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Autore: Evazick    09/10/2011    7 recensioni
(II di III)
“Il sorriso di trionfo dell’altra Lux si distese ancora di più e sembrò che i due estremi del suo sorriso si potessero incontrare dietro la testa della ragazza. ‘Te lo porterò via,’ disse senza pronunciare una sola parola. La sua strana voce sembrò acuire la minaccia di quelle parole. ‘Oh, sì, ti porterò via ogni singola cosa che ami.’
‘Lui no!’ urlò l’altra quasi completamente imprigionata. La sua voce era crepata, troppo vicina ad incrinarsi del tutto. ‘Ti prego, lui no, è tutto quello che mi rimane!’
‘Lo era.’”
*
A tre mesi dalla morte di Tean, la città di Camden si è rimessa in piedi come ha potuto. I ribelli vengono riconosciuti per le strade dalle persone, ma Lux Shadow Destiny è troppo occupata dai suoi problemi per farci caso. Gli incubi si susseguono in un macabro carosello, e dentro di lei sta emergendo una parte oscura e inquietante che la sta allontanando sempre di più da Duncan. Ha bisogno di aiuto, di qualcuno che la faccia stare bene.
E quel qualcuno non sarà il ragazzo dai capelli rossi.
Dopo aver ritrovato la sua Luce perduta, la città di Camden sarà pronta per una nuova e terribile Ombra?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Cronache di Camden'
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*sbuca fuori dal nulla con cilindro e bastone*
SONO TORNATA!!
Allora? Eccitati? Il mio messaggio ha stuzzicato i vostri neuroni?
Devo ammettere che sono abbastanza nervosa. Alcune parti di questa storia non mi convincono per via del modo in cui sono scritte, ci sono dei buchi che devo riempire e mi sto ingarbugliando da sola nel mio stesso casino. Non mi ero mai accorta di aver bisogno così tanto del parere dei miei adorati recensori.
Vi dico subito che l'azione sarà poco presente. Niente battaglie in grande stile, spiacente, ma credo che troverete tutto il resto particolarmente interessante (Mistero! Sogni! Incubi! Elementali! Nuovi personaggi! Scleri di una scrittrice sull'orlo di una crisi di nervi!). Il ritmo di aggiornamento dovrebbe essere sempre il solito (una sera sì e una no), ma se ci dovessero essere dei cambiamenti verrete avvisati in tempo.
Il titolo di questo capitolo è una frase tratta dal mio film preferito, The Nightmare Before Christmas.
Bentornati, vecchie conoscenze, e benvenuti, nuovi mozzi di questa scassata ciurma!




I. In un posto che forse nei sogni si rimembra.
 
Can’t wake up in sweat ‘cause it ain’t over yet
Still dancing with your demons
Victim of your own creation
(Avenged Sevenfold – Nightmare)

 

 
Stava correndo.
E sapeva cosa la stava aspettando dietro l’angolo.
Come faceva ormai da settimane provò a fermare la sua inutile corsa per svegliarsi, ma come al solito non funzionò: nonostante tutti gli sforzi che fece per fermare le sue gambe, quelle continuarono ad andare avanti, ormai sempre più vicine all’angolo della strada e alla dolorosa fine di quel maledetto incubo.
Per la prima volta nella sua vita, avrebbe preferito iniziare di nuovo quel sogno e ripetere la stessa azione per tutta la notte, in un loop continuo, senza mai girare l’angolo e svelare quello che vi era nascosto dietro. Ma le sue preghiere non furono sentite, e Lux Shadow Destiny svoltò l’angolo con il cuore che le pesava come una pietra nel suo petto.
