Dal presente
all’antico Egitto
Capitolo 13:
Un
ringraziamento particolare a ‘MoonPrincess’
per avermi sottratto dai
doveri che mi attendono ancora ora, e portato nel meraviglioso mondo
delle
parole e delle fan fiction che da un periodo a questa parte ho dovuto
trascurare e a ‘Marti Chan’ che ancora continua a
pazientare seguito dopo
seguito della storia. Spero di non essermi arrugginita nel mio lungo
periodo di
assenza. Vi auguro un buon proseguimento, sperando che il capitolo vi
sia
gradito.
Dopo
un’intera giornata caratterizzata dal continuo susseguirsi di
corse dalla punta
fino ai sotterranei del palazzo reale insieme alla sua ancella Kagome,
Inuyasha
si sentiva a pezzi.
Nella sua
vita lussuosa e benestante da principe quale era non si era mai
stancato così
tanto.
E stancato
cosa per poi?
Quel
‘toccata e fuggi’ in ogni singola stanza
– anzi, in ogni singolo centimetro di
spazio possibile e immaginabile – seguita anche dalle
continue urla di
rimprovero di Kagome per cosa?
Per uno
stupido gioiello che per la ragazza aveva chissà quale
assurda importanza?
Ebbene sì, indovinato.
E mentre
continuava a correre si chiedeva ancora il motivo per il quale non
avesse
rifiutato.
Se lo
chiedeva ancora, e si rispondeva con la scusa che non avrebbe mai e poi
mai
rifiutato qualcosa chiesta da una Kagome in piena crisi isterica. No,
non
avrebbe potuto farlo nemmeno volendolo.
Comunque in
cuor suo, sapeva che non era così. Sapeva che non era quello
il vero motivo.
Si sentiva
un po’ in colpa per quanto successo.
Insomma,
aveva preso con la forza, tenuto e poi perso un oggetto che non era
suo. Che
era di Kagome.
Quei pochi
–
anche se pochi però
c’erano! – sensi
di colpa che sentiva se li meritava dal primo all’ultimo.
Però
nonostante tutto era davvero sfinito, così iniziò
a rallentare il passo fino a
camminare.
Non poteva
crederci, adesso aveva anche il fiato corto!
Kagome, che
pochi attimi dopo si era accorta di non avere più il mezzo
demone al suo
fianco,si voltò continuando a strepitare.
Inuyasha
raccolse quella poca calma e lucidità che ancora possedeva
per poi dirle
“Kagome, io direi di fermarci. Se non lo abbiamo trovato dopo
un intero
pomeriggio significherà pur qualcosa. Magari è
ancora nella nostra stanza e non
ce ne siamo accorti”.
La ragazza
accantonò per il momento l’emozione che era
scaturita dall’aver sentito la
parola “nostra stanza”
e non “mia stanza”
per continuare a insistere.
Il principe
a quel punto non ce la fece: la afferrò – seppur
con delicatezza – e iniziò a
trascinarla verso la calda camera che avevano abbandonato ore fa a
causa del
piccolo imprevisto.
Poi
cercò di
farla ragionare: “Senti
Kagome, è da un
intero pomeriggio che cerchiamo senza sosta quel braccialetto. Ormai il
sole
sta tramontando, quindi finiamola qui. Lo continueremo a cercare in un
secondo
momento, quando ci saremo anche riposati”.
“Non
mi
importa di riposare! Io ho bisogno di quel braccialetto, ne va della
mia stessa
vita!”
Il mezzo
demone non riusciva a capirla.
“Mi
spieghi
perché è così importante per
te?”
La ragazza
chinò il capo e gli rispose “Mi dispiace, non
posso”.
Inuyasha
annuì, ma ne rimase comunque un po’ offeso.
Credeva che
tra lui e Kagome ci fosse un rapporto speciale, diverso da quello che
aveva
avuto con le sue serve precedenti, e invece adesso era costretto a
ricredersi.
Lei infatti aveva preferito non parlarne.
Il loro
quindi era un normale rapporto tra un principe e una semplice ancella?
No, si
rifiutava di pensarlo.
Chissà,
magari aveva ancora bisogno di tempo per fidarsi di lui.
Infondo era
proprio colpa sua se Kagome era costretta a vivere nel palazzo e a
servirlo;
che cosa poteva pretendere?
