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Autore: Ikumi91    15/10/2011    4 recensioni
[Remake della fanfiction "Obscure"]
Due anni sono passati dalla morte del dio Hades, ormai la pace regnava sulla Terra.
Almeno così sembrerebbe...
Un nemico ormai dimenticato da tempo reclamerà vendetta.
I Saint di Athena riusciranno a far ritornare la pace sul loro amato pianeta?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Edgard, svegliati che è ora di alzarsi!”
Silenzio.
La donna bussò un’altra volta contro la porta della camera del figlio. “E’ tardi, rischi di arrivare in ritardo, dai su!” Attese una seconda volta un’eventuale risposta del figlio, ma come prima non ne ricevette. Sbuffò sonoramente chiudendo gli occhi, li riaprì e con essi pure la porta ed accese la luce della stanza.
Il ragazzo in questione si coprì totalmente con le coperte per non essere infastidito dalla luce e mugugnò, dopo di che si mise in posizione fetale, ed infine disse: “Non c’ho voglia di andare a scuola, sono stanco.”
La castana con passo svelto scostò le coperte rivelando la figura di Edgard che si chiuse quasi a riccio. “Oh smettila. E ora alzati!” Gli prese i piedi.
“Nooo!” Si lamentò coprendosi la testa col cuscino.
La madre gli tirò i piedi, in modo da fargli stendere le gambe, forse a una prima vista una scena del genere poteva sembrare divertente, ma non era così; perché con il figlio c’era sempre da lottare per farlo andare a scuola. “Edgard alzati! Standotene qui a casa a far nulla cosa farai da adulto, eh?”
“Il gigolò.” Rispose semplicemente.
Ingrid, la madre di Edgard, mollò la presa si portò le mani sul viso esasperata e  stanca; era mai possibile che il figlio la facesse disperare fino a tal punto? Si chinò verso il figlio e con le mani gli fece il solletico in modo da farlo scendere dal letto. “Ora voglio vedere se non ti alzi!” E ridacchiò divertita.
Edgard lo soffriva terribilmente, perciò iniziò a contorcersi e a ridere. “Va bene, hai vinto ma basta ti prego che non resisto più!”
Ingrid, smise immediatamente di fare il solletico al figlio e si allontanò, aprendo la porta della stanza e disse: “ E ora alzati che si sta facendo tardi, ok?” Ed uscì socchiudendo la porta.
Il ragazzo si alzò e si stiracchiò facendo scrocchiare alcune ossa, dopo di che si ritirò in bagno e mentre aprì il rubinetto del lavandino iniziò a parlare a voce alta in modo che sua madre lo potesse sentire. “’Ma, quando dovrebbe arrivare papà?” Iniziò a lavarsi il viso.
La donna dai capelli castani disse: “Dovrebbe arrivare a Salisburgo oggi pomeriggio, quindi arriveremo qua a casa verso l’ora di cena.” Parlò con tutta tranquillità mentre andava a prendersi una tazza di caffè.
“Capisco.” Rispose di rimando sottovoce. “Mamma! Senti: non è che oggi posso saltare scuola?”


Qualche minuto più tardi…
Edgard era uscito di casa dopo varie minacce da parte della madre, se non quasi sbattuto fuori dalla dimora, perché se avrebbe tentato di non andare a scuola Ingrid avrebbe chiamato l’edificio in questione per verificare che il figlio ci fosse andato realmente, quindi il ragazzo dovette rassegnarsi, più o meno. Perciò, dopo essersi lavato e vestito per uscire, con la tracolla in spalla e con passo lento, molto lento, iniziò a camminare per le strade della città dove anche altri ragazzi stavano andando nella sua stessa direzione. Non ne poteva più di doversi svegliare presto ogni mattina per alzarsi ed andare in quell’edificio malefico, se magari avesse trovato un modo per poter saltare scuola; anche trovarlo ora, ma sarebbe stata una cosa un po’ difficile e sebbene conoscesse sua madre molto probabilmente non avrebbe ugualmente chiamato il liceo in cui andava. Ma era meglio non rischiare… a meno che non avesse trovato una proposta allettante.
Sollevò la testa verso il cielo notando che era parzialmente nuvoloso, ma non quel tipo di nuvole che avrebbero fatto venire un temporale o altro: erano delle semplici nuvolette bianche. Faceva abbastanza fresco tra l’altro e perciò si era dovuto mettere una felpa lievemente più pesante del solito, ritornò con lo sguardo sulla strada ed ispirò profondamente in modo da far mandare tutta l’aria dentro ai polmoni, ed aveva la strana sensazione di aver dimenticato qualcosa, d’importante per giunta. Gli sarebbe venuto in mente strada facendo sicuramente, accelerò il passo.

