UNA GIORNATA DA BIBLIOTECARIO
Lo sapevo. Sapevo che sarebbe successo.
Ho letto
milioni di libri provenienti da tutti i pianeti dell’universo conosciuto, eppure
non riesco a trovare uno straccio di frase decente per
cominciare.
Puuu! Puuu!
Che? Come sarebbe a dire che
quello che scrivo non interessa a nessuno? Se c’è gente nella galassia che ha
letto il libro di Melissa P. (me incluso, ma solo per doveri di ufficio…),
allora non vedo perché non dovrebbero prendersi la briga di dare un’occhiata a
ciò che scrivo io.
Puuu? Puuu…
Non ti permettere di
parlarmi così, sai? Non ti ricordi chi è stato a salvarti da quegli imbecilli
che volevano stufarti e servirti con contorno di patate?
Eh?
…
Oh, cavolo. Perché non mi hai detto che il
programma di scrittura automatico del computer era acceso?
Puuu!
Puuu!
Non è vero che hai tentato di avvertirmi! Adesso vai a fare
qualcosa di utile, tipo sistemare quei volumi sulle tattiche di guerriglia
appena arrivati!
…
Allora, ricominciamo.
Il mio nome
è Dk86. Sta per “Dante-Laboratorio K-Progetto numero 86”. Ma non suonava granché
bene, quindi ho pensato di abbreviarlo.
Per la precisione sono l’unico
esperimento che quell’incompetente di Dante è riuscita a portare a termine con
successo prima che il suo capo, l’Hellmaster Phibrizio, scoprisse che Dante
stava cercando di creare un esercito di creature ferocissime, imbattibili ed
immuni alla magia sfruttando le anime di umani morti di morte violenti e la
uccidesse, torturandola prima in maniera brutale (ovvero costringendola a
guardare una maratona di 49 ore di puntate di Teletubbies rigorosamente
ridoppiate da Mr. Lui e tenendole spalancati a forza gli occhi con un
macchinario preso di peso dal film “Arancia Meccanica”; dopo che Dante ebbe
implorato Phibrizio di ucciderla, lui le fece vedere altri 143 episodi, poi la
fece fuori ma, come colpo di grazia, fece reincarnare la sua anima in Noo-Moo,
l’aspirapolvere vivente che i Teletubbies si tengono in casa).
Io nel
frattempo, in tutta tranquillità, stavo mettendo in salvo dall’imminente
distruzione dei laboratori l’enorme biblioteca di Dante. Phibrizio non mi
considerò nemmeno, probabilmente perché non mi considerava una minaccia o perché
per tutto il tempo mi ero fatto beatamente i fatti miei. Caricai tutto a bordo
dell’astronave personale di Dante (costruita sul modello del Delta Flyer, e
purtroppo andata distrutta… iniziavo ad affezionarmici) e me la filai, prima che
il volubile Hellmaster cambiasse idea e decidesse di inventarsi qualche altro
divertente giochetto a cui sottoporre me.
Comunque, non credo che la storia
della mia vita vi interessi granché. A parte due o tre cosette, non mi è mai
successo nulla di veramente interessante.
Fino ad ora, intendo.
Da qualche
tempo mi sono imbarcato a bordo di un’astronave piena di gente che definire
alquanto bizzarra è un eufemismo… Anche se in effetti dire “mi sono imbarcato” è
un po’ improprio, dato che sono stato praticamente stato assunto con la forza
dalla capitana di bordo.
Non ho mai viaggiato su una nave così grande, però…
devo ammettere che è piuttosto divertente.
Ok, lo so che vedendomi nessuno
direbbe che sono un tipo di persona a cui piace ridere. Ma qui tutti sono così
uniti l’un l’altro, gentili e simpatici in una qualche maniera un po’ violenta e
contorta, che non riesco a trattenermi dall’essere un po’ meno scorbutico del
solito, di tanto in tanto.
Come ho detto, mi trovo bene qui. Certo, ogni
tanto qualche parete esplode senza nessun motivo comprensibile, e non è il caso
di entrare nella stalla, perlomeno se si possiede un naso e lo si vuole
conservare; ma per il resto, non ho quasi nulla di cui
lamentarmi.
