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Autore: Albicocca    09/10/2011    7 recensioni
[Storia che partecipa al concorso di Evilangel98]
Non lo aveva detto a nessuno, neanche a lui, forse perché voleva illudersi che fosse tutto falso. Ma falso non era, almeno non più; i risultati che aveva in mano ne erano la prova.
Era fottutamente incinta.
Incinta.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La dedico a Nicole,
che è sempre stata con me, anche se è lontana.




-The warm spring and the cold wind.



La neve cadeva lentamente, imbiancando Tokyo.
Le persone camminavano frenetiche, veloci, senza fermarsi nemmeno per un secondo, troppo indaffarate, che neanche la neve riusciva a fermarle. Ma lei, invece camminava lenta, con il cappuccio della felpa bianca panna calato sul capo e lo sguardo azzurro puntato sul marciapiede su cui stava camminando, persa in chissà quali pensieri.
Credeva che certe cose capitassero solo nei film, ma, come aveva a malincuore scoperto, non era così. Le sarebbe potuto capitare di tutto, ma non quello; era sempre stato l’ultimo dei suoi pensieri – e anche dei suoi desideri e progetti.
Ma in quel momento cosa doveva fare? Non lo sapeva neanche lei.
Non lo aveva detto a nessuno, neanche a lui, forse perché voleva illudersi che fosse tutto falso. Ma falso non era, almeno non più; i risultati che aveva in mano ne erano la prova.
Era fottutamente incinta.
Incinta. 
Sì, anche lei faticava a crederci, ma era così, da un mese a quella parte una nuova vita stava nascendo dentro di lei; un bambino. Uno di quegli esserini piccoli, fragili come la porcellana, teneri e piagnucoloni; quelli che la notte invece di dormire piangono perché hanno fame, non facendo chiudere occhio a nessuno, ma che danno tanta gioia ai propri genitori, sì dentro di lei stava crescendo piano uno di loro, suo figlio. O figlia.
Non credeva che a soli diciotto anni avrebbe aspettato un bambino. Non lo credeva possibile; chi avrebbe voluto come madre del proprio figlio una ragazza fredda, distaccata, vendicativa e – soprattutto – isterica? Nessuno, tranne un matto da manicomio.
Eppure aspettava un bambino, e soprattutto, il padre era lui; il suo migliore amico.
Per colpa dell’alcool, che quella notte, a quella festa ce n’era tanto, era andata a letto con lui, con l’ultima persona che si sarebbe aspettata, perdendo così la sua purezza; sì, quella era stata la sua prima volta, e adesso camminava per le strade di Tokyo con in mano dei risultati che dicevano, anzi, urlavano che fosse incinta al cento per cento, una vita in più da portare avanti e senza una meta precisa; infatti vagava a caso, come una vagabonda senza un tetto che cercava un posto dove ripararsi.
Il freddo che pungeva nell’aria di dicembre non le dava fastidio, anzi la faceva stare bene, infondo aveva sempre amato il freddo, la neve e il ghiaccio, forse perché erano le cose che la caratterizzavano di più, era o no la ragazza dal cuore di ghiaccio, o il ghiacciolo vivente? Sì, era lei, ed anche il suo nome diceva tutto.
Suzuno Fuusuke.
Suzuno significavafreddo e Fuusuke vento.
Lei era un vento freddo, gelido, ghiacciato, che con un solo sguardo poteva anche zittire Endou Mamoru e la sua eccessiva parlantina che le dava alla testa.
Lei era come il vento freddo di dicembre. Un vento placabile solo con la primavera. Quella maledetta primavera.
Sospirò, alzando lo sguardo azzurro e guardandosi intorno, constatando che si trovasse nel parco poco lontano dal centro della città, avanzò di qualche passo e si sedette sotto una panchina riparata da un grande albero sempreverde, che l’aveva protetta dalla neve, e quindi non era bagnata.
Si abbassò il cappuccio della felpa rivelando la capigliatura albina che solo lei sapeva fare; sorrise nel ricordarsi un Afuro confuso che assisteva alla sua creazione, come l’aveva denominata Ryuuji quando ancora erano ai tempi dell’Aliea Gakuen.
Alzò lo sguardo verso il cielo cupo, mentre la neve continuava a scendere, ed un piccolo sorriso malinconico sulle labbra: da quanto tempo non vedeva Ryuuji? Qualche mese, era sicuro, anche perché quel cretino era andato a vivere ad Inazuma-cho, preferendo una cittadina tranquilla – anche se, dove c’era Endou niente era tranquillo – ad una chiassosa e grande città come Tokyo.
Si spostò una ciocca di capelli che le era caduta davanti agli occhi e posò i risultati della diagnosi alla sua destra, tentando, anche se per pochi minuti, di dimenticare la situazione in cui si era cacciata. Ma quel tentativo era del tutto inutile, non riusciva per niente a non pensare che dentro di lei sarebbe cresciuto un essere umano, e che per nove mesi l’avrebbe dovuto portare in grembo, stando attenta a tutto e a non farsi scoprire.
Sì, aveva deciso di non dire niente a nessuno, almeno durante la gravidanza.
Non voleva che qualcuno, soprattutto lui, scoprisse che fosse incinta, forse dopo il parto. Non aveva pensato nemmeno un momento adabortire, non se la sentiva di togliere la vita a quello che, dopo tutto, era suo figlio.
Sarebbe diventata una ragazza madre, avrebbe cresciuto suo figlio – o figlia – da sola, senza aiuto. Lei ormai era abituata a fare le cose da sola. Aveva passato una vita intera da sola, in balia dei brutti ricordi; ma poi erano arrivati loro, anche se faticava ancora ad ammetterlo, l’aver conosciuto Ryuuji,  Hiroto, Haruya e successivamente la Raimon che poi era diventa l’Inazuma Japan e soprattutto l’aver incontrato Terumi che le aveva anche dato una casa, poiché prima di essere entrata nella famiglia Afuro, viveva nell’orfanotrofio gestito da Kira, che l’aveva gentilmente ospitata, le aveva fatto bene e, tutti insieme, le avevano come sbrinato il cuore, facendo sciogliere il ghiaccio che lo intrappolava.
Doveva loro molti sorrisi nascosti e risate trattenute, e soprattutto un grazie per quel che avevano fatto. L’avevano resa felice, davvero molto felice. 
Si alzò dalla panchina e si diresse verso l’uscita del parco per dirigersi a casa, visto che stava calando la notte, il vento si stava alzando e si sentiva stanca, quella notizia le aveva portato via tutte le energie.

