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Autore: UkyTwitch    13/10/2011    3 recensioni
« Sarebbe stato fantastico se fossimo morti tutti stanotte,vero?»
Mentre il ragazzo pronunciava queste parole, a Clarissa parve che per un attimo la pioggia si fosse trasformata in neve, e che il bianco dei fiocchi si fosse confuso con quello della sua pelle.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati un paio di giorni da quando Gerard e gli altri avevano avuto quella discussione, e il ragazzo dagli occhi verdi aveva continuato a incontrare Clarissa quotidianamente, subito dopo la parata. Arrivava all’accampamento, scendeva dal carro e spariva alla vista di tutti, senza salutare né dire dove andasse. Il comportamento del fratello metteva incredibilmente a disagio Mikey, abituato a confidarsi con lui per ogni genere di cose e ritrovatosi di punto in bianco all’oscuro di tutto. Ma non era solo il modo di fare di Gerard che dava fastidio al ragazzo: dall’ultima volta che avevano parlato, Frank era costantemente nervoso, rispondeva male a tutti, diceva più parolacce del solito, si chiudeva nella roulotte a fumare, rendendo l’aria irrespirabile. Proprio per questa serie di motivi, tre giorni dopo il rimprovero fatto a Gerard, Mikey decise di chiedere consiglio a Ray e Bob e convenne con loro che qualsiasi cosa il fratello stesse facendo con quella ragazza, andava fermato. I due avevano poi condiviso col ragazzo il “piano d’azione” che avevano già preparato durante quei due giorni di silenzio.

- A meno che non le spieghi tutto, e dubito che lo farà, non c’è niente che possa fare per rendere questa relazione innocua.- Aveva commentato infine il riccio per dare coraggio a Mikey, non molto convinto dell’idea che lui e il biondo avevano avuto. – Su, ora va’ da Frank e spiegagli cosa deve fare, senza di lui non funzionerà.- Lo aveva poi spinto verso la roulotte dove il chitarrista era chiuso da almeno un’ora. Il ragazzo deglutì, poi entrò dentro.

L’aria, come previsto, era pervasa dall’odore del fumo, che rendeva l’ambiente claustrofobico e toglieva quel poco di luce che entrava dalle finestrelle. Mikey avanzò pian piano, le mani davanti a sé, col suo solito modo di fare goffo, attendendo che Frank si accorgesse di lui.

- Chi cazzo è?- Ecco. Ora non poteva più tornare indietro. Anche perché se fosse tornato indietro a mani vuote, Ray e Bob – anzi no, solo Bob – lo avrebbe picchiato.

- Sono… Sono io, Mikey…- Mormorò poco convinto il ragazzo, avvicinandosi a Frank, dopo essere riuscito a vederlo, nascosto nella penombra.

- Gerard è tornato?- Nonostante fosse arrabbiato come mai lo era stato prima, chiedeva ancora informazioni sull’amico. Mikey sorrise, rassicurato dal fatto che il chitarrista che conosceva non se ne fosse ancora andato del tutto. – No, non ancora… È per questo che sono venuto a parlarti… Io, Ray e Bob pensiamo che bisogni fare qualcosa, Frank. E ci serve il tuo aiuto. Solo tu puoi convincere Gerard a fare… A, ecco… A ubriacarsi.-

- Ubriacarsi? E perché dovrei fare una cosa tanto idiota? Non mi pare il momento per darsi ai fumi dell’alcool. – Il ragazzo aveva alzato un sopracciglio, dopo aver schiacciato col piede la cicca dell’ennesima sigaretta. Mikey sospirò, maledicendo Ray e Bob per averlo mandato là dentro: non era mai stato bravo coi discorsi, perché proprio lui? Riordinò le idee e parlò di nuovo.

- E invece è proprio il momento! Ascolta. Se noi stasera portiamo Gerard a bere… E facciamo un po’ di casino… Domani sarà troppo stanco per andare a trovare quella ragazza! Di conseguenza non si vedranno, lei si arrabbierà, si sentirà ferita, quello che vuoi… Sai come sono fatte le ragazze… E non se ne parla più!- Batté le mani fra di loro per rafforzare il concetto, poi guardò Frank in attesa della sua opinione. Il ragazzo fece un lungo sospiro, alzandosi dalla sedia dove era stato fino a quel momento. – Mikey, non lo so. Non ti sembra una cosa un po’… drastica?- Nonostante fosse arrabbiato con Gerard, rimaneva il suo migliore amico.

