Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: editio    16/10/2011    1 recensioni
FF a quattro mani scritta in collaborazione con GiallodiMarte.
Abbiamo immaginato Maya e Masumi in un periodo e in una situazione diametralmente opposte a quelle della storia ufficiale... ma alcune cose non cambiano mai. O sì?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maya Kitajima
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

Mentre cadono
son prese da un turbine
le foglie secche
(Masaoko Shiki)

 
– Ahi…
– Cosa c’è, Mae?
– Niente milady. Mi ero appisolata e ho sbattuto la testa. Questa strada è piena di buche!
– Sì, hai ragione.
Mae torna a chiudere gli occhi e io riprendo a guardare il paesaggio.
La campagna è ancora avvolta dalla leggera foschia mattutina. Il disco rotondo del sole, visibile attraverso lo strato sottilissimo di nubi, inonda l’aria di una luce dorata quasi irreale. È la prima volta, nella mia vita, che mi capita di poter guardare direttamente al sole senza essere costretta schermare gli occhi con la mano e senza esserne accecata. Lo fisso per qualche secondo, quasi incredula. I profili degli alberi, ormai pressoché spogli, emergono avvolti dal luccichio di migliaia di goccioline d’acqua, mentre il silenzio ovattato che ci circonda come una bolla è rotto solo dal cigolio delle ruote e dal respiro delicato di Mae.
Appoggio la tempia contro il vetro del finestrino: è freddo e mi trasmette un brivido. Chissà quanto manca ancora? Cerco di orientarmi, ma la foschia mi impedisce di riconoscere qualsiasi punto di riferimento. L’ultima volta che ho percorso questa strada ero in compagnia di mia madre. Quanto tempo è passato? Due anni, forse tre. Prima dell’aggravarsi della tua malattia e della tua morte, mamma! Sapessi quanto mi manchi! Perché te ne sei dovuta andare così presto, lasciandomi da sola? Tu hai ceduto, mamma, ma io non voglio farlo. Non voglio che la mia vita sia la copia della tua. Non lo permetterò. Troverò il modo. Devo trovarlo! Lui insiste, ogni giorno, ad ogni incontro; tanto che ho finito con l’accettare l’invito di sua Grazia pur di non vederlo per un po’, benché non sia propriamente nello stato d’animo adatto per apprezzare la compagnia.
Sento le lacrime premere contro i miei occhi e faccio violenza su me stessa per ricacciarle indietro. Non devo piangere. Non devo e non voglio arrendermi.
Un rumore secco e improvviso mi scuote dal torpore e dal dormiveglia in cui devo essere caduta e vengo sbalzata in avanti finendo addosso a Mae che si sveglia con un urlo. Non ho neppure di tempo di risponderle che una serie di imprecazioni in un misto di inglese e giapponese mi mettono in allarme. Apro lo sportello e mi affaccio.
– Cosa è successo, Akio?
– Una buca, Maya-sama. Si è rotta l’asse.
Scendo al volo, rischiando di inciampare nel mio stesso vestito, e mi affianco ad Akio, inginocchiato a fianco della vettura e chino a studiarne il danno. Lo vedo scuotere la testa e sospirare di disappunto.
– Siamo ancora lontani dalla residenza di sua Grazia? Con questa nebbia non riesco ad orientarmi tanto bene.
– Abbastanza, Maya-sama. Due ore, più o meno. Però c’è un villaggio qui vicino dove voi potrete aspettare al caldo, mentre io faccio riparare l’asse. Non ci vorrà più di qualche ora.
– Va bene, Akio. Tu vai a cercare aiuto, mentre noi aspettiamo qui.
– Ma, Maya-sama… rimanere qui da sola, in aperta campagna…
– Allora sbrigati. Non possiamo lasciare i bagagli incustoditi.
Akio mi guarda incerto per qualche istante, poi si gira e si avvia di corsa lungo la strada. Sento un sorriso salirmi alle labbra. Povero vecchio Akio, costretto a vivere, e probabilmente a morire, in un paese straniero per amore di mio padre e mio. Il mio unico contatto con le mie origini.
Mi giro verso il boschetto che costeggia la strada e cerco un posto dove potermi sedere nell'attesa. L’aria è ancora piuttosto fredda, e anche se la foschia è ormai quasi scomparsa del tutto, ha però lasciato il suo ricordo nell’erba umida e nelle foglie gocciolanti. Osservo ammirata il paesaggio che si svela al mio sguardo: amo i colori dell’autunno. Le tonalità che sfumano dal rosso intenso, al ruggine, al giallo mi trasmettono una sensazione di tepore, di tranquillità e di calore umano.
