Preghiera

Era come un mal di testa. Perpetuo, assordante e fastidioso, che ronzava discontinuo nella sua mente. Rin si era spesso reso conto della differenza tra quel dolore e uno più vero, tangibile sulla pelle.
Quel male fastidioso era diverso da qualsiasi colpo avesse mai preso; diverso dai graffi, dalle lacrime, e dalle sbucciature. Era diverso anche dal dolore emotivo: dal disordine interiore che aveva imparato a temere, a riconoscere nella parola Demone.
Si mostrava più simile a un malessere che a un male; qualcosa di indefinito, che appariva come un cruccio durante la giornata.
La prima volta che l’aveva sentito, era piccolo e stava pregando. Figlio di un reverendo, era stato educato alla cristianità fin da bambino; e a cinque anni – benché Yukio sostenesse che il suo cambiamento, dall’epoca, fosse stato più fisico che mentale – desiderava tante cose, nonostante poche di queste fossero concrete. Così pregava per ottenerle, sussurrando parole antiche e invocando Dio, affinché tutto potesse andare per il meglio. Pregava per raggiungere qualcosa, in modo molto egoistico, più per abitudine che per vero credo. Eppure bastava una sola di quelle parole – un solo verso dell’ave Maria – per procurargli una sensazione di disagio.
Gli si attorcigliava lo stomaco e la bocca iniziava a diventare asciutta, impastata. Le parole scorrevano lente e granulose, difficili da pronunciare. In questo modo, aveva preso semplicemente a pensarle.
Congiungere le mani e meditare, intensamente, a ciò che voleva; mettendo tutta la propria forza in parole non pronunciate, continuava a sperare in un appoggio divino.
Voleva essere più felice: avere quel trenino visto al negozio di giocattoli, essere un po’ più paziente e, magari, donare un po’ della sua forza al fratello.
Aveva capito solo tempo dopo perché le sue richieste non fossero ascoltate; perché avesse sempre quel dolore, così fastidioso; perché non riuscisse a pronunciare i canti come Yukio, che non aveva mai avuto problemi a farlo.
Era un Demone. Il figlio di Satana.
No, meglio. Era un Demone Cristiano, una specie di paradosso vivente.
Le orazioni religiose erano veleno nella sua bocca e dolore nella sua mente.
Lo cacciavano a forza da un mondo a lui non adatto.
C’era qualcosa di sbagliato?
Forse sì, forse no. Rin aveva smesso di farsene un problema tanto tempo prima e, cocciuto, persisteva nella sua preghiera silenziosa, consapevole che le sue parole non sarebbero mai arrivate alle orecchie di nessun Dio.

Note: Salve a tutti o/ Ed eccoci alla fine, benché questa flashfic non c'entri troppo con il tema della raccolta °°" 
Nata da una serie di... ehm, assolute pipe mentali, provocate, a loro volta, dalle differenze tra sineddoche e metonimia. Vi prego, non chiedetemi come sono passata da lo studio della letteratura a questo, perchè non ne ho idea xD  
Essendo Rin un demone - nonostante fosse sigillato dalla Kurikara - mi sono sempre chiesta se non provasse una sorta di disagio vicino/nei luoghi religiosi; beh, devo dire che la mia mente ha messo in secondo piano il fatto che vivesse in una Chiesa °° Ergo: Ho potrei aver scritto solo una cosa assolutamente nonsense, influenzata da Dante e dall'allegra Natura delle cose, che è solo ciò che è e non è altrimenti (?) 
In ogni caso, si conclude qui questo piccolo esperimento ^^ grazie di avermi seguito fino a qui e di non avermi denunciato per inquinamento del pubblico fandom ^^
A presto ^^