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Autore: Vals Fanwriter    17/10/2011    11 recensioni
Pubblicato il Cap.21.
Le Ojamajo hanno 17 anni. Aiko un giorno scopre di avere un nuovo compagno di classe: Leon. Quest’ultimo le svela che le figure nere sono fuggite e vogliono vendicarsi sulle ex-streghette. Lui e i suoi amici hanno il compito di proteggerle e imprigionare le creature maligne.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aiko Seno, Altro Personaggio, Doremi Harukaze, Tetsuya Kotake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Together

 

Le Ojamajo hanno 17 anni. Aiko un giorno scopre di avere un nuovo compagno di classe: Leon. Quest’ultimo le svela che le figure nere sono fuggite e vogliono vendicarsi sulle ex-streghette. Lui e gli altri Flat hanno il compito di proteggerle ed imprigionare le creature maligne.

Dove eravamo rimasti? Il piano di Akatsuki e Leon va in fumo, ed il Principe fugge dalla sala del trono, in preda alla disperazione. Hana lo segue e capisce il motivo del suo turbamento, ma non è ancora pronta a metter giù le armi, mentre il ragazzo è convinto di non volerla sposare. Intanto nel Bloody Blossom Doremi e Tetsuya vengono a conoscenza, grazie al vecchio Re del Mondo della Magia, della storia di quel luogo e del fatto che le figure nere potrebbero essere lì. Allo stesso tempo, gli altri hanno modo di sapere le medesime informazioni dalla Regina e si preparano per andare a salvare i loro compagni. Nel frattempo, due figure misteriose vegliano su di loro.

 

~

Capitolo 20

The helpers of the Queen

~

 

 

‹‹It’s been a long time, since I came around,
been a long time, but I’m back in town,
but this time I’m not leaving without you.››

Lady Gaga, Yoü And I

 

 

   Qualcosa sarebbe andato storto. Se lo sentiva, mentre correva per quel corridoio tenebroso, incespicando, di tanto in tanto, nelle fessure del pavimento di pietra.

   Quella missione era in grado di farli sparire per sempre. Bastava un passo falso e nessuno li avrebbe più ricordati; il loro corpo si sarebbe dissolto, prima ancora che potessero accorgersene; avrebbero smesso di sentire, di respirare, avrebbero dimenticato e poi sarebbe stato buio.

   Ma questo era un rischio da correre. Dovevano mettersi in gioco. Solo così loro sarebbero stati salvi.

 

~

 

   Si era fatta ormai sera e Fujo era ancora lì, su quel tetto, nel bel mezzo di Misora. Ad ogni minuto, si sentiva sprofondare nel rimpianto per non aver fatto nulla di buono. Ripensava al timido sorriso di Hazuki e si malediceva per non essere stato lì con lei, in quel momento. Doveva aver avuto una gran paura e probabilmente l’aveva tuttora, e lui era in grado soltanto di versare lacrime inutili, senza riuscire a muovere un passo. Bastava che gli venisse in mente Masaru e tutti i suoi buoni propositi sparivano, dissolti dall’ira e dal dolore. Ma in fondo, lo sapeva: era stata colpa sua. Hazuki non era mai stata convinta della loro relazione. Aveva insistito lui, senza capire che solo una persona poteva renderla veramente felice. Il suo egoismo aveva, per la prima volta, soppresso la parte razionale di sé. Sì, perché era lui quello con la testa sulle spalle tra tutti i Flat, era lui quello che li metteva in riga, perfino con più serietà del Principe stesso; e invece, in verità, lui era soltanto…

   ‹‹Che stupido!›› borbottò, portandosi le mani sulla testa e stringendo i pugni attorno a qualche ciocca dei suoi capelli arancioni, tirandoli un po’, preso da un moto di rabbia indirizzato alla sua codardia; ma si fermò ed allentò la presa dei suoi pugni, quando sentì un fruscio dietro di lui, accompagnato da un’aura magica a lui familiare.

   ‹‹Le…›› cercò di dire, nel voltarsi, però si bloccò.

   I lineamenti dell’individuo, che gli stava alle spalle, erano occultati dal cappuccio di un lungo mantello nero. La persona misteriosa sembrava stesse sorridendo, ma Fujo non abbassò la guardia, pronto a sferrare un qualche incantesimo in caso di pericolo. Si studiarono a lungo, finché il nuovo arrivato non si scoprì il volto con un gesto lento della mano.

   ‹‹Per quanto tempo pensi di rimanere qui a compiangerti, occhan*?››

   Fujo dischiuse le labbra, nel percorrere ogni particolare del viso del suo interlocutore, ma non ebbe il coraggio di dire alcunché.

   ‹‹Credo sia ora di recuperare un po’ di dignità.›› disse l’altro, allungandogli una mano per aiutarlo a mettersi in piedi.

