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Autore: CatharticMoment    09/10/2011    5 recensioni
Tom arrivò ad un palmo dal suo naso.
Costringendola ad abbassare lo sguardo per non sostenere i suoi occhi imbestialiti e minacciosi, non sembrava lui quella sera.
- Tu, non osare mai più avvicinarti a lei. Lasciala perdere. Se ha qualche problema lo so prima di te, perciò limitati a farle capire i numeri o quelle cazzate che fai tu, e per il resto pensa alla tua di famiglia ok? -
Lis sentì il suo cuore spezzarsi in mille pezzi, e per altrettanti mille motivi diversi.
Si limitò ad annuire sconvolta e a tirare su col naso.
La prese malamente per un braccio dirigendola verso la sua auto.
- Adesso vattene. – ringhiò carico di disprezzo
Lei non oppose resistenza e non spiccicò parola mentre Tom la trascinava via.
Era troppo impegnata a controllare il suo dolore e la sua rabbia.
- Non ti voglio più vedere da queste parti. Non ti voglio vedere più – disse fissandola negli occhi.
Lis non si era mai sentita così schifata e disprezzata da qualcuno.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

 







Al giorno d'oggi esistono due tipi di criminali:
quelli che non hanno una famiglia,
e quelli che, per loro sfortuna, ne hanno una.
Daniel Pennac.



 
 
 
- Lascio qualcosa da riscaldare per papà? – si preoccupò Bill sparecchiando la tavola.
- Ma no, di certo avrà mangiato qualcosa al lavoro - rispose prontamente Tom mentre si allontanava.
- La prossima volta digli di avvisare però, io non sono mica la cameriera! – borbottò.
- Va bene.. Allora io me ne vado.. – annunciò il fratello dando un’occhiata dubbiosa al fratello.
- Quando pensi di tornare? - domandò bloccandolo con un piede oltre la porta.
- Mmm.. Fammici pensare.. Quando mi va? - rispose prendendosi gioco di lui.
- Non te andrai mica in giro con quei trogloditi dei tuoi amici?! – obiettò contrariato il moro.
- Mi fai la stessa domanda da anni ogni santissimo giorno - replicò esasperato Tom prendendo le chiavi di casa e uscendo.
Così Bill prese ad aggirarsi annoiato per la cucina, sistemando all’occorrenza le ultime cose fuori posto.
Da solo, come sempre, dato che tutti si erano dileguati.
Infine si trovò a rimirare soddisfatto il suo operato.
Era davvero orgoglioso della cucina che aveva scelto.
Tre anni prima, decisero tutti insieme di ristrutturare e modernizzare la loro casa, e Bill scelse praticamente la mobilia dell’intero appartamento, tra cui anche quella splendida cucina.
Con il consenso di Becca e Tom, ed i soldi di loro padre, che, a momenti non si accorse neanche dei cambiamenti.
Ovviamente lui era l’unico ad aver preso decisioni in merito, in quanto sembrò essere anche l’unico ad avere un briciolo di gusto nella loro famiglia.
Passando davanti alle finestre poi, vide Tom immettersi sulla strada velocemente.
Di sicuro stava raggiungendo i suoi amici.
E lui odiava i suoi amici.
Non riusciva proprio a capacitarsi di come faceva ad andarci d’accordo e considerarli “fratelli acquisiti“, come li chiamava lui.
Con quella banda di delinquenti non c’entrava proprio niente, lui era troppo intelligente e maturo per rischiare la vita dietro a quei disperati nullafacenti.
I due gemelli si erano diplomati con ottimi voti e, Tom contemporaneamente, aveva conseguito anche il diploma in chitarra al conservatorio.
Lavorava alla scuola di musica del padre ed era un insegnante eccellente, nonostante i suoi miseri vent’ anni.
Dare lezioni era stato più che altro un salvagente, uno stratagemma del padre per tenerlo lontano dalla strada e dai guai; un tentativo più che altro vano. 
Invece, quei bastardi senza gloria erano per la maggior parte figli di ubriaconi, tossici, o di qualche santo operaio che per una vita si è spaccato la schiena in fabbrica, e come risultato si è ritrovato ucciso dal suo stesso lavoro.
Tom ed i suoi amici appartenevano a due realtà opposte, inconciliabili.
E per Bill era impossibile comprendere perché l’altro aveva deciso di mischiarsi con loro.
Perché questa era la realtà a Hellersdorf, potevi trovare il benestante e il disoccupato vivere uno accanto all’altro.
Di certo quella banda di malviventi lo avrebbe condotto alla rovina.
Ma Tom, di cambiare giro proprio non ne voleva sapere, li conosceva da una vita, erano cresciuti insieme, e sosteneva che lui era troppo prevenuto, e se li avesse conosciuti avrebbe di certo cambiato idea.
Ma di conoscere quei rifiuti sociali il moro non ne aveva nessuna intenzione, anzi, li odiava profondamente perché avevano traviato la testa al suo gemello, lo avevano plasmato, cambiato.
Delle volte gli sembrava di non riconoscerlo più, e questa cosa portava il moro a disprezzarli ancora di più.
Senza contare tutte lo volte che lo prendevano in giro, ed era vittima dei loro dispetti maligni.
Ma il fratello non si era mai schierato da nessuna delle due parti, cercando di abbozzare sempre.
Sospirò, scrollando la testa rassegnato.
Tom ormai era diventato uno di loro, era sceso a vivere nella merda, con loro.
Uno dei bassifondi, un criminale, così lo si poteva bellamente definire.
Bill salì al piano di sopra per farsi un bel bagno caldo, prima di tornare a studiare, e distratto dai suoi mille pensieri passò davanti alla porta socchiusa della camera di Becca, che stava parlando al telefono.
 
