I
corsi all'uni sono ricominciati, quindi perdonatemi se ritarderò con la
pubblicazione dei capitoli.
Poi mi sono immersa in longfics da seguire in contemporanea... XD pazza sono
u.u
Vabbeh
comunque per questa storia ho previsto 9 capitoli, quindi siamo quasi alla fine,
stringiamo i denti XD
buona lettura :)
The ones we hurt are you and me
Katherine Bellefleur-Beckett stringeva tra le mani le pagine di quel giornale, mentre le parole del boss mafioso Frank Nitti risuonavano nella sua testa.
Alexander Castle ha ucciso sua madre.
Si chiedeva chi diavolo fosse veramente il detective Castle.
Quell'uomo che l'aveva presa quella notte, l'aveva amata disperatamente, e l'aveva fatta sentire come nessun'altro.
Si sentì improvvisamente sporca e complice di un omicidio.
Ironia, andò a lavarsi le mani nel suo bagno. Sentì che non bastava, perciò sfregò le mani l'una contro l'altra più che poteva, quasi a farsi male... come se volesse cancellare tracce e lo sporco che si portava dentro.
Gemette. Si stava facendo male da sola.
Iniziò a piangere. Chiuse il rubinetto e si guardò allo specchio.
Sua madre non le avrebbe mai permesso di piangere per un uomo.
Lei doveva rialzarsi e combattere per affermare ciò che era.
Così prese il cappotto, si rifece lo chignon ai capelli, e uscì di casa.
Alexander Castle si era tolto un peso troppo grande.
Sfogarsi con Ryan ed Esposito forse era stata la cosa migliore che potesse fare.
Quella sera stette nel suo appartamento.
Voleva vedere Katherine e quella sera l'aspettava da lui.
Aspettava fin troppo, tanto che si chiese che fine aveva fatto l'affascinante donna.
Stava iniziando a sudare. Si accese un sigaro per calmarsi, ispirando l'aroma che ne usciva.
Stasera avrebbe detto a Katherine tutta la verità su di lui, su chi era veramente, e sopratutto sul suo passato.
Non poteva attendere oltre, dato che ormai era arrivato ad un vicolo cieco.
Si era innamorato di quella donna, e la prima cosa che non voleva farle era ferirla.
Non sarebbe più stato il buffone del passato.
Non era più Richard Castiel.
Suonò il campanello.
Castle sorrise.
Era lei.
Andò ad aprire per trovarsi quello schianto di donna davanti a se.
Ma quella sera, Katherine era diversa.
Stava abbozzando un sorriso, ma dietro quella maschera c'era dell'altro.
La fece entrare.
"Allora cos'hai preparato per cena? Non dirmelo, fammi indovinare..." si coprì gli occhi con entrambe le mani, come un bambino.
Ma dall'altra parte non ricevette nessun segnale.
Aprì pian piano le mani per vedere davanti a se Katherine, una donna che fissava nel vuoto, con gli occhi spenti e la bocca serrata.
Lei abbassò lo sguardo, e Alexander notò che stava stringendo forte la borsa che portava con se.
Non sapeva cosa stava passando per la testa a Katherine.
Lei strinse le labbra, poi alzò lo sguardo, si sistemò le ciocche di capelli e iniziò e aprì la bocca, dapprima senza emettere un suono, poi trovando la forza di parlare quando negli occhi dell'uomo davanti a lei iniziava a leggere tristezza e preoccupazione.
"So chi sei davvero, Alexander Castle. So tutta la tua storia."
Lui prima scosse la testa, non realizzando il colpo. Subito dopo cambiò espressione. Deglutì guardando la donna che con tanta fermezza lo stava accusando di aver detto il falso.
"Non so di cosa tu stia parlando." negò.
"Non
cercare di fare il furbo con me!" gli urlò contro, facendolo per un attimo
indietreggiare per lo spavento quando gli puntò il dito contro. "Tale
Frank Nitti, che immagino tu conosca, ora attuale capo della Chicago
Outfits, l'organizzazione a te tanto cara, mi ha fermata prima per strada
e mi ha raccontato del tuo passato. Ogni cosa."
Castle sbuffò.
"E tu dai retta a quei criminali mafiosi?!"
A quel punto Katherine tirò fuori una pistola che teneva nella borsa, stretta a se, e gliela puntò contro.
Istintivamente,
Alexander alzò le mani in segno di difesa.
