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Autore: M e g a m i    16/10/2011    7 recensioni
Lucy stava correndo più veloce che poteva, tanto da non avere più fiato. Ma non era abbastanza.
I due uomini le stavano alle costole, e presto l’avrebbero raggiunta. Dentro di lei invocava disperatamente l’aiuto di qualcuno, ma a quell’ora di notte le strade di Magnolia erano deserte. Non c’era nessuno.
Nessuno poteva salvarla.
Cercando di farsi forza, svoltò l’angolo ed entrò in un vicolo. Se solo avesse trovato un posto in cui potersi nascondere e riposare un po’…
E all’improvviso un colpo violento alla testa. Ebbe giusto il tempo per rendersi conto di aver sbattuto contro qualcosa, o qualcuno. Poi svenne.
Genere: Angst, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NDA: ‘A rieccoci! Oggi devo partire col glossario...
Ecco qualche parola che potreste non conoscere:
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disturbo dissociativo dell’identità: malattia mentale meglio conosciuta come “sindrome della personalità multipla”.
- disordine distimico: forma di depressione cronica che provoca una forte introversione e quindi problemi nell’intrattenere rapporti sociali, a causa della bassa autostima e della percezione negativa di se stessi. [grazie alla mia amica Angy per il consiglio. Sì, baby, TU SEI FANTASTIDISTIMICA. ♥]
- lobotomia: intervento neurochirurgico molto “di moda” nella seconda metà del ‘900 e usato come “cura per la pazzia”. Con questo intervento vengono recise le connessioni cerebrali della corteccia prefrontale, cosa che, nel migliore dei casi porta a un totale cambiamento della personalità del paziente e a svariati handicap mentali, mentre nel peggiore può causare l’entrata in uno stato vegetativo o addirittura comatoso. Al giorno d’oggi, fortunatamente, questa pratica è stata abolita, mentre nella mia storia è ancora ammessa per “curare” i gravi casi di psicosi.
- Iron Man: suvvia, chi di voi non ha visto il film? Vabbè, è un super eroe della Marvel.
- White Queen: in italiano Regina Bianca (ma dai?), meglio conosciuta come Emma Frost. Anche lei, una super vacca eroina della Marvel.
E… una piccola cosa da tenere a mente, anche per i prossimi capitoli:
- M/F: maschio/femmina
- C/N/M/A: caucasico, negroide, mongoloide, australiano
- α (alpha)/β (beta): malato mentale/criminale
- Numero: numero di identificazione
- Blocco A/B/C/ecc: struttura di detenzione
(Lo so, lo so, ma andando avanti capirete! xD)
In più questo capitolo contiene:
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Loki, citato una volta da Lucy. Sarà un personaggio importante in questa storia, tenetelo a mente!

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Un omaggio alla celebre uscita di Natsu sui ninja. NIN NIN IS POWAH! :’D -> http://imageshack.us/photo/my-images/52/1260823915872f.jpg/

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Un omaggio alla scena toccante tra Gerard ed Erza appena dopo il “risveglio” di lui, in cui l’unica cosa che si ricordava era il nome di lei. Aaah, quanto amore tra questi due.



-


I've got a nightmare to remember
(Ho un incubo fisso per ricordare)

I'll never be the same
(Che non sarò più la stessa)
What began as laughter

(Quello che è iniziato con una risata)
So soon would turn to pain

(Così in fretta si è trasformato in dolore)
Now I'm not one to soon forget

(Ora non sono più il tipo capace di dimenticare in fretta)
And I bet I never will

(E scommetto anche che non ci riuscirò mai)
 
[Dream TheaterA Nightmare To Remember]
 