L’importante è che nessuno danneggi i miei libri, è
ovvio.
Nah. Ma che vado a pensare?
Nessuno sarebbe così stupido da
farlo.
Puuu! Puuu!
Sì, stai calmo! Ci stavo
arrivando!
Questo qui (lo indico così capisce che si sta parlando di lui ed è
contento, ma dato che questo non è un video mi toccherà pure descriverlo…) è il
mio assistente, Mokona…
Puuu!
Ok, ok… Black Mokona, in
realtà. Da quando l’ho salvato da un gruppetto di soldati AMV che voleva
cucinarlo come cena (quelli cercarono di attaccarmi, e io come gesto di
ringraziamento preparai uno spezzatino. Usando loro) viaggia con me in qualità
di assistente. Anche se il suo aspetto tenero e puccioso (sembra un coniglietto
datosi all’ingrasso e con una faccia enorme … ahia! Puuu!
Lamentati quanto vuoi, ormai l’ho scritto!) non lo lascerebbe supporre, è
piuttosto forte. E poi è di poche parole (dice solo “Puuh”, in realtà) e la cosa
mi piace.
Bene, a questo punto credo di avere finito con le
presentazioni…
E non presenti me? Vergognati,
vergognati…
Che diavolo ci fai qui? Non hai detto che andavi in
giro a “familiarizzare con l’equipaggio”? Anche se so benissimo che cosa intendi
quando usi la parola “familiarizzare”…
Dovrò pur divertirmi anch’io,
no? Mica come te, sempre chinato su quei tuoi libri… Guarda che occhiaie ti sono
venute!
Quello è perché stanotte sono rimasto sveglio a guardarmi
tutta la serie di Excel Saga… Comunque ricordati che una buona metà delle
ragazze di bordo sono già occupate. Vabbè, fai come ti pare, basta che non ci
provi con la capitana…
Ehm…
Quella è capace di
prenderti, accartocciarti alle dimensioni di una palla e usarti per giocare a
basket, se per caso le ti rivolgessi come fai sempre con le
ragazze…
…
Oddio, non dirmi che
l’hai…
…
L’hai fatto davvero?!? E come l’ha presa
lei?
Non lo so, sono scappato molto velocemente… Puoi nascondermi
qui per un po’?
Fai pure… Ma non toccare i libri! Beh, già che ci
sono, vi presento il mio “socio”, Lucifer. Difficile trovare qualcuno che riesca
a tenergli testa in combattimento. E che abbia collezionato così tanti rifiuti
da parte di ragazze.
Da quando viaggiamo insieme mi ha procurato parecchi
volumi rari che non avrei mai pensato di trovare normalmente (e non voglio
sapere come se li procuri lui. Non glielo chiedo mai, non voglio avere stragi
sulla coscienza…), ma ha due grossi difetti. E’ un maniaco, e questo l’ho già
detto… e poi, al contrario di Mokona, lui parla. E tanto. E quando sto leggendo
questo mi dà molto fastidio.
BOOOOOMMM!
“DOVE SI E’ CACCIATO,
QUEL PERVERTITO?!? GIURO CHE QUANDO LO TROVERO’ GLI FARO’ PENTIRE DI ESSERSI
REINCARNATO!!!”.
Questa è la capitana, invece. Cioè, il primo
rumore era una parete che saltava per aria, poi ha gridato la
capitana.
Giusto per chiarire.
Alle nove del mattino, come al solito, apro la
biblioteca ai membri dell’equipaggio.
Incredibile a quanta gente a bordo di
questa astronave piaccia leggere.
Non che la cosa mi importi, sia chiaro.
Finchè non maltrattano i miei (e sottolineo miei) libri, possono leggere finchè
pare loro.