 
 
 
 
 
 

-Pr-Pronto? - domandò incerta la ragazza.
- Si.. Pronto? - una voce allegra e squillante rispose.
- Ehm-Ciao.. Mi chiamo Rebecca e ho trovato il tuo numero sulla bacheca a scuola.. -
- Per le ripetizioni, intendi? -
- Si.. Avrei bisogno di qualche ora in aritmetica.. - spiegò lei mortificata per la vergogna.
- A che anno sei? – domandò l’altra andando subito al sodo.
- Al primo -
- Bene! Incontriamoci domani a scuola allora, così possiamo parlarne meglio -
- Si, si va bene! - rispose Becca accennando un sorriso e muovendo nervosamente un piede contro la sedia. Si rilassò un po’ ascoltando quella voce simpatica e sorridente.
- Perché non ci vediamo al bar davanti scuola, così ci mettiamo d’accordo.. - propose sicura la voce dall’altra parte del telefono, di certo non era la prima volta che lo faceva.
E la sicurezza della ragazza placò di non poco quello della giovane. 
- Facciamo verso le otto? - rilanciò audace Becca.
Così chiuse la comunicazione sentendo che il macigno che gravava sul suo stomaco si era alleggerito.
Aveva combinato un gran pasticcio, e cercare di parare al suo errore la faceva sentire meno incolpa.
Così aprì la sua tracolla e tirò fuori i libri per iniziare i compiti.
Accese il suo fedele I-Pod e mise gli auricolari a tutto volume, immergendosi nello studio.
Dopo qualche ora Bill a stento riuscì a farsi sentire dalla sorella.
- Ma come fai a studiare con quelle cose alle orecchie?! – squittì arpionandosi le braccia ai fianchi.
- Mi concentro meglio.. - fu la sua semplice risposta.
- Senti, io sto uscendo.. - 
- Io No - commentò sarcasticamente Becca scarabocchiando qualcosa.
- Certo che no – iniziò a parlare assottigliando gli occhi - tu sei troppo piccola e poi avrai il permesso di uscire solo quando avrai compiuto trentacinque anni! - urlò severo mentre stava già scendendo le scale.
- Presto diventeranno quarantasette.. - commentò mesta una volta rimasta sola.
 
 
 
 
 
 
 