 
-
 
 
   « Happy, ssht! »
Lucy aggrottò le sopracciglia, infastidita da quel rumore. Stava dormendo, e dopo la prima volta dopo tanto tempo, stava dormendo bene. Il cuscino sotto la sua testa era soffice, le coperte che l’avvolgevano, calde. Sarebbe voluta rimanere così per sempre. Dormire, senza il bisogno di pensare a niente. Non voleva aprire gli occhi.
Ma quel rumore fastidioso si ripeté, e cominciò a chiedersi che cosa fosse. Cominciò a chiedersi anche per quale motivo si trovasse in un letto, e a chi apparteneva quel letto, e un mucchio di altre cose. Sì, aveva ricominciato a pensare. Tanto valeva aprire gli occhi, a quel punto.
Schermandosi il viso con una mano, per ripararsi dalla tenue luce che filtrava tra le tende della finestra, si stiracchiò, e si mise a sedere.
   « Ah, Lucy! Scusa, ti ho svegliata? E’ che stavo dando da mangiare al gatto, e-… »
Natsu era fermo, nella parte del monolocale adibita alla cucina, con in mano una scatola di croccantini. Ai suoi piedi, un gatto con un pelo di un singolare color azzurro, che miagolava, reclamando il suo cibo. Ecco cos’era quel rumore fastidioso.
Continuò a fissare inebetita quel ragazzo e per un attimo non si ricordò nemmeno chi fosse.
Ma fu solo un attimo. Presto tutto le tornò in mente, anche quello che avrebbe voluto dimenticare.
   « Io… devo andare. », esordì con la voce ancora roca per il sonno, mentre raccoglieva da terra la borsa e la felpa che doveva essersi tolta durante la notte.
   « Come, di già? Fai almeno colazione! Aspetta, ti preparo qualcosa! », obbiettò Natsu, mollando per terra la scatola, che divenne subito preda del gatto affamato, e iniziando ad aprire le ante dei mobili a muro in cerca di qualcosa di commestibile, tra la desolazione di patatine e cibi in scatola.
   « No, devo andare. Grazie per l’ospitalità, ma-… », si bloccò di colpo, rendendosi conto che tra le sue cose mancava qualcosa di fondamentale. La pendrive. « Dov’è la mia collana?! Dov’è?! ».
Il cuore prese a batterle a mille. Cominciò a frugare nelle tasche della felpa, nella borsa, solo le lenzuola, senza risultato. Si sentì morire. E se le fosse caduta durante il tragitto verso l’appartamento di Natsu?! Non si ricordava minimante che strada avessero fatto, la notte prima, era troppo stanca. Riprese a cercare disperatamente, nella speranza che saltasse fuori.
   « L-Lucy, calmati! », la fermò Natsu, posandole una mano sulla spalla e facendola voltare verso di lui. « Ce l’ho io, te l’ho tolta perché avevo paura che ti strozzassi mentre dormiv-… »
   « RIDAMMELA SUBITO! »
Natsu rimase a fissarla stupito dalla sua reazione, mentre infilava una mano in tasca e tirava fuori la catenina d’argento a cui era appeso il ciondolo.
   « Scusa. Non pensavo che fosse così… importante per te. », e gliela porse.
Lucy esitò a riprenderla. Poteva ancora fidarsi?
Si chiese se l’incontro della sera precedente con Natsu non fosse stato così casuale come le era sembrato. Forse era stato organizzato tutto, forse lui aveva organizzato tutto per farle abbassare la guardia, e sottrarle la pendrive.
O forse era lei ad essere troppo sospettosa. Sfiorò la mano tesa di Natsu, mentre riprendeva la collana. Era incredibilmente calda.
   « Scusami tu, ho… ho esagerato. Questa collana… è un regalo di mia madre. Uno dei pochi ricordi che ho di lei. Ho… perso la testa quando mi sono resa conto di non averla più. »
Era vero. Quello era un regalo di sua madre. Gliel’aveva data quando aveva sette anni, e per la prima volta aveva espresso il desiderio di diventare una scrittrice. E sua madre, la sua adorata madre, l’aveva sostenuta fin da subito, e le aveva portato quella chiavetta USB, dicendole con un sorriso dolce: “Così puoi scrivere e salvare i tuoi pensieri”.
Poi era morta.
E adesso lì dentro c’era tutto fuorché i suoi pensieri.
   « Ora… ora devo andare. Grazie ancora per tutto. »
Raccolse nuovamente le sue cose, ed uscì da quel piccolo appartamento, pensando che per una volta era stato bello poter chiudere gli occhi e dormire… al caldo.
Scese le scale di fretta, saltando i gradini. Doveva andarsene, e anche il più in fretta possibile. Aveva fatto un grosso errore a coinvolgere Natsu, non avrebbe dovuto. E ora, a mente lucida, se ne rendeva conto. Se… se per colpa sua gli fosse successo qualcosa, se… se anche lui, come Loki…
Scosse la testa, e continuò a camminare, finché non uscì all’aria aperta. Se si fosse persa in quei pensieri, non ne sarebbe più uscita. E non poteva permetterselo, non in quel momento. Doveva andarsene da lì, e doveva anche procurarsi alla svelta un-…
Sentì all’improvviso una presa sulla spalla. Era una mano grande, di un uomo probabilmente. Che l’avessero già scoperta? Cosa poteva fare? Non osava girarsi, la paura era troppa. Invece, pensava ad un piano per scappare. Aveva dello spray al peperoncino nella borsa, se solo fosse riuscita a prenderlo…
