Serie TV > Buffy
Segui la storia  |       
Autore: pizia    17/10/2011    3 recensioni
Buffy è morta. I suoi amici la piangono, ma qualcuno non vuole e non può accettarlo ed è disposto a tutto pur di riportarla indietro.
La storia prende inizio dalla fine della quinta stagione di Buffy e la seconda di Angel, e presume che tutto fino ad allora si sia svolto come Wedhon ce l'ha raccontato; da lì in avanti tuttavia, la storia se ne andrà per la sua strada, senza far più alcun riferimento a tutto quello che nei due telefilm è accaduto dopo.
Questa non è la prima fanfiction che pubblico su questo sito, ma è in assoluto la primissima fanfiction che, tanti anni fa, ho scritto (non solo su Buffy, in assoluto). E' un po' "acerba" e fin ora era rimasta nel mio pc. Ora, non so perché, ho deciso di pubblicarla nonostante non sia un capolavoro. Spero che possa piacervi lo stesso. Fatemi sapere se vi interessa che continui a pubblicarla.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Buffy Anne Summers, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

CAPITOLO VIII

 
“Andate via per favore. Non so cosa sia successo, ma so che non ho mai visto Brian così sconvolto. Si è chiuso in camera sua e non è ancora sceso…e non credo che lo farà tanto presto. Lasciatelo stare: vi avevo solo chiesto di non fargli del male e questo è stato il risultato. Maledizione a me quando vi ho detto dove trovarlo”. Il tono di Linda non era apertamente ostile, ma le sue parole non lasciavano molto scampo.
“Per favore Linda, dobbiamo parlargli. Ha bisogno di spiegazioni e noi siamo gli unici a potergliele fornire. E’ vero, gli abbiamo fatto del male, ma lo abbiamo fatto del tutto involontariamente, ed ora vorremmo rimediare, almeno in parte, alle nostre colpe” cercò di parlamentare Wesley.
“Forse non sono stata abbastanza chiara: qui non siete più i benvenuti. Dovete lasciar stare Brian, me e mia nonna. Gli porgerò senz’altro i vostri saluti QUANDO RIUSCIRO’ A PARLARGLI!!! Per quel che mi riguarda non posso far altro che augurarvi buon viaggio di ritorno a casa” e questa volta era evidente che la ragazza non avrebbe ascoltato nessun altra argomentazione, e quindi il gruppo lasciò il locale.
Tornando in albergo nessuno aveva voglia di parlare.
“Avremmo dovuto aspettarcelo: fin dall’inizio Linda è stata molto protettiva nei confronti di Brian” disse infine Dawn.
“Io direi piuttosto gelosa che protettiva” disse Xander.
“Beh, non puoi biasimarla: è innamorata di lui” replicò Tara.
“Io domani non parto”. Erano le prime parole che Buffy diceva da quando avevano lasciato l’albergo. “Io non torno a Sunnydale se prima non mi sono chiarita con Angel”.
“Buffy, cerca di essere ragionevole: non possiamo restare qui in eterno” disse Anya.
“Non ho assolutamente intenzione di stare qui in eterno: solo fino a quando non riuscirò a parlargli” disse Buffy senza tradire nessunissima emozione.
“Buffy ha ragione: non possiamo andarcene. Io resto qui con lei” la sostenne il signor Giles.
“Faith e Gunn possono cavarsela da soli per qualche giorno in più, vero Wes?” chiese Cordelia.
“Certo: restiamo anche noi con te, Buffy” confermò l’Osservatore più giovane e fu ricompensato da un tirato sorriso da parte della ragazza.
Stabilirono che sarebbero rimasti tutti quanti (solo Anya avrebbe preferito rientrare per riaprire il Magic Shop) e, dopo una triste cena in albergo in cui Buffy non toccò cibo, se ne andarono tutti a letto, anche se nessuno di loro riuscì a prendere sonno troppo facilmente.

********************************************************************************

 
Ma se la notte del gruppo non fu serena, quella di Brian fu un vero incubo.
 
Era a Galway, la riconosceva, ma c’era qualcosa di diverso. Era appena uscito da una locanda abbracciato ad un amico ed era ubriaco fradicio. Il suo compagno di bevute stramazzò al suolo pochi passi dopo e lui lo lasciò per andare a cercare birra e donne in un altro locale; fu allora che la vide: in un vicolo c’era la creatura più bella che avesse mai visto. Era bionda, riccamente vestita e il suo atteggiamento era il quadro della nobiltà...era Darla, la vampira che lo aveva attaccato la sera prima. La avvicinò dicendole che non era prudente per una dama andare in giro da sola la notte e si offrì di accompagnarla a casa. La sconosciuta gli disse che lei poteva offrirgli molto di più: l’avrebbe fatto viaggiare, gli avrebbe fatto vedere il mondo, l’avrebbe liberato dalla schiavitù di quel suo padre tiranno, lo avrebbe reso libero, potente e temuto. Era tutto ciò che aveva sempre desiderato e si lasciò affascinare da quella misteriosa donna. Prima ancora che potesse rendersene conto era fra le sue braccia e la baciava appassionatamente. Poi la donna staccò le sue labbra dalle sue e si strinse ancora di più a lui, in modo che il suo mento poggiasse sulla sua spalla; cominciò a baciarlo sul collo, lungo la giugulare, ma presto quel bacio si trasformò in un morso. Sentì i denti della vampira penetrargli nella carne; sentì il sangue che gli veniva sottratto insieme alla vita; sentì il gelo penetrargli nelle ossa e non sentì più i battiti del suo cuore o il rumore del suo respiro. Avrebbe voluto reagire, scappare, ma era troppo debole e la presa di quel mostro era troppo forte per potersene liberare. La donna si staccò dal suo collo: non era ancora morto, ma sentiva che non sarebbe sopravvissuto. Allora la donna si ferì il petto e lo costrinse a bere il suo sangue. Ancora una volta non riuscì ad opporsi: morì così, con il volto appoggiato sul quel florido petto, con in bocca il sapore metallico del sangue.
 
Brian si svegliò di colpo, sudato e tremante. Sapeva benissimo che quello non era solo un incubo: aveva appena rivissuto il giorno della sua morte…il giorno in cui era stato trasformato in un mostro.
La sua mente cominciava ormai a ricordare, ma erano tutte immagini confuse e sconclusionate, e solo in sogno riusciva a riordinarle. Aveva il terrore di riaddormentarsi; aveva il terrore di vedere il suo passato sfilargli in sogno. Ma non poteva fare a meno di dormire: il suo corpo era stravolto e la sua mente richiedeva il sonno per rimettere tutto in ordine. Quei frammenti di ricordi erano troppo dolorosi per essere riordinati a mente sveglia e quindi, pur lottando perché ciò non accadesse, i suoi occhi tornarono a chiudersi e i sogni si ripresentarono puntuali.
Sognò di come aveva reso Drusilla un mostro proprio quando aveva deciso di consacrare la sua vita al servizio del Signore, e di tutto il terrore che insieme a lei, Darla e Spike avevano seminato in Europa e nel mondo.
Il sogno gli mostrò poi, uno per uno, tutti i volti delle persone che aveva barbaramente ucciso e torturato e Brian, pur senza riuscire a svegliarsi, pianse amaramente nel sonno per quei poveri malcapitati che erano finiti sulla sua strada.
 
