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Autore: voiceOFsoul    16/10/2011    2 recensioni
Bree, a causa di un incidente, ha perso momentaneamente la memoria. Dovrà ricostruire quello che le è successo in questi tre mesi "di buio" aiutata da qualsiasi cosa riesca a sollecitare in lei un ricordo, un "fulmine" come li definisce lei.
Cosa sarà successo e cosa succederà ancora?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima ad entrare fu Gigì. La mia Gigì. Lei non è chiusa a chiave nei cassetti, anche perchè non è mai passata dalla mia testa. E' scesa dritta al cuore dal primo giorno in cui ci siamo incontrate. Ha i capelli legati in una coda alta, gli occhi gonfi e il mascara sbavato. Ancora piange. Lei piange sempre. Si scaraventa sul letto e inizia a singhiozzare con le braccia abbandonate sul mio collo. Rischia di buttare a terra tutto e di strapparmi la flebo, ma non le interessa. Non interessa neanche a me. La abbraccio. Io non piango, però. Io rido. Rido perchè sono felice che sia stata lei la prima a venirmi incontro e perchè la scena, a mio parere, è più comica che strappalacrime. Lei quasi si offende. Si sente presa in giro forse. Ma no. Sa come sono. Sono quella 'anti diabete emozionale' io, no? Quella che non sopporta le cose troppo mielose e le spezza sempre con le battute più stupide. Come può offendersi.
Iniseme a lei sono entrate altre cinque persone. Non è poi così grande questa carovana Dottoressa 'cara' Collins! Cristina sorride ma le si legge in faccia che non dorme da giorni. Debby tiene stretta la mano di Giovanni. Deve aver dormito appoggiandosi su di lui, perchè la maglietta di Giovanni è un po' bagnata sulla spalla destra e sulla guancia corrispondente c'è un rossore evidente, segno che qualcuno c'è stato appoggiato sopra. I miei genitori non stanno mano nella mano, nemmeno si guardano in realtà. Mia madre si è appostata di fianco al mio letto. Non parla, probabilmente non se la sente con i miei amici qui. Mio padre è rimasto vicino alla porta. Mi guarda da lontano. Gigì è ancora appesa al mio collo. Le accarezzo i capelli e le sussurro all'orecchio che vorrei restare sola con mia madre. Lei mi guarda fisso negli occhi. Mi accontenta subito. Porta fuori gli altri ragazzi. Nella stanza restiamo io e lei. Mio padre è ancora appoggiato alla porta. Mi chiede con gli occhi se può restare. Non ci vediamo da tre anni, ma riusciamo ancora a capirci. - Entra quando esce la mamma. - gli dico. Anche lui mi accontenta. Va via chiudendo la porta dietro di sè. Solo allora mia mamma mi si butta al collo piangendo. E solo allora inizio a piangere anche io. Restiamo sole il tempo di rassicurarci che siamo ancora tutte e due vive. Il tempo dei 'mi hai fatto preoccupare' e dei 'fortuna che stai bene' non dura molto.
- Prima iniziamo e prima sarà tutto come prima. -
- Cosa vuoi dire mamma? -
- Devi iniziare a parlare coi tuoi amici. Per la tua memoria. -
- Tu non hai niente da farmi ricordare? -
- No, amore. Anzi, una cosa c'è. Che poi dovrebbe coincidere con l'inizio della tua amnesia. Ma lo sai che non posso dirti nulla. -
- Lo so mamma. Come devi farmelo ricordare? -
- Ho qui una cosa che ti può aiutare. - Si tuffa nella borsa. E' una di quelle enormi, in cui metti di tutto e non trovi mai niente. Una borsa da mamma. Ne tira fuori un ciondolo. No, non è un ciondolo. E' un portachiavi. E' uno della mia collezione. Il mio preferito. Mia madre mi prende la mano, quella senza tubi infilati dentro. Ci poggia dentro il piccolo panda stando attenta che non cada. Appoggia anche l'anello metallico che è collegato con una catenella al piccolo animaletto bianco e nero. C'è pure una chiave. Non l'avevo vista quando l'ha uscito dalla borsa. - Ecco qui. Questo è il mio contributo. -
- E' Pinco. Me lo ricordo questo. -
- Non è Pinco che devi ricordare, amore. Non so come funziona sta storia di ricordare, ma la Dottoressa mi ha detto che ti verrà naturale. Non succede nulla? Non ricordi? -
- No mamma. Non sento niente di diverso da quando mi sono svegliata. -
- Ok, amore. Magari ci vuole tempo. - Si avvicina e mi bacia delicatamente la fronte. Come quando da piccola avevo la febbre e lei doveva uscire lasciandomi sotto il piumone a guardare i cartoni. - Ora faccio entrare gli altri se per te va bene. -
- Va bene mamma. -
- Vuoi che faccia entrare tuo padre? -
- Ti da fastidio se ti dico di si? -
- No, amore. E' pur sempre tuo padre. Io non l'ho mai dimenticato questo. Al contrario di quanto ha fatto lui, forse. - Abbassa lo sguardo a terra. Succede sempre quando parla di lui. Penso che sia la rabbia che le sale in corpo. Abbassa gli occhi per non fare vedere le fiamme che le si scatenano dentro. Poi torna a parlare dolcemente. - Ma l'importante è che ora è qui, no? Se per te non è un problema, se non ti fa agitare o cose simili, posso dirgli di entrare. -
- Grazie mamma. - Mi sforzo di sollevarmi. Voglio baciarla come ha fatto con me.
- Ferma, ferma. Che stai facendo? -
- Voglio un altro bacino. - Faccio gli occhi da cucciolo di foca. Per intenerire. Lei ride lievemente. Si avvicina e mi accontenta. Poi va verso la porta.
