Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Sh_NT    14/10/2011    1 recensioni
"Peter Widmore era estremamente calmo per aver appena scoperto che la sua fidanzata, presto sposa, lo aveva tradito con Charles Widmore, il suo ricco e disaffettuoso padre."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Peter camminava avanti e indietro per il lussuoso attico, e in quel momento si distaccò dai pensieri su ciò che gli aveva detto Meredith qualche ora prima, per domandarsi cosa diavolo ci avrebbe fatto di un attico se doveva passare il resto della settimana da solo.


"Devi andartene. Ora" ordinò Meredith appena posò gli occhi su di lui.
Non aveva idea del perché fosse lì e specialmente come avesse fatto a trovarla così facilmente, ma forse neppure gl'interessava. Era riuscita nel suo intento, dimenticarlo, e si preparava a vivere una vita felice e senza i problemi che sembravano circondare quello strano scrittore.
"A- Andarmene? Non ci penso proprio!"
Aveva passato sette ore su un dannato aereo e non intendeva rinunciare a lei così facilmente, non senza averci neanche parlato. Avanzò verso di lei e l'avvicinò a sé posando le mani sui suoi fianchi. "Avanti, voglio solo parlare, nulla di più"
Ma la donna si scostò bruscamente vedendo passare William, che lanciò ai due un'occhiata furente. Si domandò cosa diavolo ci facesse lì il 'maniaco' e di certo non aveva tutti i torti.
"Non voglio parlare con te. Non ti conosco, non abbiamo nulla da dirci." Detto questo si voltò e prese il corridoio opposto a quello di William, per evitare il più a lungo possibile la quotidiana scenata di gelosia da quando gli aveva confessato ciò che lei definiva "solo una scappatella".
Non era mai stata il tipo di donna sottomessa agli uomini, eppure con William si sentiva inferiore, forse perché a lavoro era davvero un gradino più in alto nella scala sociale.
Ma Peter non voleva demordere, era andato lì per riprendersela e questo era ciò che sarebbe dovuto succedere, a tutti i costi. Per cui la rincorse sotto lo sguardo attento di MammaOrsa e la fece voltare afferrandole un polso. "Non riuscirai a scappare da me così facilmente, Meredith" e in quel momento non aveva idea di come sarebbe potuta apparire quella scena agli occhi di altri.
I due della sicurezza chiesero a Meredith se andava tutto bene e, al suo secco "No", gli energumeni scortarono Peter fuori dall'ospedale, ma non prima di risciure a far scivolare il biglietto dell'hotel nel taschino suo camice bianco.


Probabilmente Matthew e Olivia erano già in ospedale, eppure lui non riusciva più ad abbandonare quel dannato attico con vista panoramica. Avrebbe dovuto andare anche lui, forse sarebbe dovuto essere l'unico lì, ma qualcosa lo bloccava.
"Probabilmente è per i sensi di colpa, anche se in questo contesto io non c'entro molto. Insomma, non è mica colpa mia!" continuava a ripetersi come un mantra cercando in qualche modo di eliminare il silenzio straziante che regnava nella stanza.
Come aveva fatto a trasformarsi in così poco tempo?
Come aveva fatto a passare dal fidanzato perfetto al rovina-matrimoni?
Ma soprattutto, cosa aveva acceso l'ira in lui?


Meredith finì il turno piuttosto tardi quella sera. Avrebbe dovuto staccare prima di cena, ma l'avevano avvertita all'ultimo minuto di un'operazione a cui doveva assolutamente assistere e da cui era uscita soltanto dopo mezzanotte.
William la sorprese alle spalle con un bacio sul collo, come di consueto. Attacchi di gelosia a parte, dopo la confessione era diventato più sciolto, felice che la donna gli avesse detto cosa la turbava, ma soprattutto che si pentiva di essere andata a letto con quello sconosciuto. Sapere che era preferito rispetto a un trentenne aveva alzato la sua autostima e abbassato le manie di controllo con cui tentava disperatamente di trattenere Meredith.
"Devo rimanere per un ultimo intervento. Ci vediamo a casa, sì?" chiese con un sussurro l'uomo mentre accarezzava la mano destra della ragazza.
"Certo, amore. Ci vediamo a casa" e detto questo diede un lieve bacio a William prima di avviarsi verso la macchina.
Infatti non solo l'accaduto aveva abbassato molte difese del dottore, ma gli aveva anche dato la forza di rivelare tutto alla moglie e di andare a vivere con la donna che amava davvero, o forse solo quella in grado di sopportarlo.
Appena il dottore si fu allontanato abbastanza, Meredith tirò fuori dal taschino un cartoncino simile a un biglietto da visita.