“Ehy, Ed!” Lo salutò una voce giovanile da dietro di lui. E il tizio in questione appoggiò la propria mano su una delle spalle del castano in modo da poterlo raggiungere e fermalo allo stesso tempo.
Edgard sentendo quel contatto si fermò di scatto. “Ma che…?!” E si voltò. “Ah… sei tu.” Disse neutro.
“Grazie per l’entusiasmo!” Gli rispose mezzo deluso e divertito.
“Perché ridi? Non c’è nulla da ridere!”
Il biondo ci pensò un attimo, poi gli rispose: “Beh, che senso ha alzarsi già giù di corda senza sapere che ci aspetta? E poi, secondo me, è meglio così… Almeno la giornata ti sembrerà meno difficile… A proposito… Hai studiato per il compito in classe di oggi? E che ti è successo? Hai una faccia…”
“… Lasciamo stare, va…” Commentò le prime parole del suo amico e si  mise le mani  nella tasca  dei jeans. Poi continuò ad ascoltarlo mentre camminavano ed iniziò a guardare il marciapiede, poi, ad un tratto si fermò alle parole ‘compito in classe’. “COSA? E tu non mi hai detto  nulla?” Si disperò e si mise le mani fra i capelli.
Pure il biondo si fermò ed inclinò lievemente la testa per poter vedere meglio l’espressione di Edgard. “Tutto bene?”
“No che non va bene!” Si voltò verso di lui e gli prese le spalle ed iniziò a scrollarlo. “Dovevi avvertirmi!”
“Ma..a… basta, mi stai facendo male, lasciami!” Cercò di scrollarselo di dosso con scarsi risultati. “E poi sono giorni che la prof lo stava ripetendo alla nausea.”
Edgard si staccò da lui. “Ok… Mi sono calmato.” In verità non era così, ma era meglio darsi una controllata. Rimase immobile per qualche secondo. “Idea! Mariniamo scuola! Che genio.” Fece un sorriso a trentadue denti tutto soddisfatto per la sua idea.
“…” Michael* mise il broncio ed incrociò le braccia. Dalla sua espressione si capiva benissimo che era deluso, il biondo era sempre stato un ragazzo per bene che non accettava mai questo genere di cose… Certe volte Edgard si domandava come avevano fatto a diventare amici, bah. Misteri della vita.
“Che c’è?” Disse mezzo scocciato; sapeva benissimo che il suo amico non avrebbe provato la questione e che avrebbe cercato di farlo mandare a scuola, e in queste cose era più testardo di un mulo.
“… Lo sai cosa ne penso al riguardo!”
“Lo so! Ma non ne ho testa di andare a scuola, sono stanco e non ho studiato niente, non so manco quale verifica si tratta!” Sbuffò e si rimise le mani nelle tasche dei jeans roteando gli occhi stufato dalla situazione. Però non era questo che si era dimenticato, non era il motivo della sua preoccupazione. “Comunque di devo dire una cosa strada facendo.”
“Quindi vieni a scuola?” Domandò quasi felice.
Edgard inclinò la testa e disse: “Sì… vorrà dire che prenderò un 3… che vuoi che sia!”
“Non è bello prendere un voto basso, Ed.”
“Lo so. Ero sarcastico, Michael.”
“Oh…”
“Eh già!”
Michael rimase in silenzio per qualche secondo guardando il cemento e si mise ad osservare il suo amico: “Cosa volevi dirmi a proposito?”
“Mh? Ah! Sì! Allor-“ Ma non riuscì a finire la frase che la sua attenzione venne catturata da una ragazza dai capelli castano chiaro che lo superò con passo spedito. Edgard sorrise felice poiché riconobbe la ragazza, per cui si diede una leggera pettinata ai capelli ed urlò: “ Anna!” La ragazza in tutta risposta si girò dietro e lo guardò torvo; sembrava quasi che emanasse energie oscure cariche di rabbia e rancore, si girò nuovamente ed aumentò maggiormente il passo. “Ma…” Edgard ci rimase male, così iniziò a correrle dietro fino a piombarle davanti, facendole prendere uno spavento, “Ehi, Anna!"