 

 

 

***

 
Afuro si stava agitando e non poco.
Quella busta che aveva trovato in camera di Suzuno quando lei era uscita per una commissione, o almeno così aveva detto, era firmata da un dottore, ma non uno qualunque, no; infatti quel dottore era un ginecologo. E sapeva che i ginecologi non curavano una semplice intossicazione alimentare!
Guardò ancora una volta la busta poggiata sul tavolino in salotto, senza aver il coraggio di aprirla; aveva paura di quello che conteneva, e anche della reazione di Suzuno quando avrebbe scoperto che si era intrufolato in camera sua e aveva letto le sue cose personali. Ma visto che quella ragazza ormai era sua sorella, lui si era preoccupato e quindi, notando il suo tono distaccato, brusco e il suo strano isolamento – più del solito, s’intende -, aveva deciso di controllare cosa le stesse succedendo, e poi aveva trovato la busta del mistero, che ovviamente stava guardando da almeno venti minuti, senza avere il maledetto coraggio d’aprirla!
Cavolo, era solamente una busta contente dei risultati che forse gli avrebbero fatto venire un infarto, ma era solamente una maledettissimabusta!
Scostò una ciocca di capelli biondi davanti a gli occhi e sospirò, prendendo in mano la busta e, ormai deciso, l’aprì delicatamente senza romperla, non doveva far sospettare a Suzuno che avesse letto i risultati di quella diagnosi, che sperava, fosse negativa.
La busta conteneva solamente un foglio; lo prese e, dopo un respiro molto, ma molto profondo, lesse.
«… è positivo.» sussurrò, con gli occhi cresimi sgranati, leggendo le ultime righe del foglio. «Non può essere vero!» sbottò alzandosi in piedi, sconvolto.
Si passò una mano tra i capelli corti e biondi, con fare agitato; Suzuno era incinta.
Era incinta e lui non lo sapeva! Era si o no suo fratello? Doveva sempre sapere tutto, e la sua sorellina aspettava un bambino, un figlio, un essere umano e lui non lo sapeva, e non se n’era nemmeno accorto e quel pezzo di ghiaccio non glielo aveva nemmeno detto!
Sospirò sedendosi pesantemente sul divano blu, iniziando a massaggiarsi le tempie cercando una soluzione; quello non c’era scritto sul manuale“Come gestire una sorella minore” che gli aveva regalato Hera per il compleanno, sapendo che non avrebbe saputo trattare con Suzuno, essendo figlio unico.
Sentì qualcuno aprire la porta e notò una capigliatura che ricordava tanto un tulipano: Haruya era rientrato da lavoro.
Sì, il rosso aveva deciso di lavorare, per non dipendere completamente dalla famiglia Afuro, che aveva già fatto tanto per lui; infondo lo avevano adottato, no?
Terumi si alzò, ancora un pochino scosso dalla notizia che aveva appena appreso, e mise i risultati nella busta, chiudendola appena in tempo, visto che il rosso stava entrando in salotto.
«Ehi, Haruya!» salutò cercando di sembrare il più cordiale possibile.
«Terumikun, tutto bene?» domandò il rosso, notando che il fratello fosse un pochino rigido.
«Certo!» rispose immediatamente Afuro, cercando di nascondere il tono agitato, ovviamente con scarsi risultati. Ma Nagumo decise di non pensarci troppo, forse aveva litigato con Hera e stava cercando un modo per chiedere scusa al ragazzo.
Quindi andò immediatamente in camera sua, senza dire una parola ad Terumi, che era troppo concentrato a guardare verso l’albina, che era appena tornata a casa.
Infatti Suzuno, usciva molto spesso, senza mai dire dove andava.
E anche quello era uno dei motivi per cui si era tanto preoccupato, poiché non era dalla sorella uscire così spesso, era difficile solamente farla alzare dal letto la mattina!
«Io e te dobbiamo parlare…» disse, quando la ragazza gli passò davanti per andare in camera sua, ignorandolo volutamente.
«Di cosa?» domandò l’albina, fermandosi a pochi passi dalle scale e guardandolo con sguardo gelido, che Afuro ignorò.
«Di questo.» e le porse la busta con i risultati.
Suzuno sgranò gli occhi, e il biondo gli lesse dentro confusione, smarrimento e… paura?
Da quando l’albina più temuta del Giappone – e della Corea – aveva paura? Non era mai successo che Suzuno Fuusuke potesse provare paura. Neanche quando l’Aliea Gakuen le stava per crollare in testa!
«Terumi…» sussurrò «io…»
Il biondo le sorrise «Non sono arrabbiato con te, Suzuno, ma sono tuo fratello e non avrei voluto scoprire così.»
La ragazza abbassò il capo, sussurrando parole in udibili, tranne per Afuro «Avrei preferito non dirlo a nessuno, e successo tutto così velocemente, che neanche io sapevo che fare, e poi…»
«Chi è il padre?» domandò il biondo a brucia pelo, guardando la capigliatura albina della sorella. Chi aveva potuto solamente toccarla? Un moto di rabbia incondizionata si fece largo dentro di lui, ma lo nascose prontamente.
Il capo della ragazza scattò verso alto e puntò il suo sguardo azzurro in quello rosso sangue del ragazzo; Afuro notò la lucidità di quei occhi, che forse non avevano mai versato lacrime.
«Io… non posso dirlo.» bisbigliò.
«Perché?»
«Perché non riesco a crederci nemmeno io!»
«In che senso?» domandò lui un po’ confuso dalle parole della sorella.
Un sorriso amaro accompagnò le parole della ragazza «Non riesco a credere di essere rimasta incinta dell’ultima persona che mi sarei aspettata. Non riesco nemmeno a dirlo.» sospirò sedendosi sul divano pesantemente portandosi la testa tra le mani «Sono confusa.»
«Non ti costringerò a dirlo, Suzuno, ma vorrei dirti una cosa…» iniziò sedendosi di fianco a lei e facendole alzare lo sguardo «io ci sarò sempre, in qualsiasi situazione, sono tuo fratello ormai, viviamo sotto lo stesso tetto da anni! Se tu hai bisogno di me, basta cercarmi. Io ci sarò.» e sorrise dolcemente quando vide una lacrima solitaria rigare la guancia pallida della ragazza. L’asciugò per poi dischiudere le labbra e aggiungere «Che ne dici se chiamo Midorikawa e lo avverto che vai da lui per il fine settimana?»
Giurò di vedere un luccichio negli occhi dell’albina, che però si limitò ad annuire e sorridere riconoscente, prima di salire di corsa in camera sua. 
Prese il telefono e compose il numero di Ryuuji, che rispose immediatamente: -Pronto?-
«Midorikawakun, sono Afuro, devo chiederti di farmi un piacere…»
 

