Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Helena Corvonero    10/10/2011    1 recensioni
*QUINTA CLASSIFICATA AL CONCORSO 'CHE GEMELLO SEI SENZA DI LUI, GEORGE?" Indetto da Nausicaa Black.
Un piccolo squarcio nella vita quotidiana di George dopo la fine della guerra.
La morte del gemello è una ferita con cui deve combattere ogni giorno, cercando di andare avanti comunque.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IL MIO RIFLESSO SEI TU
 
 
 
Era una di quelle limpide serate di inizio estate, miracolosamente salva dal maltempo britannico, e un giovane mago dall’aria stanca si era appena materializzato a Diagon Alley.
George Weasley era appena tornato dalla classica cena a casa Potter, che ogni anno ormai da quattro anni, vedeva riuniti i membri sopravvissuti dell’Ordine Della Fenice in una tiepida serata di maggio, per onorare e ricordare tutti i coraggiosi caduti combattendo per distruggere Lord Voldemort.
Alla fine del pasto, come d’abitudine, sua sorella aveva insistito affinché restasse con loro. E come d’abitudine lui aveva declinato l’offerta, facendo infuriare Ginny, che l’aveva rimproverato in un modo spaventosamente simile a quello della signora Weasley. Il motivo era sempre lo stesso: il suo abbattimento – per non chiamarlo depressione–  dopo la morte del gemello.
 
Gli aveva detto di reagire, di ringraziare di non essere lui, quello morto.
Gli aveva detto di smettere di essere passivo, smettere di lasciare che tutto gli scorresse addosso, senza fare la minima piega.
George sorrise amaro, ricordando le parole rudi eppur vere della sorella.
Lei non sapeva che ogni mattina quelle frasi, che continuamente si ripeteva, erano l’unico motivo per cui si alzava la mattina.
 
Il mago respirò a fondo quella brezza calda che gli scompigliava i capelli rossi.
Con le mani nelle tasche si avviò verso il suo appartamento, che si trovava sopra il negozio Tiri Vispi Weasley.
Il negozio che aveva inaugurato col gemello splendeva, illuminato dai lampioni, anche se era chiuso: lo si poteva vedere a distanza di metri e metri.
Rallentò il passo, vedendo che nonostante le luci fossero accese quel luogo era troppo buio per lui, costretto a vivere con il ricordo di suo fratello stretto al cuore, l’unica cosa che animava le sue giornate. Si girò, in cerca di un pub, in cerca di qualsiasi cosa in cui potesse affogare il suo dolore. Erano passati quattro maledettissimi, lunghi anni, eppure la consapevolezza che il corpo freddo del gemello giaceva pacifico sotto terra non riusciva a raggiungerlo.
Iniziò a correre, scappando dalla coscienza di ciò che era successo, che il suo cervello gli aveva sempre suggerito ma il suo cuore puntualmente evitava. Cercò di calmarsi, imponendosi di camminare a un ritmo normale.
I negozi vuoti sfilavano davanti a lui, o meglio, lui sfilava davanti ad essi.
Il riflesso che gli rimandavano era quello di un giovane uomo dai capelli rossi, alto, con un viso che non vedeva il sorriso da troppo tempo. E solo. Avrebbe potuto giurare che la figura nel riflesso delle vetrine fosse suo fratello.
 
Fred.
 
Si avvicinò per toccare il viso che da tanto non vedeva, il viso che racchiudeva due persone: due gemelli accomunati dalla voglia di ridere, di far ridere.
Nella sua mente una risata suonò squillante a squarciare il silenzio che si era tanto duramente imposto.
A quella risata ne seguì un’altra, identica: la loro.
Deglutì per mandare giù quel ricordo amaro, quel ricordo che non ci sarebbe più stato.
Non riusciva più a svegliarsi da quel torpore che l’aveva colto.
Avrebbe voluto ritornare se stesso, far ridere gli altri, consolare tutte quelle persone che gli erano state vicine, dir loro che ora stava bene.
Quelle persone che non aveva fatto altro che allontanare.
Come ogni altra forma d’amore che aveva mostrato di volerlo circondare: quello dei suoi familiari, dei suoi amici, delle ragazze con cui avrebbe potuto essere finalmente felice.
Ma il sorriso che avrebbe voluto facesse ritorno non illuminò il suo volto, che rimase lugubremente serio, conscio che non sarebbe apparso mai più.
 
