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Autore: Keiko    17/10/2011    6 recensioni
Poteva avere tutta la musica del mondo in testa, ma Olivia era stata abituata al fatto che i sogni erano il carburante della vita, e pochi erano quelli che – nell’arco di una sola esistenza – riuscivi davvero a realizzare senza il talento, la passione, le basi necessarie ad affrontare i problemi e una discreta dose di buona sorte.
Magari ti illudevi di farlo, ma poi ti accorgevi che non erano davvero sogni, ma sfizi che – una volta raggiunti – non ti davano nessun tipo di appagamento.
Holly aveva intuito che qualcosa – nella retorica dei sogni – entrava in netto contrasto con la loro consistenza quando aveva appeso al chiodo la chitarra.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Destini di Vetro'
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Huntington Beach, 2007.
 
 
“Sei sicuro di volere Holly a cantare nel prossimo album?”
“Siamo tutti d’accordo, può uscire qualcosa di davvero tosto. L’hai sentita anche tu a New York, no?”
Matt le aveva sorriso, accarezzandole delicatamente la nuca, giocando con una ciocca dei suoi capelli. Distesa con il capo appoggiato al suo petto, Val sentiva il battito regolare del suo cuore coincidere con quello del ragazzo, rassicurandola. Se avesse avuto un sussulto, un’accelerazione o avesse dato un qualsiasi segnale di agitazione, Val si sarebbe seriamente incazzata e gli avrebbe impedito di far prendere parte ad Holly alla registrazione del nuovo album ma Matt era sereno, dunque non le stava nascondendo nulla. Valary stava aiutando i ragazzi con i preparativi preliminari, e sapeva bene quanto il self-title volesse dire per loro. Avevano contattato un’intera orchestra classica per l’incisione perché Jimmy e Matt avevano avuto ottime idee dando sfogo alla loro megalomania, unitamente all’ego di Brian che aveva scritto diversi assoli intensi ancora in fase di approvazione da parte dei ragazzi. L’album era ancora fermo allo stadio embrionale, eppure tutto si stava già muovendo a pieno regime progredendo a passi da gigante verso la fase di registrazione. I testi delle canzoni a Valary piacevano da morire, Jimmy era riuscito a superare sé stesso con alcuni pezzi che – rivisti con Matt - avevano assunto quell’aura maestosa che riusciva a imporre ad ogni testo che toccava. Le piaceva il modo di creare dei ragazzi, vederli stare svegli sino all’alba a scrivere, passarsi appunti su fogli a quadretti come se fossero le risposte a un test di matematica del liceo e ritenersi soddisfatti solo quando la scrittura di ognuno di loro l’aveva ormai reso illeggibile, carico di correzioni e riflessioni. Le piaceva soprattutto l’atmosfera intima che si creava quando erano in fase di lavorazione sui testi e la composizione: erano intrappolati in una clessidra, come se i grani di sabbia del tempo rimanessero sospesi a mezz’aria senza scendere o salire. Restavano lì e loro, senza rendersene conto, tessevano sogni e magie.
Valary aveva imparato a restare a osservarli da lontano, come se quello fosse un momento sacro: una nuova vita, un nuovo viaggio e mesi di solitudine, corse da un aeroporto all’altro e quel ritrovarsi ancora innamorati e con la voglia di stare insieme. Non ricordava un’altra vita, diversa da quella che aveva in quel momento. Con Matt era sempre stato così, lanciati a tutta velocità sulla strada di quel sogno chiamato Avenged Sevenfold in cui avevano inglobato un po’ tutti quanti. Nessuno era stato risparmiato, nessuno si era tirato indietro. Chi ci aveva provato, come Holly, aveva dovuto arrendersi all’evidenza che quei cinque erano una presenza troppo ingombrante per poter essere cancellata dalla distanza di un oceano e un continente. Erano fastidiosi, maldestri, bruschi nei modi e nelle parole, ma avevano un cuore – uno unico, grande e pulsante, che pompava sangue e adrenalina a tutti e cinque contemporaneamente – che non avrebbe mai smesso di renderli così unici e speciali. Ognuno di loro lo era e Val era riuscita a vedere la bellezza nascosta dietro gli occhi e le dita di ognuno. Sotto la musica, oltre le parole e le corde premute contro il legno, oltre l’apparenza e le giacche di pelle e gli occhiali da sole, c’era l’intera Huntington Beach. Un intero mondo, quello in cui erano cresciuti e a cui non avrebbero mai saputo rinunciare e che si erano portati dietro in tutto il mondo, facendosi conoscere per ciò che erano realmente, senza peli sulla lingua.
Californiani.
 
 
L’idea di avere Brian per sé elettrizzava Michelle. Era un regalo che il cielo le concedeva di rado, e le piaceva dunque pensare che Huntington Beach le riservasse la tranquillità che ogni storia d’amore avrebbe dovuto avere. Brian però pensava prima alla musica: il tempo per lei era quello che arrivava dopo il tramonto, nelle giornate in cui discuteva con Zacky e abbandonava le prove prima del previsto e nei week-end in cui le concedeva un po’ della sua attenzione. Michelle sapeva di essere l’eterna seconda ma in mancanza della prima della lista poteva considerarsi la proprietaria del podio. Brian con lei non era mai stato stronzo, aveva sempre messo in chiaro ogni cosa: si scopava le altre, prendere o lasciare. Michelle aveva ottenuto Brian con la condizionale che Roxanne non avrebbe mai accettato. Poteva biasimarsi per quello? Aveva sentito la chiave far scattare la serratura di casa e Brian aveva fatto capolino nel salotto con una confezione rosa confetto tra le mani.
“E questo per cos’è?”
Tiffany, recitava la scritta: la pasticceria preferita da qualsiasi ragazza nata e cresciuta ad Huntington Beach. Impossibile sbagliare il colpo, specie se da lì uscivano i migliori dolci della città.
“Per il fatto che mi sopporti.”
“Non mi fai mai regali per farti perdonare. Dunque sicuro che non è c’è nulla da festeggiare che io ignori?”
Michelle gli aveva posato un bacio a fior di labbra, sfilandogli dalle mani la scatola e dirigendosi senza ulteriori domande verso la cucina. Brian non aveva mai dovuto farsi perdonare nulla, in realtà: tutto ciò che faceva e diceva era legittimo, giusto e corretto. A lei doveva andare bene per forza. Se c’era una cosa che aveva capito, stando con Brian, era che lui non la comprava con mazzi di rose o vestiti alla moda come faceva Zacky con Gena, quando per errore – o sfizio – finiva con il portarsi a letto qualche fan. Lui la comprava stando con lei e facendola sentire speciale, in un certo senso, senza investirla di regali o parole dolci. Brian non le aveva mai detto “ti amo”, era quello che la terrorizzava quando pensava al loro rapporto. Erano due anni che stavano insieme, ormai, e Brian non le aveva mai detto – nemmeno una volta – quelle due parole. Era un’eterna seconda ma non l’avrebbe mai accettato, perché era certa che prima o poi Brian l’avrebbe messa dove meritava, sul podio della sua esistenza, accanto alla sua chitarra.
“Ti ho fatto preparare da mia madre una grigliata di pesce con verdure fresche. Hai fame?”
“Si, oggi non ci siamo fermati un attimo. Non so nemmeno se abbiamo mangiato.”
“Allora come procede?”
“Stiamo lavorando alle basi musicali ma scrivere la musica ci viene naturale. L’abbiamo sempre fatto. Se dovessi scrivere una lettera d’amore sarei un totale idiota, ma con la musica… be’, è molto più facile.”
E se dovessi scrivere una canzone d’amore? Quella varrebbe più di mille lettere, lo sai?
“Abbiamo deciso che ci aiuterà nei cori Olivia. Voto unanime, più o meno.”
Michelle si era zittita, trattenendo il guizzo che sottopelle le aveva contratto i muscoli del volto.
“Lasciami indovinare… Zacky contrario?”
“A me è sembrata una buona idea. Abbiamo bisogno di prenderci un po’ meno sul serio e Matt e Zacky iniziano ad accusare il fatto di vederla solo per pochi giorni all’anno. Sono insofferenti quando si tratta di lei, di qualche sua telefonata o cose del genere.”