"Mi hanno detto che il tuo vero nome è Richard Castiel, nato nei sobborghi
di Chicago nel 1892, figlio di Martha Rodgers Castiel, morta in seguito ai tuoi
continui atti vandalici. Sei entrato prima nella Black Gang, ma quella roba non
faceva per te, no... tu eri attratto dalle donne, dal potere, dal sesso... così
tanto che hai tentato di introdurti nella Chicago Outfits... nella più potente
organizzazione mafiosa del paese..." appena dette quelle parole, alzò gli
occhi al cielo e le scappò una risata nervosa e disperata, quasi incredula di
ciò che aveva detto.
Castle iniziava a preoccuparsi veramente.
Katherine aveva una pistola carica in mano, e non prometteva nulla di buono.
Doveva riuscire a farla ragionare e a prendergliela, prima che la situazione sfuggisse di mano a entrambi.
"Kate,
questa è parte della mia vita che avevo intenzione di rivelarti stasera, lo
giuro---"
"Non chiamarmi con quel nome!! Non osare, Castle..." urlò di nuovo e
tornò a puntargli la pistola contro.
"Poi Frank mi ha raccontato che quella notte del '25, tu eri là con loro... la stessa notte quando mia madre è stata uccisa..." Katherine iniziava a piangere al ricordo di sua madre.
"Questo
non è vero... non sono mai stato un membro dell'organizzazione! Ti stanno
mentendo!"
"Sta' zitto!!...tu l'hai uccisa perchè hai saputo che era una spia del
governo...questo gesto ti avrebbe fatto diventare il successore di Al Capone
all'interno dell'organizzazione..."
"Cosa? Kate, io non ho ucciso tua madre, è stato Capone!! Ti stanno
mettendo contro di me... loro sanno chi sono, l'hanno scoperto e vogliono
incastrarmi perchè so cose che potrebbero danneggiare il governo degli Stati
Uniti..."
"Zitto!!"
Kate urlava, piangeva, si disperava, portava la pistola alla testa, col gesto di asciugarsi la fronte piena di sudore...
Castle doveva fare qualcosa.
"Kate, mi spiace che tu abbia saputo del mio passato in questo modo... dovevo essere io a dirtelo, non quei criminali! Io non sono chi loro dicono... ti hanno mentito... te lo ripeto, non ho ucciso tua madre!"
"Sta' zitto, Castle! Io mi fidavo di te... mi sei stato vicino come nessun altro finora... e a quale scopo, eh? Sono un'altra delle tante donne con cui ti piace scopare e poi abbandonarle, solo per fare paragoni coi tuoi amici criminali?? Qual è il tuo scopo??"
"Io
non ti farei mai una cosa del genere... tu mi conosci!"
"No, io pensavo di conoscere Alexander Castle. Quest'uomo davanti a me, non
lo conosco."
La pistola era puntata contro Castle. Kate, inavvertitamente spostò le dita sul
grilletto.
Il detective sapeva che la donna non sapeva usare un'arma, no, uno spirito delicato come lei non avrebbe mai ucciso una persona.
Si avvicinò lentamente a lei, rischiando, tenendo sempre le mani bene in vista.
"Kate, ti prego, abbassa la pistola..."
"Non chiamarmi Kate!! Non ne hai il diritto!! E pensare che io mi ero
pure---"
D'un tratto si bloccò.
Cosa
stava per dirgli?
"Cosa?? Dimmelo!"
"Niente, lasciamo stare... sono stata solo una stupida..."
Katherine abbassò le braccia, e Castle ne approfittò per spingerla contro il muro e strapparle la pistola di dosso.
La donna si lasciò andare ad un pianto disperato, che Castle cercò di fermare baciandola.
Poi le sussurrò qualcosa che non aveva mai detto a nessun'altra donna finora.
"Io ti amo, Katherine Bellefleur. E farò di tutto per convincerti che ora sono un uomo migliore."
Detto ciò, la abbracciò e lei crollò definitivamente, piangendo ancora e tenendosi stretta tra le braccia dell'uomo che la amava.
Passò qualche giorno, e Katherine sembrava stare meglio nell'appartamento di Alexander.
Passava le proprie giornate distesa sul letto, mentre lui, da gentiluomo, le portava la colazione a letto la mattina.
Poi, quando tornava a casa da sera, dopo una giornata stressante in polizia, c'era Katherine ad aspettarlo con la cena preparata da lei.
Per fortuna lei si era data a qualche corso di cucina negli anni precedenti; saltava i club del ricamo per cucinare, stava diventando una passione.
E pian piano, anche tra loro sembrava essere rinata la passione.
Nel frattempo, al dipartimento c'era grande fermento.
Ryan ed Esposito guardavano incuriositi i movimenti dei vari agenti da una parte all'altra della costruzione.
"Secondo
te che stanno combinando, man?"
"Non ne ho idea, bro. Forse una festa a sorpresa per Castle. Si
avvicina il suo compleanno."
"Se è davvero quello il suo vero compleanno..."