Ora erano in Romania e lui aveva di fronte a sé una bimba di poco più di dieci anni: era dolce e graziosa e soprattutto era terrorizzata. Poteva addirittura sentire l’odore della sua paura e questo, come sempre, non faceva che amplificare i suoi istinti demoniaci. Non poteva limitarsi a morderla, nutrirsi di lei ed ucciderla: aveva in serbo per lei qualcosa di speciale. Non voleva farne una vampira…non sapeva che farsene di una compagna bambina…ma voleva compiere con lei il suo capolavoro. Tenne la bimba con sé per più di dieci giorni, alimentando in lei l’illusione che non le avrebbe fatto alcun male. Finse addirittura di volerle essere amico, fece in modo che quella piccola creatura si fidasse di lui, che perfino si affezionasse a lui… Fu solo quando fu evidente che la bimba si fidava di lui che la attaccò e la uccise, non senza gustarsi tutta la gamma di emozioni che investirono la piccola gitana: dal sorriso affettuoso e fiducioso, alla sorpresa; dalle risa che aveva emesso credendo che si trattasse solo dell’ennesimo gioco, alle urla strazianti che, nonostante il morso sul collo, riusciva a far sgorgare dalla sua gola; e poi il dolore fisico e morale per essere stata tradita da una persona della quale ormai si fidava; e infine la consapevolezza, nonostante la giovanissima età, della morte che incombeva su di lei. E fu allora che quella bimba gli rovinò tutto il gusto per quel capolavoro: quando infatti si rese conto del tradimento e della morte che la aspettava smise di gridare e morì con una dignità che nessun’altra delle sue vittime aveva mai dimostrato. Era furioso: il suo divertimento era stato rovinato e quindi decise di oltraggiare ulteriormente la piccola e il suo orgogliosissimo popolo facendo ritrovare il corpo martoriato della loro preferita proprio di fronte alla tenda del capo tribù.
 
Questa volta Brian riuscì a vincere sul sonno e si svegliò urlando come un pazzo: gli occhi di quella gitana erano ancora fissi nella sua mente e il suo sguardo un attimo prima di morire erano un tormento senza pari.
Linda, svegliata nel cuore della notte dalle sue urla, bussava alla sua porta supplicandolo di aprirle, ma tutto quello che la mente allucinata di Brian riuscì a dirle era di andarsene, che non meritava la sua preoccupazione. “Va via e dimenticami. Io non ti merito” fu tutto quello che riuscì a dirle. La ragazza tuttavia non volle sentire ragioni, e continuò a bussare alla porta per tutto il resto della notte, ma questo non impedì a Brian di riaddormentarsi e di sognare ancora.
 
Era ancora in Romania, ancora nei pressi del villaggio dei nomadi e stava ancora cercando il modo di vendicarsi per il suo mancato divertimento. Poi improvvisamente un dolore atroce e qualcosa che pervadeva il suo corpo, imprigionando il mostro che era in lui. E fu di nuovo un essere umano…o almeno così gli parve in un primo momento. Si rese ben presto conto che non era così: era ancora un vampiro, ma un vampiro con dei sentimenti umani…un vampiro con un’anima, come gli spiegò il capo tribù gitano: “Sei stato maledetto: maledetto a riavere la tua anima in modo che questa ti tormenti per l’eternità. Adesso vattene, misera larva, e patisci fino alla consumazione dei secoli per il dolore che hai arrecato a me e alla mia gente”. In quel momento un profondo ribrezzo per ciò che era ed un rimorso senza fine per tutto ciò che aveva commesso si impadronirono della mente del vampiro. Si vide per le strade di mezza Europa prima e per quelle di Los Angeles poi a dare la caccia a piccoli topi per nutrirsi, sentendosi in colpa anche per quei miseri esseri. Rinnegato da i suoi simili e rifiutato dagli uomini non era più né carne né pesce, e viveva un’esistenza ai margini di tutto, struggendosi nel rimorso e nel disprezzo per se stesso. Passò così più di cento anni fino a che non gli venne data una possibilità: gli venne mostrata una ragazzina di nemmeno quindici anni e gli venne detto che lei era la prescelta…quella sarebbe stata la nuova Cacciatrice. Gli chiesero di aiutarla restando nell’ombra e di proteggerla dai mille pericoli che l’attendevano. Fu così che conobbe Buffy Summers, e fu così che se innamorò perdutamente.
 
Alla comparsa di Buffy nel suo sogno Brian si sentì meglio: il suo respirò rallentò e i battiti del suo cuore si fecero più regolari.
Continuò a sognare di tutte le avventure che avevano affrontato insieme e di tutti i nemici che avevano sconfitto.
Si ripresentò anche lo stesso identico sogno della notte prima, ma adesso comprendeva quel sogno: si vide regalare a Buffy l’anello Claddagh e riassaporò le sensazioni di quella prima volta nella sua vecchia casa. Ma questa volta il sogno non si interruppe come la sera prima e Brian fu immediatamente consapevole della rottura della maledizione e di tutto quello che questo comportava.
Rivisse la notte in cui, nella scuola, aveva ucciso la signorina Calendar che, discendente di quella stessa antica tribù di gitani che lo aveva maledetto, aveva recuperato il rituale per maledirlo un’altra volta.
Sognò del risveglio di Achatla, della lotta con Buffy, della nuova maledizione e della sua discesa all’inferno.
 
Il solo fumoso ricordo dei tormenti patiti in quel luogo rischiò di fare impazzire Brian; tuttavia non successe nulla di tutto ciò: se non era impazzito allora non sarebbe certo impazzito adesso.
Il film della sua vita scorse nei sogni di Brian ininterrottamente, e senza tralasciare il minimo particolare: vide il suo ritorno nel mondo e la sua lotta per tornare ad essere vagamente umano; vide gli sforzi che compì insieme a Buffy per non soccombere al loro sentimento; rivide i volti di Faith e del Sindaco e la diffidenza e l’ostilità aperta del signor Giles e di Xander; ricordò della promessa fatta alla madre di Buffy e del ballo scolastico; rivisse il giorno dell’Ascensione e il successivo, dolorosissimo, addio a Buffy in una sera di fumo e nebbia.
Rivide e riconobbe i volti di Doyle, di Kate, di Gunn e persino quello di Riley Finn. Ricordò anche di quel dolcissimo e meraviglioso giorno da essere umano che aveva vissuto insieme a Buffy e seppe che la ragazza non ricordava nulla. Sognò del bacio che lui e Buffy si erano scambiati seduti sotto un albero al funerale della madre di lei e ricordò anche della morte della Cacciatrice per salvare la Chiave e di tutti i suoi sforzi per riportarla in vita.
 