Ah, e nel caso ve lo stiate chiedendo, l’”incidente” fra Lucifer e
la capitana si è risolto senza spargimenti di sangue o di qualsiasi altro fluido
vitale. Mi sono semplicemente limitato ad assumere l’aspetto della vicecapitana
Flamia e a spiegare ad Eliechan-sama che in biblioteca non c’era nulla che non
andava. Certo, ci ho messo un po’ di tempo a convincerla, anche perché era
passata alla Beast Form e non era certo dell’umore per scendere tanto facilmente
a più miti consigli, ma alla fine sono riuscito a dissuaderla dall’entrare nel
mio sancta sanctorum e combinare un macello.
Comunque sia chiaro, non potrò
proteggerlo per sempre. Un giorno ci proverà con la persona sbagliata (leggi: ci
proverà con la capitana quando io non sarò nei paraggi) e allora, beh… peccato
per lui.
In effetti, pensandoci con il senno di poi, avrei potuto
trasformarmi in un’altra persona che sicuramente sarebbe riuscita a
tranquillizzare Eliechan-sama in un quarto di secondo, ma… ecco…
Beh,
lasciamo perdere.
Ah, nel caso ve lo steste chiedendo, posso assumere
l’aspetto di chiunque. Di qualunque cosa abbia un aspetto umanoide, a dire il
vero. Posso farmi spuntare ali, artigli, coda, orecchie supplementari…
No,
non ridete. Una volta mi è capitato di doverlo fare.
Non è una bella
esperienza.
Comunque sia, alle nove del mattino, apro sempre la biblioteca.
E inizia subito il viavai di persone.
“Hai qualcosa di psicologicamente distruttivo
per torturare i prigionieri?”.
““Tre metri sopra il cielo” può andare? Se
vuoi ho anche il seguito. Però devi stare attento e maneggiare i volumi con
cura…”.
“Perché? Sono molto rari e preziosi?”.
“Scherzi? In qualunque
libreria te li tirerebbero dietro. Ma sono più cariogenici delle Winx, di Sailor
Moon e di un esercito di Teletubbies messi insieme; devo infilarli in buste di
protezione a sette strati, perché se tu o un altro mazoku provate anche solo a
maneggiarli a mani nude vi vengono delle bolle grosse così!”.
“Salve, libraio, ti hanno restituito la serie completa di
Rave che ti avevo chiesto di tenermi da parte?”.
“Grunf”. (Per
inciso, ci sono solo due persone a bordo che possono dare del tu alla capitana.
Ma solo io posso permettermi di rispondere alle sue domande con un grugnito. Non
che le abbia mai chiesto il permesso, eh. Però posso farlo).
“Sempre
di molte parole come al solito, eh? Allora, ce l’hai sì o no?”.
“Sì…Ecco qua.
E stia molto attenta al numero 14, la copertina inizia a scollarsi”.
“Lo
tratterò con ogni riguardo, non preoccuparti!”.
“Grunf”.
Ore dodici, pausa pranzo.
Ringrazio il mio bizzarro
corpo che mi permette di non dover mangiare (purtroppo mi impone di dormire, ma
sulla cosa sto comunque lavorando…). Mentre la biblioteca si svuota per metà e
vi rimangono solo i mazoku, io posso mettermi seduto a terra dietro la mia
scrivania a leggermi in santa pace per la settecentoventiquattresima volta
(tengo il conto preciso di quante volte io abbia riletto un libro. Può sempre
essere utile. Non so per cosa, al momento, ma potrebbe esserlo in futuro) “Harry
Potter e il principe mezzosangue”.
Black Mokona serve al banco, e riesce a
cavarsela piuttosto bene, per essere un piccoletto di venti centimetri che sa
dire soltanto Puuh. (Puuh! Ahia! Ti ho detto di smetterla di
picchiarmi!).
Lucifer se ne è andato per i fatti suoi, immagino a
“familiarizzare” con qualsiasi altro membro dell’equipaggio di sesso femminile
becchi in giro per i corridoi (praticamente ci ha provato con tutte tranne che
con Uuuh-chan…) e io posso leggere in santa pace.
Come al solito, quando
leggo mi rilasso sempre molto e perdo la mia aria burbera. Dopo un po’ inizio
anche a canticchiare:
Hito ha dare mo umareta imi o
sagashite toki
o samayou no
wasurenai de futatsu no tsuki ga
kasanari au toki
o...(1)
Ore due.
