Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: editio    17/10/2011    1 recensioni
FF a quattro mani scritta in collaborazione con GiallodiMarte.
Abbiamo immaginato Maya e Masumi in un periodo e in una situazione diametralmente opposte a quelle della storia ufficiale... ma alcune cose non cambiano mai. O sì?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Kitajima
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 
Vento d’autunno,
ci guardiamo negli occhi
e viviamo, tu ed io.
(Masaoko Shiki)

 

Mi volto verso la ragazza e la vedo spalancare gli occhi su di me prima di ondeggiare pericolosamente in avanti e cercare invano un appiglio. Mi precipito a sorreggerla, e la sento accasciarsi fra le mie braccia, senza forze.
– Vi sentite bene, signora? Avete bisogno di qualcosa?
Si riprende, e alza su di me un viso che mi coglie impreparato. Rimaniamo a fissarci un istante, anche lei sembra stupita.
– No, vi ringrazio molto, è tutto a posto. Devo solo riprendermi dallo spavento.
Ha un nuovo cedimento, e la sostengo ancora più saldamente mentre cerco con gli occhi, e trovo, un posto sufficientemente comodo dove farla sedere: l'accompagno verso il tronco di un albero caduto a pochi passi da noi, cingendole con un braccio la vita sottile, e la sento aggrapparsi a me e cercare il mio sostegno. Le sorrido per rassicurarla, ma raggiunto il tronco lei si libera improvvisamente dalla mia presa, e seppure a fatica, si siede sul legno. Mi chino accanto a lei, e la osservo.
– Quel cane era rabbioso. Non avreste dovuto avventurarvi da sola in un bosco come questo. Sarebbe potuta finire molto male se non avessi sentito le vostre grida e non vi avessi soccorsa in tempo.
La sento sospirare forte, e noto con sollievo il colore tornare gradualmente a dipingere di un rosa pallido il suo volto minuto e teso.
– Volevo solo fare una passeggiata per passare un po' il tempo. Abbiamo avuto un incidente e aspettavamo i soccorsi.
La ragazza alza improvvisamente gli occhi a cercare qualcosa oltre la fitta boscaglia, ed io mi volto istintivamente a seguire il suo sguardo.
– Mae! − Torna a fissare lo sguardo su di me, spaventata. – Non l'avete vista? Dio, l'ho lasciata sola, quella bestia potrebbe trovarla. Dobbiamo aiutarla, signore, dobbiamo tornare da lei. Vi prego, aiutatemi!
Si alza all'improvviso e inizia a correre come una forsennata lungo il sentiero, sollevando appena le gonne per agevolarsi nei movimenti e costringendomi, mio malgrado, a seguirla.
Di lì a poco scorgo la figura paralizzata di una ragazza in piedi al margine della strada. Tiene gli occhi fissi nella nostra direzione e un'espressione atterrita le altera spaventosamente i lineamenti tesi di un volto altrimenti piuttosto anonimo. La mia strana compagna di lotta si rilassa. Si precipita verso di lei, e l'abbraccia.
– Mae, stai bene? Scusami, ti ho lasciata sola, quella bestia...
− Milady, siete voi! Sia ringraziato il cielo, state bene!
La tensione si scioglie di colpo nel corpo e nella voce della nuova sconosciuta, ma è ancora scossa, e inizia a intervallare le parole a singhiozzi soffocati. Rallento il passo, e mi avvicino.
− Ho sentito delle urla provenire dal bosco...mi sono spaventata così tanto...non sapevo cosa fare... se venirvi a cercare... se chiedere aiuto... Perdonatemi, vi prego!
− Non ho niente da perdonarti Mae, calmati ora. Sto bene, guardami.
− Ho avuto così tanta paura Milady...così tanta...
Nel dire questo la ragazza chiamata Mae mi scorge, spalanca gli occhi e lancia un urlo, spaventata. Mi blocco, sconcertato. Poi comprendo, e la strana ragazza incontrata nel bosco si appresta a dare spiegazioni.
– È tutto a posto, Mae. Sono stata aggredita da un cane inferocito, e il signore mi ha salvata. Se non fosse stato per lui, non so cosa ne sarebbe di me, adesso.
Sorrido, e accenno un saluto. Mi avvicino alle due donne, e comprendo a quale incidente si riferisse prima la ragazza.
– È un danno piuttosto serio, e il villaggio è a poco meno di un'ora da qui. Dovrete aspettare ancora a lungo.
