#
Andare
avanti
Andare avanti.
Più facile a dirsi che a
farsi.
Ottobre era appena iniziato e
Central Park era
completamente ricoperto di foglie gialle, arancio e anche marroni.
L’autunno ormai inoltrato
si stava preparando a
lasciare il posto all’inverno.
Castle in tuta da ginnastica sedeva
comodamente su una
delle panchine vicino alla statua di Alice in Wonderland, sorseggiando
un
caffè.
Ogni tanto lanciava delle furtive
occhiatacce ai ragazzi
e ragazze che facevano jogging.
Non sudavano nemmeno. Non sembrava
che si sforzassero
neppure.
Lui aveva fatto un paio di
kilometri ed era fradicio!
In quei giorni passava svariati
minuti a fissarsi allo
specchio dell’anta dell’armadio.
La mattina prima di vestirsi o la
sera prima di
coricarsi.
Che gli era successo?
Cos’era quella, veramente
pancetta?
Se n’era accorto da
tempo, non poteva negarlo, ma
credeva di avere la situazione sotto controllo.
Ma da qualche tempo aveva colto
allusioni e battutine varie
dai due detective e pure da sua madre e sua figlia.
Non poteva più
permetterlo. Passino Martha e Alexis,
ma i suoi due amici?
Inconcepibile, gliele avrebbe fatte
scontare tutte
quelle battutine!
Così su consiglio della
madre decise di trovare lo sport
adatto a lui.
Secondo Martha gli avrebbe tenuta
occupata anche la
mente, distraendolo da una certa detective.
E così ci aveva provato.
Ma la corsa non faceva per
lui.
Non solo si stancava subito, ma la
trovava noiosa e
non gli impediva affatto di pensare.
Sconsolato si alzò dalla
panchina. Aveva ripreso fiato
a sufficienza e rientrò a casa.
Trovò la figlia sul
pavimento del salotto, a pancia in
giù, capelli legati e libri sparsi ovunque.
“Noto che sei in
modalità studio” le disse
avvicinandosi.
“Modalità
studio attivata, sì” rispose sorridente
“com’è andata la corsa?”
“Eh..lasciamo
stare..”
“Papà..”
lo ammonì la figlia mentre il padre era già
salito al piano di sopra
“Non ti
sento..” le urlò prima di entrare in bagno per
una doccia.
Sotto il getto dell’acqua
riuscì a rilassarsi e a
distendere per bene tutti i muscoli.
Le goccioline scivolavano
accarezzando la sua pelle e
provocandogli un senso di benessere e piacere. Per alcuni minuti gli
parve
persino di riuscire a non pensare a nulla.
Poi tornò alla
realtà. Si rivestì e mise il cellulare
in tasca.
Pesava una tonnellata. Come i suoi
pensieri.
Ogni volta che lo guardava lo
associava al messaggio
vocale di Kate.
E voleva chiamarla. Lo voleva
disperatamente.
Ma voleva anche rispettare la sua
decisione.
Inoltre lui stesso si era
ripromesso di usare quel
distacco, seppur forzato, per tentare di lasciarsi
quell’amore contorto e
doloroso alle spalle.
Perciò si
sforzò di ignorare il cellulare e si diresse
in camera della madre.
“Sei qui?
Posso?”
Martha era seduta su un lato del
letto con uno
scatolone accanto.
“Vieni caro, proprio di
te avevo bisogno, guarda se
vuoi conservare qualcosa” gli disse invitandolo ad entrare.
Castle si sedette sul letto
lasciando lo scatolone a
dividerli.
“Cosa
contiene?” domandò sbirciando
“Oh sono un po’
di vecchie cose di quando eri un
ragazzino”
“Quindi
dell’anno scorso?!” esclamò sarcastico
“Richard, non sei ancora
da considerare vecchio, lo
ammetto, ma nemmeno un ragazzino direi..” lo
redarguì la madre.
Castle storse la bocca in una
smorfia.
“Anche se a volte ti ci
comporti” aggiunse lei
ridendo.
Estrassero vecchie foto e quaderni
delle elementari.
Qualche oggetto, varie spillette
colorate e tantissime
penne.
“L’avevo capito
subito che saresti diventato uno
scrittore, impazzivi per le penne!” l’uomo sorrise
al ricordo “...e non sto
parlando delle penne al sugo..”
Azzzz altra frecciatina!
“Madre degenere, dovrei
chiamare il telefono azzurro!”
“Sei tornato presto dal
parco, come mai?” proseguì
lei, ignorando il commento acido del figlio.