********************************************************************************

 
A quel punto Brian si svegliò definitivamente.
Era ormai mattina e la sua mente era finalmente lucida: là, dove fino al giorno prima c’era stata una nebbia impenetrabile, c’erano ora i suoi ricordi, precisi, ordinati, completi…ed inesorabili.
Si sentiva completamente svuotato, privo di qualsiasi energia: si meravigliò addirittura che il suo cuore avesse ancora la forza di battere.
Già, il suo cuore…e proprio lì stava la più grossa contraddizione di tutta quella faccenda.
Io ero un vampiro, e su questo, che mi piaccia o no, non ci sono dubbi. Eppure adesso il mio cuore batte, mi posso abbronzare e svengo alla sola vista del sangue. Come è possibile tutto ciò? Cordelia ha detto che sono riuscito a salvare Buffy, e anche questo è un dato di fatto, ma allora perché non ricordo nulla a riguardo? Cordelia ha anche detto che sono morto per salvare Buffy, ma allora come si spiega il fatto che io ora, invece che morto, sono molto più vivo di prima?”.
C’erano ancora molte domande a cui doveva trovare una risposta, e sapeva benissimo a che rivolgersi per ottenere quello che cercava, ma non se la sentiva di affrontare Buffy e la sua banda.
In un certo senso era in collera con loro: erano piombati nella sua vita senza il minimo preavviso, e in meno di due giorni l’avevano completamente sconvolta. Prima del loro arrivo lui era un semplice ragazzo che aveva subito qualche trauma che aveva cancellato il suo passato; ma si era costruito una nuova vita, con una nuova compagna che lo adorava al suo fianco, un lavoro che gli piaceva e degli amici con cui divertirsi la sera e nei week-end. Ora invece era un sanguinario vampiro che per secoli aveva seminato terrore e morte in tutta Europa; era la leggenda vivente di quella piccola cittadina in cui viveva e che Linda raccontava a tutti i turisti che visitavano palazzo O’Donnell: lui era veramente Liam O’Donnell, non gli somigliava soltanto!!! In meno di due giorni aveva completamente dimenticato il suo amore per Linda e l’aveva tradita con una ragazza che quasi neanche conosceva. Si era trasformato in tutto quello che più aveva sempre odiato e deprecato: e tutto questo a causa di quel gruppo di americani!!!
No, non era ancora pronto ad affrontarli, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo; si rese anche conto che quel momento sarebbe arrivato molto prima di quanto si aspettasse: dato che quella sera stessa sarebbero partiti doveva incontrarli quel giorno stesso oppure non avrebbe mai trovato le risposte che cercava.
Facendo violenza a se stesso si alzò dal letto, si fece una doccia che questa volta lo aiutò a sentirsi un po’ meglio, chiamo alla palestra per dire che si sarebbe preso una giornata di ferie ed uscì dalla sua stanza.
Quando aprì la porta trovò Linda addormentata con la schiena appoggiata allo stipite: era rimasta lì tutta la notte pregandolo di farla entrare per aiutarlo fino a che non era crollata. A quella visione sentì un affetto enorme rinascergli nel cuore, ma capì anche che quel sentimento, per quanto sincero e profondo, non avrebbe mai potuto competere con l’amore totale che lo legava a Buffy. Quell’amore era talmente potente che, pur non ricordando nulla del loro passato insieme, lui l’aveva riconosciuta…aveva riconosciuto in lei la sua anima, e anche adesso che era arrabbiato con quella ragazza non riusciva a smettere di amarla con tutto se stesso.
Si chinò e prese delicatamente in braccio Linda, cercando di non svegliarla; la portò nel suo letto, le sistemò le lenzuola, le diede un tenero bacio sulla fronte e uscì diretto all’albergo in cui alloggiavano Buffy e gli altri.
Quando Brian arrivò all’albergo la receptionist gli disse che Buffy e il suo gruppo erano usciti molto presto quella mattina, ma l’irlandese non si scoraggiò: aveva preso la decisione di affrontarli e non ci avrebbe rinunciato per un inconveniente. Si sedette dunque su una poltroncina della hall dell’albergo ed aspettò pazientemente che tornassero per più di un ora.
 

