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Autore: Lesty    12/10/2011    0 recensioni
C'è chi va in chiesa per pregare, chi per nascondersi, chi per chiedere aiuto. E c'è chi lo fa per ricercare un cuore ormai andato in frantumi.
E poi c'è Leslie, un altro bastardo senza cuore.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Nuovo personaggio, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 17 - El Cabildo

 

New Orleans, 1766.

Appariva ancora molto giovane, il creolo, dimostrava appena sedici anni. Eppure, per essere una nazione, era cresciuto piuttosto in fretta. Si era lasciato l’infanzia alle spalle per farsi uomo contro il dominatore.
Sin dal primo giorno, Leslie aveva odiato Antonio. Non perché fosse scortese o antipatico, ma perché non era Francis. Leslie credeva che Antonio lo avesse tolto dalle braccia del francese, incapace di credere a un abbandono da parte di quest’ultimo. Per questo aveva sempre cercato di toglierselo dai piedi, purtroppo vanamente.
Lo spagnolo era affabile, divertente, bello al punto di mettere in moto nel ragazzo un ardore che non avrebbe mai voluto provare.
Ma resisteva, tenacemente attaccato ai ricordi del passato, fedele al suo bel francese.
Leslie continuava a progettare escamotages per liberarsi di Antonio finché, stufo di sprecare tempo in congetture, decise di passare all’azione.
Col prezioso aiuto di sua sorella pianificò quella che nella sua mente doveva essere la tanto agognata liberazione dagli spagnoli; quella che passò alla storia come un bagno di sangue.

 
Era tutto pronto. La popolazione era armata, gli organizzatori si erano accordati sui dettagli della rivolta  e nell’aria già si avvertiva la tensione.
Leslie, per tenere fuori dai combattimenti sua sorella, l’aveva mandata a Baton Rouge ad intrattenere Antonio, come solo lei sapeva fare.
Molte donne si erano barricate in casa con i figli, mentre gli uomini attendevano il momento giusto. Quando giunse, Leslie era in mezzo ai capi della rivolta, con il fucile in una mano e una sciabola nell’altra, e una furia omicida negli occhi.
Chiunque lo vide combattere quel giorno rimase stupito dalla sua ferocia e l’assenza di misericordia che dimostrava nei confronti dei soldati spagnoli.
Quell’accozzaglia di cittadini male armati ma decisi a vincere, armati soprattutto della propria determinazione, fece fuggire il governatore spagnolo.
Leslie, ebbro di sangue e violenza, festeggiò quella inaspettata vittoria con una sbornia leggendaria, circondato dagli abitanti di New Orleans e alcuni visionari che credevano ora possibile restituire la Louisiana ai francesi.

