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Autore: Night Sins    14/10/2011    4 recensioni
Katelyn Moreau era in pericolo. Nonostante tutte le cose che lui e Peter avevano fatto quattro anni prima, Kate era di nuovo in pericolo. Non aveva tempo per seguire le procedure e la legge, nonostante questo significasse mancare alla parola data a Peter, Neal doveva evadere dal carcere e tentare di fare qualcosa.
Ma nessuno lo aveva avvertito che Peter e Kate si erano trasferiti.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The proposition.

Peter era seduto al tavolo da pranzo e osservava concentrato dei biglietti di auguri. Quattro, uno per ogni anno che Neal Caffrey era stato in prigione. Come se potessero dirgli tutto quello che il truffatore gli aveva tenuto nascosto.

“So che sei tu il responsabile, ma non posso provarlo. Appena ci riuscirò, lo sai, finirai dentro e pagherai per i tuoi crimini.”
“Se ci riuscirai, non scapperò.”


“Che cosa sai, Neal?”, mormorò l’uomo, ma un grido interruppe i suoi pensieri.
Immediatamente, l’agente corse al piano superiore e, pistola alla mano, entrò nella stanza da cui era arrivato l’urlo, accendendo la luce e guardandosi intorno.
La stanza era vuota da presenze umane eccetto per la bambina che era a sedere nel letto e che, nonostante le lacrime che gli offuscavano gli occhi azzurri, lo stava guardando spaventata.
Peter mise via subito la pistola e si avvicinò a lei, sedendosi a bordo del letto e passandole una mano tra i capelli. “Che cos’è successo, tesoro? Un incubo?”
La bambina annuì. “C’era qualcuno, fuori dalla finestra.”
L’uomo guardò all’esterno, il vento muoveva le fronde degli alberi. “Guarda, Debbie, è solo il vento”, disse sorridendole dolcemente e abbracciandola.
La piccola si strinse a lui. “Papà, resti con me finché non mi riaddormento?”
“Certo”, rispose Peter, posandole un bacio sulla fronte e accarezzandole i capelli castani.

*

Nella sala interrogatori del carcere di New York, Neal Caffrey era l’unico presente, seduto su una panca con le spalle all’ingresso.
"Sei venuto..." mormorò, senza muoversi, quando Peter entrò.
"Avevo scelta?"
Il federale si passò una mano sulla fronte e si mise a sedere davanti a lui. "Siamo partiti con il piede sbagliato. Ricominciamo da capo, ti va?"
Neal annuì. "Sì, hai ragione. E' che quattro anni sono tanti..."
"Lo so."
"Mi sei mancato", disse il ragazzo a voce bassissima, attento alla guardia.
"Anche tu."
Peter accennò un lieve sorriso, poi sospirò. "Vorrei chiederti come va, ma non so se sia il caso."
"E' andata meglio", rispose il truffatore. "Tu? Debbie?"
"E'... sta bene, fisicamente. Le sono ripresi gli incubi... non tutte le notti, ma è da qualche mese che sono peggiorati."
Peter parlava piano, le mani strette davanti alla bocca.
Neal sospirò. "Se solo... Io... Avrei dovuto fare qualcosa..."
"Non è colpa tua. Non potevamo prevedere una cosa simile. Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per Kate", lo riprese, serio, il federale. "A proposito, cos'hai scoperto? Perché sei scappato? Se sapevi qualcosa, dovevi chiamarmi!"
"Temevo non avresti fatto in tempo... Avevo paura..." ammise, sottovoce.
"Ma ora che ci hai guadagnato, Neal? Altri quattro anni qui dentro... Non dovevi."
"Puoi tirarmi fuori!", esclamò il truffatore. "Questa è la seconda cosa di cui volevo parlarti. Puoi farmi uscire di qui, prendendomi sotto la tua custodia. Cavigliera elettronica", disse, aprendo un fascicolo che aveva sulla panca accanto a sé e voltandolo verso l'altro.
"Ci sono dei precedenti e sai che non scapperò. Non posso nemmeno manipolarla!", esclamò al suo sguardo sospettoso, puntando col dito su una parte della pagina che indicava tutti i ‘metodi di sicurezza‘.
"Posso aiutarti con i tuoi casi, lo sai, e questa sarebbe la motivazione ufficiale. Poi… Voglio stare vicino a te e Debbie. Voglio proteggerla e voglio che catturi chi ha ucciso Kate. Voglio essere lì, con te."
Peter lo guardò in silenzio, diviso tra il proprio volere e il proprio dovere. "Non posso prometterti nulla. Fammi vedere cos'hai lì", disse infine, riferendosi ad un'altra cartellina accanto al più giovane.
"Devi sapere che il mio amico ha un particolare senso della giustizia", Peter inarcò un sopracciglio, "concedimi il termine, e, anche sotto mia richiesta, ha tenuto d'occhio le cose.
"Purtroppo il nostro uomo è bravo. E' stato un caso che non abbia ucciso anche quella donna. Forse non voleva che l'FBI pensasse a un serial killer e aumentasse gli sforzi per cercarlo."
Peter annuì.
"Ma se vuoi lavorare, non puoi essere totalmente invisibile. Qualche traccia la lasci", continuò il ragazzo, "e se sai dove cercare, prima o poi, qualcosa viene fuori."
"Ed è di questo che si è occupato il tuo amichetto."
"Esattamente. E' il migliore."
"E quindi?"
"E quindi è venuto fuori che qualcuno sta cercando una bambina che, guarda caso, somiglia tanto alla figlia di Kate", rispose Neal. "Gli ho chiesto di tenerla sotto controllo e riferirmi ogni cosa."
"Per questo le visite si sono fatte settimanali."
Neal annuì. "Ma non ho potuto resistere qui dentro, anche se sapevo che sarei uscito tra poco. E' vicino, Peter, molto vicino. E' tornato a New York e la sta cercando qui, sa che non ha mai lasciato la città... Nonostante quello che abbiamo fatto..."
"Ho capito", lo interruppe Peter. "Ho capito. Chiederò a El di portarla con sé... Mandarla fuori città, ora, potrebbe essere la soluzione migliore."
"Ma El... Per carità, è in gamba, ma cosa potrebbe fare contro di lui?"
"Manderò anche uno dei miei uomini."
"E il mio amico. Può essere molto utile."
Il federale lo guardò scettico. "Mi dirai almeno il suo nome?"
"Mozzie", rispose il ragazzo. "E poi voglio vederla prima che parte. Ti prego, Peter."
"Vedrò cosa posso fare. In ogni caso, nessuno le farà del male, te lo prometto."
Neal sorrise debolmente. "Va bene. A presto."
"Ciao, Neal."