   « Sai, ero sicuro di averlo già sentito da qualche parte, il tuo nome! », disse la voce, mentre la mano mollava la presa. Ma cosa…?
   « N-… Natsu? »
Lucy si voltò, e come pensava, si trovò davanti la faccia sorridente di Natsu. Perché l’aveva seguita? Ma più importante, cosa aveva appena detto sul suo nome?
   « Tieni, nella fretta hai dimenticato il portafoglio. »
Per la seconda volta, Lucy rimase a fissarlo mentre le porgeva qualcosa di suo. E per la seconda volta, esitante, aveva allungato la mano per riprendere quel qualcosa. Se aveva visto la sua carta d’identità, se aveva letto il suo vero cognome, sarebbe stata la fine.
   « L’ho trovato per terra. Era già aperto, eh, non volevo curiosare. E poi ho visto questo, e mi sono ricordato. »
Natsu indicò un piccolo rettangolo di carta azzurra, che teneva in mano insieme al portafoglio.
Lucy Harden, giornalista freelance.
Era il suo biglietto da visita.
   « Ecco, vedi, io non sono uno che legge il giornale. Lo prendo solo per metterci i... », sorrise, cercando la parola adatta, « ...i bisogni di Happy. Però quando mi capita di vedere dei tuoi articoli, li leggo sempre. Mi piace come scrivi. »
Per poco la ragazza non scoppiò a ridere, per la fortuna spacciata che aveva avuto. Tra tutti i documenti che teneva nel portafoglio, Natsu aveva beccato proprio quello col suo nome falso.
   « Grazie, Natsu. Sia per questo », e riprese il portafoglio « che per il complimento. Non sto facendo altro che ringraziarti da quando ci siamo incon-... scontrati. »
   « Figurati, non c’è problema. »
   « Allora... »
Lucy non voleva andarsene così. 
Natsu le piaceva. Le piaceva il suo atteggiamento spensierato, il fatto che con un solo sorriso fosse capace di farla sentire più... leggera. Come se il peso che portava, sparisse.
Ma era solo una sensazione passeggera, e Lucy lo sapeva bene. Appena si fossero lasciati, tutto sarebbe tornato come prima.
Non voleva andarsene così, ma doveva farlo.
   « ‘Sta volta devo andare sul serio. »
   « Certo. E quindi, dove andiamo? »
   « Andiamo...? », replicò lei, inarcando un sopracciglio.
   « Mh. È fin troppo presto per me per andare al lavoro. Ho tempo. Ti accompagno. »
Lucy sospirò. Così non gli rendeva affatto le cose più facili.
   « No, Natsu, davvero. Non ce n’è... non ce n’è bisogno. »
   « Ah. Capisco. ». Natsu infilò le mani nelle tasche della tuta che indossava, e fece per andarsene. « Bene, allora, ciao. Ci si vede. »
Come, tutto qui? Lucy pensava che ci avrebbe messo secoli per convincerlo a lasciarla in pace, e invece... Ma forse era meglio così. No, senza il forse. Era sicuramente meglio così...
   « Certo. Ciao... », gli rispose, stupendosi lei stessa del tono deluso della sua voce.
Poi anche lei si voltò, tornando sui suoi passi, continuando a ripetersi che separarsi era stata davvero la scelta giusta.
I suoi passi, però, avevano un eco strano.
Inizialmente cercò di ignoralo, ma la sua pazienza aveva un limite. Lucy si fermò di colpo, e si girò per fulminare con lo sguardo un Natsu allegro e fischiettante, alle sue spalle. « Mi stai seguendo?! »
   « Eh? Io? No. Non è colpa mia se dove devo andare è nella tua stessa direzione. », ribatté, esibendo un’aria innocente da premio oscar.
   « Natsu... », sospirò ancora lei. Aveva cantato vittoria troppo presto. Decisamente.
   « Cosa? »
Lucy si morse il labbro inferiore. Però, infondo, aveva bisogno di una guida. Non sapeva neanche in che zona di Magnolia si trovasse, o che strada dovesse prendere per andare dove doveva andare. Non aveva neanche una cartina, o qualcosa del genere, e a quell’ora del mattino non c’era in giro nessun a cui poter chiedere informazioni...
Erano tutte scuse, lo sapeva. Avrebbe potuto benissimo cavarsela da sola, come aveva fatto fino a quel momento, se avesse voluto. Ma era quello il punto. Voleva?
No. Quello che voleva, di cui aveva bisogno, era lasciarsi andare, anche per un attimo. Non sopportava più tutta quella tensione sulle spalle, quel “dover fare” di qua, “dover fare” di là.
Per un attimo si diede della stupida. Non poteva permettersi di essere così egoista. Ma quello che doveva sopportare, era più grande di lei. Semplicemente, non ce la faceva. Non ce la faceva ad affrontare quella situazione da sola.
Poi alzò lo sguardo verso Natsu, che aveva ripreso a fischiettare fingendosi indifferente, e le scappò un sorriso. Questo bastò a far crollare tutta la resistenza che la sua coscienza si ostinava ancora a opporre.
   Anche solo per un attimo, anche se domani non dovessimo rivederci più...
   « Io sto andando... in un negozio di elettronica. »
   « Ma guarda te che coincidenza! Pure io! »
 
