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Autore: alexluna    11/10/2011    10 recensioni
Prima classificata al "Song-fic Contest", indetto da jaybree88 e vincitrice del premio “Miglior Personaggio Protagonista”.
Draco ha rinunciato a tutto per prendersi cura di Hermione, ma Harry e Ron, facendo appello al Wizengamot, riescono a portargliela via. È la sera della resa dei conti per Draco che, dopo sei anni, smette di fuggire dalla sua coscienza.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Supererò le correnti gravitazionali

Prompt-song: Bring to my life – My spirit sleeping somewhere cold, until you find it and lead it back home. Wake me up inside. Save me. Call my name and save me from the dark

Note personali: questa breve One-Shot è arrivata prima al Song-fic Contest, indetto da jaybree88, vincendo anche il premio “Miglior Personaggio Protagonista”.

Un bacio a Lau e a Charlie, che in fretta e furia “salvarono il salvabile” poche ore prima della scadenza.

Crediti: i personaggi appartengono alla Grande Madre J. K. Rowling, amen. Il titolo è preso da La Cura di Battiato.

Beta-reader: Acardia17

 

 

Alla dolce Superfrency95, alla frizzante OrangeLoLLipop, alla colorata Julie Aoi,

o più semplicemente a Frè, che con i suoi occhi grandi grandi ha una concezione più flessibile della vita.

Tanti auguri, stella!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Supererò le correnti gravitazionali

 

Era seduta sul bordo di una poltrona con le braccia incrociate sul petto, lo sguardo perso nell’abisso nero e inaccessibile oltre la portafinestra della stanza; Draco le spalmava premurosamente del dittamo lungo alcuni tagli sulle ginocchia, cercando ogni tanto di interpretare quali pensieri si celassero in quegli occhi, inaccessibili come l’abisso che scrutavano.

Il vento urlò nella gola del caminetto spento, preannunciando un’imprevista ondata di maltempo. Il lume della candela vicino a Hermione sembrò disegnare le sue paure sulla parete prima di spegnersi. Lei continuò a guardare il moccolo con aria smarrita.

« Si è solo spenta. Ora la riaccendo » mormorò Draco, sforzandosi di raccogliere in quelle parole tutta la delicatezza che possedeva. Allungò il braccio con uno scatto veloce, un po’ ridicolo; si chinò fino a sfiorarle una spalla con il petto e, prima di evocare il fuoco, indugiò qualche istante di troppo a inebriarsi del profumo di quei ricci tanto cari.

 

L’aiutò ad alzarsi e la portò docilmente al piano di sopra. Attraversando il corridoio che conduceva alla cucina, il tanfo di verdure stantie li investì mollemente. Per un secondo Draco scorse in quei due occhi scuri, appannati e bugiardi, un lampo di vitalità; poi, con un battito di ciglia, tornarono spenti, come scivolati in un’astrazione.

 

La camera da letto era un ambiente angusto, impolverato e senza finestre. Hermione, dimentica delle ciabatte, si sdraiò sul giaciglio ancora sfatto. Le camicie da notte impilate sul bordo scivolarono prima che Draco facesse in tempo a spostarle.

« No, no, no! » gridò lei, vedendo i vestiti cadere dal letto.

« Calmati, calmati! Che c’è? Dimmi cos’è che ti turba ». Draco salì in ginocchio sul materasso, sostenendola per le spalle.

« I vestiti si sono spenti come io… sto spegnendo lui. Ogni giorno che passa, io lo spengo, capisci? Non se lo meritava. Non se la meritava una come me ».

« Chi è che stai spegnendo, Hermione? I vestiti sono solo caduti, ora li raccolgo. È tutto apposto ».

« Zitto! » gridò lei più forte in risposta, scalciando in direzione di Draco. « Taci, tu non sai niente di me e di lui! Sei solo geloso, Ronald. Sei solo geloso! »

« Sono Draco. Guardami, Hermione, guardami » ordinò con voce risoluta, incatenando gli occhi ai suoi.

« Non nominarlo! Il suo volto, io… comincio a non ricordarlo più ».