Mentre il palazzo davanti a lei bruciava in un incendio alimentato da oscure fiamme nere, la ragazza si fermò a un paio di metri di distanza dalla porta d’ingresso, ormai diventata nera per le fiamme che la stavano lentamente consumando. Non dovette aspettare molto prima che la porta si aprisse e qualcuno ne uscisse scendendo i tre scalini davanti ad essa, un qualcuno che era la fonte stessa dalle fiamme nere che stavano bruciando la casa. Era ormai abituata alla sua presenza, eppure Lux fu percorsa dagli stessi brividi di terrore che aveva avuto quando l’aveva incontrata per la prima volta nei suoi incubi: come avrebbe potuto scordare le fiamme nere che danzavano sulla sua stessa pelle pallida, i suoi stessi occhi azzurri che brillavano di una luce inquietante e quel sorriso così lieve eppure così crudele sulle sue stesse labbra?
Le due, come una persona e il suo riflesso, rimasero a lungo a fissarsi senza muovere un solo muscolo. Lux si aspettava che da un momento all’altro il sogno svanisse nel nulla come ogni notte, lasciandole come ricordo fiamme nere a danzare dietro i suoi occhi e lenzuola bagnate di sudore a fare compagnia all’urlo che si nascondeva nella sua gola.
Ma non andò così.
Per la prima volta dopo mesi la ragazza in fiamme distolse lo sguardo da quella che sognava e si avvicinò a un lenzuolo arrotolato bianco e candido che giaceva poco lontano sulla strada e che fino a poco prima (ne era sicura) non era lì. Lux non sapeva cosa ci fosse dentro, ma qualcosa le diceva che quello che stava per accadere sarebbe stato qualcosa di totalmente diverso e inaspettato. Il solo pensiero le fece scendere altri brividi lungo la schiena e provò a fare un passo, ma il suo piede non accennò a muoversi. Provò con l’altro e di nuovo con il primo, ma era come se entrambi fossero incollati al suolo. Lux riuscì a sentire il freddo che si stava impadronendo di loro e in pochi secondi i suoi stivali neri iniziarono a ricoprirsi lentamente di ghiaccio: saliva lento ma inesorabile, e le era già arrivato alle caviglie. Il terrore si fuse insieme alla fretta: poteva ancora fermare sé stessa, poteva farlo, ma doveva riuscire a liberarsi dalla morsa fredda che si stava impadronendo di lei insieme al ghiaccio. Ormai le era arrivato fino alle ginocchia, e solo in quell’istante Lux alzò lo sguardo verso l’altra ragazza.
Si era inginocchiata sul selciato e stava iniziando lentamente a togliere la stoffa candida dal qualcosa intrappolato nel lenzuolo, qualcosa dalla forma irriconoscibile. Le fiamme nere sulle sue mani non bruciavano la stoffa, non la annerivano nemmeno. Lux tentò di fare un passo avanti per fermarla, ma ormai il ghiaccio le aveva ricoperto interamente le gambe e stava passando al petto. Anche le dita iniziarono a gelarle, ma lei ignorò il freddo e gli aghi che le si infilavano nella pelle e nelle ossa e allungò una mano per fermare l’altra sé stessa. Se riesce a togliere il lenzuolo è finita, pensò con una punta di puro terrore. La parola finita le risuonò nella mente per diversi secondi come un’eco, ma nemmeno questo la distrasse dai suoi tentativi di liberarsi dal ghiaccio.
La Lux avvolta dalle fiamme nere riuscì finalmente a togliere gran parte del lenzuolo e lasciò cadere sul selciato i lembi che teneva in mano. La stoffa cadde lentamente, volteggiando e muovendosi come una foglia cadente nell’aria calda e satura di fumo e cenere. Quando finalmente raggiunse le pietre della strada l’oggetto fu completamente scoperto e visibile agli occhi di Lux, che dovette trattenere un urlo e tentò ancora più ferocemente di liberarsi. Il ghiaccio le era ormai arrivato sopra i seni e le braccia erano gelate fino a metà, ma continuò lo stesso a sbracciarsi per attirare l’attenzione dell’altra sé stessa.
Tutto inutile, era come se non sentisse i rumori dei suoi sforzi.
