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Autore: ladymarcellaa    14/10/2011    25 recensioni
Ho fantasticato su di una fatidica sera (immaginaria, ovviamente) poco più avanti agli eventi verificatisi a Saint Antoine, e su una Oscar ormai cosciente dei suoi sentimenti per Andrè, ancora impacciata, insicura, ma piena di un amore e di una passione che non può più soffocare.
Ed ecco a voi il mio ultimo umile lavoro, una one – shot scritta di pancia, in breve tempo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Ho fantasticato su di una fatidica sera (immaginaria, ovviamente) poco più avanti agli eventi verificatisi a Saint Antoine, e su una Oscar ormai cosciente dei suoi sentimenti per Andrè, ancora impacciata, insicura, ma piena di un amore e di una passione che non può più soffocare.
Ed ecco a voi il mio ultimo umile lavoro, una one – shot scritta di pancia, in breve tempo:
 

 
L’ANTIDOTO
 
 
 
La nostra ultima serata di licenza, Andrè.
Fuori il cielo piove lacrime amare, ed io lo guardo invidiandolo,  io che poche settimane fa non ho avuto il coraggio di piangere in quel vicolo buio, quando ho capito finalmente cosa sei davvero tu per me (1).
Io che non faccio nulla che mostri la mia umanità, perché mi è stato insegnato che  tutto ciò che è umano è anche debole.
Ed io non posso essere debole, ricordo ancora mio padre urlarmelo come una furia mentre mi strattonava, sollevandomi da terra, perché i miei occhi bambini si concedevano lacrime simili a quelle che il cielo piange stasera dietro questi vetri.
 
Neanche tu piangi più, amore mio. Ci ho fatto caso, sai. Ed io mi sento responsabile, anche questo è colpa mia.
Io lo so Andrè, l’ho sempre saputo. Sono io il veleno che ti ha infettato il cuore, strisciando lentamente nelle tue vene fino a spegnere il tuo splendido sorriso, fino a smorzare la luce che avevi negli occhi.
Io potevo essere tutto per te, e tra tutto ho scelto di essere il tuo carnefice. E ti ho punito perché mi hai amato, mentre io non potevo amare, mi era stato insegnato che non ne avevo il diritto, che anche questo era  debolezza da estirpare dal cuore.
 
Ma il veleno può essere vinto, e tu lo hai vinto, amore mio.
Io il tuo veleno, tu il mio antidoto.
Ed ora sto qui a domandarmi da quando. Da quando hai iniziato a scorrermi nelle vene silenzioso, a sciogliere il gelo, a sgretolare le spesse mura dietro cui mi nascondevo, a strapparmi la maschera?
Non lo so, amore. So solo che stasera invidio tutto ciò che non sono mai stata, e vorrei esserlo per te.
 
Avverto la tua presenza silenziosa alle mie spalle, come è sempre stato, come mi è sempre bastato. Ma ora non mi basta più.
E tu pronunci le stesse parole di sempre, che ora temo di sentire: 
“Se non hai bisogno di nulla, Oscar, mi ritiro. Forse vuoi restare sola”.
Lo dici e mi spezzi il cuore, senza saperlo.
Non voglio più esser sola, Andrè!
Lo dici e mentre ti volti una folata di vento spegne l’unica candela che illumina il salone, lasciandoci al buio.
 
Ora sento lo stesso veleno strisciare nelle mie vene. Sento il desiderio farsi strada in me, prepotente. Il bisogno che ho di sentire le tue mani su di me mi divora la ragione.
Il buio è mio complice, tu non potrai vedere il rossore che si è impossessato delle mie guance, così mi faccio coraggio e pronuncio in un soffio il tuo nome.
 
Sei di nuovo dietro di me, tanto vicino che posso avvertire il calore del tuo corpo, il tuo respiro.
E tu avverti i battiti del mio cuore, amore mio? Io li sento, impazziti, e tremo amore, e stringo le mani in due pugni, e mi sento impacciata mentre mi giro verso di te e ti sussurro:
_ “Ti prego, non andar via, non voglio star sola”.
 
Ti avvicini di un passo, alzi un braccio e oltrepassi la mia spalla per chiudere la finestra dietro di me.
Appoggi le tue mani sulle mie spalle e mi sussurri:
_ “Ma tu stai tremando, Oscar. Vieni qui”.
Mi prendi una mano e mi conduci vicino al camino, che ancora brucia.
Ma non sai amore, non puoi sapere che tutto il calore di cui ho bisogno è qui, nella tua mano che stringe la mia.
 