« Guardami. Sono Draco, sono io e sono sempre qui con te, sempre. Combatti i tuoi demoni, Hermione. Combatti! »

Lei non rispose, ma smise di scalciare. Borbottò qualcosa di incomprensibile con voce sorda e si lasciò cullare docilmente da Draco, che le porse la concavità della propria mano perché vi abbandonasse una guancia. Hermione lo guardò ancora con un’espressione intraducibile, continuando a farneticare in una lingua che lui sembrava non comprendere.

 

 

« Ridammi quella boccetta! È grasso di drago e serve per lisciarmi i capelli. Fai bene a guardarmi come se fossi pazza, perché sono folle, folle, folle d’amore. E nulla è così volontario come la follia, Draco. Te l’assicuro ».

« Quando farnetichi così mi spaventi, lo sai? »

 

 

Il silenzio era fastidioso. Draco si concentrò a lungo sul respiro di Hermione che dormiva da qualche minuto; il vento aveva smesso di scuotere gli infissi tarlati e di far stormire i platani del giardino.

« Quanto vorrei che fossi sveglia » sussurrò con voce malferma, scostandole la frangetta umida e troppo lunga.

Per un attimo immaginò un gran tramestio per il corridoio, il rumore regolare del pentolame sul fuoco, il profumo intenso di zuppa calda e la risata argentea di un bimbo piccolo. Ricostruì con l’immaginazione quella stanza. Una finestra alta e con le tendine chiare lasciata spalancata per far entrare i raggi del sole. Un letto grande e pulito ingombrato da un’enorme quanto inutile quantità di cuscini. Le pareti, abbracciate da un colore caldo e rasserenante, disseminate di foto e quadretti divertenti. Se si fosse concentrato di più, avrebbe potuto scorgere il volto di Hermione ammiccargli e mandargli baci. Un martellare insistente sul legno al piano di sotto. Probabilmente Hermione stava montando, con l’aiuto della magia, il tavolo ovale comprato esclusivamente per gli ospiti. Chi stava venendo a cena? I suoi genitori o quelli Babbani di Hermione?

Il rumore si fece sempre più intenso, tanto che sentì Hermione, stretta tra le sue braccia, mugugnare nel sonno. Quando aprì gli occhi, il martellare non era cessato; quel bussare persistente era più vero che mai e proveniva dal piano sottostante.

Draco si alzò di scatto e sfoderò la bacchetta.

 

Si arrestò sul penultimo gradino delle scale, scorgendo la testa rossa di Ron Weasley fare capolino oltre il vetro della portafinestra. D’impulso slegò il laccio che manteneva avvolta la spessa tenda, oscurando l’intera vetrata.

« Malfoy, ti abbiamo visto! Se non apri immediatamente la porta, la facciamo saltare, hai capito? Ed è inutile che avverti il Ministero, visto che è il Ministro ad averci inviati qui ».

 

Senza prestare ascolto alle minacce di Weasley, Draco si posizionò al centro del salotto poco illuminato e si guardò rapidamente attorno per valutare in modo celere il da farsi. Era quasi una dozzina di giorni che rimandava le pulizie di casa. Orme di fango davano il benvenuto all’ingresso, scure e rapprese; giornali del mese precedente, penne di gufi, briciole e calzini appallottolati erano stati accumulati sotto le sedie; da un vecchio calderone rivestito di ragnatele fuoriuscivano chiome di saggina; eppure, nella lunga lista delle “Cose da Far Sparire”, avevano la precedenza i cocci di vaso e le larghe pozze di sangue vicino al caminetto.

Non aveva fatto in tempo a portare in cucina la scodella di porridge, che aveva sentito il rumore sordo di un oggetto che andava in frantumi. Era quasi volato lungo il corridoio, cuore in gola e mente offuscata dai peggiori presagi. Poi aveva trovato Hermione: carponi sui resti di un vaso, gli occhi chiusi, il petto che si alzava e abbassava a un ritmo irregolare. L’aveva immediatamente presa in braccio e, con molta pazienza, aveva estratto i pezzi di coccio conficcati nella carne delle sue ginocchia. Con le mani tremanti e insanguinate, aveva messo a soqquadro l’intera stanza in cerca della boccetta di dittamo.