 
Lucy si fermò davanti al negozio, aguzzando lo sguardo per vedere all’interno. Individuò un paio di telecamere, una che puntava sulla cassa, e una sull’uscita. Probabilmente sparse in giro ce n’erano delle altre, il posto sembrava piuttosto grande. Doveva stare attenta, si disse. Poi si tirò su il cappuccio della felpa, e si voltò verso Natsu.
   « Tu aspettami qui. Faccio in fretta. »
   « Eh? No, voglio entrare anche io. Qua fuori da solo mi annoio. », replicò lui, aggrottando la fronte.
La ragazza incrociò le braccia, guardandolo come una madre guarda suo figlio mentre fa i capricci. Però, in fondo, sarebbe stato meglio portarlo dentro con lei. Almeno così avrebbe potuto tenerlo d’occhio. Natsu sembrava proprio il tipo di persona che attrae i guai come una calamita. Bastava vedere come si erano incontrati loro due.
   « Va bene. Ma cerca di non farti notare, e di non parlare con nessuno. Sii più... invisibile che puoi. », disse lei, rendendosi conto da sola dell’impossibilità della cosa, visti i capelli rosa Big Babol del ragazzo. Così iniziò a frugare nella borsa e fino a tirarne fuori un cappello da baseball, che gli mise in testa, tentando di coprire la sua chioma tutt’altro che invisibile.
   « Invisibile... come un ninja? », sorrise Natsu, mentre Lucy gli sistemava come poteva la sciarpa che indossava per nascondergli parte del viso.
   « S-Sì. Come un... ninja. », sospirò. Le sembrava davvero di avere a che fare con un bambino.
A quel punto, entrarono nel negozio. Lucy si diresse subito verso la zona in cui erano esposti i computer portatili, quello per cui era venuta, stando attenta a dare sempre le spalle alle telecamere che vedeva. Non poteva permettersi di farsi beccare, altrimenti cosa avrebbe fatto se qualcuno, riguardando le registrazioni, l’avesse riconosciuta?
Natsu invece si mise a girovagare, attratto da tutti quelle cose tecnologiche e tirate a lucido. Si fermò a ammirare un televisore a schermo piatto da 60 pollici: il suo, di televisore, era ancora una di quelle scatole con le manopole di lato. Poi rimase a guardare incantato dei bambini che giocavano con una play station da esposizione: quella proprio non l’aveva neanche mai vista, se non in pubblicità. Infine si bloccò davanti a una sfilza di iPod touch di ultima generazione: tutto quello che aveva era un mangiacassette, che si inceppava più delle volte di cui funzionava.
Istintivamente, allungò una mano per toccarne uno, che era posizionato su un apposito dispositivo formato da due casse, da cui usciva a basso volume una canzone. Ah, quella canzone gli piaceva. Avrebbe voluto alzare il volume per sentirla meglio, anche se non aveva la minima idea di come si facesse. Ma...
Lucy gli aveva detto di fare il bravo, e di non dare nell’occhio. E sapeva che se avesse provato a trafficare con quell’affare, avrebbe combinato di sicuro qualche casino. Alzò lo sguardo verso di lei, che a sua volta, quasi come se avesse avuto un brutto presentimento, lo aveva alzato verso di lui. A Natsu venne da ridere, e si coprì la bocca con la sciarpa, mentre si allontanava dagli iPod. Proprio non si fidava, eh. Per chi l’aveva preso?
Anche Lucy accennò a un sorriso, per poi tornare al portatile che aveva adocchiato. Natsu era proprio un bambino. Un bambino che però, quando voleva, sapeva anche comportarsi in modo maturo.
 
