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Autore: Il circolo di Aro    17/10/2011    6 recensioni
Edward stava soffrendo molto, constatò distrattamente Afton.
Non che gli importasse granché di lui, ma era impossibile non accorgersene. Nonostante l’immobilità che il giovane ostentava davanti alla vetrata nello scrutare l’orizzonte, Afton avvertiva distintamente l’impazienza e l’urgenza che lo scuotevano dall’interno.
Edward fremeva per raggiungere la sua bella.

[Dedicata a Dragana, che oggi compie gli anni. Tanti auguri, tesoruccio!]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Afton, Aro, Caius, Chelsea, Edward Cullen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Per la serie…
“Quando vannagio vaneggia!”




Dedicata alla carissima Dragana, anche nota come BD dal Cuore di Burro.
Oggi è il suo compleanno, fatele tantissimi auguri insieme a me e Aro!





La mia bella




«Bene, Edward caro. Abbiamo ascoltato la tua storia. Adesso, saresti così gentile da aspettare fuori, mentre i miei fratelli ed io prendiamo una decisione in merito alla tua richiesta?».
«Come preferisci».
Aro sorrise affabile e si rivolse ad Afton.
«Caro, per piacere. Accompagnalo».
Chelsea sgranò gli occhi, presa alla sprovvista. Tra tutti i vampiri lì presenti, il suo compagno era di certo quello meno indicato per tenere compagnia a un aspirante suicida. Com’era prevedibile, Afton non si scompose. Silenzioso e impassibile, raggiunse Edward e lo condusse fuori dalla Sala dei Banchetti come gli era stato ordinato.
Caius sbuffò, visibilmente irritato.
«Aro, perché devi sempre fare teatro? Se volevi sapere che cosa pensavamo Marcus ed io di tutta questa cazzata del suicido, bastava che toccassi le nostre mani, no?».
Aro fissava intensamente la porta che si era appena chiusa alle spalle di Edward e Afton.
«Avrei potuto, certo». Si girò verso Caius e sorrise ancora. «Ma non sarebbe stato altrettanto divertente».
Caius imprecò. Chelsea rabbrividì.


***


Edward stava soffrendo molto, constatò distrattamente Afton.
Non che gli importasse granché di lui, ma era impossibile non accorgersene. Nonostante l’immobilità che il giovane ostentava davanti alla vetrata nello scrutare l’orizzonte, Afton avvertiva distintamente l’impazienza e l’urgenza che lo scuotevano dall’interno.
Edward fremeva per raggiungere la sua bella.
Afton pensò che se Chelsea fosse stata al suo posto, avrebbe cercato in qualche modo di alleviare le sue pene. Pensò anche che Chelsea sarebbe stata molto contenta, se lui avesse provato a risollevare il morale del ragazzo. Così, spinto dal desiderio di renderla felice, si avvicinò a Edward e poggiò una mano sulla sua spalla. Questi non diede alcun segno di vita, ma Afton non si scoraggiò. Che lo ascoltasse o meno non aveva alcuna importanza. Lui stava facendo un tentativo e a Chelsea sarebbe bastato.
«Sappi che, se dipendesse da me, accoglierei molto volentieri la tua richiesta».
Edward si irrigidì appena.
«Mi odi a tal punto?».
Afton inarcò un sopracciglio, perplesso. Gli era sembrato di capire che Edward possedesse il dono di leggere nel pensiero.
«Odiarti? Perché mai? L’odio implica un coinvolgimento emotivo di qualche tipo. Ti assicuro che non mi importa affatto di te», provò a rassicurarlo.
Edward si voltò, gli dedicò un’occhiata risentita e scacciò con rabbia la mano di Afton dalla spalla.
«In sintesi, stai dicendo che mi faresti fuori perché non ti importa di me. Confortante».
Il tono di voce di Edward era duro, offeso e caustico. Afton non ne comprendeva il motivo.
«No. Ti farei fuori perché è quello che desideri. E siccome presto o tardi morirai comunque…». Fece spallucce. «…non vedo che differenza faccia il momento in cui accadrà». Si lasciò scappare un sospiro rassegnato. «Purtroppo per te, non sono io a prendere le decisioni qui».
Edward lo fissò a lungo, prima di rispondere. Gli occhi ridotti a due fessure, la fronte aggrottata.
«La tua mente è così contorta… perché mi sento in dovere di ringraziarti?».
Afton fece di nuovo spallucce. «Non devi».
«Che io ti sia riconoscente o meno non fa alcuna differenza per te, dico bene?».
Afton sorrise, sinceramente colpito. «Cominci a capire, bravo».
Edward tornò a osservare l’orizzonte. L’alba era vicina, il cielo si era tinto di viola.
«Perciò, secondo la tua logica, non dovrei soffrire per la mia Bella. Prima o dopo sarebbe morta comunque», proseguì Edward. «Se domani la tua compagna non ci fosse più, che cosa faresti? Vuoi farmi credere che non soffriresti? Che continueresti a pensarla allo stesso modo sulla morte?».
Afton non rispose subito, ma provò a immaginare una vita senza Chelsea.
Una vita senza le occhiate ammiccanti che lei rivolgeva agli anelli di fidanzamento, quando passavano davanti alla vetrina di una gioielleria. Una vita senza la sua voce squillante e le sue chiacchiere fastidiose. Pensò ai libri insulsi che lei leggeva e che accumulava sul comodino accanto al letto. Immaginò quello stesso comodino sgombro, libero dalle sue cianfrusaglie. Pensò ai baci che lei gli rubava, perché Afton era avaro di tutto, anche di baci. Pensò alla pioggia che lavava via il sangue dal corpo pallido di Chelsea, dopo la caccia. Immaginò di cacciare da solo per l’eternità. Ripensò ai gelsi nel giardino, all’abito da sposa che giaceva in fondo all’armadio, alle lenzuola bianche immacolate. Immaginò come sarebbe stato vedere quei gelsi secchi e morti, l’armadio vuoto, il letto spoglio.
Edward lo stava fissando di nuovo. Il suo sguardo era a metà tra il confuso e l’intenerito.
«Credo… che sentirei la sua mancanza, certo», rispose finalmente Afton. «Mi sentirei solo. Soffrirei per il vuoto che Chelsea lascerebbe. Sarebbe difficile riabituarsi a una vita senza di lei. Ma non potrei mai avercela con la Morte, perché è il destino che accomuna tutti. Qualcosa di inevitabile. Con o senza Chelsea, il mondo andrebbe avanti: è questa la verità. Se la mia vita diventerebbe più grigia? Ovvio. Ma, alla fine, che differenza vuoi che faccia? Tutti dobbiamo morire».
L’espressione di Edward adesso era incredula, quasi inorridita.
«Non posso… non riesco a condividere il tuo pensiero, mi spiace».
Afton si strinse ancora una volta nelle spalle. Neanche la loro divergenza di idee contava granché. Si chiese, però, se avesse fatto davvero tutto il possibile per consolare Edward. Forse, al suo posto, Chelsea avrebbe insistito. Eppure gli sembrava di aver detto tutto quello che c’era da dire. All’improvviso, poi, gli venne un’idea e si diede dello stupido per non averci pensato prima.
«Edward?».
«Sì?».
«Forse potrebbe esserti di conforto sapere che, in fondo, la tua bella non è morta invano».
Questa volta fu Edward a inarcare un sopracciglio.
«La mia Bella? Che cosa intendi?».
Afton sorrise, entusiasta.
«Adesso lei è diventata cibo per i pesci. Nutre il plancton e disfacendosi contribuisce alla vita di altri organismi. In un certo senso, è come se la tua bella continuasse a vivere attraverso di loro».
Edward sgranò gli occhi e se possibile divenne ancora più pallido.
Il sorriso di Afton si spense quasi subito. «Che c’è? Ho detto qualcosa che ti ha turbato?».
Edward aprì la bocca per ribattere, ma fu preceduto dalla porta che si spalancava. Ferma sulla soglia, Jane lanciava occhiate assassine a entrambi.
«I Signori hanno preso una decisione, tornate dentro».