 
- Oggi non ci sei andato a lavoro? - chiese Georg stravaccandosi esausto sulla poltrona.
- Oggi è lunedì.. Quante volte devo dirti che il lunedì è il mio giorno libero? - scoppiò a ridere Tom incredulo dall’altra poltrona, mentre si stava gustando una birra gelata.
- Hai ragione amico.. Ma che ne so? A me tutti i giorni sembrano uguali - sbadigliò
- Hai fatto tardi sta notte? -
- Abbiamo fatto il solito giro.. poi ci siamo fermati a bere da Gustav.. Tu piuttosto non ti sei fatto vedere per niente - ammiccò stiracchiandosi.
- Avevo da fare… - se la rise imbarazzato Tom.
- Si certo certo.. Sai a cosa ho fatto caso ultimamente? -
- A cosa? – ribatté vago, sapendo già dove il suo amico voleva andare a parare.
- Ci sono dei giorni, delle sere, soprattutto.. in cui sparisci, ti smaterializzi all’improvviso! A casa non ci sei, il telefono spento.. E la stessa cosa capita a Anja, pensa un po’? - chiese fintamente stupito l’amico.
L’altro dal canto suo avvampò, diventando rosso come un peperone, non voleva che i fatti suoi diventassero chiacchiere da bar.
- Ci divertiamo un po’. Ogni tanto. - commentò appena, portandosi la birra alle labbra.
- E chi ti dice niente.. Anja ci campa di rendita con quel bel culo che si ritrova, e nonostante questo non è una che la da facilmente.. –
- Qui si parla di altri livelli - concluse spavaldo Tom.  
- Come no! – sghignazzò Georg, il messaggio era chiaro. Discorso chiuso.
- E come è andata? - chiese il ragazzo torturando l’etichetta appiccicata alla bottiglia, riferendosi al giro che si erano fatti.
- Sinceramente? Una merda - ammise serio.
Tom guardava il suo migliore amico Georg, che gli parlava con gli occhi chiusi cercando di riposare un poco. Lui era il capo della banda, Georg lo era sempre stato e nessuno lo avrebbe potuto fare meglio di lui.
Era calmo, equilibrato, una persona corretta, assolutamente imparziale, riservata e degna della massima fiducia.
Tutte la bande di Berlino e della periferia lo conoscevano e lo rispettavano, nessuno avrebbe mai osato sfidare Rot, il rosso.
- Come mai? Riguarda noi? -
- No, non è roba nostra.. Ma ho paura che i problemi arrivino anche qui.. – disse sgranchendosi le gambe.
- E cosa hai intenzione di fare? -
- Se i problemi continuano, vorrei andare a parlare con Oliver, e stabilire fin da subito che noi ci chiamiamo fuori dal bordello che sta succedendo.. Tu che ne dici? - chiese aprendo un occhio per guardarlo.
- Credo che dovresti farlo subito.. Il problema già c’è. - fissò Georg che sospirava.
Non si fidava di Oliver Meier.
E gli stava anche piuttosto sul cazzo.
In effetti era un tipo mentalmente instabile, come tutti i cocainomani d’altronde.
Sempre sballato con nulla perdere, una vera e propria bomba ad orologeria pronta ad esplodere in qualsiasi momento.
- Sai quanto è suscettibile e tossico - scoppiò a ridere Tom - se si sente preso in giro non ci darà tregua.. Portagli qualche grammo di bianca e una bella birra, vai in pace - scoppiarono a ridere tutti e due fino alle lacrime.
- Sei proprio un coglione - disse l’amico riprendendosi.
- Chi? Io? - chiese indicandosi.
- Si, tu.. Perché non vieni con me? - gli offrì Georg tornando serio all’improvviso.
Tom sapeva benissimo che quando il capo ti fa una domanda, la risposta è sempre si, in qualsiasi circostanza.
Ma lui non lo faceva per il suo capo, ma bensì per il suo amico.
Questa era la sola cosa che lo legava alla banda.
Non erano i soldi, perché quelli di certo non gli mancavano.
Non era neanche per la droga, per lui quella era solo merda.
Non era per il rispetto o per il potere.
Era solamente per i suoi amici.
Georg guardò orgoglioso il compagno mentre annuiva, e si sentì subito sollevato per questo.
Il ragazzo stimava Tom, gli volle bene come un fratello da subito, fin dalle elementari.
Era schietto e sincero, una persona concreta e fedele per gli amici, viveva tutto con un certo distacco che gli permetteva di fare sempre la cosa giusta, o quanto meno evitare quella sbagliata.
Era responsabile e contro ogni aspettativa non si cacciava mai nei guai, non poteva permettersi di farlo, lui aveva un fratello gemello senza il quale impazzirebbe, e doveva prendersi cura della sorella più piccola e di suo padre.
Aveva un buon lavoro e di sicuro la scuola di musica sarebbe passata a lui.
No, Tom non era come tutti loro, e questo lui lo sapeva.
Lui ce l’avrebbe fatta, non sarebbe rimasto in quella fogna per tutta la vita come loro.
Per questo non si era lasciato coinvolgere completamente dalla banda, e sempre per questo Georg stesso gli impediva di farlo. 
- Quando ci andiamo? - chiese infine quello.
- Boh.. Stasera? O hai da fare? - lo guardò sornione il rosso aprendo definitivamente gli occhi arrossati dalla stanchezza.
- Naaaa… sta sera va più che bene! - disse scoppiando a ridere.
- Aspetta un secondo.. Pronto? - Tom bloccò il suo discorso con Georg per rispondere al cellulare che gli squillò in tasca.
- E’ Gustav.. Dice che lo dobbiamo raggiungere assolutamente al pub! -
Così i due scattarono in piedi, l’ora del cazzeggio era finita.
Nel momento in cui si guardarono negli occhi cessarono di essere due ragazzi di venti anni che si sfottono a vicenda, e divennero i pezzi grossi della strada, e senza fare domande o aggiungere altro, si diressero verso l’uscita della casa.
 