Mae si siede accanto me e cominciamo a parlare del più e del meno. Èla prima volta per lei ad un rendez-vous come quello verso cui siamo dirette e ha paura di sbagliare. Per fortuna porto ancora il lutto, almeno non ci saranno difficoltà con i colori degli abiti. Le spiego di nuovo cosa le persone che incontreremo si aspettano da me, e da lei, e cerco di rassicurarla. Non ci saranno problemi: Mae è una ragazza sveglia e saprà cavarsela.
Sono stanca di stare seduta su questa scomoda pietra umida, quindi mi alzo e inizio ad addentrarmi nel bosco, più una macchia d’alberi a dire la verità. Cammino per un po’ seguendo il sentiero e perdendomi nel profumo penetrante e carnoso di terra e muschio. Lo scricchiolio dei miei passi sulle foglie secche e il belato di qualche pecora in lontananza sono gli unici rumori che mi raggiungono. Mi fermo un attimo e chiudo gli occhi alzando il viso verso un tiepido raggio di sole che mi sfiora come una carezza delicata e amorevole.
Riprendo a passeggiare e, girando dietro ad un cespuglio, me lo trovo improvvisamente davanti.
– Ah!– grido.
Il grosso cane marrone mi guarda per qualche secondo, poi comincia a ringhiare. Stai calma e pensa, Maya, pensa! Continuiamo a fissarci negli occhi. Faccio qualche passo all’indietro, e le mie mani sfiorano il fusto di un albero che sembra abbastanza grosso. Appoggio i palmi contro il tronco ruvido e comincio ad aggirarlo, sempre guardando la bestia che nel frattempo ha cominciato ad avanzare lentamente nella mia direzione. Deglutisco. Adesso capisco cosa significa avere il cuore in gola! Con un movimento improvviso, e sbagliato mi rendo conto quasi immediatamente, scivolo dietro l’albero, forse nella speranza che sparendo dalla sua vista il cane possa dimenticarsi di me. Invece, l’ho solo irritato di più e in due falcate me lo ritrovo addosso. Lo slancio dell’animale mi fa perdere l’equilibrio e cadiamo entrambi a terra. Comincio a urlare terrorizzata, e a scalciare nel tentativo di allontanarlo, ma sembra che ogni mio sforzo sia vano. I suoi denti catturano l’orlo del mio vestito producendo un lungo squarcio. Lo guardo inorridita e gli sferro un ennesimo calcio, con tutta la mia forza, e questa volta riesco a staccarlo e a farlo volare poco distante, ma si rialza immediatamente e si lancia di nuovo all’attacco. Vedo i suoi canini affilati balenare verso di me e chiudo gli occhi atterrita, aspettando solo di sentirli affondare definitivamente nelle miei carni, certa ormai di non avere più scampo. Però non succede niente: solo un’imprecazione e un guaito, e rumori di lotta. Sconcertata, riapro gli occhi e vedo il cane appeso al braccio di un uomo. Spalanco la bocca e vorrei gridare di nuovo, ma riesco solo ad annaspare, in preda al panico, incapace di qualsiasi movimento. Lo scontro continua e l’uomo, per quanto cerchi disperatamente e con forza, non riesce a scrollare da sé le mascelle dell’animale. In un lampo di lucidità mi accorgo che il suo braccio è protetto da una giacca avvolta preventivamente intorno ad esso, e che il cane non sembra avergli lacerato la carne. Mi scuoto. Devo fare qualcosa, devo aiutarlo! Subito! Con quello che mi sembra uno sforzo sovrumano riesco a muovermi e vedo, poco distante, un ramo abbastanza grosso e dall’aria resistente. Lo afferro e mi lancio verso la bestia cominciando a tempestarla di colpi, senza pensare, preda solo della mia paura, dell'ansia e della necessità di aiutare quell'uomo. Continuo a colpire, con determinazione, fino a costringerla finalmente a lasciargli braccio. Ma incontro i suoi occhi, rabbiosi, feroci, e la vista dei suoi canini scoperti mi provoca nuovamente sul corpo lo stesso brivido agghiacciante di pochi istanti prima. Ho di nuovo attirato l’attenzione su di me e il cane torna a ringhiare nella mia direzione, preparandosi a un nuovo balzo. Mi gelo, la mente ormai completamente bianca. Quasi immediatamente sento che il bastone mi viene strappato dalle mani e vedo l’uomo agitarlo nella direzione dell’animale, intimandogli in tono deciso di allontanarsi. Passa quella che sembra un’eternità, poi finalmente il cane si volta e scappa tra gli alberi.
Mi giro verso il mio salvatore, e incontro due occhi d’ambra spalancati su di me, ma prima che riesca a mettere a fuoco il volto che li ospita, il mondo intero si offusca: di fronte a me solo nebbia, e suoni lontani.
  
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