********************************************************************************

 
Quella mattina Buffy aveva deciso di cercare nuovamente di parlare con Brian e tutti gli altri l’avevano seguita.
Dato che tornare alla locanda sarebbe solo servito a farsi sbattere fuori un’altra volta da Linda, decisero di cercarlo alla palestra dove lavorava: le probabilità che il ragazzo andasse a lavorare il giorno dopo le terribili rivelazioni sul suo passato, come se nulla fosse accaduto, erano decisamente molto basse, ma provare non costava nulla, ed era sempre meglio che starsene con le mani in mano.
Tuttavia, come avevano previsto, alla palestra gli riferirono che Brian aveva preso qualche giorno di ferie e che quindi, se proprio avevano urgenza di parlargli, avrebbero potuto trovarlo alla locanda La vecchia Irlanda, dove viveva. A Buffy quasi venne da ridere…
Tornarono, sconsolati, in albergo. Non sapevano proprio i quale altro posto cercarlo. Dato che comunque ormai la partenza era stata rinviata a data da determinarsi, decisero che quella sera si sarebbero nuovamente divisi e lo avrebbero cercato al porto e nel parco…anche questo tanto per provare…
Quando Buffy entrò nella hall questa era apparentemente vuota, ma lei sentì subito un balzo al cuore. Non lo aveva visto…non poteva averlo visto, dato che Brian era sprofondato in una poltrona che dava le spalle all’entrata…ma sapeva con ogni fibra del suo corpo che lui era lì.
“Angel!!!” esclamò ad alta voce.
Brian, distrutto dopo una notte tormentata, si era quasi addormentato su quella poltrona e quindi non li aveva sentiti entrare, ma al solo sentir pronunciare quel nome…il SUO nome…si sentì accartocciare lo stomaco; le lacrime gli salirono agli occhi, ma si ordinò di ricacciarle da dove erano venute, e quando ripose la sua voce suonò alle sue orecchie stranamente calma e distaccata.
“Il mio nome è Brian” disse, alzandosi e mostrandosi a tutto il gruppo.
Nell’istante stesso in cui lo vide, le parole di Cordelia caddero addosso a Buffy come autentici macigni: la verità lo distruggerà. Era vero… Era dannatamente vero: l’uomo che avevano di fronte era ridotto ad uno straccio. Nei suoi occhi, là dove c’erano state allegria, cordialità e voglia di vivere, c’erano ora solo dolore, disperazione e disprezzo. Disprezzo per quello che era stato e, forse, disprezzo anche per chi gli aveva causato tutto questo, costringendolo a ricordare. Ciò che doveva aver patito durante quella notte era scolpito in ogni solco del suo viso, nelle occhiaie scure che circondavano quei suoi bellissimi occhi nocciola, nel pallore del volto e nell’assenza di quel sorriso che mai aveva abbandonato le sue labbra da quando, due sere prima, lo aveva ritrovato.
Ora non ci sono più dubbi. Ora lo riconosco. Ora so con certezza che quello è veramente Angel” pensò Xander, che solo in quel momento si rese conto che non aveva mai creduto fino in fondo che quel ragazzo così allegro e spensierato potesse essere la stessa anima tormentata che aveva mal sopportato per tanto tempo.
Di fronte a quella dolorosa trasformazione Buffy si sentì un verme; si sentiva responsabile perché, al di là delle sue reali colpe, lei aveva veramente desiderato che Brian ricordasse…voleva che ricordasse per tornare ad essere al centro del suo cuore…voleva che ricordasse senza preoccuparsi delle conseguenze che ciò avrebbe avuto. E adesso quelle conseguenze le venivano sbattute in faccia come un guanto di sfida, e lei si sentiva sconfitta in partenza.
“Ti stavamo cercando. Dobbiamo parlarti: ti dobbiamo delle spiegazioni” disse Giles, e Brian annuì debolmente.
“Sì, ho bisogno di farvi alcune domande”.
Cordelia era muta: sentiva la sua confusione, la sua paura e sapeva benissimo quello che pensava dei vampiri e quindi di se stesso. Si sentiva schiacciata da tutte queste emozioni e s chiedeva come invece Angel riuscisse a sopportarle. “Io sarei impazzita, non avrei neanche superato una notte come quella che deve aver passato. Forse l’ho sottovalutato: è molto più forte di quanto lo credessi; è molto più forte ora di quando ci ha lasciati…”.
“Io sono un vampiro?” chiese a bruciapelo, e quella domanda così indiretta interruppe il filo dei pensieri di Buffy, Cordelia e tutti gli altri.
Solo Wesley e Giles mantennero l’imperturbabilità necessaria per rispondere al ragazzo: “Lo sei stato” disse l’Osservatore più anziano.
“Cosa diavolo vuole dire Lo sei stato? O lo sono o non lo sono; o sono umano o sono un vampiro: non ci sono vie di mezzo. E io sono umano adesso, vero?” chiese di nuovo, ma questa volta la sua voce risultava leggermente incrinata dalla tensione e dalla paura.
“Certo che tu sei umano ora: su questo non ci sono dubbi” rispose con calma e gentilezza Wesley. “Ma fino a tre anni fa tu eri un vampiro. Tu eri Angel, o Angelus se preferisci…”.
“Non preferisco proprio un bel niente!” disse ora con rabbia l’irlandese, ma Wesley continuò, ignorando quel comprensibile sfogo.
“Tu eri Angel e noi lavoravamo insieme” disse, indicando se stesso e Cordelia.
“E poi cosa è successo: una mattina, ho deciso di prendere un po’ di tintarella e mi sono accorto che a luce del sole non mi mandava più a fuoco?” fece una pausa per riprendere fiato. “Voi affermate che io ero un vampiro, ma mi chiedo se vi rendiate minimamente conto delle assurdità che sostenete. Ho fato stranissimi e terribili sogni questa notte…sogni talmente reali da sembrare veri…sogni che se non fossero completamente folli avrei catalogato come ricordi…ma… Ma non è possibile! Un uomo può, ahimè, diventare un vampiro, ma un vampiro, anche se ha un’anima, non può ritornare un uomo. Quindi tutta questa storia del vostro amico Angel è una pazzia e la dimostrazione di questo e che, lo hai detto tu stesso Wesley, io sono indubbiamente umano”. Ormai Brian non riusciva più a trattenere le lacrime e la rabbia che sentiva erompere dentro di sé.
“Mi rendo conto che tu sia sconvolto e che tutta questa storia ti appaia come un’immensa follia, ma ti posso assicurare che una spiegazione plausibile esiste” intervenne Giles, cercando di calmarlo. “Tu hai appena affermato che un vampiro non può tornare un essere umano e, fino a due giorni fa, io non avrei avuto niente da dire in contrario. Ma, come in tutte le cose, c’è sempre una prima volta: e tu, Brian, sei quella prima volta. Sei stato il primo vampiro ad avere un’anima; sei stato il primo vampiro a decidere di lottare contro il male…e sei stato il primo vampiro a tornare uomo. Il primo e probabilmente anche l’unico…ma è proprio così che è andata”. Giles e Wesley presero allora a raccontargli delle Alte Sfere e della ricompensa che attendeva Angel, e, mentre li ascoltava parlare, senza aver più nemmeno la forza di parlare a sua volta, Brian i rendeva conto che lui sapeva benissimo già tutto quello che i due stavano dicendo… Brian si rese conto che quella spiegazione era effettivamente plausibile…e questa consapevolezza lo gettò in uno stato di angoscia ancora più profondo.
“Angel, ti prego, dì qualcosa?” lo supplicò Buffy in un sussurro.
“Mi sembra di averti già detto che il mio nome è Brian! Ed ora aggiungo che me ne infischio delle vostre spiegazioni assurde…” disse, mentendo prima a se stesso che agli altri. “Io non vi credo: non vi credo ora e non vi crederò mai, e voi non riuscirete a convincermi che quel mostro che ha ucciso migliaia di persone solo per il gusto di vederle morire terrorizzate ero io. Io non sono certo un santo, ma nemmeno un demonio…”.
“Certo che non lo eri. Era Angelus ad essere un demone: Angelus, non tu. Viveva nel tuo corpo, ma non eri tu! Sono state le tue mani e i tuoi denti a commettere tanti omicidi, ma non il tuo cuore, non la tua mente…non la tua anima: era lui…non tu” cercò di calmarlo Buffy, ma fu tutto inutile.
Brian ormai non era più disposto ad ascoltarli: sapeva benissimo che stavano dicendo la verità, ma la sua mente rifiutava categoricamente di accettarlo. Voleva solo andarsene, voleva allontanarsi dalla sofferenza e da coloro che gliela procuravano. Voleva che lo lasciassero in pace; voleva tornare alla locanda, abbracciare Linda, dare un bacio alla nonna e continuare a vivere la sua nuova vita. Voleva che quei ricordi che per tanto tempo aveva cercato, svanissero di nuovo: non riusciva a sopportare l’immagine dei volti di sua sorella, di suo padre, della bambina gitana e di tutte le vittime di quello che era stato. Non voleva più ricordare il loro dolore e il suo piacere nel procurarglielo. Non poteva sopportare tutto questo: doveva dimenticare di nuovo, e non avrebbe potuto farlo fino a che quelle persone fossero rimaste nella sua vita.
Il suo cuore urlava al solo pensiero, ma la sua testa gli diceva che Buffy doveva andarsene: la ragazza che solo poche ore prima aveva stretto fra le braccia, la ragazza che aveva saputo di amare prima ancora di ricordare di averla già amata, l’altra metà della sua anima che possedeva l’altra metà del suo anello…
Willow vide la disperazione crescere nei suoi occhi fino all’inverosimile, e provando una grande pena per lui gli chiese: “Possiamo fare qualcosa per aiutarti?”.
“Sì, una cosa potete farla: andate via” fu tutto quello che riuscì a dire. “Tornatevene in America, alla vostra cittadina piena di mostri e vampiri, e lasciatemi in pace a vivere la mia vita. Prendete il primo volo e non tornate mai più a Galway: io non vi voglio più vedere…io… IO VI ODIO” e con il volto stravolto dalle lacrime uscì correndo dall’albergo, lasciandoli tutti ammutoliti e angosciati.
 