 

Il pub di Gustav si trovava ad una decina di chilometri dalla casa, lontano quel che basta dalla zona residenziale.
Quello era il loro ritrovo preferito, chiunque avesse bisogno della banda, la poteva trovare li.
E non erano pochi quelli che preferivano chiedere aiuto a loro piuttosto che alla polizia o allo stato.
Non era mai una sorpresa per Gustav o il fedele personale che lavorava li, sentire persone normali, gente comune, addirittura anziani, chiedere di loro.
Era vero, Georg e la sua banda avevano aumentato di molto la criminalità e la violenza nel quartiere e nell’intera periferia, era aumentata la droga, le puttane, la violenza, ma mai in mezzo alla strada, mai con persone innocenti coinvolte, a loro piaceva agire silenziosamente, seguendo il motto del Rot, usare sempre tatto e discrezione, e se rompevano, spaccavano o combinavano casini al di fuori della loro giurisdizione, erano pronti a pagare e a chiedere scusa.
Erano gli angeli neri armati di Hellersdorf.
Quelli che le persone temevano, ma rispettavano.
Georg guidava sovrappensiero, cantando a squarciagola Otherside dei Red Hot Chili Peppers aggrappato pesantemente al volante.
Stava cercando di svegliarsi il più possibile, anche se il rossore nei suoi occhi tradiva la sua stanchezza.
Passarono davanti alla scuola superiore, la stessa dove andava Becca.
I ragazzi dell’ultimo anno stavano uscendo, era novembre e faceva un freddo cane.
Non li invidiavano proprio, non rimpiangevano affatto gli anni passati tra quelle quattro mura.
Georg rallentò in prossimità delle strisce, in piedi ad aspettare che qualcuno la facesse passare c’era una ragazza stupenda.
Tom si tirò su a sedere per guardarla meglio, come se fosse una visione.
- Segnati l’ora Tom, domani ci veniamo a fare una bella passeggiata da queste parti –
Commentò l’amico ridendo, e squadrandola dalla testa ai piedi.
Il ragazzo gli diede una rapida occhiata. Era bella davvero.
Non era molto alta, ma aveva delle gambe lunghe, un sedere da favola fasciato in un paio di jeans, fianchi morbidi, pancia piatta, capelli castani e ondulati che si scomponevano a causa del vento.
Si girò solo una volta nella loro direzione, attraversando la strada, uno sguardo frettoloso all’interno dell’abitacolo, ma niente di più.
E a Tom apparve il viso più incantevole che avesse mai incontrato.
Labbra carnose, occhi grandi e verdi, lineamenti che non appartenevano alle tipiche ragazze tedesche.
- Quella è un misto tra Jessica Alba e Scarlett Jhonsanonn.. - commentò Georg strabiliato sporgendosi verso il vetro
- Johansson.. - lo corresse Tom ridendo, ma non poteva dargli torto, quella tipa era davvero un sogno.
La vide attraversare la strada di fretta e dirigersi verso la fermata dell’autobus.
Non l’aveva mai vista in giro.
E la perse di vista nel momento esatto in cui l’auto ripartì sfrecciando sulla strada.
- Ma perché quando andavamo a scuola noi non c’erano queste fiche così? -
- C’erano Ge, solo che tu sbavavi dietro a Norah Guhne che non ti si filava per niente - scoppiò a ridere l’altro a crepapelle.
- E’ vero! - convenne il suo amico annuendo con la testa.
- Oddio che sbandata che ti eri preso - continuò a ridere Tom portandosi le mani sulle guance e arrossendo per lui.
- Si, ma.. Ti dimentichi che mi sono scopato la supplente di storia, proprio dove sei seduto tu.. – e fu Georg che rise.
Il moro sgranò gli occhi, si era totalmente dimenticato di quella storia.
E per tutto il poco tempo che ci impiegarono per raggiungere il Phantomrider elencarono le scopate più memorabili del liceo.
 