Improvvisamente, il dramma.
Senza nessun
motivo particolare, la biblioteca si svuota. Ovviamente il realtà il motivo c’è:
la stanza deserta è uno scenario perfetto per rendere ancora più tremendo ciò
che sta per accadere.
Dovete sapere che ci sono solo due cose nell’Universo
che mi intimoriscono.
Una è la magia, principalmente per il fatto che sono
fisiologicamente incapace di praticarla. Nemmeno un Lighting, nemmeno un
trucchettino da circo, niente. E sebbene io sia immune al fuoco,
all’elettricità, all’avvelenamento e a parecchie altre cose, la magia può
procurarmi danni molto ma molto seri.
Così, giusto per non trovarmi
impreparato di fronte ad un nemico in grado di usare la magia, ho studiato tutti
i testi di teoria magica sul quale sono riuscito a mettere le mani. Non potrò
usare nessun’arte magica, ma posso vantarmi di essere uno dei più grandi esperti
esistenti al riguardo.
Per quanto riguarda la seconda cosa di cui ho paura,
beh…
La porta della biblioteca si aprì.
Ed nella stanza entrò l’essere più
spaventoso che viaggia sulla Queen of Darkness.
“Salve, signor bibliotecario,
è qui? E’ arrivato il libro sui Blues Brothers che le avevo chiesto? Oh, ciao,
Mokona-chan, quanto sei carino!” esclamò Kotaro.
Ero ancora seduto dietro il
bancone. Il libro mi cadde dalle mani, atterrando con un tonfo leggero a terra;
il respiro mi si mozzò, mentre venivo preso da un tremito incontrollabile.
La
seconda cosa di cui ho paura sono gli orsi.
Ovviamente la colpa non è di Kotaro. Piuttosto, è di
quell’infame di Ernie McMillan.
Quando ancora ero un essere umano era il mio
vicino di casa.
Mai vista una persona più pomposa di lui. Ovviamente io lo
prendevo in giro (da umano il mio carattere era più o meno come quello che ho
ora… Anzi, forse ero pure peggio), anche se effettivamente dato che io ero un
Magonò, sarebbe dovuto essere il contrario.
Ma chi avrebbe mai immaginato
che, mentre rincasavo dalla biblioteca rimasta aperta fino a tardi durante una
notte di luna piena, il gigantesco orso bruno che comparve all’improvviso in
fondo ad una stradina deserta che percorrevo per accorciare il tragitto,
mostrandomi una chiostra di minacciosi denti aguzzi e uno sguardo tutt’altro che
amichevole, e che iniziò a caracollare verso di me a gran velocità prima che io
avessi anche il tempo di reagire, fosse proprio Ernie McMillan?
Io non ci
avrei scommesso sopra neanche fosse stata in gioco la mia vita.
Sapevo che,
nonostante la licantropia più diffusa fosse quella che mutava le persone in lupi
(come dice anche il nome stesso della malattia), ne esistevano altre forme,
molto più rare. E molto più pericolose.
Non che me ne potessi fare molto di
un’informazione del genere, dato che stavo correndo per salvarmi la vita con un
grizzly mannaro che mi rincorreva e stava guadagnando terreno.
Beh, è vero.
Pensandoci bene se sono morto la colpa non è esattamente di Ernie. Nel senso che
non è stato lui ad uccidermi, quanto più la parte frontale di una Ford.
Certo è che se non avesse deciso di inseguire proprio me, sicuramente non
sarei sbucato sulla strada principale correndo a velocità folle e completamente
dimentico del mondo che mi circondava, e non mi sarei certo ritrovato proprio
davanti ad un’automobile guidata da un paio di universitari già ubriachi alle
dieci e mezza di sera.
La colpa è sua, no?
Beh, sì, anche gli studenti
ci hanno messo del loro, ma quei due non li avevo mai visti prima, non posso
certo serbare rancore verso due emeriti sconosciuti!
Comunque, non posso
certo lamentarmi della mia nuova condizione, tutt’altro.
Ora ho molto, molto
più tempo per poter leggere.
Ma gli orsi continuano a farmi una paura
folle.