Continuava a camminare, stringendosi convulsamente le mani. Stava aspettando il taxi che lo avrebbe portato all'aeroporto anche se non era ancora sicuro di potercela fare. Continuando di quel passo avrebbe consumato il pavimento e si sarebbe scavato direttamente una tomba.
Non poteva farcela.
Era stato egoista, ma non poteva farcela. Non poteva affrontare tutto ciò che lo aspettava al ritorno a casa. Era andato lì per un motivo, un solo motivo, e aveva fallito.

Doveva farsi forza ed entrare in quella stanza. Tutto sembrava così surreale. Era come entrare nell'inferno. Avrebbe fatto qualche cazzata, se lo sentiva, ma doveva assolutamente chiarire con Peter. Alzò la mano destra per bussare mentre la sinistra continuava a distruggere lentamente quel pezzo di carta; desiderava non averlo mai trovato. Pensava che forse era ancora in tempo; in tempo per tornare indietro, eliminare per sempre la bolla che si creava ogni volta che vedeva Peter e che li separava dal resto del mondo e tornare a casa dove avrebbe atteso l'uomo della sua vita. Non sarebbe stata una vita perfetta, ma dopotutto chi riesce ad averla? Tutti si nascondono da qualcosa o da qualcuno... lei si sarebbe nascosta dal mondo dietro l'uomo che aveva rinunciato a moglie e figli per lei.
Aspettò cinque minuti, era pronta ad andarsene tirando un sospiro di sollievo, ma la porta si aprì e mostrò l'uomo distrutto con un bicchiere di vodka in mano. Dopotutto se l'era aspettato visto ciò che aveva preteso all'ospedale. Come avrebbe potuto passare il resto della vita con lui? Aveva bisogno di sicurezza, di... William.
Peter d'altra parte non aveva forza di parlare vista la sorpresa della visita e l'alcohol che iniziava a fare effetto.
Meredith entrò nella grande stanza a passi misurati, con la paura che ad ogni passo in più corrispondesse una tortura una volta tornata a casa. Avrebbe fatto presto, sperava, ma che intervento aveva William? Non gliel'aveva detto. Forse non aveva affatto un intervento, semplicemente si aspettava un'azione del genere dopo l'incontro di quel pomeriggio e voleva dimostrare che lei non era poi così fedele come voleva far credere. Sì, erano tesi fondate sul nulla ma da quando stava ufficialmente col dottore aveva iniziato a pensare, pensare tanto su cose inutili che non l'avrebbero portata da nessuna parte se non a diventare paranoica.
Sbuffò, si volto e rimase un secondo incantata davanti al panorama. Come trascinata da una fune invisibile, si avvicinò al vetro che costituiva buona parte della parete e osservò Seattle come non aveva mai fatto. Sentì una bocca sfiorarle l'orecchio e dei capelli che incontravano i propri: lo scrittore aveva lasciato il bicchiere e le mani ora si trovavano, come alcune ore prima, sui suoi fianchi. Tentava di sfruttare al meglio quello che sarebbe stato molto probabilmente il loro ultimo incontro o l'ultima occasione di poterle stare così vicino. Non gli importava nulla del suo semi-ragazzo, né di una possibile protesta da parte sua; era un piccolo premio di consolazione. Ma lei non si oppose.
«Mi manchi» sussurrò Peter. Si sentiva debole, indifeso, un ragazzo alle prime cotte. L'amore in quel frangente lo aveva afferrato, scaraventato giù dal ponte di una nave ed era ora costretto a nuotare verso un'isola immaginaria.
«Non posso» e nella sua voce non c'era nulla di debole o indifeso. Nonostante volesse abbandonare tutto, lavoro e fidanzato, non lo avrebbe fatto per l'amore nei confronti di un altro uomo... l'avrebbe fatto per liberarsi di un peso opprimente. Si mosse da quella posizione quando divenne imbarazzante e si andò a sedere sul divano aspettando che l'uomo la raggiungesse, cosa che non accadde. Per tutta la durata della conversazione lui rimase immobile, le mani in tasca e lo sguardo vacuo. Era in dubbio perfino il fatto che stesse ascoltando o meno.
«Sai perché non posso?» Iniziò lei.