“Toccalo e giuro che ti ammazzo!” urlò con tutta la forza che le era rimasta. Allungò le braccia in un ultimo patetico tentativo di salvataggio e le vide bloccarsi a mezz’aria, gelate. Il panico la afferrò con le sue braccia gelide, ma lei se lo scrollò di dosso e urlò di nuovo: “Non toccarlo!”
L’altra Lux sembrò finalmente sentirla e si voltò lentamente verso la ragazza. Il suo viso era inespressivo, ma ben presto le sue labbra si distesero in un sorriso di scherno e di sfida. Non parlò e non aprì bocca, ma le sue parole risuonarono cristalline nella testa della ragazza intrappolata. La sua voce era totalmente diversa e allo stesso tempo uguale a quella della vera Lux: era come se
qualcuno avesse diviso la sua voce in due, reso una delle due parti più acuta e una più grave, e poi le avesse fuse di nuovo insieme in un unico suono innaturale e raccapricciante.
E come pensi di fermarmi?
Allungò le braccia verso il corpo disteso sul lenzuolo e lo prese tra di esse. La testa e gli arti del ragazzo ciondolarono come quelli di una bambola, e un ciuffo di capelli rossi atterrò sul lenzuolo come una macchia di sangue. Le fiamme non attecchirono ai suoi vestiti e alla sua pelle, ma Lux sapeva che sarebbe accaduto presto. Mentre il ghiaccio finiva di ricoprirle il collo e i capelli venivano intrappolati in quella prigione cristallina, si lasciò sfuggire: “Lascialo andare!”
La sua voce aveva un tono disperato, e l’altra sé stessa lo sapeva bene.
Strinse il corpo inerte del ragazzo al suo petto, lasciando che le fiamme li avvolgessero entrambi con più potenza e che l’altra ragazza vedesse tutto, impotente. Si alzò in piedi tenendo tra le sue braccia il corpo, come in una macabra cerimonia. “Duncan!” urlò l’altra mentre il ghiaccio le raggiungeva gli occhi.
Il sorriso di trionfo dell’altra Lux si distese ancora di più e sembrò che i due estremi del suo sorriso si potessero incontrare dietro la testa della ragazza. Te lo porterò via, disse senza pronunciare una sola parola. La sua strana voce sembrò acuire la minaccia di quelle parole. Oh, sì, ti porterò via ogni singola cosa che ami.
“Lui no!” urlò l’altra quasi completamente imprigionata. La sua voce era crepata, troppo vicina ad incrinarsi del tutto. “Ti prego, lui no, è tutto quello che mi rimane!”
Lo era.
La sua voce stava diventando più flebile, e lei e Duncan stavano iniziando a svanire, inghiottiti dalle fiamme.
Per quanti sforzi potrai fare, non potrai fermarmi. Puoi resistere quanto vuoi, ma alla fine sarò io a vincere, e ti porterò via più di quanto tu possa immaginare.
Ormai dentro le fiamme nere non c’era più nessuno.
“Duncan!” urlò Lux mentre il ghiaccio le rendeva le labbra trasparenti e pesanti come pietre. Era consapevole che lui non poteva più sentirla, ma ormai la sua voce riusciva solamente a urlare il suo nome. “Duncan! Tutto, ma non Duncan! Dun…”
 
***
 
“Lux?”
Aprì di scatto gli occhi e prese una boccata d’aria con uno strano gemito acuto. Scattò a sedere sotto le coperte mentre il resto della stanza era avvolto nel buio più totale, tranne che per un piccolo raggio di luna che faceva capolino da dietro le pesanti tende di velluto. Fece un respiro profondo come se avesse trattenuto il fiato per troppo tempo e poi, con ansia, si toccò le labbra e tutto il corpo. Niente, non c’era traccia del ghiaccio che l’aveva imprigionata. Ma il freddo, quello era rimasto sotto la sua pelle, dentro ogni singolo osso e nel centro esatto del suo cuore che batteva come impazzito.