“Signor bibliotecario? Signor bibliotecario? Non si sente
bene, per caso?” la voce di Kotaro mi riporta alla
realtà.
Purtroppo.
“N-no, v-va t-t-t-tutto a m-m-meraviglia!” esclamo,
iniziando a balbettare violentemente. La mia faccia ha deciso che non le va più
di muoversi, e ho in volto l’espressione vivace di una persona colpita da una
paresi.
Kotaro mi fissa dubbioso, e il sudore comincia a scorrermi in
rivoletti gelidi lungo la fronte (la mia temperatura corporea non supera mai i
26 gradi, se la cosa può interessarvi). “No, perché la vedo un po’ pallido… E
poi sta tremando…”.
Cerco di calmare il tremito folle che mi scuote le mani
serrandole a pugno e infilandomi le unghie nella pelle dei palmi. “N-non c’è
n-n-n-ness-sun pr-problema, davv-v-vvero!” riesco a borbottare.
Le mie gambe
stanno per cedere, me lo sento.
“Ah, giusto, il libro che le avevo chiesto è
arrivato?” ripete il ragazzo-orso, con un sorriso che avrebbe sciolto
chiunque.
Non è una metafora.
“Signor bibliotecario, sta succedendo
qualcosa di strano alla sua faccia” mi informa Kotaro, visibilmente preoccupato.
Cerco disperatamente di ritrovare la stabilità necessaria a mantenere una forma
fisica unitaria, ma il mio naso non è della stessa opinione, tanto che continua
a girare beato in quel della fronte.
“Scommetto che non si sente bene ma non
lo vuole dire per non lasciare incustodita la biblioteca” continua Kotaro “Ma
c’è qui Mokona che può sostituirla! So esattamente quello che ci vuole per lei:
adesso la accompagno in camera mia e le preparo una bella tazza di tè. Poi
attacco il lettore DVD alla televisione, così potremo guardarci qualche film, la
aiuterà a rilassarsi!”.
Aiuto.
“Mi faccia pensare, che cosa le potrebbe
piacere? Potremmo cominciare con “Il libro della giungla”…”.
No, ti prego,
c’è Baloo lì dentro…
“… poi potremmo passare a “Winnie the Pooh”…”.
Ditemi
che è un incubo. Per favore.
“… e possiamo concludere con il mio preferito,
“Koda fratello orso”!” termina Kotaro, un sorrisone innocente sul
volto.
Colpo di grazia.
Crollo a terra. Poi, il nero.
“Finalmente ti sei svegliato, Dk…”.
“Sono in paradiso?
Sei un angelo?”.
“No, sono Kudamono e questa è l’infermeria. Non dovresti
essere l’intellettuale di bordo, tu? Ti facevo un po’ più sveglio di
così…”.
“Come… come ci sono arrivato qui?”.
“Ti hanno portato qui quella
palla di pelo nera che ti porti sempre dietro e Kotaro. Sembrava molto
preoccupato, ti sta aspettando qui fuori… Oh, cavolo, ha di nuovo perso i
sensi?”.
Ore cinque e mezza.
Dopo essere riuscito a
sgattaiolare fuori dall’infermeria assumendo l’aspetto di Kudamono (e
sforzandomi per non perdere il controllo della trasformazione mentre passavo
davanti a Kotaro), sono finalmente riuscito a rientrare nella mia amata
biblioteca.
Proprio in tempo per l’ora di chiusura.
E, come tutte le
volte, mi tocca attivare la tecnica segreta per far uscire dalla sala i Mazoku
(che sono tipicamente noti per fare le cose con molta calma e per non essere
granchè rispettosi per quanto riguarda leggi ed orari); alzo il volume del mio
super impianto audio che di solito collego alla televisione per guardarmi i miei
anime demenziali preferiti, inserisco un cd nel lettore e faccio partire una
canzone…
Kaze yo, watashi wa osorenai!
Ai ko so
mitsukedashita kiseki yo!
Kimi wo shinjiteru yorokobi.