La ragazza gli diede uno schiaffo sul viso, “NON MI RIVOLGERE PIU’ LA PAROLA, HAI CAPITO?” grugnì.
Edgard era rimasto shockato dalla reazione della castana, e pensare che Anna era una ragazza così gentile… Prima che potesse andarsene mise una mano su una sua spalla, in modo da non lasciarla andare “Anna, perché!? Che ti ho fatto?”
Prima di rispondere Anna tolse la mano del ragazzo che aveva di fronte a sé e gli rispose: “Che mi hai fatto? Che mi hai fatto? CHE MI HAI FATTO?” Ed ogni volta che ripeteva la frase il suo tono aumentava, ed Edgard ogni volta deglutiva più forte; non l’aveva mai vista così arrabbiata, anzi, giurò di non averla mai vista così “Ieri mi hai lasciata ad aspettarti per ben tre ore, dico tre ore davanti a quello stupido negozio in cui dovevamo trovarci! E come se non bastasse tu non mi rispondevi a casa! Ho speso pure dei soldi in una stupida cabina telefonica e tu a casa non rispondevi e pensavo: ‘magari mi starà raggiungendo’ e invece no! Fosse stata la prima volta potevo anche chiuderci un occhio, ma questa non è la prima volta che succede caro il mio, ma che dico! ARGH! Non voglio più niente a che fare con te, ho chiuso!” E se ne andò.
Edgard era rimasto immobile per tutto il tempo, sembrava quasi che gli avessero dato un paralizzante, a Michael dal canto suo gli dispiaceva vedere il suo migliore amico ridotto in quel modo, indi per cui corse dietro alla ragazza. “Dai, magari ha avuto un impegno importante e non ha potuto avvisarti!” Lo giustificò.
La bruna si fermò e si girò ancora una volta. “AH! Ecco il suo compagno di merende, sempre pronto a difenderlo! Beh, mi dispiace, anzi, non mi dispiace affatto! Ma io con lui non voglio più niente a che fare! Addio.” E se ne andò, per davvero stavolta.
L’amico si portò una mano dietro la nuca e si mordicchiò un labbro, cercò di pensare a qualcosa per poter risollevare il morale di Edgard. Si avvicinò a lui con aria addolorata. “Mi dispiace Ed…”
“Morirò vergine!” Si disperò.
“…” Michael se ne andò verso scuola.
“Ma che fai!”
“Sinceramente questa è una delle ultime cose che una persona normale penserebbe.” Lo rimproverò.
“Oh, scusami se sono un ragazzo con delle esigenze! Ma tu non puoi capire.”
“Come?”
“Beh sì! Sei un mezzo suoro!”
“Come Suoro? E poi non si dice suoro ma prete!” Lo corresse.
“VISTO!?” Lo indicò.
Michael era una persona buona e tranquilla, ma in quel momento avrebbe tanto voluto mandare a quel paese il suo migliore amico, ma non lo fece e roteò gli occhi. Anche lui come Ed aveva i suoi sogni, ma ovviamente lui certe volte aveva la testaccia dura come il marmo e non poteva capire, ma questa volta fece finta di nulla. “Invece di pensare a questo non dovresti essere dispiaciuto per lei?” Cercò di portare la cosa a una discussione normale.
“E certo che mi dispiace! Lo sai benissimo quanto mi piaceva e quanto mi piace tutt’ora… E sai quanto ci andavo dietro… Sono uno stupido.” Si rattristò. “Non vado a scuola.” Se ne andò verso casa.
Il biondo lo fermò. “Eh no, tu vieni e mentre andiamo a scuola ti sfogherai come me!”
“Ma sono troppo depresso...”
“Vorrà dire che penseremo ad altro; non dovevi dirmi una cosa prima?” Inarcò un sopracciglio.
Edgard rimase ad rimuginarsi qualcosa e alla fine parlò: “Hai ragione… volevo dire che è da un po’ di giorni che faccio dei sogni strani…” E mentre Edgard spiegava se ne andarono finalmente verso scuola.