********************************************************************************

 
Brian vagò senza meta per le strade di Galway per più di due ore, perso in una marea soffocante di emozioni, pensieri, immagini, suoni e dolore. Quando la sua mente riacquistò quel minimo di lucidità necessaria per formulare dei pensieri compiuti si rese conto di essere giunto alla cima della collina del parco dove, solo due sere prima, tutto era cominciato.
“Possibile che siano passati meno di due giorni?” si chiese. “Io mi sento invecchiato di vent’anni… e invece non sono neanche passati due giorni…”.
Man mano che la sua mente si chiariva, Brian prese a riesaminare gli avvenimenti di quella mattinata. “Perché mi sono comportato in quel modo? Io non voglio che se ne vadano…io non voglio che LEI se ne vada!!! Eppure gli ho detto di farlo: gli ho detto di sparire per sempre dalla mia vita. Perché l’ho fatto? Io so che loro hanno ragione e so anche che non volevano procurarmi questo strazio…eppure li ho cacciati lo stesso… Me la sono presa con loro, ho maledetto il giorno del loro arrivo (dimenticandomi che se non fossero mai venuti a Galway io ora sarei DI NUOVO un vampiro) e li ho trattati come se fossero dei nemici… Perché l’ho fatto?”.
La risposta a quelle domande era, nella mente di Brian, sin troppo chiara.
Al risveglio, quella mattina, Brian, pur consapevole dell’autenticità dei suoi ricordi, si era aggrappato all’apparentemente inspiegabile fatto che ora era un essere umano, per rifiutare l’idea di essere stato un vampiro: non potendo i vampiri tornare degli uomini, ed essendo lui un uomo, questo stava a significare che non poteva essere mai stato un vampiro.
Li aveva cercati per avere la conferma che essi non sapevano come Angel avesse potuto trasformarsi in Brian...li aveva cercati per avere la conferma che quella trasformazione era impossibile… E invece loro avevano una spiegazione, ed era più che plausibile: ora ricordava benissimo quel colloquio con le Alte Sfere.
E con quella spiegazione tute le sue speranze erano andate a rotoli: doveva ormai accettare l’odiosa ed insopportabile realtà: lui, Brian Keane, il cui più grande odio era rivolto verso vampiri, era stato un vampiro lui stesso, e della peggior specie.
Aveva odiato e scacciato Buffy e i suoi amici perché avevano ucciso in lui anche l’ultima speranza, perché avevano distrutto anche l’ultimo baluardo che ancora gli permetteva i non accettare quella straziante verità; lo avevano gettato in pasto alla cruda realtà completamente nudo e disarmato e lui era stato annientato in pochi istanti da quella realtà.
Ma non è certo stata colpa loro” urlava il suo cuore, e la sua mente si rendeva finalmente conto che non aveva torto: loro non c’entravano, loro avevano solo cercato di aiutarlo.
Avrebbe voluto tornare all’albergo; avrebbe voluto chiedere loro scusa per il suo comportamento; avrebbe voluto chiedere a Buffy di non lasciarlo solo proprio in quel momento; avrebbe voluto abbracciarla, baciarla e piangere, lasciando che il dolore fuoriuscisse da lui tramite quelle lacrime versate su una spalla amica…
Avrebbe voluto fare molte cose, ma, tutto ad un tratto, si sentiva terribilmente stanco, completamente vuotato da qualsiasi energia.
Non provava più nulla, non vedeva né sentiva più nulla… Era solo drammaticamente conscio che non sarebbe più riuscito a vivere con la consapevolezza delle vite che aveva stroncato; non riusciva nemmeno a comprendere come per più di cento anni fosse riuscito a convivere con quei rimorsi. Evidentemente qualcosa lo aveva sostenuto, e non si trattava solo dell’amore di Buffy, ma adesso non riusciva davvero ad immaginare cosa avesse potuto farlo…
Le gambe non lo reggevano più; appoggiò una mano al tronco dell’albero sulla cima della collina, ma non avvertì al tatto la superficie rugosa della sua corteccia. Gli sembrava di essere piombato nel bel mezzo del nulla, i suoi sensi erano azzerati e le sue palpebre erano terribilmente pesanti.
Senza neanche rendersene conto si sedette, appoggiando la schiena al tronco dell’albero e si addormentò profondamente, distrutto, senza neanche la forza di muovere un dito.
 