   L’espressione di Fujo non cambiò ed i suoi occhi si spostarono semplicemente sulla mano che gli era stata offerta. Indugiò per qualche istante, poi l’afferrò e i due si dissolsero, in un soffio d’aria vorticante.

 

~

 

   Doremi non aveva mai visto un luogo più tetro di quello. Sebbene i lunghi corridoi dell’edificio fossero immersi nell’oscurità, data la scarsa illuminazione, fornita esclusivamente da alcuni candelabri, posizionati lungo le pareti, la ragazza poteva facilmente individuare degli scheletri di uomini o di animali sparsi sul pavimento, e un brivido non mancava di attraversarle la schiena, ad ogni orripilante visione. Se ne stava vicinissima al suo amico Tetsuya, senza però permettersi di avere un qualunque contatto con lui, di per sé troppo concentrato a seguire ogni azione del vecchio Re che faceva loro da guida. Era ancora troppo nervosa per quella storia, per poterlo perdonare del tutto, e da un lato questo non era propriamente un bene, visto che aveva avuto più volte il bisogno di attaccarsi ad un suo braccio per il terrore.

   ‹‹Fermi.›› sussurrò ad un certo punto il vecchietto, arrestando il passo e facendo sobbalzare Doremi, a causa del suono della sua voce, piombato improvvisamente nel mezzo del silenzio più assoluto. Il Re fece cenno loro di accostarsi lungo il muro ed i due ragazzi obbedirono. Si sentirono dei rumori, come di passi strascicati e poi delle ombre furono proiettate sul pavimento. Doremi, nel vederle, si irrigidì di nuovo, ma stavolta non riuscì a resistere e cercò la mano di Tetsuya con la sua, finché non ne ebbe il possesso. Il ragazzo prese a fissare quella mano che gli stava quasi bloccando la circolazione del sangue, ed arrossì, quando il suo cervello recepì che era di Doremi. Rimase un momento immobile, a rimuginare su cosa gli convenisse fare, poi in un palese tentativo di romantico ardimento, intrecciò le dita con quelle di Doremi, stringendo la sua mano in una morsa rassicurante, mentre il blu dei suoi occhi si fondeva con l’ametista di quelli di lei. Si scambiarono un sorriso ed i brividi di Doremi, in quell’attimo, non furono dovuti più alla paura, ma a tutt’altro.

   ‹‹Quelli lì non la smettono mai di gironzolare.›› borbottò il Re, riportando i due alla realtà, ed in particolare Tetsuya.

   ‹‹Questo posto ce l’ha una prigione?›› chiese infatti il ragazzo, facendo sì che anche la sua compagna si destasse, colpita dall’astuzia che aveva mostrato.

   ‹‹Ovvio che sì.›› rispose il vecchietto, sbirciando nel corridoio adiacente, una volta che le ombre furono sparite ed i rumori cessati, ‹‹Ci rinchiudevo quei bastardi che tentavano di rubarmi il castello… quando ne ero ancora in grado.›› concluse con una certa malinconia nella voce.

   ‹‹Mi piacerebbe vederla.›› disse Tetsuya, cogliendo l’occasione al volo, ‹‹Magari potrebbe raccontarci delle torture che infliggeva ai suoi nemici.››

   Il vecchio Re fissò prima il ragazzo, con un certo interesse, poi spostò gli occhi su Doremi, increspando le labbra nel notare le mani dei due ragazzi strette tra loro: ‹‹Interesserebbe anche a te, signorina?›› le domandò, mentre un sorriso sghembo tornava a rinvigorirgli il volto.

   Doremi annuì e il suo sguardo ammirato si tramutò in un sorriso di circostanza.

   ‹‹Allora andiamo.›› disse il vecchio, iniziando ad incamminarsi; e non ci volle molto perché raggiungessero le segrete del castello, dopo che ebbero trovato una rampa di scale, che Tetsuya osò definire interminabile. Laggiù, c’erano una serie di inferriate che delimitavano le varie prigioni. L’aria era umida e fredda, e la luminosità era ancora più scarsa. Doremi e Tetsuya osservarono ogni singola prigione, tentando di identificare Hazuki tra i vari occupanti. C’erano davvero tanti criminali rinchiusi lì, e i due furono più volte sul punto di gettare la spugna, finché in fondo ad un lungo cunicolo, non riconobbero i capelli ambrati di Hazuki, che scintillavano alla luce di una candela, a qualche metro da lei. Aveva delle catene di ferro ai polsi, teneva la testa ripiegata in avanti, contro le sue ginocchia, accovacciata com’era in un angolo di quell’angusto spazio. Doremi lasciò la mano di Tetsuya e si precipitò verso l’amica, afferrò le sbarre che la separavano da lei e le scosse con forza, sperando quasi che quel gesto bastasse a liberarla. Hazuki alzò il capo, nell’udire il rumore del ferro raschiare contro la parete di pietra, e per un attimo sorrise sollevata, nel vedere l’amica lì.