***
 

Il treno che aveva preso per arrivare ad Inazuma-cho era appena partito.
L’i-pod, che lo scorso Natale Hiroto le aveva regalato, era accesso, e ascoltava musica a casaccio, ma soprattutto canzoni ultra depressive, o così le avrebbe definite Maki, che al contrario di lei era sempre sorridente e pimpante.
Era seduta in uno scompartimento da sola, senza nessuno che la disturbasse, per fortuna. Non aveva voglia di sentire telefonate tra fidanzati, vecchi che si lamentavano anche del silenzio o bambini che correvano di qua e di là.
Preferiva stare da sola, ad ascoltare musica, che avere qualcuno che la disturbasse.
«…this innocence is brilliant, in makes you want to cry» canticchiò piano, mentre guardando fuori dal finestrino.
E mentre stava lì, i grandi edifici di Tokyo sparivano all’orizzonte, facendo posto a una natura completamente diversa da quella a cui era abituata; più bella, più semplice, più tranquilla, più naturale. E la neve dava un tocco più magico a quel panorama già di suo fantastico.  
E sentiva anche che quella maledetta primavera si stava allontanando da lei, facendo ritornare il solito vento freddo a cui era abituata. Si stava allontanando da lui, e si sentiva sempre meglio, come se un peso si stesse sollevando dal suo cuore piano piano, mentre si allontanava da Tokyo. Dove lui si trovava.
Ricordava perfettamente cos’era successo quella notte, anche se non era perfettamente lucida, anche se non era in sé.
Ricordava anche le sensazioni che aveva provato, così bellecosì uniche, che ancora faticava a crederci che le aveva provate con lui. Sentire le sue mani calde a contatto con la sua pelle fredda, sentire un sentimento diverso da quello che avevano sempre provato l’uno per altra, sentirlo parte di se stessa, l’aveva fatta stare bene. Anzi, forse meglio, forse una persona diversa.
Perché lui era lui, anche se faticava ancora a capirlo qualche volta, lui era lui, l’unica persona di cui si era sempre preoccupata, anche a i tempi dell’Aliea Gakuen, lui era sempre con lei, senza mai abbandonarla, anche se potevano sembrare rivali, o che si odiassero. Infondo erano così diversi, ma lei non aveva mai capitolo il vero significato del detto: gli opposti si attraggono. Aveva sempre fulminato con lo sguardo qualunque persona avesse detto quella frase riferita a loro due, perché loro erano due amici, rivali, ma anche fratelli, non innamorati. Non innamorati.
Allora quella notte, quando aveva percepito quei sentimenti diversi dai soliti, cos’erano stati?
Quella domanda le premeva più di tutte.
Una domanda senza risposta, come tante altre.
Non voleva pensarci, ma più si sforzava e più lui, la sua immagine, si faceva largo nella sua mente, come una dolce tortura.
Scosse la testa con fare isterico; cosa andava a pensare? Lei non doveva pensare queste cose del suo migliore amico, no, neanche se questo era il padre di suo figlio! Non doveva minimamente fare certi pensieri, se ne andava anche la sua sanità mentale, che già era parecchio precaria in quel momento.
Sperava solo che quel fine settimana ad Inazuma-cho andasse tutto per il meglio, e sperava anche che Terumi non dicesse niente ad Haruya e nemmeno a Ryuuji.
Chiuse gli occhi e si addormentò, cullata dalle note della canzone che stava ascoltando in quel momento.
Sarebbe andato tutto bene, almeno sperava.

 

***

 
Ryuuji andava avanti e indietro sul binario della stazione del treno di Inazuma-cho, incapace di calmarsi, sotto lo sguardo divertito di Hiroto, che se ne stava seduto su una panchina poco lontano da lui, con le braccia incrociate nell’attesa del treno che avrebbe portato l’amica da loro.
Midorikawa era nervoso per un solo motivo; per quello che gli aveva detto Afuro…
 