Qualche ora più tardi del mattino Marin decise di andare a Rodorio a trovare una persona, per la precisione Seika, la sorella maggiore di Seiya.  Perché anche se si erano ritrovati i due, lei preferiva rimanere in quel villaggio anziché al Santuario, il Cavaliere dell'Aquila ogni qualvolta che poteva le andava a far visita per accettarsi che non le mancasse nulla e che si trovasse bene e magari a convincerla a trasferirsi al Santuario.
Seika abitava in una casetta a due piani nel centro della cittadina insieme alla famiglia che l'aveva e continua ad ospitarla, e lei gli aiutava con il negozio di alimentari e poiché oggi era il suo giorno libero ed era un’occasione adatta per andare a trovarla e anche se non lo ammetteva mai a Marin piaceva ogni tanto cambiare aria.
Quando arrivò davanti alla casa pigiò il campanello, e nel giro di qualche secondo ad aprirle la porta fu proprio Seika, con la sua espressione serena.

“Spero di non essere di disturbo.” Fu Marin a parlare.
La ragazza sgranò gli occhi e sorrise. “Marin, che bella sorpresa! Sei sempre la benvenuta, quindi non ti devi preoccupare! Dai entra!” la invitò ad entrare ed Accolse il Cavaliere con gioia, dopo che la fece entrare chiuse la porta e la portò nel salottino. “Vuoi che ti porti qualcosa da bere?”
“No, grazie.” Rispose con il solito tono educato. Seika la invitò ad accomodarsi in una delle poltroncine della stanza.
“Allora, Seiya come sta?” Iniziò. “E' da un po' che non viene a farmi visita; non vorrei che gli fosse successo qualcosa...” Finì la frase con un tono lievemente preoccupato. Si sedette pure lei nella poltroncina davanti a quella in cui stava il Cavaliere dell'Aquila.
“Sta bene: è sempre il solito scansafatiche!” Scherzò. “Non saprei che dirti, probabilmente ha avuto da fare.”
La castana ridacchiò alla battuta della rossiccia. “Già, magari verrò io al Grande Tempio, sempre se è possibile, logico...”
“Certo che puoi, la nostra Dea sicuramente ne sarà felice. Però non capisco il perché tu non ti sia ancora trasferita al Santuario, ti troveresti bene”
“Perché qui mi trovo bene e poi non saprei come rendermi utile laggiù, non mi piace stare con le mani in mano.” Le rispose semplicemente. Anche se in quel momento in realtà stava omettendo alcuni particolari e poi vivendo a Rodorio aveva imparato ad essere una persona laboriosa, per certi aspetti.
Marin rimase a guardare la ragazza davanti a sé per qualche istante, poi decise di prendere parola. “ Ci sono molte cose da fare, oltre al diventare Cavaliere. Come l'ancella.” Propose.