– Abbiamo già provato a parlarne con lui, Frank. Non ha funzionato, come hai potuto vedere. E se non capisce con le buone…- Durante la conversazione, Ray si era avvicinato all’entrata della roulotte e ora si trovava dentro di essa. Il ragazzo sospirò. – Non sono molto sicuro di questa vostra idea, ragazzi. Non lo so, ci devo pensare.- Mentre pronunciava queste parole, Bob li aveva raggiunti per avvisarli che Gerard era tornato. Mikey e Ray guardarono Frank un’ultima volta, poi si allontanarono insieme. Il chitarrista uscì per ultimo e incrociò il cantante che invece stava proprio per entrare nella roulotte; lo guardò di sottecchi, e fu sorpreso quando si fermò di fianco a lui.

- Domani mattina siamo liberi, lavoreremo nel pomeriggio.- Disse Gerard, senza rivolgergli lo sguardo, fissando dritto davanti a sé.

- E come mai questo cambio di programmi?- Anche Frank guardava fisso di fronte a sé; non voleva davvero sapere la risposta, lo aveva chiesto senza pensarci.

- Devo fare una cosa. – Il ragazzo dagli occhi verdi si mordicchiò il labbro un paio di volte, ma la sua espressione rimase neutra.

- E quale sarebbe questa cosa?- Il chitarrista, immaginando già la risposta, poteva avvertire chiaramente la rabbia crescere dentro di sé, partendo dallo stomaco per arrivare fino al petto.

- … Non sono affari che ti riguardano.- Eccola. La goccia che fece traboccare il vaso. A Frank quasi parve di sentire il rumore di un filo che si spezza, come aveva appena fatto il loro legame. Cosa stava succedendo al loro amico? Aveva dato di matto? Perché non si confidava più con loro? Era terrorizzato dall’idea che potesse abbandonarli da un momento all’altro. Nonostante si ripetesse che non era colpa sua, non poteva fare a meno di pensare alla ragazza che stava cambiando Gerard in quel modo. Subito dopo, il pensiero volò all’idea di Mikey, Bob e Ray. In quel momento provava un tale fastidio nei confronti dell’amico che non pensò due volte sul da farsi. Fece un respiro profondo, alzò le mani in segno di resa e tornò a parlare.

- Va bene, va bene… Allora immagino di non doverti dire dove vogliamo andare io e gli altri stasera…- Per la prima volta da quando avevano iniziato a conversare, Gerard volse lo sguardo verso il chitarrista. – E dove dovreste andare?-

- Oh… Non lo so… In giro magari… A divertirci un po’… Ma immagino che non ti interessi, ormai. Ora c’è quella ragazza, no?- Fece per andarsene, ma venne bloccato per un braccio, due occhi verdi puntati su di lui. – Frank, non fare l’idiota.-

- Non sono io l’idiota, qui.-

- Senti, se non vi dico dove vado vi faccio solo un favore, vista l’accoglienza che ho avuto l’altro giorno.- Gerard si stava scaldando, e Frank sapeva bene che questo lo avrebbe portato a un comportamento più impulsivo che sarebbe riuscito a manipolare molto facilmente.

- Continuo a non capire perché tu puoi tenerci segreti e noi no. – Incrociò le braccia, pronto a scagliare l’attacco decisivo.

- Cazzo, va bene! Se non me lo vuoi dire non me lo dire, sai che cazzo me ne frega!- Gerard alzò le mani al cielo, stufatosi di discutere.  

- Ehi, ehi, calmati. Se proprio lo vuoi sapere così tanto, pensavamo di andare in un pub qua vicino. Sai, le solite cose… Un bicchiere, quattro risate… Roba da amici, insomma.- Frank stava cercando di apparire il più odioso possibile, così da obbligare l’amico a contrattaccare.

- Cosa vorresti insinuare? Che io non sono vostro amico?-

- Forse lo sei più di quella ragazza.-

- Frank, questa fottuta conversazione è sull’orlo del ridicolo. Vengo anch’io stasera, ovviamente. E non voglio più sentirti parlare di “quella ragazza”.- C’era riuscito. Adesso Gerard avrebbe fatto tutto, almeno per una sera, per dimostrare a Frank che era totalmente indipendente da lei. – Vado a riposarmi un po’.- Così si congedò dal chitarrista, che andò a “fare rapporto” agli altri tre membri della band.

