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Autore: Slytherin Nikla    19/06/2006    2 recensioni
La morte di Silente, una fuga nella notte, gli artigli di un ippogrifo
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I Mangiamorte superstiti correvano il più velocemente possibile, per raggiungere i confini di Hogwarts e potersi di nuovo Materializzare. Il Mangiamorte biondo, notò Malfoy, si muoveva come un grosso scimpanzé, con la stessa dose di grazia; i fratelli, Amycus e Alecto, erano semplicemente grotteschi, se non ridicoli. Severus Piton corse fino ai cancelli con un enorme sforzo, e non appena li ebbe oltrepassati crollò a terra privo di sensi.

Draco Malfoy spalancò il portone del castello con un tonfo che riecheggiò per quasi un minuto, cercando di sorreggere – ma in realtà, quasi trascinandolo – il professor Piton. Narcissa comparve in cima alle scale, pallida come non mai, e lanciando un alto grido corse verso suo figlio.

« Che cosa è successo, Draco? Stai bene? Silente è… » Il ragazzo si diresse con fatica verso il salone alla propria destra, sempre con il corpo di Piton sulle spalle.

« Sì, madre. È morto » Lasciò cadere il professore su un divano. Poi, guardò Narcissa con occhi pieni di terrore. « Non sono stato io, l’ha fatto lui » Lo sguardo della donna si posò, come se lo vedesse per la prima volta, sul corpo esanime che suo figlio aveva malamente riversato davanti a lei. Sanguinava copiosamente, e solo da quel particolare lei poté rendersi conto che non era ancora morto. Sconvolta per lo stato in cui si trovava Draco e per le condizioni dell’uomo alla cui protezione lo aveva affidato, Narcissa Malfoy agitò la bacchetta e, dopo aver fatto levitare Severus Piton, mutò il divano in letto, adagiandovi con quanta più cura potesse il corpo martoriato dalle ferite.

« Che cosa… »

« Quel maledetto ippogrifo, madre. Lo ha aggredito per difendere… » Narcissa inspirò lentamente senza guardare suo figlio, e concluse la frase al suo posto.

« Harry Potter, immagino ». Il petto di Draco Malfoy ribollì di rabbia.

« Sì, naturalmente. Lui, sempre lui ». Draco rivolse un’occhiata colpevole al suo professore. Finalmente, aveva capito con quale scopo aveva cercato per tutto l’anno di dissuaderlo dalla missione. « È colpa mia, madre. Puoi fare qualcosa? » La bellissima moglie di Lucius Malfoy osservò per qualche istante il sangue che continuava, lentamente ma inesorabilmente, a scorrere dalle profonde ferite sul volto e sul petto di Severus Piton.

« Non lo so, figlio mio, non lo so. Ma di sicuro, non posso farlo qui » Batté con forza le mani, e due elfe domestiche si materializzarono davanti a loro. « Portatelo nelle mie stanze, subito. Con – delicatezza! » Impartì, con rabbia, di fronte alle mani sudicie che calavano con malagrazia sull’uomo che gemeva in preda al dolore. « Draco… »

« Madre, io… » Per la prima volta da quando era al mondo, Draco Malfoy temeva ciò che sua madre avrebbe potuto dirgli dopo il fallimento. Ma si accorse che non aveva mai capito nulla di lei quando la vide sorridere; un sorriso debole e carico di tristezza, ma senza dubbio un sorriso.

« Sono fiera di te, Draco »

« Fiera? Ma io ho… » Si fermò bruscamente: non era in grado di sentire la propria voce che lo diceva.

« Fallito, sì. Lo so. E per questo sono fiera di te… » Draco credette di vedere lo sguardo di sua madre addolcirsi, ma non durò a lungo. « Però ora devi nasconderti. Non puoi rimanere qui, ti troverebbe subito » Il ragazzo rimase senza parole, come se sulle prime non avesse capito ciò che lei gli aveva appena detto.