 
 
 
I due entrarono nel pub di Gustav, che li stava aspettando mentre riempiva i barili di birra.
Si salutarono affettuosamente, nonostante non si vedessero da poche ore.
- Allora? - chiese Georg al biondino.
- C’è Oliver.. Vi sta aspettando di là.. - disse Gustav indicando la sala interna.
- Merda - imprecò Tom portandosi una mano sulla sua bandana nera.
- Quel figlio di puttana ci ha fregato - ringhiò Gerog tra i denti, senza perdere la calma.
- C’è un’altra cosa - intercalò Gustav sistemandosi gli occhialini neri sul naso - L’hanno massacrato di botte –
I tre amici si guardarono negli occhi contemplandosi a vicenda.
- Abbasso la saracinesca - assicurò Gustav, e gli altri due annuirono silenziosamente.
Tom e Georg si diressero a passo sicuro verso l’area privé.
Avvicinandosi, potevano già scorgere una figura storta accovacciata sul tavolo di legno scuro.
Erano appena le cinque del pomeriggio e Oliver si stava già scolando una bottiglia di Jack Daniels intera.
Aveva il labbro lacerato, gli zigomi pesti di lividi, e il naso rotto.
E questo era solo una piccola parte di quello che poterono intravedere.
Scivolarono nei sedili davanti a lui, silenziosamente, solo il fruscio dei loro abiti lo distrasse dai suoi pensieri.
In mano aveva uno straccio con del ghiaccio dentro, che si poggiava un po’ ovunque sul volto.
- Chi è stato Oliver? - chiese dritto Georg.
- E che cazzo ne so io! - sputò dolorante.
- Vuoi dire che non li conosci? – domandò stupito anche Tom.
- Voglio dire che non li ho visti.. Mi hanno aspettato fuori casa quei bastardi! Incappucciati e coperti fino ai capelli.. Mi hanno fatto proprio una bella festa - commentò sghignazzando, probabilmente l’alcol e le botte in testa stavano facendo il loro corso.
- Quanti erano? -
- Mah.. Io ne ho visti tre, o quattro.. Cinque al massimo, stavano tutti dentro una macchina-
- Non ho mai sentito parlare di persone con il volto coperto.. - riflettè ad alta voce Tom sempre più pensieroso.
- Infatti non è gente nostra, non appartiene alle nostre bande. Vuoi o non vuoi, tra di noi ci conosciamo tutti, conosciamo i nostri territori, i nostri posti.. Non ci presentiamo a casa degli altri con la faccia nascosta come i peggiori infami.. – gracchiò il malmesso.
- E per quale motivo ti hanno pestato? –
- Hanno solo detto che stanno per cambiare molte cose – scoppiò a ridere.
Mentre i due amici si guardarono sempre più perplessi.
Oliver si tirò su, scrutandoli severamente in volto.
- Secondo me le cose sono già cambiate - disse con voce stentata ma dura.
- Cosa intendi dire? - chiese curioso Georg.
- Non si era mai visto un riccone figlio di papà dentro ad una banda.. anzi, non si era proprio mai vista una banda come la vostra – rise schernendo le loro persone – cosa predicate, la pace? Non avete neanche un ferro, un coltello.. Io sono arrivato qui indisturbato come se fossi un turista o una qualsiasi guardia – li stava chiaramente sminuendo, insinuando la loro poca credibilità.
I due ragazzi si risentirono, e non poco, da quelle illazioni.
Sprattutto perché provenivano da un verme drogato, storto dalla mattina alla sera.
- Una macchina con un mezzo morto dentro? Sai che paura.. – gli rispose altrettanto acidamente Georg, che sorvolò, in ogni caso, sulle provocazioni dell’altro.
- Comunque qualcuno sta cercando di farvi le scarpe, anzi.. – sghignazzò l’altro bevendo ancora.
- Senti, lo so che le botte in testa fanno male.. ma non ho tutto il pomeriggio – lo incalzò spazientito il rosso.
- Pensaci bene Listing! Se io non sono, tu non sei, e neanche gli altri due.. - non terminò la frase lasciando che i due ci arrivassero da soli.
- Vuoi dire che…?- chiese incerto Tom.
- Si Tom.. E’ l’unica soluzione per spiegare quello che sta succedendo ultimamente -
Georg appoggiò le spalle contro la parete, dentro i suoi occhi di ghiaccio si stava scatenando l’inferno.
Poi lentamente portò tutte e due le braccia sul tavolo, distendendole completamente, facendo scorrere il ruvido legno sotto i suoi palmi sudati.
- Io e Tom stavamo venendo da te quando Gustav ci ha chiamati. Volevo darti la mia parola che la mia banda non c’entrava niente con questa storia, ma adesso il discroso è cambiatp - proferì il ragazzo scuotendo la lunga chioma rossa.
- Cioè? - chiese Oliver passandosi ancora il ghiaccio sul labbro
- Non dobbiamo permettere che ci mettano gli uni contro gli altri, altrimenti è la fine. Inizierebbe una guerra inutile, un massacro - sentenziò come se stesse pronunciando una condanna a morte.
- Perché tipo.. Mmmh.. Sabato, non ci incontriamo qui io e te, Elias e Svetlan.. Così ci facciamo una bella chiacchierata, eh?! - Oliver si guardava i due ragazzi con gli occhi già calati da qualche pasta che si era preso.
In realtà Georg non si fidava di lasciare in mano questa situazione a lui, non gli andava a genio che un povero tossico gestisse questa cosa, anche se aveva molto potere, era troppo importante per tutti quanti.
Così, sorridendo e convenendo con lui, prese la bottiglia di Jack, e gli riempì il bicchiere, ed anche Tom iniziò a sghignazzare abbassando il volto.
- Perché non ti fai un altro bicchiere, così quel labbro spaccato smette di farti male -
- Grazie Listing.. E’ proprio quello che mi ci vuole! - e bevve di gusto.
- Come sei arrivato fino a qui?- gli chiese Tom cercando di ricomporsi.
- C’è un mio ragazzo fuori al parcheggio che mi aspetta.. -
- Perché non te ne vai a casa a farti una bella dormita, a sentire gli altri ci penso io.. - si propose modestamente Georg, versandogli altro wishky.
- Hai proprio ragione.. Devo assolutamente dormire.. - così dicendo si alzò barcollando, seguito dai due ragazzi che non poterono non notare la sua andatura zoppa.
Fecero per allontanarsi dal tavolo ma Oliver tornò indietro e afferrò a stento la boccia di vetro.
- A quest’ora ci sarà un traffico infernale per tornare dalle mie parti! - ridendo agitò la bottiglia in faccia ai due, e sparì da sotto la saracinesca.
 