 

 

- Questo posto non mi piace.- Gerard si guardava intorno nervosamente, mentre raggiungevano il bancone del pub scelto dai suoi compagni. Ovunque sguardi sospettosi o disgustati erano puntati su di loro, e il ragazzo non poteva fare a meno di notarli. – Facciamo in fretta.- Non si era ancora seduto sullo sgabello che già non vedeva l’ora di andarsene.

- Amico, rilassati, l’importante è stare insieme, no? Vedrai che non darai più peso a dove siamo fra qualche bicchiere…- Frank diede una pacca sulla schiena a Gerard, richiamando l’attenzione del barman con l’altra mano.

- C-come? Non avrai mica intenzione di ubriacarti, Frank?!-

- Certo, sennò cosa ci siamo venuti a fare qua?- Ridacchiò, per poi pronunciare, rivolto all’uomo che si era avvicinato, il nome di un cocktail sconosciuto all’amico. – Lo stesso per lui.-

- Ehi, ehi, un attimo… Io non voglio bere, Frank!-

- Certo che vuoi bere! Oppure alla tua ragazza piacciono i tipi perbene?- Eccolo di nuovo all’attacco, di nuovo a fare pressione su Gerard. Il ragazzo rimase qualche attimo in silenzio, poi diede un leggero pugno al bancone. – Al diavolo, Frank. Cosa c’è nel cocktail che hai ordinato?- Chiese, mentre il barman portava ai cinque musicisti le loro ordinazioni. Il chitarrista ghignò, sospingendo il bicchiere verso l’amico. – Non è importante, tu bevi.- Detto questo, mandò giù il suo drink, incitando Gerard con lo sguardo a fare lo stesso. Il cantante, un po’ titubante, prese il bicchiere con una mano, osservando la sostanza rosastra che vi ondeggiava dentro. – Avanti Gee, sembra che tu non abbia mai bevuto un alcolico!- Commentò Ray, guardando l’amico sorridendo. Gerard ridacchiò. – Hai ragione…- Finalmente si decise a mandare giù il cocktail. Immediatamente sentì il bruciore dell’alcool passare attraverso la gola, svanendo man mano che andava verso lo stomaco. Poggiò il bicchiere sul bancone, sospirando. - … Non sono più abituato.- Frank sorrise, schioccando le dita verso il barman. – Non ti preoccupare, stanotte rimediamo.-

 

 

Vodka. Whisky. Cocktail.

Frank. Mikey schifosamente ubriaco. Ray. Bob.

… Clarissa.

Gerard spalancò gli occhi di scatto. Un fortissimo mal di testa si impossessò delle sue tempie, convincendolo che il cervello sarebbe schizzato fuori da un momento all’altro. Si guardò intorno cercando di fare meno movimenti possibili. Constatò che si trovava sul divano malmesso di una delle due roulotte all’accampamento. Dalla poca luce che filtrava attraverso le finestrelle immaginò che fossero almeno le undici passate. Si alzò molto lentamente, e fu subito preso da una forte nausea, ma si sforzò di raggiungere il piccolo spazio che era dedicato al bagno. Si sciacquò la faccia e non appena passò le dita sugli occhi avvertì un forte dolore a quello destro. Guardò davanti a sé, nel piccolo specchio appeso al muro, e nonostante la scarsa illuminazione riuscì a distinguere un leggero alone viola intorno alle palpebre. Pian piano qualche ricordo della sera prima iniziò a riaffiorare, gli tornò alla mente il pub e i suoi frequentatori, e non si sarebbe stupito più di tanto se avesse scoperto di aver fatto a pugni con qualcuno. Fece un respiro profondo, camminò verso il divano e quando vi fu abbastanza vicino cadde a peso morto su di esso. Si sentiva malissimo, sia fisicamente che psicologicamente. Aveva male alle gambe, le tempie premevano insistentemente contro la scatola cranica, la nausea rendeva l’inspirazione col naso impossibile e aspirando l’aria dalla bocca avvertiva ancora più chiaramente quanto la sua gola fosse secca. Un solo pensiero gli frullava in testa, una sola persona occupava la sua mente perché tutte le altre non facevano che aumentare il suo malessere. Quella mattina sarebbe dovuto andare a prendere Clarissa a scuola. La consapevolezza di non poter mantenere la parola data lo faceva sentire uno schifo, più ci pensava più si malediceva per aver dato ascolto a Frank la sera prima.