 

« Malfoy, hai tempo tre secondi o ti faccio saltare in aria come un petardo! » La voce, questa volta di Harry Potter, lo riportò al presente.

Draco era appena riuscito a pulire le macchie di sangue e a nascondere i cocci nel caminetto spento, che il vetro della portafinestra scoppiò. La tenda si gonfiò appena prima di essere risucchiata dalla corrente esterna.

Harry Potter e Ron Weasley fecero il loro ingresso, scrollandosi di dosso la polvere di cristalli. Draco li squadrò in cagnesco, prima di puntare la bacchetta alle loro spalle e sibilare: « Reparo ».

 

I due Auror perlustrarono dalle loro postazioni quel salotto profondo come una grotta, arredato con mobili sbilenchi e carta da parati dalle tinte cupe. Uno dopo l’altro spostarono l’attenzione sul padrone di casa, che parve loro ancora più curvo del mese precedente.

Dov’era il ghigno sprezzante che per anni aveva capeggiato su quel volto disteso e lucente? Malfoy parve leggere quei pensieri motteggiatori, e tremò impercettibilmente. Perché doveva sorbirsi tutta la delusione e lo sprezzo di quei due? Chi erano?

« Te la passi sempre peggio » commentò spietato Ron, soffiando via la polvere depositata sul davanzale del caminetto.

« Che volete stavolta? »

« Ce la portiamo via, Malfoy. Abbiamo qui la sentenza ultima del Wizengamot. Se ti fossi presentato in tribunale, oggi pomeriggio, l’avresti saputo ».

« Non è vero! » urlò fuori di sé, con gli occhi smarriti, quasi spiritati. Fissò prima Ron e poi Harry, mentre quest’ultimo gli porgeva la pergamena. Draco cercò di cogliere in loro un cenno di pietà prima di iniziare a leggere il verdetto del Wizengamot.

Aveva perso la custodia della sua fidanzata, della persona per la quale aveva rinunciato a tutto. E ora, invece, gli imponevano di rinunciare a lei.

Ron chinò appena il capo, mentre Harry si era già diretto verso le scale.

« No! » gridò Draco, scattando in avanti e interponendosi, braccia e gambe aperte, tra lui e i gradini. « Non ti lascio andare da lei. I-io non lo permetterò ».

« È andata così, Malfoy. Non puoi più farci niente. Devi finalmente lasciarla andare ».

Harry fece un passo avanti, impaziente di salire.

« Stiamo parlando di Hermione Granger » intervenne Ron, dal salotto, senza più riuscire a trattenersi, « La strega più brillante della sua età. La ragazza più meravigliosa, più irreprensibile, più dolce che abbia mai conosciuto. La mia migliore amica… »

« …e la mia compagna » concluse Draco, interrompendolo.

« Aveva diciassette anni, Malfoy! Solo diciassette anni! »

Eccola, nella sua mente, la Hermione diciassettenne con dei libri pesanti sottobraccio. Il suo pilastro di rettitudine in un mondo spaventato dal ritorno di Voldemort. Una creatura mistica sotto la divisa di Hogwarts.

« E ora ne ha ventitré, quindi? »

Preso dalla foga della discussione, si era allontanato dalle scale per poter raggiungere Ron, dimenticandosi di Harry che ne approfittò per salire al piano superiore.

« Sono sei anni che la stai tenendo qui dentro » continuò Ron, infervorato e paonazzo, «  senza le cure adeguate ».

« Non la lascerò morire al San Mungo ».

« Tu l’hai lasciata morire quel giorno, lurido e vile bastardo. Proprio per questo lei non si merita di rimanere un giorno in più qui con te, con il complice della sua assassina ».

« Quando ti convincerai che non è andata così? Tua sorella era semisvenuta. I suoi ricordi sono confusi ».

« Ginny non avrebbe mai mentito, come t’azzardi? »

« Non sto dando della bugiarda a tua sorella, Weasley. Io sono arrivato dopo, quando non c’era già più niente da fare. Mai, mai l’avrei lasciata alla mercé di mia zia » concluse in un soffio Draco, con i pugni stretti per lo sforzo di trattenersi dal colpirlo in pieno viso.