********************************************************************************

 
“Ciao Spike” disse al telefono Dawn senza alcun entusiasmo.
“Ehi, Briciola, se chiamarmi ti procura tutto questo entusiasmo potevi anche evitare di farlo” rispose da Sunnydale il vampiro ossigenato, ferito più di quanto lui stesso avrebbe mai ammesso dal tono di voce della ragazza.
“Scusami, hai ragione, ma non fraintendermi: non ce l’ho con te e sentirti non mi dispiace affatto, anzi, è che qui le cose non vanno molto bene; anzi, per dirla tutta abbiamo combinato un autentico disastro” si scusò sconsolata Dawn.
“Su piccola, che cosa avrete mai potuto combinare di tanto grave da meritarsi l’appellativo di disastro?” cercò di scherzare Spike, anche se dal tono della sua amica aveva capito che qualcosa di importante doveva essere successo durante quella gita irlandese.
“Abbiamo prima ritrovato Angel, e poi lo abbiamo perso di nuovo. Per sempre, temo”.
“Avete ritrovato chi?!?” urlò nella cornetta un incredulo Spike.
Dawn raccontò al vampiro, per filo e per segno, senza omettere un solo particolare, tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni, compresa la brusca conversazione di quella mattina che l’aveva scioccata in modo particolare.
Spike ascoltò senza dire una parola, senza mai interrompere la ragazza, sentendo che l’incredulità iniziale lasciava poco a poco il passo allo stupore prima e alla tristezza poi. Quando Dawn terminò il suo racconto tutto quello che riuscì a chiedere fu: “Buffy come sta?”.
“Come vuoi che stia? E’ letteralmente a pezzi. E da questa mattina che non dice una sola parola: è sdraiata sul letto che fissa, immobile, il soffitto da quasi quattro ore. Non ha mosso un muscolo, non ha nemmeno versato una lacrima. Dopo la lite di questa mattina è tornata in camera, ha preparato le valige come e fosse un automa e poi si è stesa sul letto…e adesso è ancora lì. Avresti dovuto vedere come era eccitata e felice solo due sere fa: aveva ritrovato Angel, aveva ritrovato il suo amore, e io avevo visto riaccendersi nei suoi occhi una scintilla che non vedevo più da tempo. Io credevo che quella luce nei suoi occhi si fosse spenta a causa della sua permanenza in quel maledetto limbo, ma l’altra sera ho capito che in realtà si era spenta alla morte di Angel. Avresti dovuto vederla con i tuoi occhi Spike: io non riesco a spiegarti a parole quanto fosse felice…”. Un singhiozzo ribelle ruppe la voce di Dawn. “Non sopporto di vederla così com’è in questo momento. So che si sente colpevole per quello che è successo, e vorrei poterla aiutare, ma non so assolutamente come farlo, e, anche se lo sapessi, non credo che lei si lascerebbe aiutare. Ma io non posso vederla in questo stato…non posso…”. A questo punto Dawn non cercò neanche più di trattenere le lacrime, e ruppe in un pianto sconsolato. “E in più sono preoccupata per Angel…”.
“Su, coraggio Briciola. Almeno per Angel non ti preoccupare: lo conosco bene e ti assicuro che non è un debole, uno che si arrende alla prima difficoltà. Piuttosto prenditi cura di tua sorella, anche solo standole vicino e stringendole la mano: anche se apparentemente non si accorgerà neanche della tua presenza vedrai che le sarai di grande aiuto, e quando si riprenderà dal trauma sarà la prima a ringraziarti per esserle stata vicina” le consigliò il vampiro.
“Grazie Spike. Farò come dici: speriamo che tu abbia ragione sia per quello che riguarda Buffy che per quello che riguarda Angel” mormorò Dawn, sinceramente grata a quel vampiro che sapeva sempre cosa dire per farla sentire meglio…o anche semplicemente meno peggio.
“Solo una cosa, Briciola: quando tornate?” chiese ancora Spike.
“Non volevamo partire fino a che non avessimo chiarito con Angel: ora lo abbiamo fatto e lui è stato estremamente esplicito a proposito. Lui non vuole più vederci e così noi prendiamo il primo volo di domani mattina per Los Angeles: partiamo alle 10:30. Avremmo voluto partire questa sera stessa, com’era previsto, ma ormai i posti in aereo erano già stati venduti e quindi non ci resta che restare qui anche questa notte”.
“Allora ci vediamo presto. Coraggio, devi essere forte anche per tua sorella in questo momento. Devi essere abbastanza forte per tutte e due e io so che ce la puoi fare. Salutami tutti”.
“Certo Spike, e grazie ancora” disse Dawn e riagganciò il telefono.
 