  
   « Che stai facendo? », chiese Natsu, chinandosi da dietro le spalle di Lucy. La ragazza era seduta ad un tavolo della biblioteca di Magnolia, con davanti il suo nuovo portatile.
   « Sto configurando il proxy. », rispose lei, senza staccare gli occhi dallo schermo e le mani dalla tastiera.
   « Che sarebbe…? »
   « Un programma interfaccia che rende anonimo l’indirizzo IP. »
   « Aaah. »
Lucy alzò lo sguardo verso Natsu sopra di lei, ed inarcò un sopracciglio. « Non mi stai per chiedere cos’è un indirizzo IP, vero, Natsu? »
   « Non te lo chiedo. Tanto, ne saprei quanto prima. », replicò il ragazzo, accennando a un sorriso. Sì, lui e la tecnologia non erano esattamente buoni amici. Anzi, neanche conoscenti. « Dove hai imparato ad usare così bene il computer? », riprese, dopo qualche minuto di contemplazione dell’ignoto che gli si manifestava sullo schermo del PC.
   « All’università. Facevo ingegneria della telecomunicazione, oltre ai corsi specialistici di giornalismo. »
   « Facevi? »
   « Sì, ho lasciato perdere. »
   « E come mai? »
Lucy si bloccò mentre stava per digitare il prossimo codice di configurazione. “Come mai”, gli aveva chiesto. Perché, dopo quello di cui era venuta a conoscenza, non avrebbe potuto fare diversamente. Sia perché se non fosse fuggita e non si fosse nascosta, in meno di due secondi sarebbe stata catturata e la sua intera esistenza sarebbe stata cancellata. Sia perché non avrebbe sopportato di continuare a vivere la sua vita come niente fosse. Non poteva restare in silenzio, e non poteva permettere che le tappassero la bocca. Non poteva fermarsi, e non poteva lasciarsi fermare da niente e da nessuno.
Avrebbe fatto tutto, tutto quello che poteva per porre la parola fine a quello scempio disumano.
   « Mmh... soliti motivi. Troppe cose da studiare, troppi esami, troppa pressione... »
Natsu distolse lo sguardo dal portatile, e lo posò su di lei. Non gli era sfuggito il suo tono. Gli era sembrato in qualche modo... triste? « Sembri pentita. », disse.
   « ... Forse. Un po’. », rispose lei, con un sorriso nostalgico rivolto alla sua vecchia vita, alla sua vecchia se stessa. Ma ormai Lucy Heartphilia non esisteva più. Era un nome che se avesse potuto, avrebbe fatto a pezzi.
Eppure non aveva tempo neanche per autocommiserarsi. Forse era un bene per lei, non avere il tempo di soffermarsi a pensare. Era il solo modo che aveva per andare avanti.
Finì di configurare il server, ed infine si collegò alla rete wireless della biblioteca. Le mani le fremevano dall’eccitazione, e anche dalla paura di scoprire quello che non avrebbe dovuto. Così, sbagliando due volte a scrivere l’indirizzo del sito, accedette al suo account su MarvelDCComics&Co. Era un social network per appassionati di fumetti sui supereroi. Non che lei lo fosse, ma il suo informatore era una specie di fanatico. Così si era registrata, dato che quel sito offriva la possibilità di scambiarsi messaggi anche su una chat privata. E poi, quale copertura migliore di una pagina che offriva totale anonimato agli utenti, che usavano nickname ispirati ai loro personaggi preferiti? Ma tanto per essere sicuri di non essere rintracciati, sia lei che il suo informatore usavano un proxy per schermare il loro indirizzo IP.
   « Uooh, questo cos’è? », esclamò Natsu, colpito dalla vivacità del design del sito.
   « Tanto se te lo spiego non capisci, no? », cercò di sviare la ragazza.
   « Mpf, hai ragione. », concordò lui, passandosi una mano tra i capelli. « Senti, mi è venuta fame. Ho visto dei distributori al piano terra, vado a prendermi qualcosa da mangiare. Tu vuoi niente? »
   Perfetto, pensò Lucy. Così sarebbe rimasta sola, e anche se per poco tempo, non avrebbe avuto Natsu tra i piedi che continuava a farle domande. Non che le desse fastidio, ma non poteva permettere che vedesse qualcosa di troppo.
   « Più che fame, ho un po’ di sete. Mi prenderesti una bottiglietta d’acqua, per favore? », disse, mentre frugava nel portafoglio in cerca di monete.
   « No, offro io. », le rispose, togliendoglielo di mano.
   « Ma... », provò ad opporsi, alzandosi per riprendersi il portafoglio. Ma Natsu lo teneva troppo in alto, e lei non ci arrivava. Così si arrese, e si risedette. « E va bene. Grazie. »
   « E di che? Tanto per qualche centesimo non vado mica in bancarotta. », replicò lui, dirigendosi verso le scale.
Lucy rimase a guardarlo con un sorriso impercettibile sulle labbra, finché non sparì dalla sua vista. Al quel punto, entrò nella chat privata, e scrisse un messaggio.
 