Nemmeno nei momenti più duri si era abbandonato in quel modo, poiché la sua filosofia –la sua e del gemello- era quella di non lasciarsi andare mai, ma riscattarsi per fare in modo che la situazione cambiasse.
Aveva predicato bene e razzolato male, da bravo ipocrita quale credeva di essere.
Non aveva fatto altro che seppellirsi nella sua solitudine, allontanando tutto e tutti, cercando il fantasma di suo fratello dove non avrebbe mai potuto trovarlo.
Era a pochi metri da Tiri Vispi Weasley quando si scosse: non avrebbe voluto dover accendere la luce nel suo appartamento per constatare di essere solo, irrimediabilmente solo. La sua casa era piena di specchi che potessero fargli compagnia riflettendo una persona che non ci sarebbe mai più stata.
 
Si smaterializzò, non più con l’intento di fuggire, ma con quello di avvicinarsi.
Il luogo in cui si era appena materializzato era sempre a Diagon Alley, ma dalla parte opposta in cui si trovava poco prima.
Era una piccola piazza costeggiata da verdi aiuole sempre in fiore grazie all’aiuto della magia; due fontanelle bianche e semplici gorgogliavano agli opposti dello spiazzo.
E al centro una statua, bianca anch’essa.
Una statua grande e imponente, degna del suo scopo: non far dimenticare.
‘Monumento in ricordo di chi è morto combattendo il Male durante la Seconda Guerra’ era ciò che recava il cartello davanti a lui.
Adagiati a terra c’erano fiori e ghirlande di ogni tipo, foto e biglietti.
Ma lo sguardo di George non era interessato agli omaggi che vi erano stati deposti, bensì alla statua.
Raffigurava un unico, grande insieme di maghi e streghe, che marciavano felici su un serpente, lo sguardo verso il cielo.
Ogni viso era ben scolpito, fedele ai volti di chi era morto per uccidere quel Serpente, pieno di particolari.
Riconobbe gli sguardi fieri di persone che ben conosceva, in prima fila:
Alastor Moody non sembrava mai stato più sereno, un sorriso rilassato in viso faceva capire che non avrebbe più dovuto preoccuparsi di guardarsi le spalle in cerca di pericoli.
Remus J. Lupin e Ninfadora Tonks facevano la loro figura, mano nella mano, sereni come non mai: i pregiudizi e le preoccupazioni non potevano più condizionarli.
Leggermente di lato ma non per questo in disparte, la fedelissima imitazione di Severus Piton guardava il cielo con un sorriso che mai gli si era visto in volto, in attesa di raggiungere chi era a lui caro, lassù, tra le stelle.
Al centro di tutto, ovviamente, Albus Percival Wurfric Brian Silente sembrava emanare luce, nonostante fosse pietra, il suo sguardo alle selle, così come la bacchetta: alzata al cielo per tracciare una strada da seguire in caso di smarrimento.
Ma a George, per quanto le ammirasse, queste persone non importavano: lui aveva catturato uno sguardo sagace, che sfidava il cielo a farsi beffe di lui: un sorriso animava il volto di Fred Weasley anche nella morte.
Guardò il cielo anche lui: le stelle brillavano sopra la sua testa, per illuminare la sua vita, nonostante a lui paresse sempre buia.
Pensò di andare alla tomba del gemello, dirgli quant’era difficile, senza di lui.
Eppure era certo che lo sapesse già.
Dopo il funerale non era mai andato a fargli visita, per paura di vedere quanto la morte fosse reale.
Si propose di andarci, magari il giorno seguente.
Quella sera voleva solo sorridere alle stelle: chissà se c’erano anche i maghi raffigurati in quella statua, nel cielo stellato.
 