Arashi wa ai ni
kizuku tameni fuiteru...(2)
Risultato? I Mazoku fuggono cercando contemporaneamente
di tapparsi le orecchie e di reggersi lo stomaco (con tentativi assai scarsi).
Anche tutti gli altri escono in maniera più o meno ordinata (però credo che
metterò delle punte acuminate in cima agli scaffali. Così almeno Purin la
smetterà di salirci sopra).
Ma, mentre mi sto avviando a chiudere la porta e
a godermi un po’ di riposo dopo la traumatica giornata (nonché la
centoventiquattresima visione di tutti e sei gli OAV di FLCL), nella biblioteca
rientra Kotaro, accompagnato dal Black Mokona che mi fissa sogghignando sotto le
sue guanciotte pucciose.
Il mio corpo per una volta si dimostra più veloce
della mia mente, e le mie gambe iniziano ad indietreggiare prima che l’impulso
di terrore irradiato dal mio cervello le raggiunga. Dopo pochi secondi, però, mi
trovo con le spalle al muro; anzi, allo scaffale. Kotaro avanza verso di me,
fissandomi preoccupato e dicendo: “Si sente bene, signor bibliotecario? Sapesse
com’ero preoccupato quando ho scoperto che era uscito dall’infermeria senza dire
nulla!”.
Il tempo sembra rallentarsi. Fra qualche secondo Kotaro sarà di
fronte a me, e allora…
E allora, cosa?
Finalmente ho capito. E’
esattamente come per la magia!
Fino a che non avevo deciso di comprenderla
meglio studiando tutti i libri che avevo trovato sull’argomento, mi aveva sempre
intimorito. Ma è stupido avere paura di qualcosa che si conosce, no?
“Ah,
quasi dimenticavo il mio libro sui Blues Brothers! E’ arrivato o no?” chiese
Kotaro sorridendo.
La mia mano vaga sullo scaffale dietro di me, e alla fine
estrae un libro: quello giusto, come sempre.
“Ecco a te” dico, con il tono di
voce più normale possibile “Mi dispiace di essermi comportato in modo un po’
bizzarro, oggi” aggiungo.
Kotaro mi prende il libro dalle mani (provo un
brivido, ma piccolo), lo fissa, poi mi sorride: “Grazie, signor bibliotecario,
lo aspettavo da tanto”.
E poi…
Mi abbraccia.
Credo che domani la
biblioteca rimarrà chiusa.
Bene, ho finito il primo capitolo. Come ti è
parso?
Io non compaio abbastanza.
Ovvio, è la storia
della mia vita. Scriviti un libro sulla tua, se vuoi comparire di
più!
Veramente lo sto già facendo, e ho scritto molto più di
te!
Sì, come no… Qualcos’altro che non va?
Sì. Cioè,
no. Nel senso, se a te va bene fare la figura del fesso…
Ehi, io
sto solo raccontando la verità! C’è qualcosa di sbagliato in tutto
questo?
Puuh…
No…
...
...
Puh-uh-uh-uh-uh-uh-uh-uh!
Ahahahahahahahahahahahah!
…
Puh-uh-uh-uh-uh-uh-uh-uh!
Ahahahahahahahahahahah!
…Vado
a sciogliere i cani.
FINE
(1) La canzone che canticchio è la opening dell'anime "Silent Mobius", ovvero "Kindan no Pense". Il testo tradotto, piuttosto incomprensibile come quello di maggior parte delle opening e delle ending originali, suona più o meno così: "Le persone vagano cercando la ragione per la quale sono nate. Non dimenticare il momento in cui le due lune passeranno l'una sull'altra".
(2) Questa invece è la opening della seconda serie
dell'anime fantasy "Record of Lodoss War", nonchè una delle mie canzoni
preferite.
Si intitola "Kiseki no Umi" (Il mare dei miracoli) e la strofa che
ho riportato nella storia - l'ultima, per inciso - suona più o meno così: "Oh,
vento, non ho più paura! L'amore è il miracolo che ho trovato! La mia gioia è
credere in te. La tempesta soffierà via perchè noi possiamo esprimere (il
nostro) amore". Capite quindi perchè ai Mazoku faccia quell'effetto...
:twisted: