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Autore: Hika86    17/10/2011    2 recensioni
[50/50 capitoli COMPLETA][0/5 capitoli extra IN CORSO] Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sho guardava intensamente fuori dal finestrino della macchina, sembrava quasi volesse concentrarsi tanto da rompere il vetro con la sola forza del pensiero. Teneva le braccia incrociate e aveva l'aria imbronciata, il tempo fuori sembrava assecondare il suo umore già da qualche giorno: il cielo era grigio scuro, coperto di nuvole. "Non sono un tipo orgoglioso, quindi non è l'orgoglio che mi ha fatto reagire tanto male. Però non sono geloso, per niente. Lo sapevo già che era solo un sogno, no? Un brevissimo meraviglioso sogno in cui Erina si intrufolava nella mia vita di tutti i giorni e mi faceva perdere la testa ancora una volta. Ma ormai è mattina e devo svegliarmi: lei torna al suo lavoro, io continuo il mio. Non ci vedremo più e nel suo ufficio c'è un Fujimiya pronto a sbaciu..." strinse le palpebre chiudendo chi occhi per qualche secondo, con rabbia. «Fanculo» borbottò storcendo le labbra. "Ok, ok.. è gelosia" ammise con se stesso "Posso ammazzarlo? Anzi no, non vale la pena finire in galera per uno così... posso torturarlo almeno un pochino? Se solo provo ad immaginarlo che prova a baciarla, che la abbraccia... non voglio nemmeno pensare a dove potrebbe mettere quelle sue luride mani da maniaco. Sì, è un maniaco e ha le mani a ventosa. Qual è la tortura peggiore per un maniaco con le mani a forma di ventosa? Se metti l'olio sulle ventose si appiccicano ancora? Oh... ho capito! Devo immaginarlo come un polipo! Un filo d'olio e via: sulla brace" ridacchiò tra sè "Prova a toccarla e ti faccio fritto, Takomiya san*". La macchina si fermò e la portiera si aprì «Ohi...» Jun salutò a mezza voce prima di accomodarsi sul sedile
«Matsujun, ti piace il polipo fritto?» domandò Sho
«Sho kun, ti prego. Sono solo le due, perchè devi cominciare a vaneggiare così presto anche la domenica?» sbuffò l'amico di cattivo umore
«Dico sul serio! Sto cercando un modo per togliermi Takomiya san dai piedi» rispose l'altro
«Takomiya san?» domandò aggrottando le sopracciglia mentre si raggomitolava nell'angolino contro la portiera
«E poi... e poi sono le due, ma del pomeriggio!»
«Sì, ma è domenica. Una domenica in cui non ho nemmeno le riprese da fare. Se ne deduce quindi che io avrei potuto dormire quanto mi pareva e tu lo sai che in questi casi dormo fino alle sei»
«Sì: ceni e torni a dormire. Non ti ruberò molte ore di sonno dai» cercò di difendersi
«Quattro tutte. Mi devi quattro ore di sonno e ora fammi il favore di stare zitto finchè non siamo arrivati, così magari potrai diminuire il tuo debito a tre ore» concluse secco Jun girandosi dalla parte del finestrino e chiudendo gli occhi. Sho non se ne preoccupò troppo: l'amico la domenica era sempre intrattabile, anche quando dormiva quanto voleva. Pure lui si mise comodo sul sedile, cercando di rilassarsi mentre viaggiavano: ci avrebbero messo un po' ad arrivare a casa di Erina.
"Va bene, basta scemate. Cerchiamo di essere seri. Sono geloso, ma non voglio ammetterlo con lei o rischierei di espormi troppo. Però è anche vero che le devo una spiegazione, che voglio scusarmi o non saremmo in viaggio ora. La domanda fondamentale è: come scusarsi senza che lei sappia il vero motivo per cui mi sono infastidito?" si picchiettò il mento con l'indice e rimase in profonda meditazione per qualche minuto. «Oooh al diavolo!» esclamò dopo un po', non riuscendo a trovare risposta alla sua domanda
«Tormentati in silenzio!»fece acido l'amico al suo fianco
«Scusa...» sospirò Sho sconsolato.
Quando arrivarono all'appartamento di Shimokitazawa, però, scoprirono che non c'era nessuno. Sho scampò al linciaggio da parte di Jun solo grazie ad una vicina che li trovò sul ballatoio davanti alla porta d’ingresso dell’abitazione: li avvisò che le inquiline erano giocatrici professioniste (cosa che però già sapevano) e che quel giorno erano via per una partita. Fortunatamente pareva essere una vicina invadente con i condomini, quindi sapeva dire loro la città in cui erano andate, così, dopo un'altra mezz'ora di macchina, raggiunsero Mitaka, che era pressappoco dalla stessa parte della città, ad ovest. Impiegarono un po' a trovare il palazzo dello sport in cui si teneva la partita e quando stavano entrando Sho si rese conto che più si avvicinava il momento di vederla, meno aveva voglia di affrontarla. Aveva ragione ad essere arrabbiata e al solo pensiero di come lo avrebbe potuto guardare si sentiva sempre più mancare il coraggio: averla nuovamente davanti a sè, così bella, ma così piena di rabbia nei suoi confronti sembrava una scena orribile che certo non desiderava vedere. Ci rifletteva su da un po' e continuava a dirsi di farsi forza e andare avanti con il suo piano, nel frattempo formulava un modo per cominciare il suo discorso e tentare così di scusarsi ed evitare tutte le spiacevoli reazioni possibili che aveva ipotizzato. Se ne stava seduto sul suo seggiolino di plastica sugli spalti del palazzetto dello sport e la guardava giocare e muoversi in campo: come sempre era la più chiassosa, gridava a destra e a manca e saltellava ovunque. Rimase incantato a fissarla per un po'. “Forse dovrei essere sincero e fare pochi giri di parole: sei mia, sono geloso di Takom… Fujimiya san e non voglio che altri uomini ti guardino come faccio io… no così non va bene, è troppo diretta, mi vergognerei da morire e non credo avrei mai il coraggio. Piuttosto potrei dirle che mi piace e che ho risposto male perché ero geloso del suo collega”. Storse il naso vedendo che le avversarie avevano appena segnato un punto alla squadra di Erina “Potrei, sì, ma non lo farò. Me lo ripeto da un mese, ma continuo a non farlo: se non l’ho fatto prima non lo farò adesso. E la verità è che sono terrorizzato. Più che avere paura della sua rabbia, più che comprensibile, sono spaventato dal suo rifiuto. È già successo una volta… è già successo, non ce la farei a reggere un secondo schiaffo di quel genere” sospirò piano, emettendo un mugolio di stanchezza e sofferenza, quindi si passò le mani sugli occhi. Da anni aveva impressa indelebilmente nei ricordi l’espressione stupita e poi indifferente di Erina quando lo aveva respinto nel viale dell’università, anni prima. Le sue parole non avevano espresso a pieno il disprezzo e lo sconcerto che invece i suoi occhi non erano riusciti a celare. Anche quella volta aveva ragione a non volerlo minimamente calcolare, dati i suoi errori, e certo non poteva dire di essere lo stesso ragazzino pasticcione che meritava una simile risposta, ma temeva lo stesso di riceverla perché dentro di sé la ferita di quel rifiuto era rimasta. Forse con il tempo si era cicatrizzata, com’era normale, ma il dolore di allora lo ricordava bene ed era certo di non voler correre il rischio di riprovarlo. Quella volta, inoltre, non era una cotta da studente: se pure tra sè pensava a lei come se avesse solo preso una sbandata, in realtà sentiva che nel suo cuore era cresciuto un sentimento più serio, più importante, solo che non aveva il coraggio di affrontarlo per paura di prenderne piena coscienza e poi soffrire maggiormente una volta che lei lo avesse scaricato. “Ah… com’è complesso l’animo umano” sospirò tra sé “No, forse sono solo io ad essere così contorto” storse il naso. Immerso in quei profondi pernsieri non sapeva quanto tempo fosse passato quando Jun, alla fine del secondo set, si girò di scatto verso di lui. «Pocari» annunciò
«Eh? Cosa?» domandò preso alla sprovvista, mentre Erina e le sue compagne sparivano dietro una porta sotto gli spalti
«Ho detto "pocari"» specificò l'altro
«Hai sete?»
«Esattamente. Su, andiamo a prendere qualcosa da bere» fece quello alzandosi
«Non sarebbe meglio rimanere qui?» fece, improvvisamente terrorizzato all'idea di poter incontrare la ragazza nei corridoi del palazzetto «Potrebbero... potrebbero rubarci il posto»
«Mi prendi per il culo?» domandò Jun sgranando gli occhi e guardando la desolazione intorno a loro: gli spettatori a quella partita d'inizio campionato erano veramente pochi, le probabilità di vedersi rubato il posto anche. «Muoviti, sfaticato. Prima non ho visto distributori, quindi dovremo cercarne uno e potremmo metterci un po'» scosse il capo sconsolato. Sho si risolse a seguirlo, mestamente: era troppo preso dai suoi pensieri e quindi troppo "debole spiritualmente" per combattere contro i capricci di Jun, senza contare che avendolo trascinato lì contro la sua volontà era in debito con lui. Una parte di sè sapeva di starsi facendo trascinare in giro dall'amico, ma non aveva la forza di fare altro, era assorbito dai suoi pensieri ed anche un po' spaventato: avrebbe parlato con Erina durante quella giornata? Alla fine come sarebbero rimasti? Sarebbe riuscito a scongiurare il peggio e a riparare ai danni? Oppure sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti?
Constatato che non c'erano distributori al primo piano, dal quale si accedeva agli spalti, scesero al piano terra. C'era parecchia gente lì fuori in attesa della partita che ci sarebbe stata subito dopo e non videro alcuna macchinetta. Dopo un po' di ricerche a vuoto l'amico fece uno scatto rapido, prendendolo per il braccio, e lo trascinò lungo un corridoio semi deserto, camminando speditamente come se sapesse dove andare. «Ehi Matsujun, senti... qui non possiamo stare mi sa» farfugliò Sho, rendendosi conto che forse erano in una zona riservata quando vide uno dello staff comparire all'inizio di quello stesso corridoio. Non si era accorto di loro che erano passati in un momento in cui era distratto. «Ma ci sono distributori per di qui? Dove stiamo andando?» domandò ancora Sho, confuso «E il distributore?» insistè quando Jun lo portò in uno spogliatoio vuoto
«Dici che qui non c'è?» fece lui guardandosi intorno con poca convinzione
«Matsujun? Ma stai bene?» davanti a quella scena assurda Sho sentì di star riacquistando coscienza di ciò che gli succedeva. Lasciò da parte i suoi dubbi e osservò sconcertato l'amico che si guardava intorno, dove era chiaro che non avrebbero trovato un distributore. Però, pur continuando a dire che era lì, non lo cercava con convinzione. Era un atteggiamento assurdo. Sho fece per prendere aria e cominciare a dirgli qualcosa che lo riscuotesse, quando la porta dello spogliatoio si aprì alle sue spalle. In un primo secondo riuscì solo a pensare "Ci hanno beccato", ma subito dopo si girò e vide proprio Erina trascinata nella stanza dalla sua amica. «Ehi! Qui non possiamo entrare!» protestava in quel momento. Sho la osservò: si sentiva sorpreso anche se non aveva motivo di esserlo -era lì per quello, quindi prima o poi si sarebbero incontrati- eppure l'atteggiamento inspiegabile di Jun lo aveva distratto per qualche attimo e proprio in quel momento... lei era apparsa, cogliendolo alla sprovvista. Non trovò la forza di squadrarla, e normalmente lo avrebbe fatto dato che gli piaceva vederla con quella divisa. «Bene, io e Matsumoto san abbiamo qualcosa di cui parlare, quindi voi due rimanere qui e fate la guardia!» esordì Tomomi. Sho la guardò aggrottando le sopracciglia "Sono io che mi sto rincretinendo e non capisco più niente? O sono gli altri oggi ad essere un po' più imbecilli del solito?" si domandò perplesso. «La guardia a cosa?» domandò quindi
«A... al... alla Hoshi no Tama, come due Kitsune» fu la risposta, poco intelligente, che gli venne data «Ecco sì. Andiamo?». Prima di poter replicare a quella risposta incomprensibile si sentì dare una pacca sulle spalle dall'amico: Jun lo superò e raggiunse il fianco della donna che aveva appena sparato assurdità. «Ragazzi, avete circa venti minuti quindi, vi supplico, sfruttateli. Noi non ve ne ruberemo altri» concluse con un sorrisino mentre si avviava verso la porta. “Quel cretino! Era tutta una trappola architettata da lui e da Nomura san? E quando si sono accordati?!”. Nel seguire l'uscita degli altri due vide che Erina osservava la rapida fuga dell'amica lanciandole uno sguardo d'angoscia: sembrava dirle "non lasciarmi qui sola con lui". Sho si morse il labbro inferiore "Ecco... è quello. E' quello uno degli sguardi che non avrei mai voluto facesse" piagnucolò tra sè.

Le era bastato vederlo per cominciare ad arrabbiarsi. Sentiva il cuore che cominciava a battere più velocemente e per una volta, davanti a Sho, non era per via del suo meraviglioso aspetto o della sua voce che la stregava ogni volta. Stavolta era pura rabbia: poteva essere innamorata di lui fino a sentirsi schizzare il cuore fuori dal petto ogni volta che stavano vicini, ma conservava molto gelosamente il suo amor proprio e non ci stava a farsi trattare come lui aveva fatto qualche giorno prima. Da quando era successo continuava a rimuginarci su e più ci pensava più si arrabbiata, più si arrabbiava più rimpiangeva di non avergli urlato in faccia un paio di insulti in più a quelli che già aveva pronunciato. La sua metà giapponese l'aveva trattenuta, ma ultimamente sentiva di voler dare retta alla parte di sè che proprio non voleva saperne della compostezza asiatica.
«Ciao» salutò mestamente il ragazzo quando si chiuse la porta. Era chiaro che era venuto fin lì per scusarsi e infondo Erina apprezzava il gesto, ma non riusciva a dimostrarsi amichevole quindi non rispose al suo saluto: incrociò le braccia e rimase zitta a fissare l'angolo di un armadietto dello spogliatoio, cercando di mantenere un viso neutrale. «Sei arrabbiata, vero?» domandò piano Sho, ma ancora una volta non avrebbe avuto risposta. «Ho... ho capito. Non hai voglia di parlare con me, posso capire» lo vide annuire piano e abbassare lo sguardo, pensieroso «Allora parlo io. Ecco.. sì. Dunque sono venuto qui per scusarmi» si inchinò leggermente «Ho sbagliato insomma. Ho davvero esagerato l'altra volta e me ne scuso. Non avevo alcun diritto di risponderti con quel tono. E poi... ecco... lungi da me voler accampare scuse -ho sbagliato e basta- ma posso almeno spiegare la mia reazione come... beh... eravamo nel pieno del lavoro. Lo sai anche tu no? Siamo sempre un po' di corsa, quindi capita il giorno in cui tutta la frenesia si trasforma in stress o insofferenza. Sei capitata nel momento sbagliato, diciamo. Certo, non avevo comunque il diritto di scaricare la mia frustrazione su di te che non c'entravi nulla, io...» finalmente fece una pausa dopo tutto quel fiume di parole. Erina si decise a guardarlo in faccia "Sono tutte balle o è la verità? Giornata stressante? E' mai possibile sia stato solo questo?". «Io non capivo perchè mi chiedessi di Matsujun.. voglio dire» aveva ripreso a spiegarsi, ma sembrava improvvisamente più confuso e meno deciso di prima «Dopo che mi hai parlato del collega hai preso a parlare di Matsujun e io... io non so, non ci ho più visto ecco. Ma mi dispiace, dico sul serio, non avrei...»
«Perchè?» domandò di getto la ragazza
«Eh?» Sho fu spiazzato da quell'improvvisa interruzione. Si guardarono negli occhi. «Perchè hai sfogato la tua rabbia dopo che ho parlato di Fujimiya san e Matsumoto san?» insistè "E' gelosia? Sei geloso, dillo"
«Io...» farfugliò confuso: sembrò rendersi conto in quel momento della frase che gli era appena sfuggita. «Non lo so. Non saprei... forse perché mi chiedevi di Matsujun ma lui era lì e allora... allora dato che ero stressato mi ha dato fastidio parlarti di lui quando potevi andare a parlargli direttamente. Non saprei dire, io...» lo vide deglutire e sentì la voce morirgli in gola. Erina respirò profondamente "Pensaci bene, puoi ancora salvarti: aggiungi qualcosa, dimmi la verità e non sarò più arrabbiata. Ma hai una sola altra possibilità. Una". Tornò a guardare l'angolo dell'armadietto e rimasero in silenzio qualche secondo prima che Sho riprendesse «Vorrei solo che tu capissi che...» cominciò a dire, ma era la risposta sbagliata. «Sta zitto» lo interruppe spazientita
«Scusa?»
«Vorresti che io capissi? Stai a sentire cos’è che vorrei capire io. Vorrei capire, Sakurai san, cosa c'è tra noi» pronunciò con voce chiara mettendo le mani sui fianchi «Perchè proprio non ce la faccio più. Cosa è successo prima? Un ragazzo bello e intelligente si innamora di me, ma essendo un'imbecille che cambia ragazza come cambiasse la camicia io lo rifiuto perchè non è il tipo di relazione che cerco. Anni dopo lo rivedo -ancora più bello, intelligente e brillante- e sembra aver messo persino del sale in zucca: ha le idee chiare, è una persona onesta, dedita al proprio lavoro e decisamente più seria in campo sentimentale di quanto non lo fosse una volta. Parlo con lui che mi dice di dimenticare il passato. Quella è la prima delusione: penso che voglia che io dimentichi la sua confessione, quando in realtà io non voglio farlo perchè sono completamente conquistata da lui e mi chiedo se ciò che provava un tempo sia ancora da qualche parte nel suo cuore. Dopo un po' il malinteso è chiarito, lui voleva solo che io dimenticassi come si era comportato in passato. Il dissapore sembra appianato e noi due possiamo ricominciare da capo: sembra l'occasione giusta per sondare i suoi sentimenti e conquistarlo, ma a quel punto si presenta una nuova ragazza. Seconda delusione: sembra essere una vecchia fiamma e solo dopo giorni di dubbio si chiarisce anche questo malinteso. Tutto sembra finalmente prendere una piega meravigliosa. Mi segui?» domandò improvvisamente, ma riprese subito a parlare senza aspettare risposte «Io e il meraviglioso uomo che sto imparando a conoscere stabiliamo un rapporto splendido: chiacchieriamo come buoni amici, scherziamo, ci prendiamo in giro, lavoriamo con serietà fianco a fianco e poi sembriamo quasi baciarci durante un incidente in ascensore. Dopodiché lui mi invita ad uscire -anche se con amici al seguito- e in quella sera, di nuovo, non ci baciamo per un soffio. Insomma... converrai che a questo punto è lecito che io pensi che lui provi qualcosa per me, o no? Eppure lui non fa una piega. Anzi, peggio ancora! Appena mi rivede, dopo quella romantica serata, invece di lanciarmi qualche segnale positivo mi dà addosso, sembra odiarmi e non volermi più vedere, dandomi la terza delusione di tutta questa avvincente storia. Beh la sai una cosa? Non c'è due senza tre, ma alla terza mi hai proprio stufato!» esclamò. Man mano che era andata avanti a parlare il tono della sua voce si era alzato gradualmente ed era arrivato ad avere una piega isterica particolarmente acuta sul finale. Più raccontava tutto ciò che era successo più Erina si sentiva stanca di quella situazione. «Ho interpretato male io e in realtà non provi nulla per me? Ho sbagliato a pensare che fossi diventato un uomo più serio e con me ti sei solo divertito? Non ne ho idea. So solo che sono stufa, stufa, stufa di questo continuo fraintendere, di avere valanghe di dubbi, di non sapere cosa dire o come interpretare. Allora basta, voglio che questa situazione si chiarisca una volta per tutte e se non sarai tu a fare qualcosa perché ciò accada allora sarò io. Quindi sappi che a questo punto non riesco più a capire i tuoi sentimenti, ma per quanto riguarda i miei beh... io mi sono innamorata di te» si dichiarò stringendo le mani a pugno per farsi coraggio ed andare avanti qualsiasi cosa succedesse «E voglio essere sicura che tu abbia capito: in-na-mo-ra-ta, Sho! Di te!» spiegò chiaramente puntandogli contro l’indice «Mi piace sentirti ridere, mi piace sentire le tue mani che mi sfiorano, osservarti quando leggi assorto un giornale o le tabelle di marcia del lavoro, quando vai a prendere qualcosa da bere e mi porti la mia bevanda preferita sulla scrivania con un sorriso tanto bello da sentirmi sciogliere. E poi mi piace quando arrivi dal lavoro che sei ancora in giacca e cravatta oppure quando ti vesti casual e magari hai sbagliato ad allacciare i bottoni della camicia per la fretta con cui ti sei cambiato in macchina venendo dal set. È bello vederti parlare di lavoro perché hai sempre l’emozione e la voglia di fare dipinta sul viso, non importa che siano le otto del mattino o le cinque di pomeriggio. Mi piace lasciarti messaggi sui fogli del lavoro, mi emoziono ogni volta che mi scrivi una mail, anche se è solo per parlare di lavoro» trattenne il respiro per qualche secondo, sentendo che si stava per mettere a piangere tanto era forte la sensazione di leggerezza che stava provando man mano che esprimeva tutto quello che provava. «Avrei voluto essere baciata da te in ascensore quel giorno e anche se non ci siamo riusciti nemmeno durante quella serata al locale ero felice. Felice, Sho, e per tutto il resto della serata mi sentivo scoppiare il cuore tanta era l'emozione: ero convinta che quella fosse la prova inconfutabile, senza bisogno di parole, che tu ricambiavi i miei sentimenti...» sospirò cercando di calmarsi. Si era lasciata trascinare dalle emozioni, non se ne stava pentendo, ma aveva paura di spaventarlo con tutta quella sincerità e schiettezza, aveva paura di lasciarsi andare e finire col piangere sul serio e non voleva mostrargli le sue lacrime qualsiasi cosa succedesse. «A quanto pare non è così. Non mi ricambi o forse dire tutto chiaramente è l’unico modo perché non ci siano malintesi».
Serrò le labbra e respirò profondamente. Si era appena dichiarata a Sakurai Sho: l'idol nazionale, uno degli uomini più sexy del paese, dei più desiderati da moltissime donne, indifferentemente dalla loro età. Per alcuni anni Sho era stato un compagno d'università relativamente famoso, poi per tantissimo tempo anche per lei era diventato solo una star, un'immagine lontana di un uomo splendido e irraggiungibile. Eppure da quando si erano rivisti era tornata a percepirlo come una persona qualsiasi: come se fosse ancora il vecchio compagno con cui molti scherzavano nei giardini dell'università, con la differenza che in quel momento era il brillante collega (ma anche datore di lavoro a volerla dire tutta) con cui divideva l'ufficio. Si era resa conto di essersi dichiarata ad un icona nazionale, ma ciò che aveva espresso erano semplici sentimenti per un uomo con cui -nei momenti in cui non litigavano per via di stupide incomprensioni- stava sempre meravigliosamente bene.
“Beh? Si è morso la lingua?” nonostante tutto quel discorso, la faccia di Sho era indecifrabile e poi ancora non si decideva ad aprire bocca “Parla! Dì qualcosa! Arrivati a questo punto penso mi andrebbe bene anche un rutto” pensò sconsolata Erina. «Eri chan!» esclamò qualcuno entrando di colpo nello spogliatoio. Entrambi sobbalzarono spaventati. «Yìng! Fàshēng le shénme?!**» esclamò Erina a metà tra l'isterico e l'arrabbiato "Per la miseria, la partita! Me n'ero totalmente dimenticata!"
«In campo, dobbiamo cominciare il terzo set: mancate solo tu e Tomomi, si può sapere cosa vi salta in mente?» spiegò la cinese tenendo aperta la porta e facendole segno di sbrigarsi. Qualcuno in corridoio stava strillando per richiamare l'altra giocatrice mancante. "Cosa... perchè adesso? Perchè deve sempre succedere qualcosa nell'attimo più importante: che cosa ho fatto per scegliere sempre il momento sbagliato?” si lamentò mentalmente “No. Non posso andarmene ora. Io voglio una risposta. Io esigo di sapere cosa prova lui". «Si, adesso...» fece per dire alla coinquilina
«Niente "sì, adesso". Ora. Muoviti» comandò quella. Con un sospiro Erina si girò verso Sho, fece un inchino rapido ed uscì dallo spogliatoio. «Dove ti eri cacciata? Dovevamo essere in campo due minuti fa! Vuoi perdere a tavolino?» chiesero le compagne
«Sì, sì... io.. scusatemi» rispose mestamente prima di seguirle per andare in campo.