********************************************************************************

 
Brian vagava in una nebbia inconsistente. Il suo corpo era ancora seduto ai piedi dell’albero sulla collina, apparentemente addormentato, ma il ragazzo era perfettamente conscio del fatto che lui non stava affatto dormendo e che quella nebbia non era un sogno.
Intorno a lui non c’era assolutamente nulla…solo nebbia…nebbia in tutte le direzioni…all’infinito. Tuttavia Brian non provava paura…era troppo stanco persino per avere paura…
Poi, all’improvviso, sentì una risata alle sue spalle, e una voce infantile che gridava allegra: “Un angelo, un angelo: Liam è tornato ed un angelo…”. Ricordava di nuovo benissimo quelle parole e quella tenera voce. Si voltò lentamente, e di fronte a sé vide la sua sorellina, la sua adorata Katie che gli sorrideva come sempre aveva fatto. Era bellissima e sul suo volto e sul suo collo non c’era nessuna traccia della terribile morte che l’aveva strappata, troppo giovane, al mondo.
“Finalmente sei tornato: ti aspettavo da così tanto tempo… Ma avevi un compito da svolgere e non potevi certo pensare alla tua piccola sorellina… Ma ora sono contenta che tu sia qui, anche perché se sei qui vuol dire che sei riuscito a portare a termine ciò che ti era stato assegnato…e non era cosa da poco… Mi dispiace solo che presto te ne andrai di nuovo, e questa volta per sempre, ma è giusto così, ed io non posso che essere felice per te” disse la bimba.
Brian non capiva fino in fondo quello di cui stava parlando sua sorella; l’unica cosa che frullava nella sua testa era che lui l’aveva uccisa…quella bimba era stata la sua prima vittima.
“Ma come puoi essere contenta di vedermi? Io, che ti amavo più di ogni altra persona al mondo, ti ho barbaramente uccisa, proprio mentre tu tendevi le braccia per abbracciarmi!!! Tu dovresti odiarmi, dovresti provare ribrezzo per quello che ho fatto a te, ai nostri genitori, ai nostri amici e ad un sacco di altre persone la cui unica colpa era stata quella di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato!!! Io sono un mostro!!!” singhiozzò Brian senza ritegno.
“Perché mai dovrei odiarti o provare disprezzo per te, Liam? Tu sei mio fratello, il mio adorato fratello, che mi ha consolata e difesa mille volte in pochissimi anni…” disse incredula Katie.
“Ma io ti ho uccisa!!!” urlò Brian.
“No, Liam. Il demone che si era impossessato del tuo corpo mi ha uccisa: non sei stato tu. Mentre quell’essere mi mordeva, dentro di lui io sentivo la tua voce che urlava di lasciarmi stare, ti sentivo piangere e lottare contro qualcosa che era mille volte più forte di te… Non potevi vincere contro di lui…almeno, non potevi farlo in quel momento…e io non ti serbo alcun rancore per questo, Liam”.
La bimba allungò verso il suo volto la sua mano incorporea. Brian credeva che neanche si sarebbe accorto di quel tocco, che l’avrebbe trapassato come un fantasma. Si stupì quindi nel sentire il calore di quella piccola mano che gli asciugava una delle tante lacrime che gli rigavano il volto.
“So benissimo che tu non mi avresti mai fatto del male…so benissimo che non avresti mai fatto del male a nessuno… Ma se è il mio perdono che ti serve per vivere serenamente, allora io ti perdono. Non ho motivo di doverti perdonare, ma se questo ti può servire, allora sì, allora ti perdono…” disse ancora Katie, e questa volta fu la sua guancia a essere bagnata da una lacrima.
A quelle parole Brian si sentì sollevato: il perdono delle vittime del suo demone era quello di cui aveva bisogno per non impazzire. Era stata la speranza di un perdono che lo aveva aiutato a sopravvivere alla sua coscienza. Tutti gli anni che aveva passato a combattere contro il male fuori e dentro di lui erano stati un tentativo di ottenere quel perdono…solo ora se ne rendeva conto…solo ora che aveva ottenuto il perdono di almeno una delle vite che aveva spezzato.
“Ma io non sono sola!!!” esclamò Katie, che aveva seguito il filo dei pensieri del fratello come se lui li avesse pronunciati ad alta voce. “Ci sono nostro padre e nostra madre qui con me, e tu non hai idea di quanto lui sia orgoglioso di te in questo momento…” e mentre Katie nominava i loro genitori ecco che anche loro apparivano al suo fianco: Edwin O’Donnell aveva ancora un’espressione seria ed austera nei suoi occhi, ma la disapprovazione e il disgusto che avevano sempre albergato in quegli stessi occhi ogni volta che il suo sguardo si era posato, in vita, sul suo figlio maggiore, non esistevano più; non ce n’era più traccia e, anzi, proprio come aveva detto Katie, ora traboccavano di orgoglio e di felicità per quell’erede ritrovato. Nessuna traccia i dolore e di risentimento era presente sui volti dei suoi genitori, e quando il padre allargò le braccia per invitarlo ad abbracciarlo Brian realizzò uno dei sogni di tutta la sua vita di mortale: finalmente aveva l’approvazione di suo padre, e, anche se ancora non riuscisse a capire cosa avesse fatto per meritarsela, si sentì felice come un bambino che ritrova qualcosa di prezioso che credeva di aver perso irrimediabilmente.
“Poi ci sono anche la mia amica Maira…”, e Brian vide apparire la piccola bambina gitana per la cui morte era stato maledetto, “e la mia amica Iana, anche se probabilmente tu ti ricordi di lei con il nome di Jenny”, e a queste parole apparve anche la signorina Calendar. Tutte e due le nuove arrivate sorridevano all’indirizzo di Brian e i loro occhi esprimevano una gratitudine immensa.
Poi Katie andò avanti a nominare, una per una, tutte le vittime della ferocia di Angelus, e man mano che la sorella le nominava queste apparivano alla vista di Brian. L’irlandese si stupì di come nessuna di quelle persone, persone che i suoi denti avevano ucciso, si mostrò meno che grata nei suoi confronti e felice di vederlo in quel luogo.
Al termine di quell’elenco lungo in modo straziante Brian fu preso dalla confusione.
“Io non capisco… Io vi chiedo perdono…” balbettò.
“Tu hai già il nostro perdono, Angel” e questa volta fu la signorina Calendar a parlare. “Non solo  hai il perdono di tutti noi, ma hai anche la nostra eterna gratitudine. Tu ci ha salvati…Tu ci hai liberati…”.
“Io vi ho uccisi…” disse Brian, sempre più confuso.
“No, ti sbagli. Tu hai trovato dentro di te la forza per combattere contro il demone che abitava il tuo corpo. Tu hai lottato contro di lui per più di cento anni: non è stato facile, e ci sono stati momenti in cui abbiamo temuto che tu soccombessi definitivamente; ma tu non lo hai fatto: sei caduto,ma ti sei sempre rialzato, non ti sei mai arreso e non hai mai cessato di combattere…e alla fine hai vinto” continuò la Calendar.
“Se anche è vero che ho vinto, la vittoria non è merito mio: è stato il tuo popolo prima e Willow poi, grazie alla maledizione, a sconfiggere Angelus” ammise tristemente Brian.
“Anche questa volta ti sbagli, Angel: se è vero che un istante di pura felicità ha rotto la maledizione è altrettanto vero che questa non avrebbe avuto nessun effetto se la tua anima non fosse stata abbastanza forte e determinata. Se la tua fosse stata l’anima di un debole, di un malvagio, non ci sarebbe stata maledizione che avrebbe potuto intralciare la furia di Angelus. La maledizione ti ha forse aiutato, ma la guerra l’hai vinta tu, tu e tu solo, Angel. Sei tu che ci hai liberato, non la maledizione del mio popolo”.
“Cosa vuol dire che vi ho liberato? Liberato da cosa?” chiese ancora il ragazzo.
“La morte violenta a cui ci ha destinato Angelus ci ha relegati in questo limbo infernale dove, anche da morti, eravamo suoi schiavi. Anche quando ti apparivamo in sogno, per tormentarti, lo facevamo solo perché era lui ad obbligarci: lui voleva farti impazzire dal dolore, voleva indebolirti per poter infine riemergere, e per farlo si serviva di noi. Ma in realtà nessuno di noi ce l’ha mai avuta con te Angel, nessuno…a nessuno di noi dovevi chiedere perdono, perché la tua unica colpa era stata quella di essere un ragazzo infelice in un’epoca infelice. Ma tu ora hai definitivamente sconfitto il tuo demone. Il tuo gesto d’amore, il tuo donare la vita per salvare quella di Buffy ha annientato Angelus e ha liberato noi: ora possiamo godere in pace e per l’eternità di questo paradiso”.
Brian avrebbe voluto ridere: “Un paradiso questa distesa di nebbie a perdita d’occhio?”. Ma quando alzò lo sguardo per guardarsi intorno si ritrovò in un dolcissimo giardino in cui piante e fiori crescevano rigogliosi mentre uccelli e innocui insetti erano intenti a costruire nidi e a succhiare nettare dai fiori.
Davanti a quell’ennesima trasformazione una sola domanda sorse in Brian: “Perché solo ora? A quanto mi avete detto Angelus è stato sconfitto più di tre anni fa: perché solo ora voi siete liberi?”.
“Perché ti aspettavamo, Liam” disse questa volta la piccola zingara. “Perché sapevamo che avresti avuto bisogno di noi per poter vivere serenamente, e dopo tutto quello che tu avevi fatto per noi, non potevamo essere tanto ingrati da andarcene senza averti aiutato. Ora il tuo animo è sereno, e noi abbiamo la certezza che tu continuerai a vivere senza angosciarti più: la maledizione è rotta per sempre e mai più nessuno potrà condannarti all’infelicità eterna”.
“Il tuo compito tuttavia non è finito” intervenne per la prima volta suo padre. “Il male dentro di te è stato sconfitto, ma non ancora quello che vive fuori. Devi continuare la tua lotta, figlio mio, per impedire che altre persone, come noi, vivano questo incubo. Non dico che sarà facile, ma non sarai da solo: ci sarà sempre la Cacciatrice al tuo fianco…” e poi, con un sorriso complice che mai aveva visto sul volto di suo padre, aggiunse: “…e senza restrizioni, questa volta…”.
“Solo un’ultima domanda” disse Brian. “E se io non avessi mai ricordato? E se io non fossi giunto qui?”.
“Non era previsto che tu non ricordassi, è impossibile sfuggire al destino…”.
Quelle ultime parole della signorina Calendar si persero nell’aria.
Brian i risvegliò, ed era ancora nel parco: era il tramonto e il ragazzo si sentiva veramente bene.
L’unico rammarico che provava era legato al modo in cui aveva cacciato Buffy e i suoi amici, ma ormai era troppo tardi per porvi rimedio: proprio in quell’istante un aereo passò sopra la sua testa e Brian si disse che probabilmente era lo stesso aereo che stava riportando il suo amore al di là dell’oceano. Brian non provò tristezza a quel pensiero, tanto presto l’avrebbe raggiunta. E’ impossibile sfuggire dal destino: quelle ultime parole continuava a sentirsele nella testa, e non c’era alcun dubbio che il suo destino si chiamasse Buffy Summers.
Prima di raggiungere la Cacciatrice a Sunnydale aveva però un altro problema da affrontare e non voleva liquidarlo con poche parole: doveva parlare con Linda…doveva dirle tutta la verità e doveva sperare che capisse e non lo odiasse.
Lo fece quella sera stessa, e non fu per niente facile soprattutto quando dovette confessarle la natura del suo rapporto con Buffy. Linda pianse, urlò, lo insultò come non aveva mai fatto: non riusciva a credere ad un sola parola di quelle che Brian gli diceva. Non poteva credere che lui fosse stato un vampiro; non poteva credere che lui fosse altri che Brian Keane. Lo accusò di essersi inventato tutta quella storia assurda solo per avere la scusa per correre dietro alla quella maledettissima americana, dimenticandosi in un colpo solo di tutto quello che lei aveva fatto per lui e di quanto lo aveva amato.
“No Linda, io non dimenticherò mai nulla di te, e soprattutto non dimenticherò mai di averti amata anche io. Io vi devo tutto e con voi ho passato tre anni meravigliosi, ma…”
“…ma è impossibile sfuggire al destino” disse la nonna che aveva ascoltato tutto senza mai fiatare. “Vai Brian, e che il Signore ti benedica. Sappi che se mai un giorno dovessi tornare da queste parti la porta per te e per i tuoi amici sarà sempre aperta, vero Linda?” terminò rivolgendosi alla nipote.
La ragazza si limitò ad annuire, e sebbene non avesse la forza di guardarlo in faccia, Brian seppe che lo aveva già perdonato e capito. Avrebbe voluto abbracciarla, ma si disse che forse era meglio evitare. Quindi tutti se ne andarono a letto e Brian riuscì nuovamente a dormire serenamente.
 