«No, Meredith, perché non puoi?» Perdeva spesso la pazienza facendosi cogliere da attacchi d'ira ma in quel momento aveva davvero voglia di urlare "Bene, non puoi? Allora cosa diavolo ci stai facendo qui? Ti diverti a uccidermi?"
«Non posso perché...» Perché non poteva? Perché i suoi genitori avevano delle aspettative, perché aveva fatto una promessa a un uomo, perché aveva organizzato già la sua vita, perché il suo lavoro la attendeva, perché doveva salvare vite non distruggerle. Ma più importante... «perché non ti amo.»
La verità nuda e cruda. La voleva così lui, gli piaceva, allora perché si sentì trafiggere da una decina di pugnali in una volta? «Non mi ami. Beh, è una ragione, sì. Quindi ami... lui... William?» Già che c'era, tanto valeva saperle certe cose.
«Sì, amo William. Noi.. ci sposeremo il prossimo mese.»
«Auguri.» Le mani strette in pugni, le nocche che divenivano bianche, la mascella che si contraeva erano l'unico segno di cosa sentiva realmente. Si sarebbero sposati il prossimo mese, eppure lui non la vedeva da quanto? Due settimane? Giorno più giorno meno. Il che significava che la proposta era avvenuta appena tornati in città. Lei aveva rivelato al dottore cos'era successo? Per questo non voleva tardare le nozze? Per paura che qualcun altro la rubasse? «Quindi perché sei venuta qui? Oggi mi hai comunicato piuttosto chiaramente che non avevi nulla da dirmi.» Aveva paura di cos'altro sarebbe potuto uscire fuori da quella conversazione, ma contava sul fatto che sarebbe riuscito vivo da quella stanza, anche se solo fisicamente.
«C'è una cosa di cui devo parlarti, in verità. Non volevo dirtelo all'ospedale, mi sembrava il posto meno adatto a questo tipo di annuncio.» Cercava di temporeggiare in tutti i modi, però non poteva tardare ancora. Il cartoncino nelle sue mani affusolate iniziava a sgretolarsi e ben presto si ritrovò a giocherellare solo con striscioline di quello che inizialmente era un rettangolo completo. Aveva giocato a fare dio e aveva fallito.
«Parla.» Tagliò corto lui.
«Sono incinta.» Alzarono gli occhi contemporaneamente, uno dalle luci indistinguibili di una città che non conosceva, l'altra dalle mani da cui erano appena cadute le briciole di ciò che aveva ricevuto. Il primo aveva intuito tutto, sapeva che sarebbe stato un padre orribile ma aveva voglia di urlare "Ci sono, sono qui! Scegli me!", la seconda aveva paura che ciò che avrebbe detto tra pochi secondi avrebbe potuto scatenare lo scrittore introverso che era in lui. «Voglio tenerlo e William pensa che sia suo figlio, quindi ti prego di-»
«Quindi gli lascerai crescere un bambino che non è suo? Che non ha concepito lui? GLI LASCERAI CRESCERE MIO FIGLIO? SEI VENUTA QUI PER DIRMI CHE, NONOSTANTE NON MI AMI E NONOSTANTE QUELLO CHE ABBIAMO AVUTO, TU LASCERAI VIVERE MIO FIGLIO, IL FIGLIO DI UN ADULTERIO?» Era scoppiato. Si era voltato completamente verso di lei e agitava le braccia, gridava più che poteva.
«Quello che abbiamo avuto? Sai cos'abbiamo avuto? Nulla! Ci siamo incontrati in un bar, tu mi hai seguito e siamo finiti a letto insieme per due volte. E' tutto lì. Nessun significato nascosto, nessun amore a prima vista.» Era calmissima e sembrava indifferente alle sue grida, come se ci fosse abituata. Era stata abituata fin da piccola ai suoi genitori che litigavano, poi a suo padre che le urlava contro dopo la morte della madre, a William che durante i suoi attacchi era capace di distruggere la camera da letto.
«NON PARLARMI IN QUESTO MODO, CERCANDO DI CALMARMI COME SE FOSSI UN BAMBINO.» Aveva il fiato corto e si fermò un secondo a guardarla negli occhi mentre Meredith si avvicinava e poggiava le mani sulle sue guance calde e arrossate.
«Ma tu sei un bambino. Lo sei e dovresti saperlo. Tu non mi hai mai amata. Era un momento difficile per te, lo capisco, avevi bisogno di qualcuno a cui aggrapparti ma quel qualcuno non sono io, non posso esserlo. Non sono un giocattolo. Dal momento in cui mi avrai, non mi vorrai più, ma io non sono un giocattolo ed è ora che iniziate a capirlo.»