Seika abbassò per qualche istante lo sguardo ed iniziò a giocherellare coi bordi della camicetta che indossava in quel momento. La verità era un'altra, però era vero il fatto che non le piaceva rimanere con le mano in mano. Sospirò e decise di rivelare il motivo, doveva liberarsi di quel peso con qualcuno e Marin le sembrava la persona adatta. “La verità è che non mi piace il Santuario. Ogni volta che ci penso mi viene in mente il viso di quell'uomo, Matsumada Kido. Se non fosse stato per lui Seiya avrebbe vissuto una vita semplice e felice… Ne sono certa. Lo so, è morto. Ma Saori mi fa ritornare in mente quell'uomo e questo mi fa rendere leggermente o totalmente, non saprei, antipatica Saori Kido.” Fece una breve pausa e smise di giocherellare con la camicia e guardò Marin, la quale lei rimase in silenzio ad ascoltare la ragazza.“ Ho provato pure a proporre a Seiya di lasciare questo vostro mondo, ma lui non ne ha voluto sapere...” Alla fine si era sfogata, volse lo sguardo verso la porta della cucina. “Vorrei tanto tornare in Giappone con lui, davvero...”
Marin rimase tutto il tempo ad ascoltarla e quando fu certa che avesse finito di esporre le sue ragioni, prese parola: “Seika... Posso capire i tuoi risentimenti, però se non fosse arrivato qui in Grecia per diventare Cavaliere di Pegasus molto probabilmente questo mondo sarebbe finito, quindi-”
“Lo so, lo so, Marin. Ma ora che Hades è morto non dovrebbe essere tutto finito definitivamente? Io ho provato a far cambiare questa vita a mio fratello ma lui dice che è un Saint di Athena e come tale ha il dovere di star affianco ad Athena, anzi a Saori… Secondo me ne è innamorato… Cioè… E’ ossessionato da lei.” Disse l’ultima frase sottovoce e mentre perché forse stava esagerando ed aveva rivolto lo sguardo verso il Saint dell'Aquila, corrugò la fronte e sospirò stanca. “Scusa...”
“Mh?”
“Per quello che ho detto... Non dovevo dire queste cose. Ti vado a preparare un the...” Si alzò e si diresse in cucina, ma venne fermata da Marin. “Marin...”
“Non ti devo scusare. E' normale sfogarsi e poi essendo tua amica mi fa piacere che tu ti confida con me. Se avrai bisogno di aiuto, sappi che io ci sarò, chiaro?”
“... Sì, grazie Marin...” Le sorrise“ Ora ti vado a preparare il the e poi parleremo di cose più allegre, ok?”
“Non ti devi disturbare... Comunque va bene.” Sorrise a sua volta, sebbene non si capisse in quanto aveva la maschera.