Sono una persona orribile.

Continuava a ripetersi questa frase. Non aveva il coraggio di presentarsi in quello stato a Clarissa e anche volendo il corpo glielo avrebbe impedito.

Aveva preferito un cocktail in più a quegli occhi color nocciola, e questo dimostrava quanto non li meritasse.

Mi ero davvero illuso di poter stare con lei?

Sorrise amaramente. I suoi amici lo avevano avvertito, e lui si era auto convinto di poter provare ancora sentimenti puri come l’amore. Lui era un essere impuro. Lo provava il fatto che, nonostante tutto, quella confusione, il calore dell’alcool che scende giù per la gola, le risse scoppiate all’improvviso… In qualche modo gli piacevano.

- … ‘Cause I love all the poison away with the boys in the band.- Mormorò le poche parole che in quel momento lo rispecchiavano così tanto. Ebbe giusto il tempo di finire la frase prima che la porta della roulotte fosse leggermente aperta da qualcuno. Non provò neanche ad alzare la testa, tanto la sentiva pesante, e aspettò che la persona appena entrata si facesse riconoscere da sola.

- Ehi, Gee...- Era Frank, ma a giudicare dal rumore dei passi non era entrato solo lui. – Siamo noi…- Oh, bene, tutti insieme. Cosa volevano ancora? – Come stai?-

- Come vuoi che stia?- Il ragazzo fissava il vuoto, davanti a sé, anche quando i suoi amici si erano posti di fronte al divano. Il chitarrista si inginocchiò per poterlo guardare in faccia. – È normale, sai, il dopo-sbronza… Ahi, ti fa male quell’occhio?-

- La vuoi smettere di fare il gentile? Lo so che non ti interessa. L’importante è che non veda Clarissa, no? Bene. Non la vedrò. Sarete contenti.-

- Ah, così si chiama Clarissa… Dovevi incontrarla oggi?-

- Sì, ma non succederà. Ora lasciatemi in pace. -

- Gerard, lo facciamo per il tuo bene, ok? Non ci hai ascoltato, e abbiamo dovuto ricorrere a questi mezzi.- Stavolta era stato Ray a parlare, spostando di lato Frank e abbassandosi per guardare il cantante negli occhi. – Lo capisci, vero? Perché lo abbiamo fatto.- Gerard annuì debolmente - come un bambino che aveva subìto non solo la sgridata, ma anche le botte - mentre stringeva la stoffa rovinata del copri divano. Non poteva negare di comprendere la preoccupazione del ragazzo riccio, e non dargli ragione lo avrebbe fatto apparire ancora più infantile di quanto non fosse già. – Ho capito. Scusatemi.- Commentò, la voce flebile e priva di alcuna emozione. Ray sorrise, poi gli scompigliò i capelli. – Riprenditi in fretta, Gee. Se sei troppo stanco possiamo annullare l’esibizione di oggi, ok?- Annuì di nuovo. Ormai non aveva più senso controbattere. Avevano vinto. O almeno, pensavano di aver vinto.

 

 

Quella mattina Clarissa si era svegliata con un brutto presentimento. Non sapeva come mai, ma sentiva che qualcosa non andava, e quando vide che invece di nevicare come ormai faceva da giorni stava piovendo se ne convinse ancora di più. Andò a scuola controvoglia, mossa solo dal pensiero che Gerard sarebbe venuta a prenderla. Ogni volta che ci pensava sorrideva come un’idiota, beccandosi più di uno sguardo sospettoso della professoressa. – Ehi, ti vedo allegra oggi. Devo ringraziare quel ragazzo di cui mi hai parlato?- Sussurrò Martha all’amica, un’espressione maliziosa in volto. – Ecco… Beh… Sì. Oggi viene fuori scuola…- Rispose Clarissa timidamente, le guance leggermente rosse. – Oh, wow, così finalmente lo vedrò da vicino! Ma allora, si sa qualcosa di più di lui o si ostina a fare il misterioso?- A questa domanda, la ragazza si rabbuiò all’improvviso. Nonostante stessero insieme, nonostante lei gli avesse parlato delle sue paure, dei suoi problemi, Gerard sembrava non volerne sapere di raccontarle qualcosa su di lui, sul suo passato. Ogni volta che si avvicinavano all’argomento, il ragazzo cereo iniziava a comportarsi in modo strano, rispondeva a monosillabi, dirottava abilmente il discorso su qualcos’altro, e Clarissa non aveva il coraggio di approfondire. – Diciamo che è un po’… Riservato?- Martha roteò gli occhi per poi posarli nuovamente sull’amica. – Bella, questo tipo non me la racconta giusta. Posso stare tranquilla?- Clarissa le lanciò uno sguardo scocciato. – Certo.- Rispose, prendendo a giocherellare nervosamente con la matita. – Gerard è dieci volte meglio di qualsiasi ragazzo possa trovare in questa città.- Martha si strinse nelle spalle. – Se lo dici tu…-