Dall'aeroporto andò direttamente all'ospedale in taxi. Chiese le informazioni, salì al piano di chirurgia e si fermò appena raggiunta la stanza. Quell'ambiente gli ricordava ciò che era accaduto la sera prima e, anche se sarebbe stata difficile, avrebbe superato anche quel periodo della sua vita.
«Ti sei deciso, allora.» Mormorò Mary arrivandogli alle spalle con due tazze di caffè. «Vieni, tuo padre ti aspetta.»
La madre aprì la porta della stanza con un sorriso davvero poco consono all'ambiente che li circondava e salutò con un cenno della testa Matthew prima di porgergli il caffè. L'amico si alzò dalla sedia su cui si era appolaiato per far compagnia alla signora Widmore, compagna di gossip; gli diede una pacca sulla spalla e uscì dalla stanza per lasciare alla famiglia un po' di tempo. Isabella era addormentata in un angolo e Peter non aveva idea di cosa ci facesse lì visti i rapporti che aveva con Mary, poi ricordò. Evitò di fare commenti e osservò l'uomo allungato sotto le coperte.
Charles Widmore giaceva moribondo nel letto ospedaliero, due tubetti per l'ossigeno uscivano dalle narici e veniva nutrito e idratato tramite una flebo perennemente attaccata al braccio, mentre una borsa di plastica per le urine era collegata al catetere e rimaneva attaccata al lato del letto.
Nessuno aveva saputo della malattia di Charles, oltre Charles stesso, fin quando era diventata talmente grave da non potere essere controllata con visite mensili in quell'ambiente troppo bianco e sterile.
Peter non poteva fingersi incredibilmente dispiaciuto per il padre dopo ciò che aveva fatto in tutti quegli anni, ma aveva anche lui bisogno di risposte. Si sedette sulla sedia prima occupata dal suo migliore amico, afferrò la mano del padre che si voltò e sorrise. «Peter...» sussurrò semplicemente. E il cuore smise di battere.


____________________________

(Sì, lo so, non ho scuse e merito di morire come Charles Widmore. Facciamo una cosa, evitate e godetevi il capitolo. E se non vi piace il capitolo... okay, in quel caso potete uccidermi. Btw, questo è l'ultimo.
Presto, e sottolineo PRESTO, pubblicherò un breve epilogo, ma sarà BREVE. Inizialmente Peter doveva morire in un incidente mentre andava da Meredith, quindi dovrei essere ringraziata.
Grilli
Comunque, i ringraziamenti li rimando alla prossima volta. Anzi, no. Grazie a tutti quelli che hanno letto e stanno leggendo questa storia, a quelli che mi hanno seguita dall'inizio e ai nuovi arrivati. Grazie per avermi letto♥ )

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Sh_NT