« Ma, madre, non posso farlo. Tu rimarresti senza protezioni, e lui ha detto che… »

« Il fatto che tu ti consideri forte, Draco, non significa che lo sia più di me. So trattare con l’Oscuro Signore… E so difendermi da sola, se è questo ciò per cui sei tanto in pensiero »

« Non posso andarmene, madre! » La voce di Narcissa Black si indurì.

« Non m’importa se non puoi. Tu – te – ne – andrai! È chiaro? Sappi che è un ordine, Draco. E come in più occasioni ti ha insegnato tuo padre, non ti è lecito disobbedire agli ordini ». La guardò quasi senza riconoscerla, incredulo lui stesso della forza e della decisione che sua madre stava dimostrando. In fondo al cuore, ne fu felice.

« Ma dove… » Narcissa batté le mani un’altra volta, e il fuoco nel camino ruggì. Le fiamme divennero verdi e ne uscirono due uomini che Draco non aveva mai visto prima, coperti da pesanti mantelli.

« Adesso basta domande, Draco. Li seguirai subito, senza discussioni; il luogo dove ti porteranno è sicuro, l’Oscuro Signore non ne sospetta neppure l’esistenza… Ne siamo certi » Si avvicinò a suo figlio, e lo abbracciò con più calore di quanto avesse mai fatto da quando era nato. « Fa’ attenzione, ti prego »

« Madre, se Piton dovesse… »

« Mi occuperò io di lui, te lo prometto. Non gli accadrà nulla… Ora vai ».

I due uomini usciti dal camino afferrarono Draco, uno per parte, e si smaterializzarono. Narcissa Black Malfoy scosse la testa con tristezza, chiedendosi se avrebbe mai rivisto suo figlio e soprattutto se la Spelonca Russa sarebbe stata un luogo abbastanza lontano da Lord Voldemort per assicurargli un futuro.

Si materializzò al piano superiore, ben sapendo di avere già sprecato abbastanza tempo e sperando che non fosse stato troppo. Come da ordini le due elfe stavano tentando di arrestare la fuoriuscita del sangue, ma la loro magia era troppo debole e la rallentava soltanto. Con un impeto di frustrazione e di rabbia, Narcissa sibilò loro di andarsene.

« Lasciatemi sola, immediatamente! » Rimboccò rapidamente le maniche del vestito, non tanto per il timore di sporcarlo quanto piuttosto perché non le intralciassero i movimenti, e iniziò con delicatezza a sbottonare la livrea nera di Severus. Sentì le dita tremare, scivolare sul sangue che aveva impregnato i vestiti, ma procedette inesorabile. Allentò lentamente la sciarpa nera dal suo collo, e infine slacciò i legacci della camicia ormai non più bianca ma di un rosso ogni istante più cupo. Sollevò con estrema cura i lembi di stoffa dalla carne ferita, poi si bloccò, inorridita, ad osservare lo scempio che gli artigli dell’ippogrifo avevano compiuto sul corpo ben disegnato dell’uomo in cui riponeva più fiducia che in chiunque altro. Gli accarezzò una guancia sussurrando il suo nome, ma non ottenne risultati. Era privo di conoscenza, e Narcissa si ritrovò a pregare perché non fosse davvero troppo tardi per salvarlo.

Le ferite di ippogrifo erano difficili da guarire perché estremamente velenose… Ce la farò, Severus, non ti lascio morire. Iniziò a far scivolare la bacchetta lentamente sopra di esse, mormorando senza tregua.

« Exaresco. Exaresco… Exaresco! » Il sangue prese ad essiccarsi con sempre maggiore rapidità, ma lo spettacolo era terribile. Aveva gridato, cercando di fermare il dissanguamento dal volto, disperata al pensiero che forse i lineamenti cui tanto era legata non sarebbero mai più tornati quelli di prima. Il lavoro fu lungo, e molto faticoso, ma dopo più di un’ora i tagli non sanguinavano più. Certo perché si rimarginassero sarebbe passato molto tempo… Ma almeno per il momento, Severus non sarebbe morto.