 

 

Una corrente d’aria fece sussultare rabbiosamente le imposte consumate del soffitto. Hermione si rigirò sull’altro lato del letto, nascondendo la testa sotto al cuscino. Il vento sembrava gemere tra gli infissi, e i suoi soffi gelidi oltrepassavano la sottile protezione delle lenzuola, penetrandole fin dentro le ossa.

Harry era rimasto a guardarla sull’uscio della porta. Hermione era pallida, smunta e sudata malgrado la temperatura bassa. Malfoy ogni quanto si ricordava di farla mangiare?

 

« Lei non avrebbe mai voluto tutto questo, lei avrebbe voluto andare avanti. Come puoi dire di conoscerla meglio di me e di Harry? »

 

Dal salotto, le urla di Ron svegliarono Hermione, che si trasse a sedere con gli occhi spalancati. Quando scorse la figura di Harry, rabbrividì e si rannicchiò contro la spalliera del letto; il polso le scivolò sul bordo del materasso, lei vacillò all’indietro e cadde su un fianco. Rimase col viso a terra e le gambe ancora sul letto, avviluppate in un groviglio di lenzuola.

« Hermione! » gridò Harry, raggiungendola in un attimo e issandola nuovamente sul letto.

« Levati! » ordinò la voce di Draco Malfoy alle sue spalle. « Così la spaventi solamente ».

« Deve venire con noi da adesso ».

Draco si passò una mano sugli occhi, nascondendo quel dolore che si era sciolto in lacrime. Ron ripeté senza fretta le disposizioni del Wizengamot, che comprendevano il trasferimento immediato di Hermione al San Mungo, nel reparto Janus Thickey, per Lesioni Irreversibili da Incantesimo.

 

 

Si erano scrutati a lungo, ed era bastato così poco per capire che non lei non era adatta a lui e viceversa. Ma a diciassette anni erano convinti che il loro amore avrebbe fronteggiato con successo ogni difficoltà, ogni pregiudizio, ogni distanza, che la loro unione sarebbe stata un monito per il Mondo Magico. Un figlio di Mangiamorti e una Nata Babbana. Innamorati.

« Promettimi che qualsiasi cosa succeda, rimarrai al mio fianco ».

« Te lo prometto » aveva ripetuto Draco per tre volte, suggellando le promesse con un bacio sulla fronte e uno su ogni palpebra chiusa.

L’impossibilità della loro relazione albergava già in quella promessa.

 

 

Per la seconda volta, la guardava impotente mentre qualcun altro la portava via da lui. Debole e vigliacco come quel giorno. Lui per Hermione non si era mai degnato di combattere. A cuore aperto, quella sera, confessò a se stesso la codardia che gli ammalava l’anima.

Quell’amore non gli aveva portato bene, e si vergognò ancora di più per questo pensiero.

 

Al suo arrivo, durante la Battaglia di Hogwarts, l’aveva trovata che già si contorceva per terra, ma avrebbe fatto in tempo a Disarmare sua zia prima che lei le infliggesse l’ennesima Maledizione Senza Perdono.

Un attimo, uno spasmo, la minima tensione di un muscolo, la gamba che istintivamente era scattata verso Hermione; e poi uno strattone, le dita ossute di sua madre che gli avevano artigliato l’avambraccio.

« Avanti, lurida feccia di una Mezzosangue! Avanti! Canta per me, Canta

Hermione aveva urlato più forte, coprendo le grida malate di Bellatrix Lestrange che la torturava senza sosta.

Il tempo di una minuscola e imperdonabile esitazione, e qualcosa nella mente di Hermione si era lacerato per sempre.

 

« È come se mi avessi fatto nascere una seconda volta, Hermione ».

« Mi piace questo concetto, lo sai? L’idea che io abbia potuto riportarti in vita è come una scarica di adrenalina lungo il corpo. Sappi che sono pronta a salvarti una terza, una quarta e una quinta volta, se necessario. Poi una sesta, e una settima… »

Aveva continuato fino alla sfinimento per tutta la sera, con la bocca secca e il cuore leggero.

« E io avrò cura di te ».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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