   ‹‹Doremi, Tetsuya…››

   ‹‹Non preoccuparti, Hazuki. Ora ti tiriamo fuori.›› disse Doremi, frugandosi nelle tasche dei jeans, ma l’espressione di Hazuki si era già mutata in orrore.

   ‹‹No… Andatevene… Dovete… Vi cattureranno…›› balbettò debolmente, tirando con le braccia le catene che la relegavano, ad ogni frase pronunciata, ‹‹Vi prego… Fuggite…››

   Doremi tirò fuori il suo cristallo.

   ‹‹Non farlo!›› urlò Hazuki, puntando gli occhi sul bagliore rosa tra le mani di Doremi.

   ‹‹Ci penso io. Piri…››

   Ma si interruppe. Qualcuno le aveva strappato il cristallo di mano.

   Hazuki abbassò di nuovo il capo. Era troppo tardi.

   La ragazza dai capelli rossi si voltò e inchiodò lo sguardo al vecchio Re, che stringeva tra le mani il cristallo magico, sogghignando.

   ‹‹Perdonami, signorina.›› disse, arretrando lentamente, mentre una serie di ombre prendevano il suo posto, facendo sparire la poca luce che irradiava quel luogo, ‹‹Come ti ho detto, farei di tutto per poter sopravvivere.››

   Le ombre presero forma pian piano, fino a circondare completamente Tetsuya, Doremi e Hazuki. Uno sciame di figure nere era pronto per attaccare, ma era come se attendessero ordini. Dietro di loro infatti apparve un altro personaggio; quest’ultimo però possedeva sembianze umane, e non era molto più giovane del vecchio traditore.

   L’anziano Re si inginocchiò al cospetto del nuovo arrivato e gli porse il cristallo rosa.

   ‹‹Ben fatto.›› disse, mentre Doremi contemplava il viso del boss delle figure nere, scioccata.

   Lo conosceva… Eccome se lo conosceva. Sebbene il suo aspetto sembrasse più senile, rispetto al ricordo che aveva di lui, riuscì comunque a sovrapporre l’immagine attuale a quella passata. I capelli e i baffi neri erano diventati grigi. Gli occhi viola, inflessibili, erano gli stessi di allora. Ebbe un tuffo al cuore, nel ricordare che quell’uomo era stato la causa di una guerra inutile, tanto tempo prima, la causa di litigi ed incomprensioni.

   ‹‹Il Conte Ojijide…›› sussurrò Doremi e quel nome attirò l’attenzione di Tetsuya, che la squadrò curioso.

   ‹‹E così ci rincontriamo Majo Doremi.›› esclamò l’uomo, ‹‹Ma ho paura che questa sarà l’ultima volta.››

   Le figure nere iniziarono ad avanzare verso di loro. Doremi era immobilizzata, non sapeva che fare. Si disse che probabilmente era giunta la sua ora, ma una folata di vento la indusse a ricredersi. Si era materializzata un’altra persona, la stessa che li aveva salvati nel Nulla. La riconobbe dal mantello scuro che portava e dal bagliore rosa proveniente dalla sua mano. Un incantesimo non si fece attendere e qualche figura nera si accasciò al suolo, per poi venire risucchiata dallo specchietto simile a quello del Principe Akatsuki, che la loro salvatrice non mancò di utilizzare. Le altre creature arretrarono un po’, intimorite dal trattamento che era stato riservato alle proprie compagne, mentre il loro capo avanzò di un passo.

   ‹‹Sospettavo che saresti arrivata. Sei sempre pronta a mettermi i bastoni tra le ruote, ovunque io sia.›› disse Ojijide, ‹‹È stata la Regina a mandarti, vero?››

   ‹‹Esatto.›› gli rispose la ragazza misteriosa.

   ‹‹E sei qui da sola? Hai del coraggio da vendere… come tuo padre, del resto.››

   ‹‹Immagino di sì.››

   Fu uno scambio di battute apparentemente tranquillo ma, durante il quale, i due continuarono a studiarsi a vicenda, cercando addirittura di non battere le palpebre e, di conseguenza, rimanendo concentrati sulla persona che avevano davanti. La tensione era palpabile e Doremi e Tetsuya non si mossero di un millimetro e non persero nemmeno una parola di ciò che si dicevano i due.

   ‹‹Suppongo, dunque…›› riprese l’altro, mostrando la sua mano sinistra aperta, nella quale, in poco tempo, apparve una sfera violacea luminosa, ‹‹che risulterebbe un problema se ora io li uccidessi.››, e la sua mano scattò, lanciando quella sfera.

   Accadde tutto velocemente: la ragazza col mantello si voltò verso Tetsuya e Doremi – indubbiamente erano loro il bersaglio – e si tuffò su di loro, facendogli perdere l’equilibrio; ma, prima che toccassero terra, erano già spariti.

   Ojijide richiuse la mano e la sfera si dissolse, prima che sfiorasse le inferriate che imprigionavano Hazuki; quest’ultima aveva serrato gli occhi per la paura ed ora sospirava di sollievo, più per il fatto che i suoi amici fossero stati tratti in salvo, che per sé stessa.

   ‹‹Sono scappati.›› esclamò il vecchio Re, con uno strano conforto nella voce.

   ‹‹Già… Ma ora so per certo quale sia il suo punto debole.›› sogghignò l’altro, mentre il vecchietto aggrottava le sopracciglia. Avrebbe voluto soltanto rubare quel cristallo per darlo a chi teneva teso il suo filo della vita, pronto a tagliarlo non appena gli fosse apparso superfluo. Non credeva di certo di dover consegnare, con esso, altri tre fili. Era stato un Re malvagio, restio dall’accettare l’esistenza degli esseri umani ed il potere nelle mani delle streghe, ma col passare degli anni, in quell’esilio, aveva capito che non gli importava più.

   Ora però non dipendeva da lui. Ora non aveva il potere di decidere per gli altri e comandare. Ora poteva soltanto sperare.

   ‹‹È il momento di scoprire un po’ di carte.›› concluse Ojijide.

 

~

 

   Tetsuya, Doremi e la ragazza misteriosa ricomparvero all’improvviso in un corridoio, a mezz’aria, come prima di sparire dalle segrete, per poi rovinare sul pavimento di pietra, vittime della forza di gravità. Quando Doremi si rese conto di essersi miracolosamente salvata, la ragazza misteriosa le stava lunga distesa addosso, mentre Tetsuya era a mezzo metro da loro e si era già messo a sedere. Dato l’impatto, il cappuccio dell’aiutante della Regina era scivolato via dal suo capo ed ora Doremi e Tetsuya contemplavano scioccati la montagna di capelli rosa, leggermente arruffati, che prima esso nascondeva.

   Itsumi si alzò, lasciando libera Doremi, senza rendersi realmente conto che la sua identità era stata scoperta, ma le bastò una sola occhiata ai due ragazzi, per rendersi conto che poteva smettere di fingere. Deglutì un attimo, mentre la ragazza dai capelli rossi cercava di dire qualcosa indicandola con un indice, ma lei la interruppe, dicendo: ‹‹Sì, sono io.››

   ‹‹Tu!?›› riuscì a rispondere Doremi, tirandosi su e appoggiandosi sui gomiti, prima che l’altra ricominciasse a parlare a raffica.

   ‹‹Mi manda la Regina. Mi sono trasferita nella vostra scuola solo per tenervi d’occhio.›› spiegò, mentre le facce dei suoi interlocutori risultavano sempre più sorprese – quella di Doremi sempre più astiosa, ‹‹E no! Quella volta non stavo flirtando con Tetsuya, anche perché sarebbe stato…›› fece una smorfia, nello squadrare il viso del ragazzo, ‹‹Oddio, non voglio nemmeno immaginare come sarebbe stato!››

   A quella frase Tetsuya assunse un’espressione offesa, ma non riuscì ad esprimere il suo sdegno come voleva, perché quella continuò: ‹‹Quindi, caro Tetsuya, frena eventuali film mentali.››, poi tornò a rivolgersi alla rossa, ‹‹E sì, Doremi, sono davvero inciampata, scivolata o quel che era, quindi, per favore, perdona questo poverino!›› e indicò il ragazzo con un gesto teatrale della mano.

   Doremi rimuginò un momento su quell’ammasso di parole, piombato tutto insieme, poi si alzò in piedi e si girò a fissare Tetsuya, con un’aria imbronciata; e quasi poté vedere un’aureola galleggiare sulla sua testa, data l’espressione innocente che stava mostrando, cosa che, nei limiti del possibile, la innervosì ancora di più.

   ‹‹Ma tutto questo lui non lo sapeva.›› borbottò lei, utilizzando quell’informazione come una prova schiacciante e, di conseguenza, fulminandolo con lo sguardo.

   ‹‹Dobbiamo litigare anche ora?›› le domandò Tetsuya, issandosi anche lui ed avvicinandosi alla rossa, mentre Itsumi si scaraventava una mano sulla faccia, pronta all’ennesimo battibecco.

   ‹‹Okay, time out!›› intervenne, prima della catastrofe, ‹‹Penseremo dopo a queste cose, ora devo portarvi fuori dal castello. Siete senza alcuna protezione magica. È inutile che voi restiate.››

   ‹‹Cosa?›› fece Doremi – il suo cervello aveva finalmente accantonato Tetsuya ed era tornato a pensare al vero motivo per cui era lì, ‹‹Io non me ne vado. Hazuki è in pericolo ed io devo salvarla.›› e prese ad incamminarsi, diretta non si poteva sapere dove, ma Itsumi la fermò, afferrandole un braccio.