Ora però doveva ripulirlo, non poteva certo lasciarlo così… Si domandò se non fosse meglio farlo con la magia, ma alla fine decise di no: le sembrava così distaccato, così impersonale!

« Aguamenti ». Il bacile che aveva appena materializzato si riempì di acqua limpida, nella quale Narcissa immerse delle garze. Prese a lavare con quanta più attenzione poteva il torace di Severus Piton, cercando in ogni modo di non procurargli dolore. Sapeva che non lo avrebbe avvertito, privo di sensi com’era, ma le sembrava una crudeltà trattare sbrigativamente le sue ferite solo perché lui non poteva accorgersene. Bendò le ferite nell’eventualità che riprendessero a sanguinare, poi si dedicò a ripulire il sangue ormai rappreso dal bel volto incorniciato dai capelli neri. E, con sua sorpresa, fu incredibilmente difficile: mano a mano che la pelle di Severus riprendeva il naturale pallore sotto le dita abili e amorevoli di Narcissa che vi strofinava piano la garza, le ferite che venivano alla luce risaltavano in maniera orribile.

« Cielo, Severus… Che cosa ti ha fatto quel mostro » Non era riuscita a trattenersi, a tacere, lo spettacolo davanti ai suoi occhi era così insostenibile! Il viso di Severus Piton, i suoi lineamenti delicati e pronunciati al tempo stesso che lo avevano sempre reso tanto interessante, erano irriconoscibili; gli artigli di Fierobecco, l’ippogrifo che aveva aggredito Draco al suo terzo anno, avevano fatto una nuova vittima. E non si trattava di una sciocchezza questa volta, pensò Narcissa con orrore… Dubitava che esistesse un mago abbastanza forte da riportare le sembianze dell’uomo cui la legava la più profonda amicizia alle condizioni di quando lo aveva conosciuto, adesso era così…

Scosse la testa con un moto di rabbia. No, non lo avrebbe detto. Non poteva farlo, non dopo ciò che lui aveva rischiato pur di non tradire la promessa che le aveva fatto. Lo accarezzò con tutto l’amore di cui era capace, un amore che, lo avevano sempre saputo entrambi, non sarebbe mai appartenuto a Severus; lo accarezzò come se si fosse trattato di Lucius, trasferendo su di lui la frustrazione di non poter essere accanto a suo marito e sperando, con quel gesto disperato, di aiutare almeno il loro più caro amico a guarire.

« Il tuo aspetto non cambierà le cose, Severus, » sussurrò, pur sapendo che il mago non poteva sentirla « non le cambierà mai… Ti voglio bene, amico mio, e te ne vorrò comunque… » Per un istante, Piton parve riprendere conoscenza.

« Narcissa… » La sua mano si staccò impercettibilmente dalle coperte, cercando quella della donna che fu pronta a stringerla tra le sue. « Resta… » Parlava a fatica, quasi senza fiato per il dolore che si risvegliava con lui « …con… me… » Narcissa ebbe appena il tempo di sussurrargli che sì, non lo avrebbe lasciato, si sarebbe presa cura di lui. Non ti lascerò morire, mio dolce amico. Non dopo quel che hai fatto per mio figlio… Ti sono debitrice per la vita.

E la testa di Severus Piton scivolò di lato. Era svenuto di nuovo.

Narcissa Black Malfoy, elegantissima e nobile moglie di Lucius Malfoy, incantò le coperte perché scaldassero il loro amico e alleato senza provocargli sofferenza. Poi, raccolti i capelli biondi sulla nuca, scese al piano inferiore dove qualcuno bussava insistentemente al portone di quercia. A metà dello scalone lucido, quello si spalancò senza che nessuno fosse andato ad aprire, rimanendo a malapena assicurato ai cardini. Non ebbe bisogno di guardare, per sapere cosa l’attendeva. Tortura, pazzia, morte se non avesse rivelato il nascondiglio di Draco.

Gli occhi rossi di Lord Voldemort brillavano nel vuoto nero della porta divelta.

  
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