 
Pochi giorni dopo, quell’illusione fu spazzata via dall’arrivo di un reggimento di cavalieri spagnoli. Alla testa dei soldati c’erano due uomini, il governatore e Antonio, quest’ultimo che portava sulla sella una ragazza. Si trattava di Kaitlyn, legata e con una vistosa fasciatura su una coscia.
I capi della rivolta furono arrestati furono arrestati e condannati a morte, mentre Antonio trascinava Leslie nelle cantine del Cabildo.
Il creolo scalciava e tirava pugni, mentre gli sputava addosso maledizioni in francese. Tutto ciò che ne ricavò fu un pugno che gli offuscò la vista, lasciandolo senza fiato e indifeso, tanto che non riuscì ad opporre resistenza quando lo spagnolo lo incatenò con le braccia legate al soffitto, strappandogli di dosso gli eleganti abiti parigini.
Leslie riacquistò la lucidità, trovandosi immobilizzato e nudo. Antonio gli era alle spalle, con un gatto a nove code tra le mani e un umore particolarmente nero.
-Così volevi liberarti di me, niño? Volevi tornare da Françis.- la sua voce, calma nonostante la rabbia che provava, sarebbe bastata per spaventare chiunque, ma non il ragazzo.
-Stai zitto. Non meriti neanche di nominarlo!- sibilò Leslie.
-Non ne sono degno? Io e Françis siamo cresciuti insieme. Se pensi di conoscerlo solo per esserti fatto scopare da lui, ti sbagli. E lo dimostra il fatto che ti ha venduto a me.-
La prima frustrata raggiunse il creolo sulle reni, strappandogli un urlo di dolore.
Il sangue iniziò a scorrere copioso, formando una piccola pozza di sangue ai piedi del giovane.
Leslie serrò i denti per non gridare, mentre la frusta si abbatteva sulla sua schiena due, tre, quattro volte. Lo spagnolo spostò la mira prendendo a colpirlo rapidamente e ripetutamente sulle gambe. Il creolo crollò in ginocchio, sorretto solo dalle catene che pendevano dal soffitto.
-Françis non mi ha venduto. Lui mi ama!- non c’erano lacrime a rigare il volto del creolo, sostenuto dall’amore che lo legava al francese.
-Oh, certo. E ama anche Alfred, Matthew, Arthur, Gilbert...me. Cosa c’è, non avrai davvero creduto alla storia “Lui è il mio migliore amico. Non ti tradirei con nessuno, figurati con lui.”?- Antonio rise a lungo, ma senza allegria. Leslie rimase con gli occhi sgranati, senza credere a quelle parole.
-Non ti credo.- rispose infatti, con la voce spezzata dai rantoli di dolore.
-Problemi tuoi. Non mi interessa cosa credi. Sappi solo che dopo questa notte, Françis perderà quel poco di interesse per te che gli è rimasto.-
Oltre l’annebbiamento causato dal dolore, quelle parole raggiunsero la mente di Leslie facendo scattare un campanello d’allarme.
Antonio gli girò intorno, fronteggiandolo, e fece calare la frusta sul petto nudo del ragazzo. La sferzata fu inflitta con tanta violenza da lasciargli tagli profondi un pollice.
Stavolta Leslie, pur riuscendo a rimanere in silenzio, crollò privo di sensi.

 
Fu nuovamente un’atroce sofferenza a risvegliarlo. La ruvida parete gli scorticava la schiena massacrata, mentre un dolore lancinante gli infiammava le viscere. Sembrava come se il suo corpo si stesse spaccando a metà.
Le palpebre si riaprirono a fatica, rivelando qualcosa di assolutamente bestiale. Antonio lo stava violentando con movimenti violenti e metodici, volti a infliggergli il maggior dolore. Lo sbatteva al muro con forza, facendo sanguinare le scudisciate alla schiena, togliendogli il respiro.
Leslie iniziò a urlare, di dolore, di rabbia, di umiliazione. Gli gridava di lasciarlo andare, perché lui non era una puttana da sbattere a proprio piacimento.
E continuò ad urlare finché non ebbe più voce, quando sentì la gola arsa e il sangue che ormai gli scorreva tra le cosce.
Allora rimase in silenzio, senza un gemito, concentrato a ricacciare indietro le lacrime e ad evocare i migliori momenti passati con Françis.
Sentì Antonio abbandonarsi per alcuni istanti contro di lui, scosso dai tremiti dell’orgasmo. Cercò allora di sferrargli una ginocchiata per liberarsi di lui, ma le gambe non si muovevano.
Lo spagnolo uscì dal suo corpo rapidamente, aprendo nuove ferite sulla pelle pallida del creolo.
Leslie rimase lì, a terra, appeso come un prigioniero medievale.
Non una lacrima era scesa dagli occhi castani e mai aveva chiesto pietà.
Rivolse ad Antonio un sorriso beffardo per dirgli “Io non mi piego”.