   ‹‹Ascolta. L’unica cosa che saresti in grado di fare, ora come ora, è farti ammazzare. Dammi retta, ne va della tua e della mia vita… e non chiedermi altro!››

   Doremi aggrottò le sopracciglia, i suoi occhi fermi in quelli di Itsumi, a sostenere il suo sguardo con testardaggine.

   ‹‹Devo andare da lei.›› disse.

   ‹‹Non credo sia necessario.›› irruppe una voce maschile.

   Itsumi si voltò, certa di aver riconosciuto il timbro del nuovo arrivato.

   ‹‹Finalmente sei qui, Yuri! Dove cavolo sei stato?››

   Un ragazzo era apparso dal nulla. Aveva dei capelli biondi, corti, ad eccezion fatta di una ciocca più lunga dietro la nuca, gli occhi di un blu scuro e l’aria da grand’uomo sicuro di sé.

   ‹‹Scusa il ritardo, ma ho dovuto fare un paio di tappe intermedie.›› le rispose, mostrando loro con un gesto della mano la persona che aveva al seguito. Fujo portava in braccio Hazuki, svenuta.

   ‹‹Hazuki-chan!›› chiamò Doremi, con le lacrime agli occhi, avvicinandosi a lei. Sfiorò con la punta delle dita una guancia dell’amica e sorrise, poi riassunse uno sguardo severo e lo inchiodò a Fujo.

   Quest’ultimo non le diede nemmeno il tempo di parlare, perché disse: ‹‹Perdonami, Doremi. Sono stato distratto… Non volevo che le succedesse questo.››

   A quelle parole sul viso di Doremi apparve un accenno di sorriso.

   ‹‹Non pensarci… È passato.››

   Importava soltanto che lui fosse tornato per salvarla. Questo valeva più di mille scuse.

   ‹‹Aspettate un attimo.›› intervenne ad un certo punto Tetsuya, ‹‹Se tu sei una strega›› ed indicò Itsumi, ‹‹allora tuo fratello è un mago.››, per poi spostare l’indice su Yuri.

   ‹‹È così.›› rispose Yuri, con un sorrisone.

   ‹‹Anche se lui non è veramente mio fratello.›› obbiettò Itsumi, imbronciata.

   ‹‹Quindi non avete lo stesso cognome.›› si illuminò Doremi, al che i due iniziarono a sudare freddo.

   ‹‹O magari “Sano” non è il cognome di nessuno dei due.›› riprese ad ipotizzare Tetsuya.

   ‹‹La piantate? Non sono affari vostri!›› urlò la ragazza dai capelli rosa, mentre le guance le si tingevano di rosso per la gaffe che aveva fatto.

   ‹‹Colpa tua. Dovevi per forza specificare che non eravamo fratelli?›› la incalzò il biondo.

   ‹‹Se fossi veramente mio fratello, mi sarei già suicidata!››

   ‹‹Questo è perché vorresti essere ben altro per me.››

   La frecciatina fece avvampare ancora di più Itsumi, mentre sul volto di Yuri si stagliava un sorriso vittorioso, con tanto di indice e medio della mano destra a formare una V. La ragazza rimase qualche minuto a cercare l’insulto più adatto al contrattacco, punta sul vivo in quella conversazione assurda, ma non ebbe il tempo per formularne uno valido, poiché una spiacevole sensazione la attanagliò. Nello stesso istante, anche Yuri sembrò irrigidirsi, colto da uno strano brivido.

   ‹‹È vicino.›› disse sovrappensiero, scrutandosi attorno con circospezione, ed inspiegabilmente anche Doremi avvertì qualcosa, come una presenza, e fu quasi certa che Ojijide fosse nei paraggi. Li aveva seguiti forse, eppure lei non lo vedeva. Osservò ad uno ad uno, ciclicamente e febbrilmente, tutti gli spiragli da cui il mago poteva apparire, ma fu tutto vano, non comparve.

   Tuttavia quella presenza presto si concretizzò con una voce, quella dello stesso mago, ed era come se rimbombasse nelle loro teste, come se lui non fosse materialmente lì, ma potesse ugualmente parlar loro.

   ‹‹Non ho bisogno di sporcarmi le mani per liberarmi di voi due.›› aveva detto Ojijide, facendoli sobbalzare un po’ tutti, in particolar modo Tetsuya, già di per sé poco abituato ad ogni sorta di magia, figurarsi poi ad ascoltare le parole di uno spettro invisibile.

   Itsumi e Yuri sembravano terrorizzati però, quasi quella voce potesse risultare pericolosa soltanto udendola. Continuavano a cercare con lo sguardo la fonte da cui proveniva, sperando di poterla far tacere in qualche modo.