Mae inorridisce nel vedere gli strappi sull'abito di quella che immagino essere la sua padrona, ed io noto solamente ora che la ragazza indossa il lutto. Lei sospira, e mi sorride. Si è ripresa completamente, e il tono della sua voce non lascia adito a dubbi sulla determinazione del suo carattere.
– Signore, vi ringrazio molto per essere venuto in mio soccorso nel bosco. Saprò ripagarvi per la generosità del vostro gesto. Ma non vorrei trattenervi più del dovuto, anche voi sarete in viaggio, immagino.
Trattengo una risata, ma non riesco ad evitare di lanciarle un'occhiata divertita.
– Un modo elegante per farmi capire che non avete più bisogno di me.
La vedo spalancare gli occhi nel vedermi prendere posto su una pietra accanto a loro, ma fingo di non essermi accorto del suo disappunto.
– Non è mia abitudine lasciare delle signore sole ai margini di una strada poco frequentata, in balia degli eventi e di bestie inferocite. – Alzo gli occhi su di lei e la vedo rabbuiarsi, e aggrottare leggermente le sopracciglia ben disegnate. – Aspetterò con voi i soccorsi.
Le sorrido, e un'occhiata veloce a Mae mi convince che almeno lei, per quanto intimorita, non desidera altro.
– È molto cortese da parte vostra, vi ringrazio nuovamente.
Mi lancia un'occhiata tanto veloce quanto stizzita, ed io mi ritrovo un'altra volta a dover trattenere una risata: questa ragazza è divertente. Un po' troppo indisponente, forse, e alquanto superba. Il suo volto però mi incuriosisce, e le sue espressioni indispettite, a scapito delle parole, stimolano in me la voglia di provocarla.
– Non si direbbe dalle espressioni che fate. Ma è una questione di responsabilità: non mi perdonerei mai se vi accadesse qualcosa dopo avervi abbandonate a voi stesse. Motivo per cui, signora, dovrete sopportare ancora un poco la mia presenza.
Mae mi sorride timidamente, ed io ricambio cordialmente il suo sorriso. La sua padrona, invece, mi lancia un'occhiata fugace e, aggiustando alla meglio l'abito stracciato intorno alle gambe magre, prende posto compostamente sul tronco abbattuto, accanto a quella che ormai sono certo di poter definire la sua cameriera.
– Come preferite, allora. Non potrei mai perdonarmi un'onta al vostro onore.
– Bene. Vedo che abbiamo raggiunto un accordo.
Le lancio un'occhiata furtiva, ma la ragazza tiene lo sguardo basso, e sussurra qualcosa che mi è impossibile afferrare alla timida ragazza al suo fianco. Le lascio alle loro chiacchiere, e osservo il paesaggio illuminarsi fiocamente sotto i deboli raggi del sole autunnale. Questi colori mi ricordano qualcosa di lontano, in un altro tempo, e in un altro luogo. Quanto tempo è passato? Troppo, ma non ancora sufficiente per dimenticare. Guardo di nuovo la ragazza, i suoi occhi, il suo viso. No, non sbaglio. Non ci può essere alcun margine di errore. Ma com'è possibile, e perché? Scuoto la testa, e sorrido. Buffo che l'abbia incontrata proprio io. Probabilmente lei si sta ponendo la stessa domanda, perché quando incontra i miei occhi abbassa lestamente lo sguardo, quasi vergognandosi di quel breve contatto e di quella muta domanda reciproca. Mi alzo, e muovo qualche passo, sempre più incuriosito da questa strana coincidenza.
– Dove siete dirette?
La ragazza volta il viso nella mia direzione, soffermandosi ad osservare la mia giacca ormai a brandelli e i miei stivali scoloriti, poi alza gli occhi sul mio volto ed io sostengo orgoglioso il suo sguardo nell'attendere la risposta.
– Ho ricevuto un invito per assistere a una serata dedicata alla poesia, ma non credo che la cosa possa interessarvi, signore.
Serata di poesia! Mi sfugge un sorrisetto ironico, e decido di raccogliere la sua provocazione nell'accentare così marcatamente la parola signore.
– Avete ragione, milady, non fa per me. Il mio mondo è un altro, molto lontano da qui, e molto lontano da voi.
Mi avvicino e la fisso intensamente in quei suoi grandi occhi scuri, spalancati su di me. Poi mi inchino leggermente, e prima di voltarmi per riprendere la mia strada le sussurro all’orecchio qualcosa che sono certo faticherà a comprendere.
– Nel mio mondo, la gente vive ogni giorno nella luce abbagliante dell'arcobaleno.

  
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