********************************************************************************

 
Il mattino dopo fu svegliato da dei forti ed urgenti colpi sulla porta.
Temendo che fosse successo qualcosa si precipitò ad aprire, ma trovò semplicemente Linda con le sue valige in mano.
“Sbrigati se non vuoi che partano senza di te”: era di nuovo la solita allegra Linda, o almeno fingeva di esserlo.
“Ma loro sono già partiti” disse Brian tra uno sbadiglio e l’altro.
“No, crapone: non sono partiti. Questa mattina andando a fare la spesa sono passata davanti all’hotel e loro erano ancora lì che stavano caricando i bagagli sul taxi. Mi sono informata e c’è un aereo che parte per Los Angeles alle 10:30. Ora sono le 9:00 e quindi se ti sbrighi a cambiarti e salti la colazione riesci ancora a raggiungerli all’aeroporto. Se vuoi ti ci accompagno io. Qui c’è il tuo biglietto” disse la ragazza parlando in fretta sia per non perdere tempo sia per non permettere alla sua voce di tremare. “E vedi di muoverti, perché la tua Buffy era ridotta veramente ad uno straccio”.
Ancora una volta Brian provò l’irrefrenabile impulso di abbracciare quella ragazza, ma questa volta non lo represse. Linda si abbandonò per un istante in quell’abbraccio, ma poi si divincolò esortandolo ancora a fare presto.
In meno di un quarto d’ora Brian si lavò, si vestì, salutò l’anziana donna che si era presa cura di lui tanto amorevolmente e salì in macchina con Linda: destinazione aeroporto. Come fecero ad arrivare in tempo per l’ultima chiamata Brian se lo chiese per il resto della sua vita senza mai riuscire a darsi una risposta.
Appena salito sull’aereo si guardò intorno alla ricerca del suo posto, ma la hostess gli fece chiaramente capire che, dato che l’aereo era mezzo vuoto, avrebbe potuto sedersi dove gli pareva. Brian cercò allora la testa bionda di Buffy e tirò un grande sospiro di sollievo quando notò che il sedile accanto al suo era libero.
“E’ libero questo posto?” le chiese dopo essersi avvicinato senza fare rumore.
Buffy gli rispose meccanicamente di sì con un cenno della testa, ma dopo una frazione di secondo si voltò di scatto verso di lui urlando: “Brian!!!”.
Linda aveva avuto ragione a definire uno straccio Buffy, ma il sorriso che fece in quell’istante e gli occhi che le presero a luccicare di lacrime la resero in un batter di ciglia la donna più bella che lui avesse mai visto.
A quell’urlo tutti i passeggeri dell’aereo si voltarono verso di loro ed entrambi arrossirono dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Persino la hostess, divertita, invito il Signor Brian ad accomodarsi e ad allacciare le cinture di sicurezza dato che stavano per aver inizio le manovre di decollo.
Il signor Giles e Cordelia, che occupavano il sedile davanti al loro si girarono e gli sorrisero caldamente, anche se era evidente che l’Osservatore si stava chiedendo che cosa fosse successo per giustificare un simile cambiamento.
“Non si preoccupi, signor Giles, appena siamo a Los Angeles vi spiego ogni cosa” disse Brian indovinando quali fossero i pensieri dell’altro. Quindi rivolto a Buffy le disse: “Se preferisci, puoi anche chiamarmi Angel ora”.
Buffy lo guardò sorpresa, poi ci pensò su un attimo, e alla fine rispose: “Qualcuno una volta ha detto che una rosa è una rosa anche se la si chiama con un altro nome…” al che il suo Osservatore si girò a guardarla con occhi sbarrati per lo stupore: ancora una volta aveva sottovalutato quella ragazza. “…e Brian Keane va benissimo, se anche per te va bene”. La risposta di Brian fu un dolcissimo bacio che cancellò nella cacciatrice ogni traccia di tristezza e di sensi di colpa.
Quell’idillio fu tuttavia spezzato da un’esclamazione disperata di Anya: “Oh no!!!”.
“Cosa succede amore?” chiese preoccupatissimo Xander, che le sedeva accanto.
“Con tutto il trambusto di questi giorni ho dimenticato di spedire la cartolina con il mio francobollo riciclato!!! Adesso dovrò aspettare per chissà quanto tempo di tornare in Irlanda per poterlo utilizzare!!!” rispose sconsolata la ragazza, suscitando in tutti quanti una fragorosa risata.
“Già, e io non ho preso nulla per Spike…” disse fra sé e sé Dawn.
 

********************************************************************************

 
Buffy e Brian vissero tutto il resto della loro vita insieme, e tutto sommato fu una vita normale, per quanto lo permettessero demoni e vampiri che essi combattevano tra Sunnydale e Los Angeles, aiutati dal resto della Scooby Band e dai membri della Angel Investigation.
Vista inoltre l’efficacia della coppia, il nuovo Consiglio degli Osservatori, che persino Buffy dovette ammettere essere piuttosto efficiente, si adoperò in modo da fare in modo che fosse così per sempre: Brian Keane fu infatti il primo di una lunga serie di Cacciatori di Vampiri che da quel momento in poi affiancarono la Prescelta nel suo difficile compito.
 

FINE

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Buffy / Vai alla pagina dell'autore: pizia