   ‹‹Fatti vedere!›› urlò ad un certo punto la ragazza dai capelli rosa, con la voce alterata dal timore e dal nervoso.

   ‹‹Vi ripeto che non ho bisogno di mostrarmi per distruggervi. In realtà, mi basta un nome.››

   I due ragazzi si immobilizzarono, d’improvviso consci del piano che aveva escogitato il malvagio.

   La Regina li aveva avvertiti più volte. La magia, che avevano acconsentito a compiere per essere lì, era molto rischiosa. Qualsiasi mago o strega evitava quell’incantesimo. Era stata la Regina a proporre loro di farlo, avvisandoli del rischio che avrebbero corso ma, del resto, lo stesso sarebbe accaduto se non avessero accettato. Non avevano avuto scelta.

   In quei secondi, Itsumi pensò ciò e pensò anche che, al momento, non Yuri, ma lei correva quel pericolo; ciò nonostante il tempo non bastò per rendersi conto che anche il ragazzo era terrorizzato dalla prospettiva di perderla, che non gli importava di sé ma di lei. Forse più avanti lo avrebbe capito. Tuttavia quello non era decisamente il momento adatto per indugiarci.

   ‹‹Sbaglio forse?›› continuò Ojijide lentamente, pronto a pronunciare il nome a loro promesso, con estrema chiarezza, ‹‹Majo Itsumi Kotake.››

 

~

 

   Dopo aver varcato la soglia che conduceva al Bloody Blossom ed aver lasciato Majorin a guardia di essa, Aiko, Leon, Onpu, Tooru, Momoko e Pop avevano camminato a lungo per un tunnel fatto di rovi e rose nere, senza trovare ancora uno spiraglio di luce. Tra tutti, Onpu e Momoko sembravano le più intimorite da quel posto, tant’è che se ne stavano entrambe attaccate alle braccia del povero Tooru, che povero poi non si poteva propriamente definire. Avere la star incollata a lui per la paura gli sembrava un sogno, ma altrettanto non si poteva dichiarare per la straniera. Come si suol dire, non si può avere tutto dalla vita.

   Dall’altro lato, Aiko sembrava tranquillissima. Insieme a Pop se ne stava in guardia col cristallo magico stretto in pugno, ma non c’era traccia di paura sul suo volto. Leon aveva provato un paio di volte a portare un braccio attorno alle spalle della sua amata, in un gesto che lui considerava eroico e nobile, ma quella lo aveva scacciato malamente e lui aveva rinunciato nel momento in cui gli aveva urlato: ‹‹Non è il momento, Leon!››, al che si era messo a trascinare i piedi, mogio come un cagnolino ammonito dal padrone.

   Come già detto, non ci volle poco affinché le streghette e i due maghi raggiungessero un punto abbastanza illuminato da poter distinguere qualcosa. Infatti, dopo una ventina di minuti, sbucarono in una vallata spoglia, dalla quale scendeva una scala a chiocciola. In lontananza, si poteva ammirare il castello in rovina ed un sentiero cosparso di foglie secche, ai piedi della suddetta scala, che conduceva ad esso.

   ‹‹A quanto pare dobbiamo scendere.›› suggerì Pop e gli altri annuirono.

   Iniziarono a scendere, gradino per gradino. La rampa sembrava non terminare mai e alle ragazze girava la testa nel percorrere in tondo quei gradini infiniti. Fortunatamente giunsero alla fine della rampa, dopo che Leon aveva espresso la sua disapprovazione per quella struttura con uno sbuffo rumoroso; dopo di che si erano incamminati sul viale di foglie secche, accompagnati dallo scrocchio delle stesse sotto le scarpe.

   Ad una decina di metri dal castello i ragazzi si fermarono, nel notare un anziano signore, vestito di tutto punto, seduto su un vecchio trono. Quello li squadrò con un sorriso sghembo.

   ‹‹Benvenuti nel…›› disse il vecchietto, ma si bloccò quando i cristalli di Aiko e Pop si illuminarono, facendo apparire dal nulla delle mazze da baseball, che le due afferrarono prontamente.

   ‹‹Ti conviene collaborare, se non vuoi fare una brutta fine.›› lo minacciò Aiko, impugnando la mazza, pronta a colpirlo.

   ‹‹Esatto.›› confermò Pop, mettendosi in difensiva, ‹‹Puoi far cascare quella sciocca di mia sorella nel tuo stupido trabocchetto, ma non noi. La Regina ci ha avvertiti di fare attenzione al vecchio garzone delle figure nere.››

   Leon fissò la sua ragazza terrorizzato e pensò che, a quel punto, sarebbe stata lei a proteggere lui. Momoko, dal canto suo, osservava le due ragazze con ammirazione, mentre Onpu e Tooru con un sopracciglio inarcato, basiti.