«Midorikawakun, sono Afuro,  devo chiederti di farmi un piacere…» la voce del biondo gli era sembrata strana, un poco agitata a dir la verità.
«Afurosan, ti ascolto.» gli aveva risposto lui, gentile come sempre.
«Suzuno in questo periodo è molto confusa…» aveva iniziato Terumi dall’altro capo del telefono, e lui aveva trattenuto il respiro fino alla frase successiva «mi farebbe piacere che tu la ospitassi per questo fine settimana a casa tua, ad Inazuma-cho.»a quella frase aveva sorriso, pronto a rispondere con un grande felice sì. Ma non si sarebbe mai aspettato quello che ancora Afuro aveva da dirgli. 
«Però, prima, ti devo dire una cosa. Sento il bisogno di dirtelo, ma ti prego di non farne parola con nessuno, nemmeno con Suzuno stessa, okay?»
Lui aveva grugnito un “sì” non del tutto convinto, ma Terumi aveva capito che quello che gli stava per dire sarebbe rimasto tra loro. 
«Suzuno aspetta un bambino.» quella frase gli aveva fatto venire un colpo, infatti era rimasto immobile, al centro della cucina, con la bocca spalancata e gli occhi neri sgranati, senza riuscire a dire una parola. Non poteva credere che Suzuno fosse rimasta incinta, che aspettasse un bambino. 
Appena riprese le facoltà d’intendere e di volere aveva sussurrato con voce strozzata «Non dirai sul serio, spero.»
«Ti sto dicendo la verità, Midorikawakun. Suzuno è incinta.» 
«E di chi?» gli aveva domandato dopo pochi minuti – che sembrarono ore – ad Afuro. Aveva sentito un sospiro da parte del biondo. 
«Lo vorrei sapere anche io, Midorikawakun, anche io…» gli aveva risposto, e poi aveva udito una specie di tonfo, e così capì che si era seduto. 
«Non te lo ha detto?» 
«Se non avessi trovato i risultati della diagnosi, beh, sono sicuro che non mi avrebbe detto neanche che fosse rimasta incinta.» gli spiegò «Quando glielo domandato le mi ha risposto che non ce la faceva, che lui era l’ultima persona con cui avrebbe pensato di avere un figlio. In questo momento non so chi possa essere, davvero, credimi.» aveva aggiunto il biondo, sicuramente in quel momento si era passato una mano tra i capelli. 
«Capisco.» aveva bisbigliato lui «Quindi lei aspetta un bambino… Suzuno incinta, e chi se lo sarebbe mai aspettato.»
«Non io, Midorikawakun, non io.»
«Nemmeno io se per questo…» aveva aggiunto, per poi venir preso da un dubbio. «Ma Haruya lo sa?» 
«Haruya? No, non credo che Suzuno glielo abbia detto, infondo, non lo ha detto nemmeno a me, figurati a lui…»
«Ah, pensavo che a lui lo avesse detto, infondo sono migliori amici da tanto tempo, ed adesso sono fratelli. Non mi stupirei se Haruya lo sapesse.»
«Proverò a chiederglielo senza fagli sospettare nulla, non voglio che poi la furia di Suzuno si abbatta su di me, e poi è anche in stato interessante.» aveva sospirato «Mi prometti di vegliare sulla mia sorellina questi due giorni, vero Midorikawakun?» 
«Lascia fare a me, Afurosan.» aveva staccato, ma con un dubbio che lo assaliva sempre di più. 
E se fosse stato Haruya il padre del figlio di Suzuno?
 
Sentì qualcosa posarsi sulla sua spalla e si voltò immediatamente; Hiroto era vicino a lui con uno strano sguardo preoccupato, gli sorrise per rassicurarlo.
Non gli aveva detto niente, lo aveva promesso ad Afuro, e una cosa che Ryuuji Midorikawa sapeva fare bene era mantenere le promesse.
«Stai bene, Ryuuji?» gli domandò Hiroto.
«Sì, stavo solo pensando che non vediamo Suzuno da tempo ormai, chissà come si è fatta.» rispose prontamente lui, evitando di guardare il migliore amico negli occhi, perché con un solo sguardo Hiroto sapeva leggergli dentro; lo aveva sempre saputo fare, e non poteva far altro che maledirlo.
All’improvviso un fischio li fece voltare verso una galleria; un treno grigio metallizzato si stava avvicinando al binario, pronto a far scendere tutte le persone che avevano viaggiato all’interno, e tra loro c’era Suzuno, che con un sorriso corse ad abbracciare entrambi.
«Mi siete mancati, ed anche tanto…» sussurrò mentre i due ragazzi la stringevano a sé, ovviamente Ryuuji cercava in tutti i modi di non urtare la pancia dell’amica. Anche se sapeva che il piccolo era ancora un seme, non poteva non preoccuparsi sia per lei che per lui, infondo era come se fosse stato suo nipote.
«Come è andato il viaggio?» le domandò Hiroto, prendendo le sue valigie, ed uscendo dalla stazione.
«Meglio di quello che pensavo… mi sono anche addormentata.» rispose con un sorriso lei, mentre Ryuuji camminava al suo fianco, guardandola con un sorriso dolce stampato sulle labbra.
«Bene, andiamo a casa allora.» anche Hiroto le sorrise e fece segno di seguirlo, mentre Ryuuji scuoteva la testa e gli urlava contro «Guido io, testa di pomodoro!»
«Vivete insieme?» domandò Suzuno guardandoli litigare per chi doveva guidare. Quei due non cambiavano mai, neanche a diciotto anni!
«Sì, purtroppo.» rispose il ragazzo dai capelli innaturalmente verdi.
«Ehi, così mi offendi!» sbottò il rosso.
«Era mia intenzione.»
«Stupido.»
«Deficiente.»
«Testa di pistacchio.»
«Testa di pomodoro.»
«Sta’ zitto!»
«Che ne dici se stai zitto tu, Hiroto? E dammi quelle chiavi!» gridò scocciato Midorikawa, strappando in malo modo le chiavi dalle mani del rosso per poi salire sulla l’auto seguito dall’albina e da Hiroto, che gli fece la linguaccia, divertito e realizzato di aver fatto incavolare Ryuuji. Ormai era diventato il suo sport preferito.
«Il vicinato non deve essere molto entusiasta di avervi come vicini…» ridacchiò l’albina.
«Beh, forse stai dimenticando di contare il fatto che siamo vicini di Endou, quel pazzo! Lui e Aki non fanno altro che venire da noi ogni tre per due!» spiegò con fare divertito Hiroto, facendo sorridere sia Ryuuji che Suzuno.
«Quindi lui e Aki si sono fidanzati?» domandò dopo poco la ragazza, incuriosita. Sapeva solo che quei due si amavano e poi niente più; infondo non erano fatti suoi.
«No, almeno non ufficialmente, dicono a tutti che vivono insieme come amici, ma gatta ci cova, e sinceramente tutto il vicinato lo pensa, soprattutto la signora Fumi che si diverte a spiarli in tutti i modi possibili!» dopo poco Ryuuji cercò di trattenere una risata.
«Alla faccia della cittadina tranquilla, Ryuujichan.» mormorò ironica l’albina.
«In effetti.» ridacchiò il rosso «Con Endou Mamoru nei paraggi e…»
«E Hiroto Kiyama nella stanza a fianco alla tua, una cittadina tranquilla non esiste.» concluse Midorikawa divertito dal broncio che aveva messo il suo migliore amico, per farlo sentire in colpa, cosa che non a venne, ovviamente.
Midorikawa Ryuuji era capace di zittire Hiroto Kiyama persino meglio di Reina, e di certo dopo non si sentiva in colpa.
Da quand’era arrivata, Suzuno, non aveva più pensato né al fatto di essere incinta e nemmeno a quella maledetta primavera che era arrivata fin troppo velocemente. Forse era merito dei due ragazzi che in quel momento le stavano mostrando la loro enorme casa, forse perché era distante da quella persona, oppure perché il Natale era in arrivo; infatti avrebbe passato con Ryuuji e Hiroto la vigilia e il Natale. E si sentiva bene, tutto grazie ad Afuro, si perché era stato lui a mandarla lì, in quella casa per passare un Natale sereno lontano da tutti i problemi che a Tokyo, erano palpabili nell’aria. Era felice, e basta.
 