“A mia sorella non farebbe piacere saperlo.”
“Val si fa troppe seghe mentali. Matt è innamorato di lei o con tutto il casino che fa l’avrebbe già scaricata. Se avesse fatto a me le scenate che ha piazzato a Matt per Holly, sarebbe sola da un pezzo. E con questo non ti sto dicendo nulla di che, io adoro tua sorella e lo sai. Se Matt non l’ha fatto è perché la ama sul serio. Di che ha paura? Olivia è una mocciosa, è cresciuta con Matt e gli altri. Nemmeno la puoi vedere come una donna, una ragazzina come lei.”
“Ha più di vent’anni, se non te ne sei accorto,” l’aveva rimbeccato lei tirando fuori dal forno il carpaccio che sua madre aveva preparato per la serata.
“Si, e mi sono anche accorto che sa essere una femmina, quando vuole. Questo non significa che perché sia un individuo del tuo sesso, Michelle, tutti dobbiamo correrle dietro.”
“Siete… lo sai come siete, no?”
“Un conto è portarti a letto una tizia che non hai mai visto prima, un conto è decidere di farlo con una che ti conosce alla perfezione. Insomma, chiunque sarebbe un idiota a provarci con Holly ora come ora. Al di là del fatto che è felicemente innamorata di quel tizio e si vede lontano un miglio, ma poi vorrebbe dire sputtanare tutto quello che si è costruito in un’intera vita. Ci vuole coraggio e la certezza di fare la cosa giusta. E una scopata non è mai una cosa giusta, è solo lo sfizio di una notte se non è con la donna con cui stai. In ogni caso, trovo che Val esageri con questa storia. Rischia di diventare ridicola.”
“Non fa una piega il tuo ragionamento. Val lo sa?”
“Si, Matt gliene ha parlato un paio di settimane fa. Holly e Roxy dovrebbero essere qui per la fine di maggio.”
“Fantastico.”
“In tempo per passare un’estate ad Huntington Beach. Erano al settimo cielo stando a quello che diceva Zacky.”
“Possiamo cambiare argomento?”
Brian aveva sollevato lo sguardo su Michelle, inarcando il sopraciglio sinistro con aria indispettita.
“Che cazzo ti prende ora?”
“Non ho voglia di ascoltare discorsi su presunte scopate e ipotetici amori impossibili.”
“Chi ha parlato di amori impossibili?”
“Tu, tacitamente.”
“Allora non ne ho parlato se l’ho fatto in modo implicito, no?”
“Si, l’hai fatto eccome Brian. Tu lo fai sempre, anche quando non te ne rendi conto.”
“Non ho voglia di discutere, Michelle.”
“Sei tu che la stai mettendo su questo piano, non io.”
A quel punto Brian aveva già superato la soglia della sopportazione: menate su menate, indipendentemente da dove guardasse. Problemi, incomprensioni, giustificazioni da dare: dov’era quell’amore che ti faceva sentire libero e non intrappolato nell’immagine di ciò che di te desiderava l’altro? Dov’era quella storia che avrebbe dovuto farlo sentire forte nei propri panni, e non una bestia braccata?
Brian Haner Jr. si sentiva una fiera in gabbia, intrappolato nel corpo di Synyster Gates.
La chiave l’aveva gettata via quasi due anni prima, e riprenderla sarebbe stato impossibile.
“Dove vai ora?”
“A casa mia.”
“Ma… il pesce…”
“Mangialo con Val mentre vi supportate su quanto idiota sia l’idea di far cantare Olivia. Almeno evitate di farvi compatire dal resto del mondo.”
“Sei uno stronzo. Non le pensi davvero queste cose.”
“Forse. Nel dubbio, mi faccio un giro eh.”
 
 
“Io e Matt vogliamo Holly come corista per il prossimo album e non vogliamo che la tua testa malata crei problemi mentre lavoriamo. Tensioni, per intenderci. Holly non è una professionista, non è abituata a sessioni di lavoro lunghe intere giornate. Evita di renderle la vita impossibile. Ci sarà già Brian a metterci la propria parte.”