Esposito guardò l'amico con un'aria triste e sospirò.
"Già."
I due ricevettero un colpo alla testa da parte di Laine.
"Voi
due ragazzi, dovreste sapere che giorno è oggi."
"Ehi, baby, come stai?" Esposito era già partito.
L'affascinante segreteria sorrise, poi prese per il mento il suo ragazzo.
"Tesoro, starò meglio quando vi dirò così vi aspetta oggi."
La donna camminò avanti a loro, facendo segno di osservare con attenzione che anche Alexander Castle era in movimento e stava parlando con degli agenti vestiti di nero, che non provenivano da nessun distretto di polizia.
"La
BOI ha deciso di collaborare con la polizia di New York per dare la caccia alla
Chicago Outfits. Tra poco ci sarà una riunione generale dove verranno spiegati
i piani per mandare infiltrati nell'organizzazione e cercare di catturare quanti
più boss possono."
"Wow."
"Puoi dirlo forte, bro."
Laine sorrise.
"La criminalità organizzata ha i giorni contati."
La sala grande riuniva tutti i distretti della polizia del paese. Era impossibile determinare il numero degli agenti lì, ma si potevano intravedere Castle, Ryan ed Esposito seduti in quarta fila che ascoltavano attentamente le parole dei diversi capi di polizia.
"...ho
qui l'onore di presentarvi J. Edgar Hoover, capo del BOI."
Tutti applaudirono mentre un ometto grassottello, con un grande sorriso apparve
davanti a loro. L'uomo salì su una specie di palco con tanto di microfono
I più stentarono a credere che proprio un tipo così stesse a capo della più grande organizzazione di polizia degli Stati Uniti.
"Grazie,
grazie. Salve a tutti. Dire 'capo del BOI' è una parola grossa." rise tra
se "In realtà sono un suo segretario, ma la BOI è una grande
organizzazione sempre in movimento, che si prepara a cambiare. Siamo pronti per
un cambiamento radicale che da qui a un massimo di 3-4 anni, avremmo strutture
sufficienti per rintracciare chiunque rubi al governo. Abbiamo già messo in
cella Al Capone, ed è un grande passo per noi. Ma vogliamo fare di più. E
avremo bisogno della vostra collaborazione. C'è un caso di omicidio che deve
essere risolto, in cui è stata coinvolta una delle nostre più agenti
efficienti..."
Castle pensò subito alla madre di Katherine e poi guardò loro.
Ricordò le esatte parole di lei quando gli disse che alla BOI non interessava... che sua madre non era altro che un altro agente caduto in battaglia... sacrificandosi per il bene del paese. La cosa non le era mai andata giù.
Forse le cose stavano cambiando veramente.
"...mi
è stato riferito che abbiamo qui con noi uno degli agenti più qualificati...
dov'è Alexander Castle?"
Qualcuno indicò il detective, e Castle si alzò davanti a tutti per farsi
vedere.
Venne applaudito come una specie di eroe prima ancora di compiere la grande impresa.
"Signor
Castle, mi hanno detto grandi cose di lei. Ha aiutato molto il paese in questi 7
anni che è nella polizia."
"E' stato un mio dovere, signore."
"Ah,
la prego, mi chiami Edgar."
Castle sorrise sorpreso dalla gentilezza di quell'ometto così buffo e
intelligente allo stesso modo.
"Mi
identificano come un eroe nazionale per la mia guerra contro la malavita
organizzata, ma anche lei non è da meno..."
"Così sembra, sign--ehm Edgar."
"Avremo molte cose di cui parlare. E' stato un piacere conoscerla."
Di
nuovo degli applausi per Castle, che lo misero un po' in imbarazzo, e un po'
pensava che fossero eccessivi.
Hoover tornò a rivolgersi alla platea, mentre Castle tornò a sedersi.
Ryan ed Esposito lo prendevano in giro sul fatto che avesse fatto colpo sull'ometto strano.
Lui gli diede corda.
Sembrava che il fatto che avesse avuto una vita passata di cui si vergognava e gliene avesse parlato, ora non aveva più importanza.
Tutto era tornato come prima.
"E
infine, un applauso per una delle nostre più longevi infiltrate. Martha Rodgers!"
Tutti applaudirono, sostenuti da Hoover che incitava gli agenti, mentre la donna
faceva il suo ingresso nella sala.
Lo
sguardo di Castle e quello di Martha si incrociarono per un breve istante: sua
madre era un'infiltrata della BOI e lui non lo sapeva? Da quanto tempo? E come
aveva fatto a fingere così bene, tanto da fingere anche la sua stessa morte?
Come non detto.
Tutto era tornato come prima.
O quasi.