***

 
«Hirotosan, quante volte ti ho detto di non mettere subito lo stella di Natale, quella si mette all’ultimo!» l’urlò di Aki le arrivò dritta alle orecchie, quella mattina.
Era la vigilia di Natale, e poteva significare solo una cosa; preparazione dell’albero. Ed in quello Hiroto Kiyama era negato.
Poteva essere perfetto in qualsiasi cosa, ma, come la definiva sempre Endou, nell’Operazione Prepariamo l’Albero di Natale (abbreviata inOPAN.) era completamente negato, infatti non riusciva neanche a far rimanere in equilibrio l’albero. E per questo che quella mattina si chiese il perché quella testa di pomodoro stesse aiutando Aki – che con Endou, ormai passava sempre il Natale in casa Midorikawa-Kiyama – a prepararlo.
«Ma, Aki, dai se metto prima la stella non succede niente!»
«Succede invece! Sai che Endoukun adora metterla prima di mezza notte, poi te li senti tu i suoi borbottii!» lo ribeccò la mora, guardandolo male, per poi sorridere al broncio che aveva messo l’amico.
«Okay, la levo…» e la levò, poggiandola sul tavolino che Kira aveva regalato a Ryuuji quando si era trasferito.
«Bene… oh Suzunochan, ti va di aiutarci con l’albero?» le domandò Aki, appena la vide scendere le scale che portavano in salotto, dove loro stavano preparando quel benedetto albero di Natale, con una felpa enorme addosso e il pantalone del pigiama pesante ed azzurro.  
Lei guardò prima l’albero, poi l’amico e la ragazza, e sorrise annuendo «Va bene, vi aiuto.»
«Perfetto!» esclamò contenta Aki, porgendole una palla da appendere all’albero con un sorriso enorme secondo solo a quello di Mamoru.
Da quanto aveva capito la sera prima – si, perché Aki ed Endou erano venuti a cena da loro – i due vivevano insieme da quando avevano sedici anni, prima abitava con loro anche la madre di Endou, che però aveva deciso di lasciare l’abitazione al figlio per andare a vivere con il padre ad Okinawa – sì, Daisuke Endou aveva una bella villetta lì – per recuperare il loro rapporto.
Aki era andata a vivere a casa Endou per un semplice motivo: i suoi genitori, grandi avvocati internazionali, erano stati chiamati in America per un periodo indeterminato, e lei, non avendo voglia di seguirli, aveva chiesto asilo a casa di Mamoru, che non aveva rifiutato, anzi l’aveva accolta con un sorriso enorme.
Aki aveva usato la scusa del “Ma lui è il mio migliore amico…”  e Endou aveva annuito con fare deciso e aveva aggiunto con fare solenne“E’ la mia migliore amica non potevo lasciarla in mezzo una strada!” .
Ovviamente non ci aveva creduto nemmeno per un secondo, infatti aveva annuito e sorriso ironicamente e aveva sussurrato un “Sì, avete completamente ragione…” facendo ridacchiare Ryuuji e Hiroto, che per poco non si stavano strozzando con le polpette di riso che aveva preparato la ragazza mora.
Così iniziarono a preparare l’albero, e lo completarono giusto prima dell’arrivo di Midorikawa, seguito da Endou, che portavano la spesa per cucinare il cenone di Natale in stile italiano, visto che Endou aveva delle ricette – che ovviamente gli aveva mandato la fidanza di Fidio -, e la stella di Natale non venne messa, poiché Mamoru se ne appropriò urlando che l’avrebbe messa lui.
Suzuno aveva sempre creduto che Endou fosse strano, ma non fino a quel punto, però, comunque, rimaneva sempre un grande amico e soprattutto una persona con cui ridere, sempre, anche nei momenti seri, perché trovava sempre un motivo per dire una cavolata che però alleggeriva la situazione.  
«Chi cucina stasera?» domandò Midorikawa dopo aver riposto la spesa, aiutato da Suzuno, che si era offerta volontaria; ovviamente aveva fatto di tutto per non farle prendere la roba un po’ più pensate. Aveva promesso a Afuro che l’avrebbe protetta e cercava di farlo senza che lei se ne accorgesse, anche se correre di là e di qua per la cucina e prendere tutto ciò che una donna in stato interessante non poteva sollevare, poteva essere un po’ sospetto in verità. Ma non aveva tempo di pensarci, dovevano prepara il cenone; quella, in quel momento, era la loro priorità assoluta. Oppure chi avrebbe tenuto a bada Endou Mamoru?
«Possiamo cucinare io e Aki.» propose Suzuno, cogliendo di sorpresa tutti, ma soprattutto Ryuuji, che la guardò, inarcando un sopracciglio. «Tu?» domandò invece Hiroto, sul punto di scoppiare a ridere «Ma se non hai mai cucinato niente!»
Aki notò lo sguardo assassino dell’albina e rispose velocemente «Per me va bene, coraggio Suzunochan, c’è da fare molto lavoro… Endoukun mi puoi dare quelle ricette, per favore?»
«Certo, ecco tieni.» e le porse dei foglietti, che le prese delicatamente dalle mani di lui, e le mise nella tasca del grembiule che si era messa per cucinare. Appena pronte entrambe, cacciarono fuori i due ragazzi, che, andarono ad appendere le varie luci colorate da per tutto.
Così, quel pomeriggio Suzuno ed Aki lo passarono a cucinare e i tre ragazzi a gelare fuori per mettere quelle maledette luci per addobbare casa.
 