 
- Allora? - chiese Gustav vedendo i suoi amici fare ritorno.
- Eh amico, un bel casino..- sospirò Georg sentendo una macchina andare via
- Bello quanto? - chiese ridendo mentre svuotava la lavapiatti.
- Stai attendo a chi entra qui Gu.. Ci sarà sempre un tavolo con qualcuno dei nostri, ogni sera, fino a che le acque non si saranno calmate, e se vedi qualche faccia nuova diccelo.. - si raccomandò vivamente il piastrato.
Non solo perché potevano rappresentare un pericolo, ma perché potevano fare del male a Gustav, che era uno di loro, quel posto faceva parte di loro, era un amico proprio come Tom; si conoscevano da più di dieci anni ed erano inseparabili.
Georg non aveva fratelli e ne famiglia, ma aveva loro due.
- Siamo a questi livelli già? - chiese il biondino per niente spaventato.
- No, ma vorrei non doverci arrivare.. - concluse Georg posando trenta euro sul bancone.
Il padrone del pub lo guardò con aria interrogativa.
- Oliver ti si è portato via il Jack..- gli confessò Tom ridendo.
- Ma quella bottiglia era una delle migliori! - si lamentò.
Allora Tom batté sopra le trenta euro altri due pezzi da dieci.
- Va bene cosi? - chiese sbuffando ancora a ridere.
- E’ già meglio, grazie.. - se la rise anche Gustav salutandoli.
Loro pagavano sempre i conti, anche dei nemici.
I veri uomini fanno così.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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