Una mano le si appoggiò delicatamente sulla spalla destra e lei si voltò di scatto impaurita: non erano i suoi stessi occhi azzurri come il (no, non doveva pensarlo, eppure il paragone era maledettamente giusto e non fece niente per fermare quella parola) ghiaccio che la stavano fissando, ma quelli verdi di un’altra persona. La sentì deglutire e chiedere: “Ehm, Lux? Va… va tutto bene?”
Lux si portò una mano alla fronte e la sentì imperlata di sudore, così come il resto del suo corpo. Si chiese, illogicamente, come riuscisse Duncan a toccare la sua pelle sudata senza schifarsi, ma in quel momento non riusciva a rendersi conto che per il ragazzo era più importante sapere perché lei avesse urlato nel cuore della notte. Deglutì violentemente e mormorò: “Tutto bene. Sì. Sì, tutto bene, niente che non vada.”
“Lux…” cominciò di nuovo il rosso, afferrandole una ciocca sudata di capelli e portandogliela dietro l’orecchio. Aveva la voce piena di sonno e preoccupata allo stesso tempo.
“Tutto bene. Tutto a posto. Niente che non vada,” ripetè lei come una cantilena, come se volesse convincere anche sé stessa.
“Hai urlato il mio nome mentre stavi dormendo.” La frase di Duncan la colpì come un pugno nel petto e fermò la sua nenia senza senso. Rimase immobile a fissare le lenzuola bagnate di sudore mentre il ragazzo continuava: “Non dirmi che va tutto bene, perché sappiamo entrambi che non è vero.”
“Era solo un incubo,” mormorò lei.
Solo un incubo?” Il suo tono era impregnato di incredulità e, in fondo, rabbia. Afferrò Lux per le spalle e la costrinse a voltarsi per guardarla nei suoi occhi azzurri. “È una settimana che vai avanti in questo modo, Lux! Inizi a muoverti nel sonno, poi mormori qualcosa che non riesco a capire e ti svegli sempre sudata e tremante, e come se non bastasse stanotte inizi a urlare il mio nome nel sonno!”
Nel petto della ragazza iniziò a formarsi un’immensa sfera rossa di rabbia, rossa come il fuoco che albergava dentro di lei. Sentì il simbolo che sgomitava per uscire nel suo occhio sinistro, e la possibilità di lasciarlo andare la tentò più di qualunque altra cosa. Una scintilla veloce e puff. Niente più Lux. Niente più incubi. Niente più Duncan, quel maledetto Duncan che la stava scuotendo per le spalle e le stava sibilando di dirgli cosa diavolo aveva visto nei suoi sogni e, Dio, non riusciva a capire che lei non voleva dirglielo? Che lui stava solamente rendendo le cose maledettamente più difficili?
E che ci faceva ancora lì, nel letto della sua stanza, quando era bruciato tra le fiamme nere?
Quest’ultimo pensiero spazzò via improvvisamente la sfera e la rabbia di Lux. Continuò a fissare Duncan nei suoi occhi verdi e il senso di colpa la riempì totalmente, soffocando ogni altro pensiero e sensazione. Ti ho ucciso. Oddio, Duncan, ti ho ucciso, ti ho tolto l’ultima protezione che ti era rimasta e ti ho portato via, ti ho bruciato, ti ho…
“… ucciso.”
“Eh?”
La ragazza si accorse solamente in quel momento di aver pronunciato l’ultima parola a voce alta e sfuggì allo sguardo incuriosito e preoccupato del rosso. Come se il solo contatto fisico potesse ucciderli, si scrollò dalla presa del ragazzo sulle sue spalle e si tirò lievemente indietro, senza mai interrompere il contatto visivo. Duncan continuava a guardarla con un’espressione pericolosamente vicina a quella di un cane bastonato, e questo fece solamente crescere di nuovo la rabbia dentro Lux: lui non aveva passato tutto quello che era appena successo a lei, allora perché c’era quella maledetta espressione sulla sua faccia?
“Hai detto ‘ucciso’?” le chiese il ragazzo. Allungò una mano verso lei, che tuttavia si allontanò ulteriormente. “Hai sognato che qualcuno ti stava uccidendo?”
