretta a rimanere fino alle otto e mezza di sera a pulire l'aula di arte.
-Ragazze dai, adesso basta. Andiamo a casa si è fatto buio -Vichy sapeva sempre come regolarizzare la situazione.
-Mia non hai aperto bocca, è successo qualcosa?-.
-No scusami Vi e che non mi sento tanto bene, avrò preso un po' troppo freddo-
-Ragazze andiamo dai, mia madre si arrabbierà un casino con me-
-Scusami Jolie, ma non è una novità. Se solo ne avreste la possibilità tu e tua madre fareste a botte in un ring -sorrise Isabel.
Mia ascoltava le sue amiche ridere e scherzare. Era da un po' di giorni che non si sentiva bene e l'unica cosa che desiderava era tornare a casa e buttarsi sul letto.
Era cresciuta in America con la madre Mary, la sua complice nella vita e suo padre Johan, che lavorava a quindici chilometri dalla loro città come ingegnere  in un'azienda. Mia era cresciuta sola con la madre, a tre anni aveva insistito per studiare pianoforte ed era diventata la sua passione più grande. Non aveva mai avuto interessi per i ragazzi, si era messa con Max solo perché lui insisteva. Amava le sue amiche e sua madre, erano le uniche cose che le interessavano veramente.
Isabel era stata la prima a conoscere Mia, l'aveva trasformata in una teppista, le faceva da sorella maggiore e le impediva di compiere sbagli ed errori irrimediabili. Avevano passato la vita a vagare per le colline e sognare il futuro. Si divertivano a litigare, anche se molto spesso finiva con vari lividi sul corpo ed emicrania. Jolie era stata la prima ad entrare nella loro amicizia. Adesso era lei la più piccola da proteggere, visto che il suo cuore era stato spezzato varie volte da vari ragazzi. Era bella e tutti i ragazzi le andavano dietro, ma chissà perché, lei sceglieva sempre quelli sbagliati ed ogni volto Mia e Isabel erano li a porgerle il fazzoletto e asciugarle la matita sbavata dalle lacrime.  Vichy era stata l'ultima. Lei era la più incasinata delle tre. Aveva alle spalle un passato oscuro, e viveva con la paura di una delusione dalle uniche vere amiche che aveva mai avuto. Le ragazze l'avevano accolta fra di loro, le volevano bene e questo bastava ad unirle.
Non erano un gruppo, non piaceva etichettarsi, erano solo semplici amiche. Nessuno le capiva, le consideravano strane, ognuna con una storia diversa, ed era proprio queste che li univa così intensamente.
Le quattro amiche abitavano più o meno tutte vicine. Jolie aprì la porta di casa e si accorse che i genitori non erano ancora rientrati. Viveva in un appartamento abbastanza grande per tre. Un salone con una televisione ad alta tecnologia, unita alla cucina a bar e le due camere da letto, quella di Jolie e quella dei genitori con due grandi bagni. Odiava stare sola in quell'oscura e buia casa, e spesso dormiva dalle amiche. Vichy salutò Mia e Isabel ed aprì il portone, viveva in una piccola villetta collegata ad un palazzo. Era piccola e accogliente. Isabel e Mia invece vivevano in due ville comunicanti a due piani.
-Ma che hai? Sei così silenziosa oggi-. Erano sedute sulla loro panchina, quella che le aveva viste crescere, piangere e litigarsi.
-Non mi sento bene, mi sa' che mi sta venendo la febbre-.
-Allora entriamo. Qui fuori fa freddo Mia non voglio che ti ammali -la guardava, chi meglio di lei la conosceva. Sapeva che c'era qualcosa che non andava. -C'è qualcosa che mi devi dire?-
-Oggi i miei genitori hanno litigato per l'ennesima volta. Isabel non so' che fare ormai, sto male a vederli così-
-Mia ci hai parlato?-
-Per digli cosa Isabel? Che odio vederli fare così?-
-Mia devi parlargli, sei loro figlia, non puoi fare così. Adesso tu vai a casa e vai a parlare con tua madre e non voglio sentire né ma e né se-.
Con Isabel non si poteva discutere, quello che diceva dovevi fare, così Mia la salutò ed aprì la porta di casa.
 
Il salone era ampio e illuminato e la madre di Mia era seduta a guardare la televisione.
-Mamma sono tornata, dov'è papà?-
-Tesoro finalmente, tuo padre è andato a prendere la pizza-
-Senti mamma ho bisogno di parlarti -si girò a guardare Mia con i suoi  occhietti neri, come quando era piccola.
-Dimmi tesoro, dimmi tutto. Mi sembri turbata. È successo qualcosa?-
-Tu e papà state per divorziare?-. La madre cambiò espressione
-Mia ma come ti salta in mente, ma certo che no. Io e tuo padre litighiamo ovvio, ma ci amiamo e poi è normale che litighiamo siamo sposati ed esseri umani. Dai tesoro vai a letto - le baciò la fronte e Mia consolata di quelle parole si sdraiò e si addormentò.
  
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