Poi con un gesto inaspettato le tue mani percorrono le mie braccia come in una lenta accarezza, mentre il tuo sguardo vaga su di me, sui miei occhi, sulle mie labbra appena socchiuse.
Allora prendo coraggio e la mia mano raggiunge il tuo viso. Scosto la ciocca di capelli che copre la cicatrice e ti sfioro delicatamente l’occhio ferito, mentre ti dico:
_ “Ti stavano uccidendo, in quella piazza”.
Poi abbasso lo sguardo e confesso:
_ “Ho avuto paura, Andrè, paura di perderti. Possibile che io riesca solo a causarti del male?”.
 
Non mi rispondi, non a parole almeno, ma le tue mani non abbandonano le mie braccia ed io tremo ancora, forse anche di più.
La tua vicinanza, il contatto con te, mi confondono.
Che cosa mi hai fatto, amore? Cosa mi sta accadendo?
 
Il mondo attorno a noi sta crollando, ma a me non importa. 
Da quella maledetta notte a Saint Antoine non mi importa più nulla che non riguardi te.
Tu eri svenuto, ti tenevo tra le mie braccia davanti a quel patibolo improvvisato, e ancora il mio cuore ripeteva ossessivamente le parole che avevo detto a Fersen:
_ “Il mio Andrè… il mio Andrè!”.
 
Guardami, Andrè, scrutami  nell’anima e carpisci il dolce segreto che non ho il coraggio di svelarti. 
Leggilo nelle mie mani tremanti, nei miei sguardi imbarazzati, nella mia natura di donna che non riesco più a dominare da quella notte di un anno fa, che non voglio più soffocare.
 
Follia, pura follia pensare… sperare che tu, dopo tutto il male che ti ho fatto, tu possa ancora….
Follia quella mi ha spinto a dare libera uscita alla servitù stasera, la nostra ultima sera di licenza, per rimanere sola con te.
Follia sperare che tu mi voglia ancora.
E solo adesso scopro quanto sia meraviglioso essere folli, amore.
Oh, ma tu lo sai, lo sai bene! Tu che hai perpetrato per venti anni la più assurda delle follie: amare una come me, a dispetto di tutto e di tutti.
 
E mentre spero che stasera un Dio da lassù ascolti le mie mute preghiere, accade ancora l’inaspettato: mi prendi la mano e mi conduci con te sul divano davanti al fuoco.
Siamo vicini, tanto vicini da far perdere un battito al mio giovane cuore di donna, sbocciato appena qualche sera fa in un vicolo freddo e buio di Parigi.
Continui a stringermi la mano, mentre sento la tua voce, bassa e triste, dirmi:
_ “Oscar, la mia Oscar…”.
 
Quella poche parole, quella voce, sembrano un richiamo a cui  il mio corpo, seguendo un istinto primordiale, obbedisce.
E questa volta sono io a spiazzarti quando, compiendo un gesto che non mi è mai appartenuto, non fino  a stasera almeno, appoggio il mio capo sulla tua spalla.
Tutto di te investe i miei sensi come un uragano, il tuo profumo, il tuo calore, il tuo respiro, e tremo ancora.
Tremo quando sento il tuo braccio lambire le mie spalle.
 
E’ da quella notte di un anno fa nella mia stanza, da quando lo giurasti, che non mi hai più toccata, ma io non ho mai dimenticato (2).
Ed è da allora che hai iniziato, forse senza neanche saperlo, a guarirmi, amore.
Il ricordo delle tue labbra, del tuo corpo sul mio, è stato quello l’antidoto che ha iniziato a scavarmi nell’anima, a spezzare gli intricati rovi che mi soffocavano (3), fino a trovare ciò che di me è ancora puro e vero.
Non senti, Andrè?  Il mio cuore ed il mio corpo ti invitano ad osare, a non aver paura.
Ti prego, amore, non stare più lontano da me.
 
Ma tu hai giurato e non verrai meno, ed è anche per questo che ti amo tanto (4).
Allora sarò io a liberarti da quella promessa.
Così mi faccio più vicina a te, affondo il mio viso sul tuo collo e poso una mano sul tuo petto.
Nessuno mi ha mai insegnato i gesti dell’amore, ma confido che tu sarai capace di riconoscere il mio goffo linguaggio.
 
E ti sento, amore, sento tutto di te.
Sento il tuo cuore, che al mio contatto comincia a battere impazzito, quanto il mio.
Sento la tua pelle calda attraverso il fresco cotone della tua camicia.
Sento il tuo profumo, che un tempo mi infondeva serenità, ma che ora accende i miei sensi ed evoca in me emozioni neanche mai immaginate prima.
E sento il tuo respiro divenire irregolare e farsi più vicino al mio viso, sempre più vicino.
Sì, amore. Non aver paura di aver equivocato i miei gesti, stavolta non scapperò.
 