“Appunto, non è una professionista. Che cazzo la volete a fare?”
Perché era così difficile per lui riconoscere anche i pregi di quella povera vittima della sua migliore amica?
“Ha una bella voce e ci piace l’idea di poterla coinvolgere. È un modo per avere lei e Roxy qui un po’ di tempo in più rispetto al solito. In ogni caso sei avvisato: qualsiasi problema insorga, la colpa sarà tua. O di Brian, dipende da chi sarà presente in quel momento.”
“Non viviamo in un paese democratico?” aveva borbottato il chitarrista senza guardare negli occhi il ragazzo. Jimmy gli faceva paura perché sapeva sempre vedere un po’ più a fondo rispetto a quanto facevano un po’ tutti loro, soffermandosi all’apparenza. Non che le cose le vedesse realmente, in realtà, per lui era legittimo insinuare dubbi e porre domande anche sulla più ovvia delle realtà. La certezza delle risposte era tutto ciò che serviva per troncare discorsi scomodi e pericolosi, ma nella maggior parte delle occasioni Jimmy era un mago nel fregarli con le domande giuste e sbatterli con le spalle al muro. Aspettava solo di vederli tentennare, o di avere la possibilità di dilungarsi a sufficienza in un soliloquio che li avrebbe stesi al tappeto, incerti persino del loro nome. Roxy, ridendo, gli aveva detto che avrebbe avuto un ottimo successo come persuasore, o come psicologo. Jimmy si era limitato a sorriderle, sostenendo che la vita che aveva era perfetta così; gli bastava che i suoi amici non si incasinassero troppo dietro a pensieri davvero idioti e fisime inutili.
“Si, perché?”
“Perché tu e Matt avete deciso senza consultarci?”
“Perché anche Johnny era d’accordo, dunque la maggioranza ha vinto. E Holly ha già accettato. Matt ci ha messo un po’ a convincerla, ma alla fine ha desistito. Sai com’è fatta, si vergogna.”
“Eh, certo, proprio lei si vergogna! Ma stai parlando della stessa persona con cui io ho a che fare da dieci anni a questa parte?”
“Direi di si. Solo che, come al solito, ti piace ragionare per stereotipi.”
“Fate come volete, tanto avete già deciso.”
“Saranno qui per la fine di maggio e passeranno ad Huntington Beach tutta l’estate. Anche tua sorella. Potresti dimostrarti un po’ più entusiasta, no?”
“Per vederla con il gallese per tre interi mesi? No, grazie.”
“Watkins non è così male. Dagli una possibilità.”
“No.”
“Ovvio che non gliela vuoi dare, perché prendersi il disturbo? Tu e Holly siete davvero identici.”
“Quella stupida lo adora. Si fa persino mettere le mani sul culo da quello!”
Jimmy era scoppiato a ridere mentre Zacky proseguiva lentamente la strada verso casa di Matt e Val, immersi nel traffico delle cinque del pomeriggio, quando tutti sembravano avere fretta di fare ritorno a casa dai propri figli, dalle mogli o dai mariti, presi dagli scazzi della giornata e dalle cose ancora da fare prima di mettersi sotto le coperte e tirare un sospiro di sollievo. A loro perché non era stata riservata una vita del genere?
“Hai visto solo quello?”