***

 
 
Haruya guardò attentamente Terumi, che stava di fronte a lui, con gli occhi cresimi sgranati ed immobile come una statua di cera.
Il biondo stava analizzando quello che gli aveva confessato il fratello – o forse non più fratello – e, ogni volta che ricostruiva una frase, o qualche parola di tutto il racconto del rosso, un moto di rabbia dentro di lui cresceva sempre di più.
Una rabbia incondizionata, una rabbia dovuta alla gelosia, dovuta all’indignazione di averlo saputo così tardi, una rabbia irrazionale forse, o solamente preoccupazione mista a rabbia.
Comunque, quella che provava era rabbia vera e propria; verso il rosso, verso Suzuno, verso tutto il mondo, a dirla tutta.
«Cosa vuol dire: “Io e Suzuno siamo andati a letto insieme”, Haruya?» sussurrò tra i denti, appena ripresa la capacità di parlare.
Nagumo lo guardò preoccupato. «Quello che ti ho detto… io e Suzuno siamo andati a letto insieme, un mese fa. Ho cercato di dimenticarlo, davvero, per questo non te lo detto, ma, non ci riesco!» sbottò il ragazzo dando un pugno al tavolo della cucina, dove lui e Terumi erano seduti.
Era confuso, da più di un mese. Suzuno lo ignorava completamente come se lui non esistesse, in più non riusciva a dimenticare quello che era successo e ci aveva provato in tutti i modi possibili ed immaginabili, ma niente aveva cancellato tutte quelle emozioni che aveva provato con la sua migliore amica e sorella. Niente.
Aveva bisogno di sfogarsi, e, senza Hiroto o Ryuuji, la persona di cui si fidava di più era suo fratello Terumi, che però non sembrava tanto incline a capirlo, anzi, aveva un espressione molto minacciosa, come se volesse ucciderlo con un solo sguardo e questo lo preoccupava.
«Tu, sei andato a letto con tua sorella, te ne rendi conto?!» sbottò il biondo, alzandosi in piedi.
Haruya lo guardò sconsolato «Lo so…» sussurrò «… ma eravamo entrambi poco lucidi, per colpa dell’alcool, e… non lo so, Terumi, so solo che, purtroppo è successo.» aggiunse sempre in un sussurro, anche se quel ‘purtroppo’ non era quello che avrebbe voluto dire.
«E… se lei fosse rimasta incita tu che faresti, Haruya?» domandò lui, camminando avanti e indietro, con fare agitato.
Doveva saperlo, doveva sapere ciò che avrebbe fatto Nagumo se lo avrebbe saputo, perché ormai era chiaro come il sole che Haruya era il padre del figlio di Suzuno.
Il rosso, nel frattempo era rimasto immobile, con la domanda di Afuro che gli rimbombava nella mente; cosa avrebbe fatto se la sua Suzuno fosse rimasta incinta di lui, dopo quella notte? Non lo sapeva.
Non sapeva darsi una risposta.
Cosa avrebbe fatto se fosse stato reale, se veramente lei avesse aspettato un bambino?
Sarebbe fuggito, come un codardo, lasciandola sola? O sarebbe rimasto con lei?
Non lo sapeva, non sapeva darsi una risposta, sapeva solo che se avesse risposto in quel momento avrebbe detto una cavolata, anche bella grossa, e poi forse Suzuno non era veramente incinta, glielo avrebbe detto, no? No, non glielo avrebbe detto.
Sapeva com’era fatta lei, voleva fare tutto da sola, senza nessun tipo d’aiuto. E non glielo avrebbe detto, per paura – sì, per paura – di un suo abbandono, sì, perché Suzuno non avrebbe mai voluto essere abbandonata da lui, il suo migliore amico dopo tutto. O forse qualcosa di più, che andava oltre il legame fraterno e d’amicizia; lo aveva sempre saputo, dopo tutto.
Dopo tutto aveva sempre sospettato che tra lui e Suzuno ci fosse qualcosa aldilà della semplice amicizia, qualcosa di più complicato… che in quel momento non sapeva spiegare.
«Allora?» la voce di Terumi lo riscosse dai suoi pensieri e gli fece alzare lo sguardo dal tavolo che aveva preso a fissare perdendosi nei suoi pensieri. I suoi occhi d’oro si scontrarono con quelli color sangue di Afuro, che vi lesse dentro confusione, pura e semplice, confusione.
«… Terumi, non so cosa dire in questo momento, ma so per certo che se lei fosse incinta io non l’abbandonerei, non lo farei mai. E’ la mia migliore amica, e forse, anche se non me ne sono mai accorto prima, qualcosa di più. Qualcosa che mi sono lasciato sfuggire per tutto questo tempo!» si alzò in piedi e si mise di fronte al fratello, che lo guardava sorpreso «Lei è la ragazza di cui sono sempre stato innamorato, anche se non me ne sono mai accorto! Il perché Terumi? Perché stavamo sempre insieme, sempre.Quando stai sempre con una persona non ti accorgi di amarla sul serio finché ella non si allontana, e io in questo momento me ne sono accorto! Come un idiota, quale sono!»
«Innamorato di lei?» sussurrò Terumi.
Il rosso annuì, sorridendo «Sì, io innamorato di quel pezzo di ghiaccio… sembra impossibile ma è così, me ne sono accorto quando tu mi ha fatto quella domanda, mi sono chiesto cosa avrei fatto… sinceramente non lo sapevo, poi, beh, mi è venuto spontaneo pensare che avremmo cresciuto quel bambino insieme.. come una famiglia.»
Afuro lo guardò e sorrise; come diceva sempre Midorikawa, l’amore nasceva soprattutto dalle lunghe amicizie, come quella di Suzuno e Haruya. Un amore nato dal tempo, nato da quando erano bambini, ma confuso con la semplice amicizia, che però per entrambi era stata importante. Importantissima.
Sospirò guardando il rosso che ancora incredulo, si passava una mano tra i capelli a forma di tulipano.
«E’ incinta, Suzuno è incinta…» disse a mezza voce.
Nagumo sgranò gli occhi «C-cosa?»
«Hai capito, Haruya. Suzuno è incinta.»
Il rosso lo guardò.
«Devo andare a casa di Ryuuji.» disse, correndo verso la sala d’ingesso.
«Sarebbe la cosa giusta da fare, e io vengo con te.» Afuro lo seguì.
Nagumo annuì, prendendo il giacca appesa all’attaccapanni vicino alla porta d’ingesso, per poi fermarsi con la mano sulla maniglia e voltarsi verso il biondo che si stava annodando la sciarpa intorno al collo «Terumi…»
«Sì?» il biondo si sistemò al meglio la sciarpa alzando lo sguardo verso il rosso, che lo guardò.
«Grazie, grazie per essere mio fratello…»
Terumi rimase interdetto, ma poi sorrise «Muoviti tulinuvoletta, Suzuno ti aspetta!»
 