Non appena l’ultima campanella suonò, Clarissa si alzò di scatto, preparò in fretta lo zaino e corse fuori dalla classe, inseguita da una ormai rassegnata Martha. A ogni scalino che scendeva sentiva il cuore battere più forte e le farfalle nel suo stomaco agitarsi più velocemente. Una volta varcati i cancelli della scuola i suoi occhi iniziarono ad ispezionare tutta l’area circostante, ma non trovando ciò che cercavano tornarono a posarsi su Martha, che comprese subito cosa stava succedendo. Le lanciò uno sguardo alla “te l’avevo detto”, commentando: – Vedi? Non me la raccontava giusta… Non c’è niente da fare, ho un sesto senso incredibilmente sviluppato…- Mise un braccio attorno alle spalle di Clarissa, che continuava a rimanere in silenzio. – No, no… Ti sbagli, deve essere successo qualcosa!- Detto questo, si mise a correre verso la via che l’avrebbe portata fuori città, all’accampamento. Improvvisamente aveva capito che il brutto presentimento di quella mattina era legato a ciò che era appena successo, e sentiva di dover subito raggiungere Gerard. – Clarissa, che fai?! Aspettami, stavolta non ti lascio andare da sola!- Martha la seguiva a ruota, decisa a capire una volta per tutte chi fosse questo ragazzo che in così poco tempo era diventato tanto importante per la sua amica.

Arrivate all’accampamento, Clarissa non faceva neanche più caso alle occhiatacce che riceveva da ogni dove, amplificate dal fatto che era arrivata di corsa e si era fermata per riprendere fiato. Martha invece continuava a guardarsi intorno, stranita da tutte quelle facce sospettose e diffidenti. Non appena la ragazza si fu ripresa, continuò a camminare, stavolta non più di corsa ma sempre con passo veloce, verso le roulotte nere. La sua marcia fu bloccata bruscamente da qualcuno, contro cui era appena sbattuta. Quando aprì gli occhi dopo l’impatto si trovò davanti un ragazzo non molto alto, con una divisa da parata sbottonata e una sigaretta in mano. Quello che però colpì di più Clarissa erano i suoi occhi, dal colore indefinito, che la fissavano con severità, la squadravano da capo a piedi quasi con… odio. – Tu… Sei Clarissa?- Annuì, i pugni stretti per darsi la forza di sostenere quello sguardo. - … Gerard è nella roulotte a destra.- Il ragazzo indicò dietro di sé, facendosi un tiro di sigaretta. Clarissa lo guardò confusa, poi ringraziò sommessamente e si allontanò, seguita da Martha, che per un attimo incrociò lo sguardo del ragazzo e abbassò subito gli occhi, quasi terrorizzata dall’intensità di esso. Davanti alla roulotte, le due incrociarono un altro membro della band, biondo scuro, magrolino, che aveva appena aperto la porta; guardò Clarissa con sguardo preoccupato, poi commentò: - Non fa che parlare di te… Sembra non sentire quello che gli diciamo. Non ci ascolta… Fa’ qualcosa…- Detto questo, si allontanò. Martha avvertì la ragazza che sarebbe rimasta fuori ad aspettarla, poi lasciò che entrasse da sola nella roulotte.