“Qualunque
sia il motivo, direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza”
il mezzo demone
mollò la presa “Su, torniamo indietro”.
La ragazza
dai capelli color ebano rimase immobile, lo sguardo fisso in basso e i
pugni
stretti lungo i fianchi. Non gli rispondeva, sembrava non fare
più caso alla
sua presenza.
Inuyasha la
costrinse a guardarlo, sollevandogli piano il mento con sue dita stando
attento
a non graffiarla e solo allora si accorse dello stato in cui era Kagome.
Aveva gli
occhi lucidi e le labbra piegate in una smorfia di imbarazzo.
Sicuramente
perché l’aveva scoperta in un momento di
fragilità.
All’hanyou
il cuore saltò un battito a vederla in quello stato.
“T-ti
prego,
non piangere!”
“Scusami,
adesso smetto…” lo disse con una vocina tale da
riuscire ad intenerire perfino
il mezzo demone.
Poi la
ragazza si strofinò con il dorso della mano per asciugare le
prime lacrime che
stavano per scendere. Ma non riusciva a smettere di piangere. Pensava
che non
sarebbe più riuscita a tornare a casa e questo le provocava
delle fitte al
petto.
La uccideva
dentro.
“Mi
dispiace, non ci riesco” e le uscì un singhiozzo
mal celato.
Inuyasha
iniziò ad accarezzarle i capelli per rassicurarla, con fare
affettuoso e
rassicurante.
Kagome
rimase stupida del gesto così come lui stesso.
Da dove
veniva tutta quella dolcezza?
Dov’era
finito il principe arrogante, presuntuoso, vanitoso e viziato che era?
“Stupida,
non devi scusarti di niente. Prenditi tutto il tempo che vuoi: io sono
qui,
insieme a te”.
Qualcosa
dentro la ragazza scattò, portandola ad abbracciarlo di
slancio.
L’hanyou
non
si aspettava una simile reazione, per questo dapprima rimase immobile.
Poi
ricambiò
l’abbraccio, stringendola maggiormente a sé,
continuando anche ad accarezzarle
i capelli color ebano.
Kagome smise
di piangere, adesso non pensava più al suo futuro,
né all’Epoca Sengoku o
altro.
No,
né ad
altro che non riguardasse Inuyasha.
Il suo corpo
che adesso era a stretto contatto con il proprio, il suo odore, il
calore che
emanava… erano meravigliosi, lui
era
meraviglioso – anche se non lo avrebbe mai ammesso a nessuno
all’infuori di lei.
Lui era
troppo…
…
troppo da
riuscire ad avere.
Poi tutto
accadde velocemente.
Si
sentì
provenire da lontano un urlo, un urlo di una voce familiare.
Shippo, cavalcando il suo nobile destriero
Kirara correva velocemente (quasi come un razzo, da non crederci!)
verso di
loro urlando a squarciagola.
Inuyasha
iniziò a sbiancare, per poi diventare
l’incarnazione del nervosismo.
Era ancora
Shippo!
Sempre quel cucciolo che doveva stargli sulle scatole!
E adesso
aveva interrotto anche quel bellissimo momento con Kagome.
Gliel’avrebbe
fatta pagare cara, molto cara, su questo ci avrebbe scommesso anche il
suo
titolo da principe!
Kagome,
forse non volevo far assistere la loro scena al cucciolo di volpe,
sciolse l’abbraccio
e si allontanò un po’ da Inuyasha imbarazzata.
Probabilmente
però li aveva già visti…
Il
bambino, ormai con Kirara chiaramente
vicini ai due, ordinò alla federe amica di fermarsi.
L’animale
fece per frenare, portando una delle zampine anteriori verso
l’alto ma, a causa
del terreno scivoloso, non ci riuscì e lei così
come il cuccioletto che gli
stava in groppa finirono per schiantarsi sui due ragazzi.
Un boato
atroce si sparse come un eco per tutto il piano del palazzo.
Qualcuno si
era sicuramente rotto qualcosa.
Fatto sta
che Inuyasha da quel momento fino alla fine della giornata divenne una
bestia,
nel vero senso della parola.
Difatti
Kagome si chiese come mai non si fosse trasformato in demone.
…
Quella sera,
la porta della stanza di Shippo venne casualmente
chiusa a chiave, se non addirittura bloccata anche
dall’esterno…