“Piantala, Duncan.” Il suo tono non ammetteva repliche, ma lui non ci fece caso.
“Hai sognato di uccidere qualcuno?”
Piantala.
“Sto solamente cercando di aiutarti, maledizione!”
Non mi stai aiutando in alcun modo!” urlò lei mettendosi le mani tra i capelli. “Stai peggiorando tutto dal giorno in cui sei apparso nella mia vita!
Si tappò in fretta la bocca, ma era troppo tardi: le parole erano arrivate a destinazione e il silenzio stava scendendo su loro due come un sudario invisibile. Era soffocante, troppo soffocante, e dopo pochi secondi Lux scese dal letto e si avvicinò alla poltrona appoggiata contro il muro lì vicino. “Che stai facendo?” le chiese Duncan autoritario. Aveva incassato duramente il colpo, ma gli restava ancora abbastanza energia per combattere.
“Esco,” fu la risposta secca. La ragazza finì di sistemarsi la vestaglia viola che aveva messo sopra la camicia da notte bianca con cui dormiva. “Vado a farmi un giro dentro la villa per schiarirmi le idee,” aggiunse senza voltarsi verso il ragazzo.
“E quanto pensi di stare fuori a ‘fare un giro’? Sono le…” Lux si immaginò Duncan che si voltava e emetteva un gemito non appena vedeva l’ora sul grande orologio appeso alla parete e illuminato da un debole raggio di luna. “Sono le tre e mezzo di mattina, porca miseria!”
“Nessuno ti costringe a restare sveglio ad aspettarmi.” E con questo, la ragazza uscì sbattendosi la porta alle spalle. Non appena si ritrovò nel corridoio deserto, si portò una mano agli occhi e respirò profondamente. Tolse la mano e poi svoltò alla sua sinistra. La sua meta, non la conosceva nemmeno lei. Ma aveva bisogno di riflettere, di pensare, di sentirsi sola dopo giorni interi passati insieme a Duncan e gli altri.
Deglutì, a disagio. Già, Duncan. Lui le aveva raccontato in maniera anche troppo dettagliata tutto quello che era successo tra lui e Tean prima che l’uomo morisse, riportando a galla il dolore e il sangue sparso sul pavimento immacolato della sala del trono.
E Lux?
Gli aveva raccontato del filo che si era spezzato dentro di lei, di come avesse sentito che Tean stava morendo e dell’ombra e del peso che si erano sostituiti a ciò che si era rotto?
Bè… no.
Si fermò per un attimo nel corridoio buio e si passò una mano tra i corti capelli biondi. Perché non lo aveva fatto? Perché non gli aveva raccontato che si era scordata del suo nome, che, diavolo, aveva quasi ucciso i gemelli? Non gli aveva nemmeno spiegato la sensazione di potere che aveva provato mentre lasciava andare la furia omicida del fuoco, qual’era il suo movente, imputata?
Nessuno, vostro Onore.
Non credo che sia mai esistito.
Non gli aveva detto niente semplicemente perché non voleva. Duncan avrebbe potuto capirla, in fondo era un Elementale esattamente come lei - va bene, lui era d’acqua e Lux di fuoco, ma erano entrambi sulla stessa barca - ma c’era una vocina in fondo alla sua testa che le sussurrava incessantemente Non ti capirà mai, piccola. Non ha mai visto i tuoi sogni.
Perché io non gliene ho mai parlato, replicò mentre riprendeva a camminare.
Non era un segreto che Lux ricevesse spesso visite da incubi; dopotutto quando aveva avuto il primo – di una lunga serie che continuava tuttora - era stato Mathias a riportarla alla realtà. Non c’era niente di male, in fondo ognuno ha degli incubi e dei sogni che lo perseguitano fino alla tomba. Ma lei si era sempre rifiutata di approfondire l’argomento con Duncan, aveva sempre tenuto tutte quelle visioni di morte e distruzione per sé, come un tesoro prezioso e maledetto. Se quegli incubi volevano continuare a tormentarla a lungo, perfetto, avrebbe impugnato le armi e sarebbe andata in guerra contro di loro, ma da sola. Non voleva che il rosso o qualcun altro s’immischiassero nei suoi affari personali, questa era una cosa che voleva portare avanti da sola senza nessun aiuto.