   Il vecchio Re, sgomentato, strinse le mani attorno ai braccioli del suo trono.

   ‹‹Aspettate, aspettate! Non fatemi male! Non è colpa mia! È Ojijide! È lui che minaccia di farmi fuori se non obbedisco!›› urlò in preda al panico.

   ‹‹Il conte Ojijide?›› fece Leon, stringendo i pugni, colto dalla rabbia.

   ‹‹Quell’idiota. Ecco dov’era finito.›› disse Tooru.

   ‹‹No, vi sbagliate.›› li zittì il vecchietto, ‹‹Non si tratta dell’Ojijide del presente. Quest’Ojijide ha viaggiato nel tempo. È l’Ojijide di trent’anni dopo.››

   I ragazzi spalancarono le bocche ed aggrottarono le sopracciglia, quasi simultaneamente.

   ‹‹L’Ojijide di trent’anni dopo?!››

 

~

 

   In tutti gli anni che Tetsuya Kotake aveva sopportato la presenza di Doremi Harukaze, costantemente pimpante al mattino, di buon umore anche quando la maestra la metteva in punizione, sempre disposta ad aiutare gli altri, il suddetto ragazzo non aveva mai veramente capito che quel fastidio, che provava puntualmente nel vederla, era affetto ed una voglia matta di mettersi in mostra, per attirare la sua attenzione. Anche lui conosceva quelle storie, dove gli amici di infanzia finiscono per passare la vita insieme, ma mai avrebbe creduto che si sarebbe ritrovato nella medesima situazione, a cedere ai suoi sentimenti, fino a quando quel famoso pomeriggio Doremi non gli aveva fatto inspiegabilmente quella fatidica domanda, mentre lo accompagnava a casa, col solo intento di vederlo nelle grinfie di una madre infuriata. Allora lui si era detto che magari la ragazza cercasse una conferma e che anche lei fosse rimasta legata a lui dopo tutti quegli anni. Dunque si era fatto avanti, senza fare i conti con la delusione che Akatsuki era stato per lei. E poi era arrivata quella ragazza, Itsumi. Ora capiva perché gli sembrava di conoscerla. Gli sembrava tutto così logico, anche se non sapeva molto in fatto di magia, ma sicuramente anche Doremi doveva aver capito, nel sentire quel cognome, visto che era sbiancata all’improvviso. Tetsuya non seppe se quella reazione fosse un bene o un male, però fu certo che le ipotesi che aveva fatto fossero giuste. ‹‹Ne va della tua e della mia vita.›› aveva detto. Era ovvio.

   Il tempo per rimuginare fu poco. Itsumi fece uno scatto. Sembrava colta dall’esasperazione. Si fiondò verso Doremi e Tetsuya e prese le loro mani con le sue, trascinandoli in una corsa furiosa, come a volerli allontanare da Ojijide.

   ‹‹Itsumi, aspetta!›› urlò Yuri, prima di inseguirla con Fujo e Hazuki al seguito.

   Dopo qualche minuto, la raggiunse e le afferrò un lembo del mantello, inducendola a fermarsi. La ragazza lasciò andare Doremi e Tetsuya e si voltò a fissare Yuri. Aveva gli occhi lucidi e si stava mordendo con forza il labbro inferiore. Yuri la afferrò per le spalle e la scosse un po’.

   ‹‹Porca paletta, ti vuoi calmare?›› le disse.

   Itsumi annuì, poi deglutì e si asciugò gli occhi, prima che potesse sfuggirle qualche lacrima.

   Doremi la osservava con le sopracciglia aggrottate e le labbra dischiuse. L’altra le scoccò uno sguardo disperato da sopra una spalla e Tetsuya, in quel momento, pensò che somigliava incredibilmente a Doremi, quando inscenava le sue tragedie greche, e le sue convinzioni si rafforzarono ancora di più.

   ‹‹Penso sia arrivato il momento di dirci chi sei.›› borbottò Doremi. Ora aveva un broncio infastidito sul viso, quasi fosse innervosita da quel qualcosa di troppo grosso, che prima le era sfuggito, mentre ora sembrava così evidente. Voleva essere sicura di non aver capito male.

   ‹‹Ojijide ha detto che hai lo stesso cognome di quest’idiota.›› continuò la rossa, indicando il ragazzo che le stava accanto.

   ‹‹Ehi!›› fece lui, ma lei si portò un indice in prossimità del naso, per far sì che tacesse.

   Itsumi non fece caso all’ennesima gag dei due ragazzi, portò lo sguardo sul pavimento e si torse le mani di continuo, sopraffatta dall’ansia.

   ‹‹Noi veniamo dal futuro.›› disse Yuri, al posto suo, con semplicità, mentre a Itsumi cascava la mascella.

