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Autore: PathosforaBeast    10/10/2011    9 recensioni
Mi piaccio ma agli occhi degli altri sembrerei solo una puttana.
Una puttana che ha la sola colpa di amare il rosso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 “Tarzan and Jane were swingin' on a vine 
Candyman, candym. . “

Sveglia dei miei stivali.
Cristo un’ altra giornata.
Devo per forza alzarmi?
Prendo gli abiti e mi trascino in bagno.
Mi spoglio.
Non voglio neanche guardarmi allo specchio.
Sono solo un ammasso di lardo.
Mia madre sembra aver ragione in questi momenti.
M insulta di continuo ma lo fa solo perché mi vuole bene vero, VERO?
Sono vestita ma non ancora pronta.
Prendo la matita ed inizio a farmi una linea enorme sugli occhi.
Sembro quasi un’ egiziana.
Prendo il rossetto rosso ,quello che odia mamma.
Lo metto.
Quasi non sembro io.
Mi piaccio ma agli occhi degli altri sembrerei solo una puttana.
Una puttana che ha la sola colpa di amare il rosso.
 
Suona il citofono.

Papà è arrivato ,meglio che mi strucchi.
Inizierebbe a pensar male e farmi domande di continuo.
-Sei fidanzata?-
-Dai sai che a me puoi dirlo.-
-Sono tuo padre mica un nemico.-
Parole , parole e ancora parole.
Odio questo fatto sembra quasi che non abbia fiducia in me.
Pensano che io sia lesbica.
Non che ci fosse qualcosa di male ma è solo perché non ho mai presentato nessuno  a casa come fidanzato.
Questo turba i miei genitori ma nel frattempo uccide me.
Desidererei tanto qualcuno accanto.
Qualcuno da stringere ,amare .
Qualcuno con cui stare bene.
-Chiara sbrigati tra 5 minuti ti accompagno a scuola.-
Già a scuola?
Vorrei dirgli di no, io in quella scuola non ci voglio andare, non è fatta per me.
A me piace disegnare ,creare abiti, avere stoffa tra le mani e non calcolatrici ed enormi dizionari di Latino.
Sono tre anni che cerco di andarmene da lì ma mio padre insiste.
-Voglio che tu non faccia la mia stessa vita.-
Certo, ma questo non equivale ad uccidere il mio io.
Mi sento inadatta qui e a scuola.
Penso mentre esco ed afferro il giubbino.
Per fortuna ho un computer e degli amici.
Amici che sopportano i miei pianti , i miei discorsi filosofici , i miei no, i miei sì...
Me.
Mi vogliono bene per ciò che sono.
Entro in auto con mio padre.
Con il PC trascorro tutto il mio tempo libero.
Da casa posso uscire pochissime volte così rimango a chattare con persone di tutt’ Italia.
Quest’estate ho conosciuto un gruppo simpaticissimo con cui ho riso, filosofeggiato, letto e scritto.
Tra loro ho incontrato anche la mia “madrina”.
Chilometri ci differenziano ma quando ci scriviamo mi sembra di stare una accanto all’ altra.
E’ l’unica persona adulta in grado di comprendermi.
-Pà ci vediamo. Ciao.-
-Ciao.-
-Grazie per il passaggio.-
-Mmh-
Classe 12.
Odio dover cambiare classe tutti i giorni.
Entro, prendo il solito posto vicino alla finestra e poggio il libro di Letteratura Latina sulle gambe guardando fuori.
Una macchina si ferma.
La mia prof di Latino.
Ma cosa può farci lì ferma in auto a fissarsi continuamente allo specchio?
Ma sta... piangendo.
Chissà cosa le sarà successo.
Possibile che nessuno qui possa avere il diritto di essere felice?
Perché stare male?
A che scopo?
Perché dobbiamo essere così consumati dentro?
-Vorrei tanto darle una mano...- sussurro allo specchio.
Può essere che odi il Latino, quella scuola ma odio vedere le persone piangere.
So cosa vuol dire e mi fa male.
All’ improvviso si incupisce e cerca qualcuno attorno a sé.
Mi risiedo.
Meglio che rimurgini sul proprio dolore da sola.
Chi descrive il proprio dolore,
anche se piange è sul punto di consolarsi.
La campanella inizia a chiamare  gli studenti.
-‘Giorno Chiara!-
-‘morning.-
   
 
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