“Non fa per
me..” l’occhiataccia della donna lo
colpì
“non ho detto che mi arrenderò, solo che la corsa
non fa per me.. troverò un
altro sport..”
Vide la madre farsi pensierosa, poi
all’improvviso
frugò frenetica nella scatola.
Ne estrasse una cornice
“Ecco figliolo, forse ho
trovato!” esclamò entusiasta.
Castle prese la fotografia tra le
mani. Lo ritraeva
più o meno a otto anni con un costumino verde in piscina. Al
collo una medaglia
di bronzo.
“Ricordi quanto ti
piaceva nuotare? Eri anche abbastanza
bravo!”
Sorrise rivedendosi. Se ne era
scordato col passare
del tempo, chissà perché aveva smesso.
Nella foto era felice. Che fosse quello
lo sport adatto a
lui?
Ripensò a pochi minuti
fa, sotto la doccia, alle
sensazioni provate e a quel senso di benessere.
Forse l’acqua era il suo
elemento. Valeva la pena
tentare.
Senza dire nulla ripose la foto e
raggiunse la figlia
in salotto.
“Ehy, piccola, ti va di
fare una pausa?”
“Ho una marea di cose da
fare, papà” disse alzando gli
occhi dai libri.
Suo padre si cimentò
nell’ormai collaudato sguardo da
cucciolotto.
“Ok, ma per poco va
bene?”
“Non si vive di solo
studio Alexis, fai riposare
questo bel cervellino ogni tanto!” le disse lasciandole un
bacio sulla fronte.
“Che vuoi
fare?” lo assecondò lei
“Io guido e tu con il
cellulare mi cerchi degli
indirizzi”
“Ti devo fare da
navigatore?”
“Si figlia, su
andiamo!”
“Papà sono in
tuta!!” replicò lei indicandosi i
vestiti.
“E allora? Sei adorabile!
Dai forza, non andiamo ad
una sfilata, puoi restare in macchina se vuoi” rispose
divertito dalla sua
preoccupazione.
“Ok..” disse
ancora incerta infilandosi le scarpe “ma
che posti dobbiamo cercare?”
“Piscine!”
“Come scusa?”
Alexis restò bloccata con le chiavi di
casa in mano.
“Pi-sci-ne!!”
ripetè lui, quasi offeso dallo stupore
della figlia.
Alexis se ne accorse e
cercò di rimediare, sorridendo
“Va bene, non avevo sentito,
andiamo!”
Quando rientrarono trovarono Martha
in piedi a braccia
conserte che sbatteva nervosamente il piede accanto a vari libri aperti
e decine
di fogli sparsi sul pavimento.
“Signorina
cos’è tutta questa confusione che hai
lasciato in salotto?” domandò, sorpresa, alla
nipote.
“Scusa, scusa, mi rituffo
nello studio immediatamente”
rispose Alexis sdraiandosi nuovamente a terra e riguadagnando la sua
postazione.
“Scusa, l’ho
rapita io per un’oretta” spiegò Castle.
“Dove siete
stati?”
“Abbiamo cercato delle
piscine qui in zona” rispose
come se fosse una cosa normale.
“Piscine? Oh, Richard
è per via della fotografia che
ti ho mostrato?” chiese Martha preoccupata.
“No! Beh.. si..
no!”
“Figliolo io non
immaginavo che ti gettassi subito…”
cominciò la donna, ma Castle non la lasciò finire.
“Non credi che ce la
possa fare? Credi che sia un
buono a nulla?” sbottò lui improvvisamente.
“Richard! Io non ho mai
d..” Martha fu interrotta di
nuovo.
“Perché
pensate tutti che sia un lavativo? Vi stupisce
così tanto che voglia fare dello sport?” disse
lanciando sul tavolo il
volantino del centro sportivo che aveva scelto e scappando in camera
sua.
Alexis abbracciò la
nonna “Che cos’ha papà?”
“Deve solo capire come
superare questo periodo” le
disse, dolce.
“Ma il nuoto è
faticoso, non dovrebbe cominciare da
qualcosa di più leggero? Sono anni che non mette piede
nemmeno in palestra!”
replicò la ragazzina.
“Tesoro, dobbiamo
lasciarlo fare”
“Lo
so…è che mi sento in colpa..”