Poso Pinco sul ripiano che ho accanto. Mi giro appena in tempo per vedere lo sguardo di fuoco che lancia mia madre a quell'uomo che trova davanti a sè aprendo la porta. Non si scambiano una parola neanche adesso. Non so se abbiano parlato mentre io dormivo. Ne dubito. Mio padre entra lentamente ed altrettanto lentamente chiude la porta. Sembra che non abbia il coraggio di guardarmi in faccia.
- Ciao principessa. -
- Papà. Chiamarmi principessa non funziona più da quando avevo otto anni. L'hai dimenticato? -
- Lo so. Volevo solo essere gentile. -
- Gentile un cazzo. -
- Ehi, signorina. Da quando ti è permesso usare questo linguaggio? - Alza un po' la voce, ma sembra che se ne penta.
- Da quando tu non sei più mio padre. -
- Io sarò sempre tuo padre. -
- Per il mio sangue si. Per me no. Hai smesso di esserlo quando hai lasciato casa. E quando per tre anni non mi hai cercato? Anche allora eri mio padre? - Il bip-bip sta ricominciando. Respiro profondamente. Non voglio che la Dottoressa Collins o chi per lei entri e ci interrompa. Lui resta con gli occhi bassi. Sembra un vecchietto stanco e amareggiato dalla vita, preso a calci da ragazzini pieni del fervore della ultraviolenza, come direbbe Alex DeLarge. Non mi guarda in faccia. Non ce la fa forse. - Ma ora sei qui. Grazie. -
- Non devi ringraziarmi. Quando ho ricevuto la telefonata e ho creduto di averti persa per sempre non sai come mi sono sentito. -
- Come? -
- Una merda. Perchè è una merda che sono. Sono stato una merda a non cercarti più. A fare finta che tu non esistessi. Tu sei l'unica cosa buona che ho fatto nella mia vita. L'ho capito troppo tardi. -
Frasi fatte, forse. Non riesco a credergli pienamente. La mia testa ha cancellato tre mesi della mia vita a quanto mi hanno detto. Io non riesco a cancellare tre anni in un attimo. - Papà. Spero che queste parole siano vere. Spero che tu ti sia reso conto di quello che hai fatto. E spero che tu davvero voglia recuperare. - Ho visto per un attimo un sorriso accendersi sul suo volto. Gli occhi gli brillano come un bambino che sta per entrare al Luna Park. Quasi mi dispiace dirgli ciò che sto per dirgli, ma non posso evitare di farlo. - Però tu sai la situazione in cui sono adesso. E' abbastanza delicata come cosa. Devo recuperare tre mesi della mia vita. Tu non puoi aiutarmi, se non standomi lontano fino a quando non sarò del tutto guarita. - Mi aspettavo che a questo punto si intromettesse con qualche obiezione, invece mi fa continuare a parlare. - Ho bisogno di serenità per poter aprire i miei cassetti, papà. Quando poi sarò guarita, se davvero pensi ciò che hai detto, potremo provare a recuperare. - Ho finito. Voglio una risposta, ma non sembra che arrivi. Per un po' stiamo in silenzio tutti e due.
- Hai ragione. - Si è deciso a rispondermi. - Per il momento ciò che importa di più è la tua salute. Devi pensare solo a quello. Io starò al mio posto per un po'. Ti giuro che quello che ho detto è davvero il mio pensiero. Starò in contatto con tua madre e quando la tua guarigione sarà completa tornerò. Voglio riavere la mia bambina. -
- La tua bambina non c'è più, papà. -
- La mia bambina ci sarà per sempre, BreeBree. - Nessuno mi chiama BreeBree da molto tempo. Forse nessuno mi ha mai chiamato così tranne lui. - Tu sarai la mia bambina anche quando sarai piena di rughe. - Dicendo questo inizia ad andare verso la porta. - Arrivederci, principessa. - Apre la porta e sparisce nel corridoio.
Vedo comparire nella stanza Cristina.
- Posso? -
- Entra, entra. -
- Non vorrei disturbarla signorina ma avrei qualcosa per lei. -
- Qualcosa per farmi tornare la memoria? - le chiedo ridendo.
- No. Qualcosa per riempirti lo stomaco. - mi mostra un pacchettino bianco fatto coi fazzoletti - Qui ti hanno tenuto su con queste cose liquide, ma io lo so che tu hai bisogno di sostanza! -
- Sicura che posso? -
- Puoi, puoi! Ho chiesto alla Collins e mi ha dato il permesso. Ovviamente a patto di portarne una fetta anche a lei. - Scarta l'involucro delicatamente. - Torta alle mele. La tua preferita. -
- Oddio Cristina. Ti amo. -
- Ami la mia torta di mele! -
Ridiamo insieme. Poi mi tuffo dentro quella fettona di torta. Non so se è l'ospedale, l'incidente o solo la fame, ma sembra più buona di sempre.
- Cristina, devo chiederti una cosa però. -
- Dimmi. -
- Non ho visto Evan prima. Come mai? -
- Beh... -
- Cri parla! E' successo qualcosa? -
- No Bree tranquilla. Evan sta bene. Solo che per ora non può essere qui. Non posso dirti molto, lo sai. Posso dirti solo che al momento giusto sarà qui. -
- Oddio. Perchè mi confondete tutti? -
- Eh, Bree. Vedrai che ogni cosa andrà al suo posto. -
- Lo spero. Gli puoi dire qualcosa da parte mia? -
- Penso di poterlo fare. -
- Allora digli che spero venga presto. -
- Penso che questo già lo sappia. -
- Tu diglielo comunque. -
   
 
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