***

 
La mattina di Natale Hiroto si svegliò per primo.
Cosa assolutamente strana, poiché il rosso era conosciuto soprattutto per il suo sonno pesante, molto pesante. Infatti non si svegliava neanche con le cannonate, ma solo che la soave voce di Midorikawa che gli perforava le orecchie ogni mattina! E soave era ovviamente ironico.
Aprì un occhio e poi l’altro, e alzò di poco la testa dal divano, guardandosi intorno; il salotto non esisteva più, era diventato più accampamento più che altro.
Infatti Endou, la sera prima, dopo il cenone aveva deciso che lui e Aki avrebbero dormito da loro, così, non avendo letti disponibili avevano deciso di dormire tutti insieme nel salotto, dopo di che era partita una feroce guerra a colpi di cuscini che, appena conclusa, si erano immediatamente addormentati tutti quanti, senza nemmeno guardare in che stato fosse diventato il salotto.
Hiroto sbuffò.
Notò la testa color pistacchio di Midorikawa sul pavimento, stretto tra un piumone pesantissimo, mentre pochi metri da Ryuuji c’era la testa castana dell’ex capitano dell’Inazuma Japan, che russava alla grande. Su una poltrona, invece, c’era Suzuno, avvolta in una coperta enorme, ma si poteva notare benissimo la felpa che lui gli aveva prestato e che gli andava di tre taglie più grandi, mentre sull’altro divano c’era Aki, che stringeva a sé un cuscino e una coperta pesante.
Uno scenario davvero adorabile, non contando che il salotto era praticamente sottosopra.
Scostò il piumone rosso e si alzò in piedi, infilandosi le pantofole che aveva miracolosamente trovato in quel casino, per poi dirigersi in cucina, per cercare qualcosa da mangiare; era sicuro che Aki non si sarebbe alzata per preparare la colazione e quindi avrebbe fatto da solo.
All’improvviso il suono del campanello lo fece voltare, e scocciato si diresse ad aprire la porta. Quello che si trovò davanti lo lasciò interdetto; Nagumo Haruya era di fronte a lui, il suo nervosismo si poteva notare benissimo, con dietro Afuro, che sorrideva cordialmente.
«Ma cosa…» sussurrò, ma non fece in tempo a terminare la domanda poiché Nagumo domandò a bruciapelo «Dov’è Suzuno?»
Hiroto lo guardò inarcando un sopracciglio rosso «In salotto, ma posso capire perché siete qui?»
«Non ho tempo per spiegarti adesso, devo parlare con Suzuno!» sbottò il ragazzo entrando in casa dell’altro, seguito da Terumi, che non aveva spiccicato una sola parola.
Hiroto bloccò il biondo sulla porta «Perché Haruya è così nervoso?» domandò.
«Lo scoprirai presto, Hirotosan.» rispose lui, accennando un sorriso di scuse.
«Se lo dici tu…» sussurrò il rosso passandosi una mano tra i capelli, confuso.
Nel frattempo Nagumo era arrivato in salotto e si era messo a fissare con un sorriso Suzuno, che ancora dormiva.
Era così bella, che aveva paura di svegliarla e rompere quell’incanto: sembrava un angelo. Un angelo di ghiaccio, per la precisione. Il suoangelo di ghiaccio.
La guardò per altri cinque minuti, poi alzò lo sguardo e notò Hiroto e Terumi che lo guardavano; il primo sconvolto, il secondo con un sorriso. Okay, aveva da spiegare molte cose, e lo avrebbe fatto, ma la sua priorità in quel momento era parlare con la ragazza, che non accennava a svegliarsi, anzi dormiva ancora profondamente.
Tipico di Suzuno Fuusuke; la mattina non la svegliava nessuno.
«Mi spieghi che stai facendo, Haruya?» domandò l’altro rosso con uno sguardo confuso e anche sconvolto; da quando suo fratello era così amorevole con Suzuno, ed prendeva un treno per parlarle? Lui odiava i treni.
Afuro, notando la confusione di Hiroto, capì che Ryuuji non gli aveva detto niente, mantenendo la loro promessa.
Guardò Haruya che capì subito, e annuì. «Vieni con me, Hirotosan. Ti spiego tutto io.»
Il rosso poggiò una mano sulla spalla dell’albina per scuoterla e farla svegliare, e ci riuscì, anche se sorpreso; si era svegliata!
Suzuno, si sentì scuotere e aprì un occhio azzurro, notando una buffa capigliatura; un tulipano.
Stava sicuramente sognando, lui lì non poteva esserci, non doveva esserci, lei avrebbe passato il Natale a Inazuma-cho e lui ad Inazuma-cho non c’era, oppure era rimasta a Tokyo e aveva sognato tutto? No, era sicura di essere arrivata ad Inazuma-cho, ma adesso si sentiva un pochino confusa.
Aprì anche l’altro occhio e si guardò in torno; si era ancora a casa di Ryuuji ed Hiroto, ma lui, che ci faceva lì?
«Ti sei svegliata…» e sorrise «… bene, vestiti, andiamo a fare un giro, ti devo parlare!» aggiunse, correndo fuori e andando da Terumi e da Hiroto, lasciando una non poco stralunata Suzuno sulla poltrona.
L’albina non aveva ancora capito niente, ma salì in camera sua per vestirsi. Si mise la prima cosa che trovò, anche perché faceva freddo, e quello con chi doveva andare a fare un giro era Haruya.
E si chiese perché voleva andare a fare un giro, si chiese anche perché lui fosse lì, e si chiese se non sapesse la verità.
No, non poteva essere, Terumi non glielo aveva detto, non lo avrebbe mai fatto, oppure sì?
Si bloccò sulle scale, quando notò una scena strana; Hiroto cercava di picchiare Nagumo, ma era trattenuto da Terumi, Endou e Ryuuji, quest’ultimi ancora mezzi addormentati.
Vide anche un Aki, che guardava Hiroto con uno sguardo di rimprovero; ma che stava succedendo in quella casa?
«Mi spiegate cosa succede?» domandò, attirando la lezione di tutti.
Kiyama cercò di rispondere ma Ryuuji intervenne «Niente, tu e Haruya andate a fare un giro, avete molto da parlare..» sorrise.