“Non pensarlo nemmeno,
ok? Tuo padre e Kate sono
adulti e vaccinati! Migliaia di persone non lavorano insieme e si
vedono a fine
giornata! Se questo non succede è solo colpa loro, o degli
eventi, ma non tua”
la rassicurò sua nonna “Torna a studiare, vedrai
che tra poco scenderà”
Un ora dopo, come previsto da
Martha, Castle ritornò
in salotto scusandosi per lo scatto di nervosismo. Imbarazzato per la
scenata
si barricò nello studio e controllò
l’agenda. Con tutti i pensieri che aveva in
testa, era da un po’ che non lo faceva e temeva di essersi
scordato qualche
appuntamento.
Infatti come aprì
l’agenda del computer vide le decine
di promemoria mandategli dalla sua agente, che servivano a ricordargli
il volo
per Washington fissato per l’indomani mattina.
Abbandonò la scrivania
per ritornare in sala e si
sedette sul divano accanto alla madre.
Stava guardando le news sulla ABC a
volume basso per
non disturbare Alexis.
“Devo partire per
Washington domani” disse al termine
di una notizia.
Il sindaco, suo amico, era in lizza
per le rielezioni.
Sua madre e sua figlia si voltarono
entrambe verso di
lui.
“Me ne ero dimenticato,
ho letto ora tutti i
promemoria di Paula”
“Per il tour di Heat
Rises?” domando Martha.
Castle annuì.
“E’ quella data
che avevi fatto rimandare perché Kate
era uscita da poco dall’ospedale?” chiese invece
Alexis.
Castle annuì anche a
lei, poi aggiunse “Solo due
giorni. Credo mi faranno bene. Prometto che non sarò
più così scontroso al mio
ritorno”
Kevin Ryan e Javier Esposito
stavano nella saletta
relax del distretto a bersi il loro meritato caffè di
metà mattina. Incollati
alla macchina per l’espresso fissavano, attraverso la parete
di vetro, Kate
Beckett che scriveva alla lavagna.
Esposito allargò le
veneziane con due dita “La vedi,
Ryan?”
“Si e sono quasi convinto
che non sia Beckett ma
Nathalie Rhodes travestita da Beckett”
“E’
inquietante, bro!”
“Già, non
è più lei. O meglio: è lei prima della
cura
a base di ‘Castle’!”
esclamò Ryan.
“Anche peggio, prima
qualche mezzo sorrisetto glielo
si riusciva a strappare” ricordò Javier.
“Ora a malapena respira,
è una macchina quella donna!”
“Ma che diavolo
sarà successo per ridurla così? Castle
ti ha detto niente?” domandò l’ispanico.
“Macchè,
è sempre nervoso ultimamente, non ci provo
nemmeno a fare domande..”
“Castle è
nervoso e teso come le corde di un violino,
Beckett è più acida di un limone, ma che hanno
combinato?” Chiese, più a se
stesso in realtà, Esposito “Yo,
venerdì? Ci si vede?”
“No, Castle mi ha scritto
che è a Washington a firmare
libri” spiegò Ryan.
Esposito sciacquò la sua
tazza e la ripose,
pensieroso.
“E se ce ne andassimo al
cinema io e te e lasciassimo
le ragazze da sole?” propose Kevin.
“Bro, stavo pensando la
stessa cosa, ma Lanie dice che
Beckett rifiuta sempre qualunque uscita..”
“Ma se chiedessi a Jenny
di incastrarla con i suoi doveri da
damigella? Sicuramente non
farà i salti di gioia ma non può neppure
rifiutare…”
“Kevin Ryan sei un
genio!” dandogli un pugnetto sulla spalla
in segno di approvazione.
“Sono un genio che
però non vuole arrivare all’altare
sulla sedia a rotelle!! Se Beckett ci scopre a tramare alle sue spalle
ci
spezza le ossa!”
“Naaa, non lo
scoprirà mai!” disse Esposito
avvicinando le mani e tamburellando con le dita, come un provetto
cospiratore.
“Lo spero
proprio!” rispose Ryan preoccupato.
“I
vostri
fidanzati saranno ridotti in polvere domani!”
Kate aveva bussato violentemente
alla porta di Lanie
per dei minuti.
Era venerdì sera. Era
stanca. E non voleva vedere
nessuno!
Era irritata e stressata.
Suo padre non faceva che chiamarla
per assicurarsi che
si fosse ripresa del tutto dall’operazione.
Lanie la riempiva di inviti e
suppliche affinchè
uscisse da casa.
Ryan e Esposito erano estenuanti
con le loro
occhiatacce e i loro patetici tentativi di imitare Castle e di farla
ridere.
E Castle… Beh non
l’aveva più sentito. Come aveva
deciso lei.
Se ne pentiva? Ogni giorno.