WhiteQueenXX: (è online)
WhiteQueenXX: Ciao.
 
Rimase in attesa per qualche minuto buono, tamburellando con le dita  sul tavolo. Poteva anche essere che a quell’ora lui non fosse collegato. Sinceramente, non sapeva se sperarci o meno. Poi il suono d’avviso della chat la fece quasi sobbalzare, quando arrivò la risposta.
 
IronManKicksUrAss: (è online)
IronManKicksUrAss: Ma guarda. E’ da secoli che non ti fai sentire. Pensavo fossi morta.
 
Lucy appoggiò le dita alla tastiera, pensando a una risposta. E doveva farlo in fretta, perché “Iron Man” non era esattamente quella che si definisce una persona paziente. Così decise di tagliare corto. Tanto lui non avrebbe fatto domande.
 
WhiteQueenXX: Ho avuto dei problemi. Hai delle nuove informazioni?
IronManKicksUrAss: Manca la parola magica, bella.
WhiteQueenXX: Manderò i soldi al solito indirizzo.
IronManKicksUrAss: Tu si che sei una bambina educata.
WhiteQueenXX: Le informazioni?
IronManKicksUrAss: Te le mando via mail.

WhiteQueenXX: Grazie.
IronManKicksUrAss: Ecco, dei ringraziamenti non me ne faccio un cazzo.
WhiteQueenXX: Lo so. I codici di decriptazione sono sempre gli stessi?
IronManKicksUrAss: Dovrebbero.
WhiteQueenXX: Okay. Grazie ancora.
IronManKicksUrAss: (è offline)
 
Lucy si fiondò immediatamente sul suo account di posta elettronica, e sulla posta ricevuta. Eccola lì, la mail. Con le mani che tremavano ancor più di prima, la aprì, e scaricò l’allegato. Poi lo caricò nel programma che usava per la decriptazione, e...
   « Bastardi... », sibilò a denti stretti, cercando di ricacciare indietro le lacrime di rabbia e di dolore che lottavano per uscire, la vista appannata che le impediva di leggere oltre. Ma aveva già visto abbastanza.
L’avevano fatto ancora.
L’avevano fatto... ancora.
 