Jimmy si era convinto – nel corso degli anni – che sarebbe bastato davvero poco per cambiare radicalmente tutto quanto. Poteva essere un evento a caso a trasformare tutto: che Matt o Zacky si fossero messi con Holly. O magari che lui si fosse innamorato di Roxy. O, ancora, che Johnny non si fosse mai messo in mezzo prendendosi il disturbo di sostituire quello scoppiato di Justin. Perché le cose erano andate esattamente a quel modo? Loro erano diventati delle rock star ai vertici delle classifiche di tutto il mondo, conducevano la vita che avevano sempre sognato, potevano permettersi tutti i lussi e le stronzate del pianeta ma quando si fermava a guardare il mondo scorrergli davanti si accorgeva di come tutto fosse troppo finto, di come forse mancasse qualcosa a tutti loro. Qualcosa di semplice e pulito, ecco. Qualcosa che Johnny e Matt possedevano, che erano riusciti in qualche modo a conservare lontano dalle luci dei riflettori. Dakota non amava le apparizioni pubbliche, sorrideva e poi si defilava: arrivava dalla scuola di Holly e benché fosse costretta a lasciarsi andare, riusciva in qualche modo a essere sfuggente. Val, invece, era stata abituata sin dall’inizio a prendere in pieno petto ogni problema e domarlo. Valary era una fiera selvaggia dal sorriso dolce, una presenza discreta e mai ingombrante di cui avevi bisogno quando i dubbi ti assalivano e avevi bisogno di qualcuno con cui parlare che non ti desse solo del coglione. Avrebbero mai avuto dei figli?
“Secondo te diventerò mai padre?”
“Eh?”
Jimmy fissava un gruppo di madri con i propri figli, le mani dei bambini strette a quelle delle madri con la convinzione cieca che quelle spalle, quelle mani calde e morbide, quei sorrisi li avrebbero protetti sempre.
“Che cazzo di domande sono a quest’ora del pomeriggio e da sobrio?”
“Tu non ci pensi mai a come sarà la tua vita tra dieci anni? Io non riesco nemmeno a vedermi proiettato così in avanti. Non vorresti dei figli da Gena?”
“Non ci ho mai pensato, sinceramente. Sono quelle cose che pensano prima le donne, noi ci aggreghiamo di conseguenza.”
“Che cazzata, Zacky. Puoi dirmi che non ti senti pronto, ma prima o poi se Gena è la donna giusta qualche marmocchio per lo zio Jimmy dovrai pur sfornarlo.”
“Secondo me finisce che trovi tu una donna per cui perdere la testa e ci sforni uno stuolo di mocciosi rompicoglioni come te. Di certo se aspettiamo Matt possiamo dire addio all’età fertile.”
“Quando avrà metabolizzato le certezze degli ultimi dieci anni della sua vita, deciderà di fare il grande passo. Ha tempi biblici, lo sai.”
“È insopportabile. Non potrebbe lanciarsi, per una volta? Val non gli dirà certo di no, Cristo.”
“Gli serve solo la spinta necessaria. Serve un po’ a tutti, in certi frangenti. Ogni tanto penso che ci manchi qualcosa, ma non riesco a capire cosa, in realtà. Quando siamo lontani da Huntington Beach è una sensazione molto più forte.”
“Sarà nostalgia di casa. A me non capita comunque. Siamo sempre insieme, è impossibile sentirsi soli.”
“È qualcosa di diverso, secondo me. Quando gli darò un nome te lo farò sapere.”
“Puoi chiederlo a Holly. Potrebbe essere qualcosa di molto simile a quello che l’ha sempre fatta tornare qui.”
Jimmy aveva lanciato all’amico un’occhiata in tralice, tenendo le bacchette sollevate a mezz’aria, lontano dal cruscotto dell’auto su cui avevano battuto ritmicamente per tutto il tempo del loro tragitto.
“Cioè?”
“Non lo so. Mi sono sempre chiesto perché si sia fatta così tanto il culo per tornare a casa in questi anni. Se fosse rimasta avrebbe avuto meno problemi, no?”
“Non te l’aveva promesso?”
“Non ha mantenuto tutte le promesse, poteva evitare di prendersi a cuore anche questa. Non credo l’abbia fatto solo per quello. Era una mocciosa quando è andata a New York, probabilmente è solo la nostalgia di casa. E poi degli amici fighi come noi non li ha trovati da nessuna parte.”
“Che coglione.”
Jimmy aveva sorriso, scuotendo il capo prima di spalancare la portiera dell’auto e superare Zacky lungo il viottolo di casa Sanders.
Olivia non aveva solo nostalgia di casa, era il senso di appartenere a qualcosa – e a qualcuno - che la faceva tornare. Era la voglia di avere radici ferme e solide quando il mondo attorno a lei continuava a cambiare velocemente e temeva di non riuscire a tenere il passo. