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Autore: Cucuzza2    11/10/2011    3 recensioni
«La stufa potrebbe essere un buon posto per quel libro - mi chiedo come abbia fatto a non ricordarmi prima dell’esistenza di un luogo simile, a dirla tutta.»
«Vuole che lo poggi sulla mensola accanto alla caldaia?»
«Voglio che trovi modo di disfarsene - se bruciarlo non va bene, faccia come crede.»
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era una sera come tante nell’appartamento del 221b, Baker Street. La pioggia scrosciava oltre le finestre, nonostante il sole splendente che aveva illuminato Londra nei giorni precedenti. Per motivi che tutt’ora non riesco a portare alla memoria stavo esaminando una mensola sulla quale erano posati diversi volumi; uno, in particolare, era insolitamente corto, e mi incuriosì. Lo sfilai dallo scaffale, badando che il resto dei tomi rimanesse in perfetto equilibrio, poi sfogliai qualche pagina. Riconobbi l’impaginazione tipica di un trattato; stando a quanto capii dalla poche righe che lessi, l’argomento sul quale si incentrava erano i sentimenti. L’impressione fu confermata dal titolo, stampato a caratteri un po’ rovinati e solo all’interno del volume: Trattato sui sentimenti umani, di B. N. Collins.
«La sorprende l’idea che io possieda un testo del genere, Watson?» osservò Holmes, divertito, alzando gli occhi dalla scrivania e lasciandoli indugiare sul titolo del volume che tenevo in mano. «Ricordo che me lo regalò l’autore stesso, l’eccentrico dottor Barney N. Collins, per ringraziarmi di un lavoretto peraltro molto semplice. Il suo stupore fu decisamente eccessivo, a parer mio. Di lui ricordo che era una persona estremamente presa di sé: era radicalmente convinto che quel misero volumetto scritto di suo pugno valesse una fortuna. Non fu un dono poi così sgradito, dopotutto - speravo di trovarvi qualcosa di utile sul punto fino al quale i sentimenti possono influire nella mente umana. Ovviamente, l’argomento non era neppure citato. Quelle di Collins erano romanticherie - solo romanticherie, Watson. Se vuole può prenderlo lei, in ogni caso: sono convinto lo troverebbe sufficientemente interessante.»
«Credevo non l’avesse gradito, in verità» risposi, un po’ accigliato, sapendo bene quanto lui non approvasse alcune delle mie scelte.
«Infatti non l’ho gradito. Ma si da il caso che tratti quel genere di argomento che potrebbe sicuramente destare la sua attenzione -  e se devo dirla tutta in parte mi rammarico di alcune inclinazioni dei suoi gusti. Personalmente reputo i deliri dei morenti assai più stimolanti di queste pagine. Alcuni di quelli sono stati anche parecchio utili alle indagini, come nel caso che lei ha archiviato sotto il nome della Fascia Maculata. Sorride, Watson? Non è ancora convinto della lucidità necessaria per mantenere intatte le mie facoltà mentali? Mi suona bizzarro, dopo tanti anni - ha anche accennato all’argomento più di una volta in quei suoi resoconti. A proposito, le chiedo di rimuovere dallo scaffale il trattato di Collins. Per quanto io disapprovi lo stile che lei ha deciso di adottare, è necessario ammettere il nostro eccentrico amico si trova ad un livello assai più infimo. La stufa potrebbe essere un buon posto per quel libro - mi chiedo come abbia fatto a non ricordarmi prima dell’esistenza di un luogo simile, a dirla tutta.»
«Vuole che lo poggi sulla mensola accanto alla caldaia?»
«Voglio che trovi modo di disfarsene - se bruciarlo non va bene, faccia come crede.»
Mi trattenni alcuni minuti in piedi accanto al focolare, sfogliando il Trattato, ma senza trovare la concentrazione necessaria per leggere con la debita attenzione; infine rinunciai, lasciandolo scivolare fra due libri dall’aria assai più seria. Holmes vide sicuramente che avevo risparmiato il volume, ma non accennò di averlo notato; si limitò ad alzarsi, qualche minuto dopo, per poi recarsi nella stanza accanto, come colpito da un pensiero improvviso. Gli chiesi quale fosse.
«Ieri sera ho dimenticato il violino posato sulla cassettiera; come avrà notato, sto cominciando a perdere colpi. Se dovessi peggiorare, Watson, le chiedo di consigliarmi caldamente di ritirarmi dalle indagini - sa che non lo farò, comunque, ma tentar non nuoce, e probabilmente la prospettiva di una finalmente tranquilla fattoria nel Sussex Downs potrebbe convincermi. Sarò di ritorno fra un attimo.»
Qualche minuto dopo un brano che non riconobbi mi arrivò alle orecchie, ma il suono non mi convinse: notai che non era il solito del vecchio Stradivari, ma quello del grammofono. Ne fui stupito: Holmes aveva usato quell’oggetto solo una volta, nell’avventura che ho battezzato come del Diamante Giallo. Probabilmente l’aveva attivato nuovamente per farmi credere di stare suonando: era convinto che mi sarei lasciato abbindolare. Mi sentii un po’ offeso dalla sua sfiducia nelle mie capacità, che erano sicuramente inferiori alle sue, ma avevano finito per affinarsi col tempo.
«Holmes, non potrebbe fermare quel grammofono ed essere franco con me, per la prima volta da quando l’ho conosciuta?»
Sentii alcuni passi e quel risolino che per Holmes era quanto di più vicino esistesse a una risata; poi il mio amico apparve sulla soglia, con la solita espressione maliziosa di quando riusciva ad afferrare il primo capo del filo degli eventi. «Noto con piacere che sta affinando le sue abilità, mio caro Watson» commentò. «Qualche anno fa un trucchetto del genere l’avrebbe facilmente raggirata, ma ora come ora sarebbe stato abbastanza improbabile - e dire che si tratta di un ottimo fonografo, modello 13, e quando mi dedicai al ritrovamento del Diamante Giallo svolse il proprio lavoro. Ma mi stava riportando alla mente i vecchi tempi. Il gennaio dell’81 è un mese che non dimenticherò facilmente, e non per la scoperta di una sostanza che reagisceunicamente con la gammaglobulina...»
«La ringrazio» lo interruppi, sorpreso, scorgendo per la seconda volta del cuore dietro quella mente impenetrabile.
«Stavo per dire, ma per la scoperta di una sostanza che reagisce esclusivamente con l’emoglobina» concluse Holmes, cinico.
«Ero quasi convinto che avesse cominciato davvero a tenere a me, sa?» Come rispondendo a un riflesso, lasciai che lo sguardo andasse alla cicatrice che mi percorreva la gamba per qualche centimetro. Per un attimo ricordai come me l’ero procurata, e non fui più così sicuro di pensare quanto avevo detto.
«Watson, se lei fosse morto le garantisco che avrei fatto il possibile perché Evans non lasciasse mai l’appartamento nel quale l’aveva uccisa.»
Non risposi, limitandomi a riprendere in mano il trattato di Collins. «Anche lei prova dei sentimenti, dunque - non prettamente romantici, magari, ma ne prova.»
«Lei è un sofista, Watson; perlomeno, oggi si sta comportando come tale. Comunque, è probabile che anch’io provi qualcosa, talvolta, nonostante solitamente questo avvenga in un giorno a scelta fra il trenta febbraio, il trentuno novembre e il quarantatré agosto. Ma - sente? - la sinfonia è arrivata al suo passaggio migliore; questo grammofono mi fa tornare in mente che avevo intenzione di prendere in mano lo Stradivari. Solo un momento.»
«Non mi ha ancora reso chiaro il motivo del suo tentativo di abbindolarmi.»
Holmes liquidò la domanda con un’alzata di spalle, poi si avviò verso il grammofono. Lo seguii, incuriosito; lui sollevò la puntina e fermò il disco con le dita. Si girò, non stupendosi della mia presenza; poi prese in mano il violino, ma non si accinse ad eseguire. «Non riesco a credere che lei mi consideri tanto sprovveduto da suonare in momento simile a quello di qualche minuto fa; se mai dovessi provare qualcosa, sicuramente l’unico modo che avrei per esprimermi sarebbe proprio lo Stradivari. Sapevo bene che, se lei non avesse distinto il grammofono da me, quella sinfonia priva di influenze emotive l’avrebbe finalmente convinta del tutto della mia completa lucidità mentale, ma non avevo pensato all’enorme miglioramento che ha avuto luogo in lei in questi anni. In questo momento non stiamo risolvendo alcun caso, Watson, ma se anche se fosse stato lei non avrebbe certo registrato quest’avventura nei suoi racconti. Un errore, da parte sua, sorvolare tanto sui miei fallimenti - un errore.»
«Ma mio caro Holmes», feci notare, ignorando l’argomento sollevato dal mio amico alla fine del proprio discorso, «questo vuol dire che in effetti lei prova qualcosa...»
«Non ponga l’accento su questo lato della questione, la prego. Non è affatto il momento di soffermarsi su questo. Quando avrò concluso la mia attività, sì - allora magari si potrà parlarne, ma intanto ricordi che l’amore, o qualunque altro sentimento ad esso affine, non è comprensibile a rigor di logica: di conseguenza, utile se a provarlo sono altri, poiché aiuta a comprendere il loro modo di agire, ma dannoso per chi ne è vittima.»