The choice.

Peter era seduto da solo al bancone del bar, davanti una bottiglia di birra ancora quasi intatta.
"Ehi, guarda chi si rivede!"
Il federale si voltò, non riconoscendo sul momento la voce, ma si sorprese nel vederne il proprietario. "Il ragazzino della banca", rispose.
"Non sono un ragazzino", replicò il giovane.
"Mi hai dato un lecca lecca", gli ricordò l'uomo, inarcando un sopracciglio.
"Magari era un indizio", propose Neal avvicinandosi a lui e appoggiandosi al bancone, ignorando il concetto di 'spazio personale'.
Peter lo fissò senza capire mentre un sorriso malizioso si affacciava sulle labbra del giovane voltato verso di lui. Quando il federale intuì cosa voleva dire, aprì la bocca un paio di volte senza riuscire a dire nulla; alla fine sbottò un: "Assurdo".
"Perché?", domandò innocentemente il ragazzo. "Non ti ritieni abbastanza affascinante? O pensi ti stia prendendo in giro?", propose, tornando dritto con la schiena. "Oh, no, aspetta!, non dirmi che è perché sono troppo giovane."
"Beh-
sei troppo giovane", riuscì a dire l'uomo, afferrando la propria birra.
"Ho venticinque anni", replicò Neal e l'agente si voltò a guardarlo ovvio. "Appunto", borbottò prima di bere un lungo sorso.
L'altro aggrottò le sopracciglia per un attimo e poi, come se non fosse successo nulla, sorrise e fece un passo verso di lui, per parlargli all'orecchio. "Non dovresti preoccuparti, sai?", disse giocando distrattamente con la sua giacca.
Peter stava cercando un modo adeguato per replicare, ma venne interrotto da un nuovo arrivo.
"Peter? Sono in ritardo?", chiese una voce divertita alla sua destra.
Si voltarono entrambi verso la donna che aveva parlato e il più giovane si allontanò.
"No, affatto", rispose il federale.
"E' la tua fidanzata?", domandò Neal, senza perdere il sorriso o spostare lo sguardo da quello di lei.
"Sì."
"No", rispose contemporaneamente lei. "Non più. Ma non ci ha ancora presentato. Sei un nuovo amico, immagino", aggiunse, sorridendogli a sua volta.
"Non è un mio amico", si intromise Peter.
"Non proprio", lo corresse il ragazzo e tese la mano destra. "Neal Caffrey, molto lieto."
"Elizabeth Stokes, piacere", rispose lei stringendogli la mano.


*

“Papà, papà, papà”, la bambina corse giù dalle scale arrivando davanti alla tavola apparecchiata con la colazione e fermandosi appena in tempo prima di investire il cane che vi era accoccolato davanti. “Scusa, Satch.”
“Ti sei lavata le mani?”, domandò l’uomo.
“Certo!”
“Bene, su, vieni a mangiare e dopo ti porto da June”, continuò Peter, indicando la sedia.
“Ci sarà anche Sam… Ieri mi ha chiesto se pranzavamo assieme”, disse la piccola, prendendo posto al tavolo.
“Vediamo.”
“Ma papà-”
“Vediamo, Debbie”, ripeté, versandole i cereali e il latte nella tazza. “Non puoi passare sempre tutto il tempo da loro”, sospirò il federale.
“Almeno che tu non abbia da fare.”
L'uomo sospirò nuovamente.

*

Peter era fuori dal carcere, attendendo l’uscita di Neal, che avvenne pochi minuti dopo, scortato da una guardia.
Il giovane sorrise. “Buon giorno.”
Il federale si allontanò dalla propria macchina e avanzò verso di lui. “Fa vedere.”
Neal alzò il bordo dei pantaloni, rivelando così la cavigliera elettronica.
“Carina”, commentò l’uomo. “Ora, mi raccomando Neal, ricordati le regole.”
“Peter, oramai dovresti conoscermi.”
“Ripeti.”
“Dovrò fare il bravo per quattro anni, senza scappare”, disse mentre si avvicinava. “Ma tanto sai che non lo farò, non ne ho motivo”, continuò, fermandosi solo quando gli fu più vicino del dovuto, sul volto un sorriso malizioso.
“Perché ti catturerò comunque, Caffrey, siamo già due a zero.”
“Sei sempre troppo teso, agente Burke“, disse Neal, lentamente e con un tono di voce estremamente studiato, e divertito.
“In macchina”, ordinò Peter.
   
 
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