Ma aveva bisogno di tempo per
elaborare gli eventi. La
morte di Montgomery, la dichiarazione di Castle (che fingeva di non
ricordare),
la sparatoria, l’operazione, la rottura con Josh in mezzo
alla strada davanti a
tutti…
Troppe cose, tutte assieme.
Voleva solo starsene in pace e
provare ad andare
avanti.
Non le sembrava di riuscirci
però. A malapena stava a
galla. Ma da qualche parte doveva pur cominciare, no?
Bussò ancora
più violentemente alla porta di Lanie.
Aveva ricevuto la telefonata di una
Jenny in lacrime
che, disperata, le chiedeva di raggiungerla da Lanie perché
il matrimonio stava
andando a rotoli e non sapeva più da che parte proseguire
con i preparativi.
Dapprima restò
spiazzata. Lei non sapeva nulla di
matrimoni, perché chiamava lei?
Poi si ricordò che una
sposa ha bisogno delle sue
damigelle in questi momenti di crisi mistica da scelta del bouquet e
che
quindi, oltre a Lanie, voleva che fosse presente anche lei.
Poi la detective in lei le fece
notare che era Lanie
quella più portata per fiori e segna posto, lei a malapena
sapeva distinguere
il pizzo dal merletto. Aveva accettato di fare da damigella solo per
cortesia.
Jenny non aveva molte amiche e loro due stavano cominciando a
conoscersi e
frequentarsi, perciò non le sembrò strana la
richiesta. Inoltre il suo futuro
sposo era come un fratello.
Ma ora la cosa le puzzava. Si,
perché l’ultima volta
che aveva sentito Jenny era avanti di parecchio con i preparativi e
anzi, era
una wedding planner con i fiocchi!
La cosa puzzava parecchio, e
puzzava di imboscata!
Le venne in mente che i suoi due
colleghi erano stati
più strani del solito quel giorno.
E che aveva sentito Ryan parlare al
telefono con Jenny
prima di lasciare il distretto.
Un’ora prima che Jenny
poi chiamasse lei.
Altro che imboscata! Una vera e
propria trappola!
Lanie aprì la porta. A
fianco a lei Jenny, impaurita,
si nascondeva un po’ dietro lo stipite.
“I vostri fidanzati
saranno ridotti in polvere
domani!” urlò alle due donne.
“Tesoro
calmati” cercò di essere ragionevole Lanie.
“Non mi dire di
calmarmi!” replicò invece Kate e si
voltò verso Jenny incenerendola.
“Scusa…”
mormorò terrorizzata “v-volevamo s-solo
aiutarti..”
“Perché
pensate che abbia bisogno di aiuto?
IO–STO-BENE!”
“Lo ripeti da giorni,
Kate, ma sai meglio di noi che
non è vero! E stare sempre chiusa in casa non ti fa
bene!”
Kate non disse nulla. Si
voltò guardando fuori dalla
finestra.
“Ti sono successe
tantissime cose in questi mesi,
tesoro… inoltre hai rotto con Josh e con Castle praticamente
nella stessa sera…
ti devi aprire, sfogare un po’..”
“Lo faccio”
rispose atona “distruggo il sacco da boxe
ogni weekend”
Lanie la raggiunse alla finestra e
le si mise accanto
“Va bene, questo e positivo, ma sfinirti in palestra non
risolverà il problema.
Ti devi sfogare parlandone, aprendoti con noi! Tesoro io ti adoro, ma a
volte mi
tratti come se non esistessi! Non sei sola Kate, io sono qui per
te…” la fece
voltare verso di se “tutti noi siamo qui per te”
disse riferendosi ovviamente a
Ryan e Esposito.
Kate tentò di sostenere
lo sguardo dell’amica ma non
resistette a lungo prima di esplodere in un pianto liberatorio.
Non ce la faceva più,
tutta quella tensione e lo
stress di quei mesi fluirono fuori da lei in calde e copiose lacrime.
Lanie la abbracciò forte
attirandola verso il divano.
Jenny si sedette accanto a loro accarezzandole i capelli.
Angolo
dell’autrice:
ed eccoci qui con il 5°
capitolo di questo nostro
percorso emotivo.
Andare avanti...eh, ce
l’hanno detto tutti bene o male
no? Il problema è riuscire a farlo..
Tranquilli caskett,
l’universo presto o tardi farà
incrociare le strade di Rick e Kate di nuovo! :D lo sapete che sono
apina ;D
Un bacione
e
buona lettura a tutte!
Ivi87