Non ascoltavo più - “quando avrò concluso la mia attività”, era stato quello a bastarmi. Quasi non prestai attenzione alle note distratte che suonava il mio camerata, tantomeno alla prospettiva di alcune arie eseguite alla perfezione per ripagarmi dei suoni casuali prodotti per ore dallo Stradivari. “Quando avrò concluso la mia attività”: era un termine perfettamente ragionevole, calzante per la personalità di Holmes, tanto che poteva probabilmente darsi che avrebbe mantenuto la promessa.
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«È proprio sicuro di non volermi seguire ancora una volta, dunque?» chiese ancora Holmes, mentre continuava a scartabellare nel caos dell’appartamento che stava per lasciare.
Scossi la testa. «La mia è stata una decisione ponderata, Holmes, e lei ne è perfettamente consapevole.»
«Esatto, lei pondera sempre le sue decisioni. Per quanto lei si possa definire prevalentemente un uomo d’azione, quando la situazione lo richiede è in grado di anteporre ad essa la riflessione, di perdere diverse notte insonni per questa sua sorta di compulsiva cautela, e giungere sempre a delle conclusioni - d’altronde, che nella maggior parte dei casi tali conclusioni si rivelino del tutto errate non è che un dettaglio irrilevante. Ma guardi cos’abbiamo qui! Un nostro vecchio amico!»
Un po’ irritato dall’improvviso cambio di argomento, ma non per questo non incuriosito, mi affiancai a lui. Era chino verso uno degli scaffali più bassi della libreria, e osservava un volumetto dall’aria consunta che sul momento non riconobbi.
«Questo, mio caro Watson, dovrebbe essere cenere da un bel po’ - è stato lei a salvarlo dalle fiamme, come certamente ricorderà.» Così dicendo estrasse del tutto il libro e lo aprì, sfogliando qualche pagina. Trattato sui sentimenti umani, lessi, di Barney N. Collins.
«Questo le riporterà alla mente la sua promessa, spero» osservai. «Sta per trasferirsi nel Sussex Downs, come aveva detto la sera nella quale avemmo occasione di parlare del Trattato, e adesso dovrà dirmi quanto concordato.»
«Devo necessariamente rovinare il ricordo che lei serba di me, giusto a pochi minuti dal nostro addio?» rispose Holmes. «Perché sì, Watson, è di un addio che si tratta - per quanto lei si riprometta di visitarmi ogni volta che può, sarà precisamente come non incontrarci mai, in futuro.»
Non avevo ancora osservato la questione da quel particolare angolo. In realtà, il pensiero di un addio imminente non mi aveva sfiorato - vedevo le nostre più come strade divergenti, o almeno, questa era la definizione che avevo dato a quel cambiamento nelle notti insonni spese “per quella mia sorta di compulsiva cautela”, per poi giungere a quelle che Holmes aveva definito conclusioni “del tutto errate”. «Devo ammettere che mi rammarico di non essere mai stato in grado di contraddirla con successo, in questi anni» dissi, sicuro che avesse seguito come suo solito il filo dei miei pensieri.
«Mi segua nel Sussex, allora. Una volta o l’altra riuscirà a trovare un argomento nel quale è in grado di superarmi, se è questo che vuole.»
«Non credo sia necessario, sa? Consideri che è probabile che io abbia già trovato un’occasione del genere.»
«Cosa intende dire?»
Abbassai le palpebre, avvicinandomi alle sue labbra; non ero, però, particolarmente sicuro di quanto stavo facendo, e infatti finii per ritrovarmi immobile, senza il coraggio di spostarmi dalla mia posizione, chiedendomi se non avessi sbagliato tutto. Una sola cosa era certa: stavo comportandomi da stupido.
«Suppongo possa bastare, per il momento; credo si sia inteso dove vuole arrivare» commentò lui, aggiungendo alla vena sottile d’ironia che sempre accompagnava le sue parole un insolito calore - e fu lui ad annullare gli ultimi millimetri che ci separavano. Non mi cinse con un braccio, né io feci altrettanto con lui; rimanemmo semplicemente così, per non so dire quanto tempo, anche se lui in seguito ha sostenuto che si trattasse di otto o nove secondi.
Fu Holmes a fare un passo indietro, dopo tale quantità di tempo; senza una parola, raccolse da terra il Trattato. «Per quanto non si possa negare che Collins sia un mediocre, Watson, devo constatare che ha avuto la sua utilità» osservò, pacato. «Ma non è affatto il momento di concentrarci sul nostro eccentrico amico. Mi segua, Watson. Spero solo che  il ronzio delle api non la importuni.»
Così dicendo prese in mano lo Stradivari e stuzzicò una corda con l’archetto, poi uscì dalla stanza; nonostante tutto, in quel momento tutto ciò che potevo fare era sorridere.
   
 
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