Era arrabbiata. No, furiosa. «Tu» richiamò il ragazzo davanti a sè che, da imbambolato com'era a fissare la porta, girò gli occhi a fissarla. «Dici a me?» domandò frastornato
«In questi mesi l’ho vista cambiare umore spesso: confusa, felice, triste. Qualche sera fa sembrava toccare il cielo con un dito, poi me la vedo tornare a casa con un diavolo per capello e ha passato tutta la serata a piangere, ad insultarti e ad insultarsi» gli spiegò con tutta la calma possibile, cercando di trattenersi «Sono d'accordo con lei: sei un imbecille e un egoista. L'hai presa in giro per il tuo divertimento?»
«Tu.. sai chi sono?» domandò ancora lui, stupito
«Cosa c’entra?! Certo che so chi sei!» esclamò spazientita «Eri-chan è fan degli Arashi da prima che la conoscessi e poi le vostre facce sono ovunque in questa città: ti ho riconosciuto da quando sei venuto a casa nostra una sera, qualche mese fa»
«Cavoli, parli bene il giapponese. Però hai ancora l'accento straniero: da quanto sei in Giappone?»
«Ma cosa te ne frega? Ehi, mi ascolti?!» ribattè irritata «Ti sto dicendo che non mi piaci! Non mi piace il tuo comportamento con Eri chan e sono stufa di vederla soffrire!!»
«Ci hai interrotti apposta» fece il ragazzo, realizzando solo in quel momento, la rabbia che emanava la cinese
«Sì» rispose lei anche se non era una domanda quella di Sho «E ti giuro che non la farai più soffrire». Detto questo girò sui tacchi e andò rapidamente a riunirsi alle compagne di squadra. «Ehi voi due!» esclamava Tomomi in quel momento, rivolgendosi a Sho e ad un altro ragazzo nel corridoio. Ying non si fermò ad ascoltarla, passò oltre di modo da avviarsi verso il campo. Non sapeva minacciare la gente in giapponese, aveva solo usato una frase che sentiva ogni tanto nei telefilm alla televisione: forse era un po' teatrale, ma era più o meno ciò che voleva fargli capire.
Sapeva che Erina, come tutti, avrebbe avuto delle delusioni nella sua vita, ma secondo lei c'era un limite, un limite oltre il quale non poteva sopportare di vederla soffrire e piangere: Sho aveva raggiunto quel limite? Forse sì, in ogni caso era certa che spaventarlo a quel modo era stata una cosa utile a lui, ma anche a se stessa: la sua faccia sconcertata, quando lo aveva minacciato, era stata una bella soddisfazione.

*"tako" in giapponese significa "polipo"
**樱!发生了什么?= Ying! Cosa succede?


Finalmente! la scorsa settimana era la settimana delle ff. Sto alternando una settimana ff e una traduzione. Due settimane da ho finalmente finito di tradurre il Training Camp e ho cominciato il Pamphlet del Beautiful World Tour. Entrambi sono stati un successo, ma che fatica! Il giapponese è proprio difficile T_T Inoltre volevo scrivere... scrivere... scrivere! Questa settimana finalmente ho potuto dedicarmici e vi ho scritto ben due capitoli: quello appena letto e quello che segue, il secondo dei cinque spin off che farò. Contente? *_*
ma parliamo prima di questo capitolo: è stato peggio di un parto. Mi è successa la stessa cosa che mi accadde nello scrivere il capitolo del litigio al negozio tra Aiba e Kokoro, a quanto pare mi succede per quei capitoli brutti dove accadono cose che non vorrei accadessero. Non riuscivo a scrivere nè a concentrarmi, sapevo cosa doveva succede ma non mi decidevo a scriverlo. Alla fine l'ho scritto "a cipolla". Prima ho fatto l'inizio (scena in macchina) e la fine (la parte di Ying), in un secondo momento ho fatto il dialogo e solo alla fine ho scritto tutto il contorno. Questa terza fase è avvenuta giovedì pomeriggio in soli 45 minuti mentre avevo un po' di pace in ufficio. Stranamente le dita mi scorrono bene sulla tastiera del netbook che uso per il lavoro...
Non so bene come commentare il contenuto, ma... pare che questa domenica (quella della storia) sia la "domenica della dichiarazione". Prima Tomomi, ora Erina.. la prima però ha avuto la sua risposta, la seconda non l'ha avuta perchè Ying non le ha lasciato il tempo per averla. Una cosa però è certa... adesso Sho SA, inequivocabilmente.

  
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