 
La mattina dopo, all’alba, lo trascinarono ad assistere all’esecuzione dei capi della rivolta. Leslie vi assistette in silenzio, senza mai distogliere lo sguardo, né una lacrima né una supplica ruppero la sua imperturbabilità. Mentalmente, però, pregava di avere la forza di resistere alle violenze del dominatore, così da non vanificare quelle morti.
Lo riportarono in cella, dove c’era ad attenderlo Antonio con la frusta in mano. Il creolo chiuse gli occhi, immergendosi in una dolce nebbia di ricordi, mentre la frusta tornava ad incidergli nella carne la rabbia del suo possessore.
Solo, non c’era Françis a stringerlo a sé mentre Antonio lo violava.
Una deliziosa tenebra lo avvolse nel suo pietoso abbraccio, lasciando allo spagnolo solo un corpo martoriato.
E di nuovo, sul giovane volto comparve quel sorriso di sfida.

 
-Giura che non ci proverai mai più, e tutto questo finirà.-
Antonio gli parlava dall’angolo della cella, promettendogli perdono.
Leslie rise, nonostante il sangue che sentiva in bocca.
-Lo rifarò, puoi starne certo. E un giorno riuscirò a mandarti via!-
Questa volta Leslie seppe il numero delle frustate, perché lo spagnolo le contò a voce alta fino a fargli perdere i sensi.
Il sangue gli scorreva addosso, formando come un manto cremisi sulla porcellana che era la sua pelle.
Mentre la frusta sibilava sulla sua carne, Leslie rideva, spezzando i nervi allo spagnolo.
Si sentiva già vincitore.

 
Il giorno seguente, il creolo si svegliò dolorante ma con un soverchiante senso di vittoria. Sapeva che in nessun modo Antonio sarebbe riuscito a piegarlo.
Il soldato che faceva la guardia gli aveva molto pietosamente infilato le brache e lo aveva fatto bere. Colpito da quel gesto, Leslie aveva guardato il soldato negli occhi, parlandogli in francese.
-Tu non sai cosa significa attendere per anni la persona che ami.-
Il soldato non capì le parole, ma il senso della frase lo raggiunse.
E fu la sua frase di conforto che sostenne il giovane negli anni a venire.
-Ten fé, su amado volverà.-

 
Passò una settimana intera, scandita solo dalle frustate e dai ripetuti stupri. Ogni giorno Antonio se ne andava sempre più frustrato, mentre Leslie era stanco ma sfrontato.
Ma il tramonto dell’ottavo giorno, il creolo capì di aver perso. Lo comprese quando sentì la voce di sua sorella che veniva trascinata lì sotto da Antonio. Quando se la trovò davanti, spinta dallo spagnolo e con una macchia di sangue secco sugli abiti, perse il sangue freddo e iniziò ad urlare addosso ad Antonio.
-Lasciala andare, maledetto! Lei non c’entra niente!-
Antonio sorrise sadicamente, avvicinando il viso a quello di Kaitlyn e stringendole il fianco con una mano, mentre con l’altra le teneva la bocca chiusa.
-Potrei fare a lei quello che ho fatto a te…e tu guarderesti mentre mi diverto un po’.-
A quella minaccia Leslie impallidì e sentì le gambe cedergli.
-Va bene.- la voce era un sussurro, dietro la cascata castana dei capelli che gli coprivano il volto.
-Va bene.- ripeté -Hai vinto tu. Lasciala andare.-
Antonio si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto.
-Come posso crederti?-
-Perché te lo giuro sul mio onore. Ti do la mia parola che non mi rivolterò mai più contro di te.-
Antonio portò via Kaitlyn, lasciando il giovane a ingoiare la vergogna che provava.
Fuori, la voce di sua sorella lo chiamava con grida addolorate.

 
Negli anni che seguirono, Leslie non tentò mai più di ribellarsi. Rimase semplicemente ad attendere con rassegnazione che Françis venisse a riprenderselo. I segni delle scudisciate scomparvero dal suo corpo, come se non fossero mai state inflitte. Ma i segni delle catene sui polsi gli rimasero addosso per sempre, a ricordargli del giorno in cui, per proteggere colei che era la sua famiglia, aveva tradito la sua promessa di non arrendersi mai.
Antonio aveva vinto.
E Leslie, ancora una volta, era solo un bambino perduto, indifeso contro la violenza del tempo.

   
 
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