Lei annuì, e notò Hiroto guardare interrogativo l’amico. Uscì, seguita da Haruya.
«Allora di cosa mi dovevi parlare?» chiese lei, appena qualche metro di distanza dalla casa dei suoi amici, cercando di coprirsi per il freddo; lo amava sì, ma così rischiava di prendersi una broncopolmonite.
«Lo so.»
Lei si voltò immediatamente verso di lui con il fiato sospeso «Cosa, sai?»
«Che aspetti un figlio… da me.» disse il rosso, trattenendo un sorriso all’espressione terrorizzata di Suzuno.
«Come…»
«Me lo ha detto Terumi, ma non è questo l’importate! L’importante è che tu non me lo hai detto.» incominciò lui «E questa cosa mi ha fatto rimanere male, ma prima di saperlo mi sono accorto anche di una altra cosa, che forse, beh, sarà la mia condanna a morte…»
«Io non te l’ho detto perché era sicura che tu mi avessi abbandonato, lasciandomi sola, ho preferito non dirlo a nessuno, ma Terumi la scoperto.» sussurrò, evitando di guardarlo.
Sentì un sospiro da parte di Haruya «Me lo aspettavo.» rivelò.
«Sapevo che tu averti pensato questo. Ma io non lo farei mai, non sarei Nagumo Haruya se lo facessi. E’ vero, quando Terumi mi ha domandato se tu fossi rimasta incinta di me, beh io ho pensato cosa avrei fatto veramente… e mi sono detto che mai ti avrei abbandonato, sei la mia migliore amica, no?» aggiunse.
Suzuno sobbalzò a sentire quel ‘sei la mia migliore amica, no?’ e provò una specie di dolore al petto.
«Migliore amica…» sussurrò a sé stessa, per convincersi.
«Ma penso che…» le voce di Haruya le arrivò al orecchio, come melodia.
«Pensi che cosa?» gli domandò, ansiosa.
«Penso che da sempre abbiamo confuso l’amore con l’amicizia, quella vera. Abbiamo sempre pensato di essere migliori amici, fin quando non è successo quel che è successo, ma credo che io e te siamo sempre stati qualcosa in più che dei semplici migliori amici.»
«In che senso, scusa ma non ho capito…»
«Vieni sediamoci.» e la portò su una panchina, al centro di un piccolo parco per bambini.
«Spiega.» le ordinò lei, e lui sorrise.
«Almeno da parte mia, credo di essere innamorato di te, da sempre, da quando da piccola di ho scambiato per un bambino perché giocavi sempre a calcio con Hiroto e Ryuuji. Già li ti trovavo carino, ma quando ho scoperto che tu eri una bambina, ma che sapevi picchiare duro però…» ridacchiò al ricordo, facendo sorridere Suzuno.
«…comunque credo che io sia innamorato di te da quel giorno in cui mi picchiasti per indignazione!» rivelò dopo poco.
Suzuno era rimasta interdetta «In che senso, innamorato di me, Haruya?» domandò, titubante e il rosso notò che il suo viso, solitamente pallido, era diventato di un rosso rosato. Sorrise.
«Nel senso che io non voglio essere il tuo migliore amico, io voglio essere il padre di tuo figlio e il tuo ragazzo.» spiegò spigliato, sorridendo.
In verità quel discorso glielo aveva preparato Terumi sul treno, e poi glielo aveva fatto imparare a memoria, poiché non sapeva come spiegare all’albina la verità.
«Vuoi essere, cosa?» l’ultima parola la urlò.
Nagumo capì che stava arrivando una delle crisi isteriche alla Suzuno; capitava spesso, quindi, si mise comodo, e quando la ragazza dai capelli albini si trovò di fronte a lui, urlando frasi che le sue orecchie non percepirono, non si spaventò, anzi, annuiva e diceva sì, qualche volta, anche se non l’ascoltava.
«Io farò tutto da sola! Non mi serve il tuo aiuto! Capisci quando parlo, tu non mi aiuterai in niente!» gli gridò in faccia e lui la guardò.
«Calmati Suzuno…» le disse «… e non puoi fare tutto da sola, poiché le cose più belle si fanno in due. E questa cosa è una di quelle.» aggiunse.
L’albina lo guardò e poi sospirò sedendosi di fianco a lui «Tu sei innamorato di me… e io non lo so.»
«Io direi di sì, ma questo è solo il mio parere.» il rosso alzò le spalle.
«Sei sempre così convinto.» scherzò la ragazza, ormai calma.
«E’ Dio che mi ha voluto così!» ridacchiò dall’espressione imbronciata della albina. «Comunque… allora che ne dici? Hai già fatto la tua crisi isterica, quindi…»
«Accetto il tuo aiuto Haruya. Sarai il padre di mio figlio…» concesse la ragazza.
«Ma io sono il padre di tuo figlio!» sbottò il rosso divertito.
La ragazza pensò che avesse ragione, infondo era veramente lui il padre di suo figlio. Sospirò «Va bene, hai vinto tu.»
Il ragazzo si voltò verso di lei, e Suzuno inarcò un sopracciglio «Cosa c’-»
Nagumo la stava baciando e lei… stava rispondendo? Oh, ma a chi importava della logica in quel momento!
 
Dietro un cespuglio quattro ragazzi e una ragazza li stavano spiando.
«Non trovate che siano carini?» domando in un sussurro Aki, guardandoli con un sorriso dolce. 
«Sono felici.» disse Terumi sorridendo felice per i suoi fratelli.
«Così, la calda primavera…» bisbigliò Hiroto.
«… ha sciolto il vento freddo.» continuò Ryuuji, sorridendo.
 
«Dovrei prendere esempio da Nagumosan…» pronunciò Mamoru, sorridendo, sotto lo sguardo confuso dei tre ragazzi e della sua coinquilina.
«In che senso Endoukun?» domandò Aki, stranita.
«Ah… niente, stavo pensando a voce alta. Andiamo a casa prima che ci becchino?» domandò il moro.
«Sì, andiamo a casa a preparare il pranzo di Natale, dobbiamo aggiungere due posti a tavola.» Ryuuji guardò Terumi che annuì.
Quello sarebbe stato il più bel Natale, secondo Aki, sì, sarebbe stato meraviglioso.

   
 
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