Ti senti in colpa per quello che hai sognato?
No.
Un silenzio beffardo, per quanto lo potesse essere una voce immaginaria nella sua testa. Non puoi mentirmi. Forse un giorno avresti raccontato tutto a Duncan, ma dopo stanotte non lo farai più perché non ti fidi di te stessa.
“Zitta,” sibilò la ragazza.
E quella rabbia che ti prende certe volte. Tra stanotte e quella lunga notte di tre mesi fa ne è passata un’infinità.
“Adesso piantala!
L’urlo sfuggì di bocca a Lux con la potenza di mille voci e rimbombò nei corridoi e nelle stanze vuote con un’eco quasi spaventosa. La ragazza temette di aver svegliato qualcuno, ma nessuna delle porte chiuse si aprì e nessuno dei pochi abitanti rimanenti a villa Manor uscì nel corridoio per vedere cosa l’aveva svegliato. Sospirò, senza sapere se sentirsi sollevata o preoccupata da quella reazione. Anzi, quella non-reazione. Le bastò darsi un’occhiata in giro per capire il perché: era finita in una parte della villa in cui non c’era nessuno, era improbabile che qualcuno avesse sentito il suo urlo. Il peso nel suo petto si sollevò di poco con le sue ali grigie e Lux svoltò l’angolo, ritrovandosi nel corridoio in cui si trovava la stanza di Mathias e Matthew. Sorrise tra sé e sé mentre continuava la sua camminata notturna: era un bene che fossero rimasti dentro la villa, era affezionata a tutti e due – anche se non l’avrebbe mai ammesso in presenza di Matthew – e il suo sentimento di amicizia veniva ricambiato – anche se Matthew non l’avrebbe mai ammesso davanti a lei.
Potrei entrare per un momento nella loro stanza, pensò mentre si fermava davanti alla porta chiusa. Così, visto che non ho niente da fare. Mi è sempre piaciuto osservare le persone dormire, lo facevo spesso anche quando mamma e papà erano ancora vivi. Mi infilavo nella loro stanza a notte fonda e restavo lì a fissarli.
Non si accorse che nel suo occhio si stava lentamente formando il simbolo stilizzato di una fiamma e allungò una mano verso la maniglia d’ottone senza rendersene conto, ipnotizzata dai suoi pensieri. Chissà se sono irriconoscibili mentre dormono, con le palpebre chiuse. Ma no, riuscirei a riconoscerli comunque. Matthew ha una piccola cicatrice sotto il sopracciglio dopo la battaglia al castello e Mathias ha il viso liscio e perfetto come quello di un bambino.
Le sue dita si chiusero attorno alla maniglia.
Hanno mai voluto essere una cosa sola?
Abbassò lievemente la maniglia mentre il fuoco iniziava a scorrerle accanto al sangue.
Una scintilla e niente più divisioni di corpi, niente più anime separate. Finalmente uno. Un’unica anima immor…
Lux si svegliò dal suo stato di trance e il simbolo nel suo occhio si spense immediatamente, mentre il fiume di potere iniziava a scorrere in senso opposto. Ricordò con esattezza tutto quello che aveva pensato fino a pochi secondi prima e tolse velocemente la mano dalla maniglia come se scottasse. Fece un paio di passi indietro ansimando, con la mano stretta a pugno sopra il suo cuore. Le stava battendo forte come non mai, e l’eco le rimbombava perfino nelle orecchie. Continuò a indietreggiare finchè non incontrò il davanzale della finestra. Sobbalzò e si voltò preoccupata, come se qualcuno l’avesse scoperta, poi si rilassò un poco e si sedette sul davanzale. Appoggiò la schiena contro una delle due pareti e i piedi contro quell’altra, e si mise a guardare il parco notturno.