Una lacrima gli corse lungo il volto, leggera come una carezza.
Non si asciugò, come per fare vedere alle stelle e alla statua che no, lui non aveva dimenticato.
Fece apparire una piuma e un foglietto di carta, ci scrisse qualcosa sopra e con delicatezza lo appoggiò ai piedi della statua, insieme agli altri.
Dopodiché, con un sonoro CRACK e un sorriso che pareva illuminargli gli occhi nello stesso modo in cui le stelle illuminavano la Terra, si smaterializzò.
 
 
 
 
 
UN ANNO DOPO.
 
 
 
In un CRACK, il rumore con cui tutto inizia e tutto finisce, un giovane mago dai capelli rossi si materializzò nel quieto giardino a Diagon Alley che ospitava la statua in onore dei caduti nella Seconda Guerra Magica.
George Weasley si guardò intorno e poi osservò il cielo: le stelle erano lì, a sorridergli esattamente come l’anno prima.
Ma qualcosa era cambiato: c’erano nuovi fiori, e un sottile strato di muschio iniziava  a crescere alla base della statua.
Era appena stato a cena dai Potter: tuttavia questa volta non c’era stata nessuna discussione. Tutto stava andando bene.
Lui sorrideva alla vita, e di rimando essa sorrideva a lui: gli affari andavano a gonfie vele, così come la sua vita sentimentale.
Si avvicinò alla statua, mentre una ben conosciuta brezza gli scompigliava i capelli.
Si sporse fino a sfiorare le mani e i mantelli dei maghi scolpiti nella pietra, che guardavano il cielo, incuranti di quante volte il mago ai loro piedi avesse voluto accompagnarli in quel viaggio fino alle stelle.
 
 
Un altro CRACK, e una strega dalla pelle scura come la notte e i capelli mori  legati in una treccia apparve alle sue spalle.
Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi era: Angelina Johnson.
“Ehi. Tutto bene?” Gli chiese sussurrando.
Lui inspirò a lungo e, allontanandosi dalla statua, si girò : “Sì, grazie.”
La guardò negli occhi, vedendo il suo riflesso, e le chiese: “Andiamo?”
Lei annuì silenziosa, e per un paio di minuti restarono lì, muti ma insieme, a guardare quei volti scolpiti nel marmo bianco.
La ragazza gli accarezzò dolcemente una spalla, e lui capì che era il suo modo per dirgli che era ora di andare.
Si voltarono entrambi; stavano per smaterializzarsi quando sul volto del rosso balenò un’idea: “Aspetta un secondo!”
Era così agitato che la sua voce era poco più che un soffio.
Angelina vide che si chinava ai piedi del monumento e cercando rispettosamente tra fiori e foto, prese in mano un pezzo di pergamena.
Gli si avvicinò per poter leggere la frase scritta su di esso:
 
Sono qui per trovare un riflesso che ti assomiglia un po’ perché mi sento solo. Mi vedi qui che cerco pace nel cuore ma so soltanto come evitare l’amore’.
 
Una goccia bagnò il piccolo foglio, già rovinato in precedenza dalle intemperie inglesi.
Per un folle momento alzò gli occhi al cielo, delusa dal fatto che si mettesse a piovere proprio in quel momento.
Ma la notte era limpida, e ci mise poco a capire che la goccia era una lacrima proveniente dagli occhi di George.
Gli strinse forte la mano.
 
Il giovane mago si portò il foglio con la mano all’altezza della bocca e soffiò con quanto più fiato aveva in corpo per farlo volare lontano nel cielo. Poi con un gesto di bacchetta lo fece bruciare a mezz’aria, provocando una pioggia di cenere sui volti silenziosi dei maghi del monumento.
Sorrise alla strega che aveva di fianco e mano nella mano si smaterializzò con lei in un sonoro CRACK.
 
 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Helena Corvonero