Il resto della mattinata la trascorsero tranquillamente e chiacchierarono del più e del meno come due ragazze normali,
Marin e Seika durante i due anni di pace legarono molto e divennero buone amiche, pronte ad aiutarsi a vicenda ed avevano molte cose in comune, come l'aspetto fisico perché erano molto simili; potevano essere scambiate come sorelle se Marin toglieva la maschera, ma dato che lo faceva solo in sua presenza o con le sue amiche, come paragone non era molto valido per l’altra gente.
Verso le quattro del pomeriggio decisero di separarsi, così si salutarono.
La rossiccia con passo veloce si diresse al Santuario, si era assentata anche troppo oggi, pensò. E solitamente se mancava troppo al Grande Tempio era per via di qualche missione, ma dato che non era stata mandata da nessuna parte a svolgere qualche tipo di lavoro era meglio rientrare.
Marin era sempre stata una persona diligente.
Arrivata al Santuario, automaticamente, si diresse verso lo stadio ad osservare i combattimenti e magari aiutare qualcuno.


Saori come era suo solito risiedeva al tredicesimo tempio e pensava ad un bel po’ cose, alcune riguardanti il suo passato e altri per il futuro; forse doveva smettere di pensare e godersi un po’ la vita, anche se era una Dea questo non significava non divertirsi… O almeno la pensava in questo modo al momento. D’altronde era pur sempre una ragazza di quattordici anni che quest’estate ne avrebbe fatto quindici.
Mentre pensava a tutto ciò era uscita dal Tredicesimo Tempio dirigendosi verso la statua che la rappresentava: aveva bisogno di aria fresca e da lì poteva godere una buona visuale del Santuario. Era uno spettacolo suggestivo il paesaggio che le si presentava dinanzi, il restauro aveva portato buoni frutti, ora pareva sul serio di trovarsi nell'antica Grecia, sebbene ogni tanto circolavano oggetti di ultima generazione.
Sorrise.
Si appoggiò alla ringhiera di ferro in modo da trovare una posizione comoda. Però ad interrompere i suoi pensieri fu l’arrivo improvviso e il saluto di Seiya che le rivolse, infatti sobbalzò.

“Tutto bene Saori-san?”
“Oh sì! E che non aspettavo nessuno...” Lo tranquillizzò. Poi, proprio lui doveva venire? Non che le dispiacesse la sua presenza, per carità, ma in quel momento avrebbe preferito rimanere sola con i propri pensieri, ma era anche vero che aveva bisogno di un po’ si svago ogni tanto.
“Beh, se sono di troppo me ne vado...!” Si mise le mani dietro alla nuca come era il suo solito fare, Saori sorrise.
“No, non arrechi nessun disturbo, Seiya.” Si avvicinò lentamente verso il ragazzo e sorpassandolo gli chiese: “Ti andrebbe di venire con me a fare una passeggiata?” Lo invitò.
“Oh, ma certo!” E la raggiunse felice nel passare del tempo con Saori.

Durante il tempo che avevano trascorso insieme per via delle battaglie combattute insieme, tra di loro si era creato un rapporto speciale, ma non si trattava di amore, almeno dalla parte della Dea. In verità aveva creato un legame speciale anche con gli altri cavalieri di bronzo e voleva loro molto bene, come ne voleva anche agli altri ma con loro cinque era diverso poiché fin da subito sono sempre stati al suo fianco.
Durante il tempo trascorso parlottarono del tempo e cose di tutti i giorni e mentre lo facevano camminarono per quasi tutto il Santuario e durante il loro passaggio, anzi, al passare della Dea Athena gli abitanti si inchinavano in segno di riverenza.
Shaina mentre si stava avviando insieme a June all’agorà, notò il passaggio dei due e la Silver Saint si fermò di colpo e con lei pure la bionda poiché di era scontrata con la sua schiena. La Bronze  Saint cercò di intuire lo stato d’animo della sua amica; sapeva che Shaina provava qualcosa per Seiya, ma pensava che fosse solo una cosa passeggera, ma a questo non seppe darsi delle rispose perché aveva timore di parlare a sproposito in quell’istante. E poi la reazione che aveva avuto era abbastanza intuibile cosa provasse, o almeno credeva così.
Shaina dal canto suo provava un po’ d’invidia verso Saori, non per il suo ruolo di Dea sia chiaro ma per il fatto che Seiya le stesse vicino; aveva provato a cancellare questo tipo di sentimenti ma non ci riusciva, eppure era una ragazza determinata e arrendersi così non le sembrava il caso, ma non poteva certo sopprimere tutti i sentimenti.

“Shaina...” Cercò di richiedere la propria attenzione in modo da distrarla.
“Ah, sì… Andiamo.” Così le due abbandonarono i campi d’addestramento.



*
Michael: la pronuncia del nome è Micael, come è intuibile dal nome viene preso dall'arcangelo Michele.

Note dell'autrice: Eccomi qua! Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, lo so che non è successo quasi nulla ma prima di entrare nel vivo della storia vorrei prima 'presentare' i vari personaggi della fanfiction, spero che non vi dispiaccia! E vorrei ringraziare chi legge la fict, la recensisce e chi la mette tra i preferiti e le sseguite, grazie davvero!

   
 
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