La poca luce che filtrava dalle finestrelle illuminava leggermente il divano su cui Gerard era rimasto per tutto il giorno. Clarissa vi si avvicinò e si inginocchiò davanti ad esso, osservando quel viso pallido, quei capelli neri come la pece, quegli occhi chiusi. – Gerard… Ehi…- Il ragazzo li aprì lentamente, e non appena la riconobbe un debole sorriso venne a formarsi sulle sue labbra. – Clarissa… Sei venuta fin qui… Non dovevi…- La ragazza alzò un sopracciglio. – Ma che dici? Perché non avrei dovuto?-

- Perché… io non ti merito… Sono una brutta persona.-

- Solo perché non sei venuto a prendermi? Guarda che lo vedo che non stai bene, non è colpa tua.-

- Clarissa… È il dopo sbronza. Stanotte ero ubriaco fradicio. Non è perché sto male o niente, semplicemente stanotte ho bevuto.- Sorrise amaramente. – Riesci ancora a giustificarmi?- La ragazza rimase a fissarlo per qualche secondo, prima di sospirare e riprendere a parlare.

- Può capitare a tutti di ubriacarsi, è normale. Non farne un dramma.- Sorrise debolmente ma sinceramente. Gerard si passò una mano sul viso, facendo un respiro profondo.

- No, tu… Non… Non capisci. Non puoi capire.- Clarissa si rabbuiò all’improvviso. Ecco che faceva di nuovo il misterioso, pretendeva di poterla lasciare all’oscuro di tutto ancora una volta. Posò una mano sulla sua testa, accarezzandogli lentamente i capelli neri.

- Ma io voglio capire, Gerard.- I suoi occhi color nocciola incrociarono quelli verdi del ragazzo. Avevano un ché di sofferente, come se la supplicassero in silenzio. Capì che, per qualche motivo a lei sconosciuto, tutto questo lo metteva a disagio. Si sporse verso di lui e lo baciò dolcemente. Come sempre, attraverso il bacio poteva avvertire tutto quello che Gerard provava in quel momento: ansia, paura, ma anche una forte voglia di combattere, di resistere fino alla fine. – Non mi importa cosa mi dirai, io sono pronta ad ascoltarti. Proprio come tu hai fatto con me. – Sorrise. Il ragazzo rimase in silenzio, guardandola, poi iniziò a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli, come se stesse ancora cercando qualche modo per evitare l’argomento.

– Gerard…?- Clarissa lo guardò con aria interrogativa.

- … Domani. Domani vengo da te, e parliamo.- La baciò. – Te lo prometto.. Ora sono molto stanco..- Sorrise debolmente. La ragazza annuì. – Me l’hai promesso. Io mi fido di te, Gerard. Non farmene pentire.- Si alzò e lo guardò un’ultima volta prima di avvicinarsi alla porta. – Ti lascio riorganizzare le idee per domani… Riguardati.-

Uscì e raggiunse Martha, che era seduta là vicino su una cassa di legno. – Com’è andata?- Chiese subito, mettendosi in piedi. – Bene… Domani, Martha. Domani mi spiegherà tutto…- L’amica poggiò le mani sui fianchi. – Così dice lui. Se la sua spiegazione non ti soddisfa, vieni a dirmelo che gliene dico quattro!- Scoppiarono a ridere insieme, andandosene sotto gli sguardi severi dei membri del corteo. Clarissa tornò a casa e non riuscì a fare niente che non fosse pensare a Gerard, alle condizioni in cui lo aveva trovato, alla pioggia che da quella mattina non accennava a diminuire. Questi pensieri non la abbandonarono neanche al momento di addormentarsi, ed erano riassunti dalla sua mente in una sola parola.

Domani.

 

***

WAAAH, ho finalmente aggiornato! *pant pant* Chiedo perdono. Invoco perdono! T^T Qua fra scuola, malattie, stanchezza, l'ispirazione ha deciso che era meglio rimanersene un altro mesetto in vacanza... Ma finalmente sono qua, con un nuovo capitolo! In cui ho tirato fuori il peggio da ogni membro della band, a quanto pare... Siete contenti? Nel prossimo capitolo finalmente verranno districati i nodi che vi tengono sulle spine praticamente dall'inizio! XD Infatti non so quanto ci metterò per scriverlo, uhm uhm. *coff* BEEENE, spero vi sia piaciuto anche questo, lo spero davvero perché è stato un parto >__< *picchia l'ispirazione* Grazie a tutti quelli che recensiscono, recensiranno o che semplicemente leggono :'3 Alla prossima!

Uky ♥

  
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