 
   « Cavia MCα-18… Cavia FCα-25… Entrambi appartenenti al blocco B... E le altre cavie? »
   « Sono gli unici due sopravvissuti. »
   « Possiamo già definirlo un grande successo. »
   « Sì, signore. »
   « Entrambi alpha, eh? Di cosa erano affetti? »
   « Il soggetto numero 18 di disturbo dissociativo dell’identità, mentre il soggetto numero 25 di disordine distimico. »
   « Avete già svolto gli esami mnemonici? »
   « Non ancora. Stiamo preparando il materiale. »
   « Capisco. Informatemi  quando i risultati saranno pronti. »
   « Sì, signore. »
   « Potrebbero essere i primi due ad aver superato con successo l’intervento… Se fosse così, sarebbero più delicati e vulnerabili di due neonati. Trattateli coi guanti. »
   « Certo, signore. E se gli esami risultassero negativi? »
   « Attenetevi al protocollo. Procedete con la lobotomia. Non possiamo… correre rischi.  »
 
 
La sua mente era vuota.
Nessun ricordo, nessun pensiero.
Niente.
Un’unica cosa era rimasta impressa nella sua memoria. Un nome.
   « Erza… »
E collegato ad esso, un colore, e una serie di immagini sconnesse, che sapeva a malapena definire.
   « Erza, rosso, capelli… sangue. Rosso scarlatto. »
La sua mente era vuota.
Nessun ricordo, nessun pensiero.
Niente.
Non si ricordava neanche come si facesse a parlare, e nemmeno a camminare.
Allora perché lacrime calde le rigavano le guance, perché stava piangendo? Perché quello che non sapeva neanche si chiamasse cuore, le faceva male, come se fosse stretto in una morsa, mentre guardava senza capire quel ragazzo che le toccava i capelli e che stava pronunciando parole incomprensibili?
   « Erza… Erza. Amore, rosso scarlatto. Erza. »
Perché dentro sentivano quel dolore insopportabile, se… ogni loro ricordo era stato cancellato?
   « Rosso… rosso sangue. »
  
 
   « Lucy, che succede? Sembri arrabbiata. », chiese Natsu, tornando con una bottiglietta e un pacchetto di M&M’s in mano.
La ragazza sobbalzò. Si era totalmente dimenticata di dov’era, e di con chi era.
   « No… no, non è niente. ». Con una mano, e cercando di farlo passare per un gesto casuale, si asciugò gli occhi lucidi, per poi cambiare argomento. « Tu piuttosto, non dovevi andare al lavoro? »
Natsu si accomodò con la grazia di un elefante sulla sedia di fianco alla sua. Aprì il pacchetto e prese un M&M’s, per poi lanciarlo in aria, e prenderlo al volo in bocca. « Lavoro? Che lavoro? Oggi è il mio giorno libero. »
   « M-mi hai presa in giro! », esclamò lei, sdegnata.
In tutta risposta, Natsu le fece una linguaccia, mostrandole i resti dell’M&M’s sgranocchiato.
 
 
-
 
 
Lying on the table
(Disteso su un tavolo)

In this unfamiliar place
(In questo posto che non conosco)
I'm greeted by a stranger

(Sono accolto da uno sconosciuto)
A man without a face

(Un uomo senza faccia)
He said: “Son do you remember?”

(Mi disse: “Figliolo, ti ricordi?”)
“Do you even know your name?”

(“Sai almeno il tuo nome?”)
Then he shined a light into my eyes

(Poi mi puntò una luce negli occhi)
And said: “Take this for the pain.”

(E disse: “Prendi questa per il dolore.”)

“Tell me does this hurt you?"”

(“Dimmi, ti fa male?”)
Said the faceless man.

(Disse l’uomo senza faccia)
“Can you move all of your fingers?”

(“Riesci a muovere tutte le tue dita?”)
“Can you try your best to stand?”

(”Riesci a stare in piedi in qualche modo?”)
I asked about the others

(Gli chiesi degli altri)
“Is everyone okay?”

(“Stanno tutti bene?”)
He told me not to worry

(Mi rispose di non preoccuparmi)
As he turned and looked away.

(Mentre si girava e abbassava lo sguardo)
 
[ Dream TheaterA Nightmare to remember ]
  
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