Il giardino di villa Manor era immenso. Nonostante l’edificio si trovasse all’interno di Camden, il parco intorno era veramente grande e pieno di piante e alberi. Davanti a Lux si ergeva il cancello di ferro che sostituiva quello che i guerrieri di An avevano distrutto mesi prima; a destra c’era un piccolo boschetto di querce secolari, e a sinistra un prato che circondava il resto della villa. La ragazza sapeva che nella parte che non poteva a vedere c’erano il vicolo in cui sbucava il passaggio segreto nello studio di Duncan, una pista da corsa e tutto quello che serviva a Rust per addestrare le nuove reclute.
Deglutì con malinconia. Non ci sarebbero più state nuove reclute per molto tempo, forse mai più.
Chissà dov’era finito Rust. Quei pochi ribelli che erano rimasti dopo la vittoria su Tean avevano preferito tornare a casa dalle loro famiglie – tutti tranne che i gemelli, Hannibal, Artemis e Owen per motivi che non le erano ancora chiari - e il severo e inflessibile addestratore non era stato da meno. Lux non capiva dove fosse andato, visto che non lo aveva mai sentito parlare di una moglie o di un figlio o una figlia, ma in fondo era un uomo maturo e poteva andare dove voleva.
Non appena questo pensiero appassì nella sua mente un altro prese il suo posto, germogliando in fretta. Le parole malvagie che aveva rivolto contro i gemelli non erano in alcun modo perdonabili, e assolutamente senza senso. Che motivo avrebbe avuto di ucciderli? Erano i suoi più cari amici, due delle poche persone al mondo di cui si fidava, e quel discorso sulle anime unite le mise i brividi.
Imputata, mi sta dicendo che lei è rabbrividita ripensando alle sue stesse parole?
È così, vostro Onore.
Ma non mi chieda il perché.
Probabilmente non lo saprò mai nemmeno io.
Lux si strofinò gli occhi pericolosamente vicini al collasso e tirò fuori da una delle tasche della vestaglia viola un bigliettino che aveva scritto qualche settimana prima. Lo aprì e lesse per l’ennesima volta quello che vi era scritto dentro: Troverai quel che cerchi, credimi. Non è molto lontano da qui, ci sei quasi. Porterai a termine quello che vuoi distruggere, ma sarai tu stessa a farlo rinascere. L’oscurità calerà su di te e sul tuo passato, e perderai ogni cosa per assecondare ciò che è dentro di te. Ma una sola cosa non tornerà indietro, e un’altra prenderà il suo posto, se saprai accettarla. (…) L’altra parte della tua anima ti sta aspettando. Vai a cercarla, ha bisogno di te per uscire allo scoperto.
La profezia della vecchia del Mercato Notturno, pensò Lux con un altro brivido. Le prime e le ultime frasi le erano chiare e quelle cose erano già avvenute: si era unita a quella Ribellione che aveva cercato disperatamente, aveva distrutto la dittatura di Tean e della Stirpe Oscura, aveva fatto uscire l’altra parte della sua anima, quella di Duncan. Ma tutto il resto continuava a sembrare più oscuro e sibillino che mai, e rileggere quelle parole la faceva preoccupare e spaventare più di tutto il resto.
L’oscurità stava già iniziando a calare, e lei lo sapeva. Ma non voleva ammettere a sé stessa quello che aveva provato mentre pensava a uccidere (uccidere? No, diavolo, sarebbe stata un’opera di bene) i gemelli.
Quella sensazione così stupenda e così sbagliata.
Le palpebre le si fecero improvvisamente pesanti e Lux fece appena in tempo a nascondere di nuovo il foglietto nella vestaglia prima di addormentarsi. La testa le crollò sulla spalla destra e poco dopo la vestaglia viola le scivolò dalle spalle e si trasformò in un mucchietto molle sul davanzale, ma la ragazza non se ne accorse, immersa in un sonno finalmente senza sogni.
Fu lì, addormentata sul davanzale, che Matthew la trovò la mattina dopo.


  
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