   ‹‹Perché glielo hai detto!?›› urlò lei.

   ‹‹Perché tanto hanno già capito tutto.››

   ‹‹E quando?››

   Itsumi aveva gli occhi fuori dalle orbite.

   ‹‹Uhm… Vediamo.›› proseguì Yuri, fintamente pensieroso con tanto di mano sul mento, ‹‹Quando hai detto che rischiavi la vita, quando hai mostrato il tuo cristallo magico e pronunciato la tua formula, quando hai calciato quel dannato pallone da calcio e quando Ojijide ha svelato il tuo cognome.››

   Alla ragazza si riempirono di nuovo gli occhi di lacrime.

   ‹‹Allora mi hanno scoperta…››

   ‹‹Sì, ma smettila di frignare!›› la ammonì lui.

   ‹‹Quindi è davvero così?›› sussurrò Doremi. Anche lei sembrava sull’orlo di una crisi isterica.

   Itsumi la squadrò con la testa china in avanti.

   ‹‹Sì… Io sono vostra figlia.››

 

~

 

   Al momento non aveva importanza chi avrebbe sposato chi, quando sarebbe successo o come avrebbe potuto impedirlo. Akatsuki si disse che l’unica cosa che importava veramente era mettere a posto le cose, imprigionare le figure nere ed, in particolar modo, lasciare libera Doremi, una volta per tutte.

   Fu per questo motivo che si diresse in fretta nella sala del trono, dove era sicuro che avrebbe trovato suo padre e la Regina. Giunse dunque al grande portone, da cui poco prima era fuggito, e si apprestò a bussare. Era socchiuso e, prima che il suo pugno ne toccasse il legno, Akatsuki colse qualche frase di una discussione tra il Re e la Regina, e fu costretto a bloccarsi.

   ‹‹Devo andare.›› stava dicendo la donna, ‹‹Questa volta non posso stare soltanto a guardare.››

   ‹‹Ma il regno rimarrà scoperto.›› rispose il Re, incerto sulle parole da usare. Temeva che la Regina potesse fraintenderlo.

   ‹‹Io mi fido di te.›› lo rassicurò invece lei, come intuendo i pensieri dell’uomo che le stava parlando, ‹‹So che non farai nulla per accaparrarti il Mondo delle Streghe e che lascerai che le cose vadano come abbiamo deciso… che lascerai tutto nelle mani di Hana e di Akatsuki.››

   Ci fu una pausa, poi l’uomo continuò: ‹‹Dunque, sei certa di non tornare?››

   Ancora qualche minuto di silenzio ed un fruscio. La Regina si era voltata, dando le spalle al Re.

   ‹‹Sono l’unica persona che rimane ad Hana. Spero davvero che tuo figlio capisca.››

   Non era la risposta che il Re si aspettava, ma capì all’improvviso il perché essa avesse sostituito un banale . Non aggiunse altro, non le rispose. La lasciò andare via ed oltrepassare il grande portone, dietro il quale stava Akatsuki. La donna guardò il ragazzo, da dietro al velo che le copriva il viso, poi mosse la testa in avanti, quasi impercettibilmente, e dopo qualche esitazione Akatsuki fece lo stesso, prima che se ne andasse.

   Era come se in quella frazione di secondo Akatsuki avesse udito la voce flebile della donna sussurrargli: ‹‹Mi raccomando. Non lasciarla sola.››

   Fu allora che tutto ebbe un senso e che fu certo di cosa fosse veramente di sua competenza.

   Hana aveva bisogno di lui.

 

To be continued

* Occhan: in giapponese, zietto.

 

~

 

Dal covo segreto dell’autrice

Visto che non ho tardato poi così tanto? (‹‹Se, vabbè.›› n.d.lettori)

Oh, beh. Buonasera a tutti! La situazione ha iniziato a sgarbugliarsi in questo capitolo. Abbiamo scoperto chi fosse il boss delle figure nere, chi fosse Itsumi e il perché del matrimonio. Lascio a voi, per ora, il privilegio di scoprire chi sia Yuri. Scrivetemelo nei commenti, magari. Chissà che non indoviniate *ride*. Ah, se qualcuno di voi non sa chi sia il Conte Ojijide (nella versione italiana Philip) clicchi qui.

Nel prossimo capitolo avremo un grande flash back (o flash forward, deciderete voi come considerarlo, visto che io mi sto impappinando con la trama xD) in cui verranno svelati gli ultimi inghippi, prima della battaglia finale. E mentre lo aspettate, magari, potete fare un salto nella mia nuova fic, L’amore si odia, su Tetsuya e Doremi.

Infine ringrazio tutti coloro che pazientemente mi seguono. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Detto ciò, mi appresto a rileggerlo ed infine a pubblicarlo. Un bacio a tutti.

Vale

   
 
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