Il tuo braccio mi stringe ancora di più, invitandomi dolcemente ad accentuare il contatto con te, ed io non voglio altro amore, non oppongo alcuna resistenza.
Nascondo il mio viso tra la tua spalla ed il tuo collo, mentre ormai il tuo volto ha quasi raggiunto il mio.
Ti sento inspirare profondamente tra i miei capelli e poi sussurrarmi:
_  “Non ti ho mai detto che adoro il tuo profumo? Sai di buono. Dio, Oscar, da quanto tempo avrei voluto …”.
E mentre lo dici l’altra mano scivola lungo la mia schiena, lievissima, provocandomi brividi profondi.
 
Sento la tua guancia carezzare la mia, lentamente.
Sento l’accenno di barba ruvida contro la mia pelle liscia.
Sento le tua labbra lasciare una lunga scia calda dalla mia tempia allo zigomo, alla mascella, per poi arrivare al mio lobo.
Mi sembra di impazzire. E’ questo, dunque, il desiderio?
Perdo il controllo di me, getto indietro il capo e ti offro nuova strada.
Perdi il controllo di te e mi baci il collo, salendo piano fino a catturarmi dolcemente la bocca.
 
Mi baci piano, amore, un bacio tenero, quasi casto, trattenuto. Un bacio che ancora mi permetterebbe di porre fine a tutto questo, se volessi.
Ma io non voglio, amore.
Sono così morbide le tue labbra, così calde, così dolci, e rispondo al tuo bacio.
Tu lo avverti subito, amore, e rendi il bacio più esigente. Le tue labbra si schiudono e la tua lingua invita le mie a fare altrettanto.
 
Sento fuoco nelle mie vene, fuoco sulle mie guance, fuoco nelle mie viscere, fuoco mentre le nostre lingue si incontrano, si accarezzano, si intrecciano.
Ci stacchiamo solo quando ci pare di aver finito l’aria che abbiamo nei polmoni, entrambi ansimanti.
Tu mi prendi il volto tra le mani e mi sussurri:
_ “Dimmi che è vero. Dimmelo, ti prego!”.
 
Ed io voglio dirtelo, con tutta me stessa, ma riesco solo a pronunciare il tuo nome come una preghiera, Ti prego di continuare ad accendere questo mio corpo, che solo stasera sto scoprendo davvero.
E brucio quando non mi dai tempo, quando la tua bocca assedia di nuovo il mio collo, si impossessa ancora delle mie labbra.  
 
Voglio! Voglio sentirti ancora su di me. Voglio avvertire il peso del tuo corpo sul mio, come quella notte (5). Voglio sentire ancora quei brividi percorrermi tutta la schiena ed esplodermi nel ventre.
Allora la mia mano affonda nei tuoi setosi capelli  e comincio a stendermi sul divano, conducendoti con me, sopra di me.
 
Nel tuo sguardo c’è il desiderio, desiderio puro, lo stesso che puoi vedere nei miei occhi.
E mentre carezzo la tua nuca e tempesto di lievi baci il tuo magnifico viso, avverto la tua mano scendere sul mio collo e sciogliere lentamente il fiocco della mia camicia.
La tua bocca prende possesso di lembi della mia pelle sempre più intimi, mentre le tue dita esplorano sulla seta leggera le forme dei miei seni, che sfrontati offrono a te tutto il loro turgore.
Invochi il mio nome, con voce roca e piena di desiderio, mentre io, completamente persa di te,  non riesco a dirti altro che:
_  “Amore… amore mio… amore mio…”.
 
In un attimo sei in piedi e mi sollevi tra le tue braccia.
Cammini sicuro, anche nell’oscurità, attraverso i corridoi di questa casa che negli anni ci ha visti fratelli, amici, confidenti, ma che da stasera ci vede innamorati.
Mi porti tra le tue braccia, stretta a te delicatamente, come se fossi la cosa più preziosa che esista al mondo. E io mi sento protetta, amata, desiderata. Mi fai sentire donna, amore, e per la prima volta nella mia vita non voglio essere altro che questo.
 
 
Spero vi sia piaciuta.
Comunque, nel bene o nel male, ho scritto ciò che mi suggeriva il cuore.
E chissà, forse più in là darò a questa one – shot anche un seguito, che già stuzzica la mia fantasia, raccontando la stessa sera vista con gli occhi di Andrè.

 
 

 

1)  Il riferimento, lo capirete meglio più avanti, è a S. Antoine.

2)  Oscar ricorda la notte dello strappo della camicia e della confessione dell’amore di Andrè.

3)  Ce l’avete presente l’immagine della mitiche sigle, in cui si vede Oscar completamente avvolta da un inaccessibile rovo di spine? Beh, mi sembrava adatta a raffigurare il suo stato d’animo.

4)  Se ben ricordate, Andrè la notte in cui si dichiara ad Oscar, nel vederla piangere,  tornando in sé, le giura che non le farà mai più una cosa del genere,  toccandola con quel desiderio.

5)  Tornano ancora, vivide, le sensazioni che lei deve aver provato al contatto fisico con lui la notte della disperata dichiarazione d’amore.

  
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