***


«Credi sia colpa mia se Edward ha deciso di esporsi alla luce del sole, dopo la decisione di Aro?».
Chelsea incrociò lo sguardo estremamente serio di Afton.
«Ti importa davvero?».
Afton fece spallucce e Chelsea sorrise, rincuorata. Era tutto a posto, per un attimo aveva temuto il peggio. Poggiò il primo volume della Confraternita del Pugnale Nero sul comodino e si accoccolò contro il petto del suo compagno.
«No, non hai colpa. Il tuo è stato un bel gesto. Tentare di consolare Edward, voglio dire».
Afton le scostò un ricciolo dalla fronte. «Sapevo che avresti apprezzato».
Chelsea si morse la lingua per non lasciarsi sfuggire un sorriso di soddisfazione.
Calò il silenzio. E a lei parve quasi di sentire gli ingranaggi del cervello di Afton che cercavano di elaborare gli ultimi accadimenti.
«Una cosa non ho capito, però», disse a un certo punto lui.
Non resistette e lo baciò sul mento. «Che cosa?».
«Perché diavolo continuava a chiamarla “la mia bella”? Non era più semplice usare il suo nome di battesimo? Non sai che difficoltà parlare con lui!».
Sotto lo sguardo perplesso di Afton, Chelsea scoppiò a ridere.







___________







Nota di vannagio:
Ringrazio Afton, che mi ha raccontato questo aneddoto in una recensione e successivamente mi ha dato il permesso di metterlo per iscritto. E a dimostrazione del fatto che non ho inventato nulla, qui trovate la recensione (la seconda partendo dal basso) alla quale mi riferisco.
In occasione del compleanno di Dragana, ho provato a usare i suoi Afton e Chelsea, due personaggi straordinari che amo da morire. Mia cara Veronica, spero di non aver disatteso le tue aspettative. Ancora auguri, tesoruccio!
In questa piccola ff, ci sono alcuni riferimenti alle storie di Dragana su Afton e Chelsea. Le trovate in questa meravigliosa raccolta (è facile individuarle, perché accanto al titolo di ogni capitolo viene indicato il nome dei personaggi protagonisti).
Piccolo appunto: Edward non riesce a leggere bene i pensieri di Afton perché la sua mente è troppo contorta. Oppure li legge, ma non li capisce perché la mente di Afton è troppo contorta. Insomma, il succo è sempre lo stesso: la mente di Afton è troppo contorta per Edward. XD
Ringrazio Fila, OttoNoveTre e Kagome_86 per la consulenza. Quest'ultima anche per i prompt anello, bacio, pioggia, sangue.
A presto, vannagio
   
 
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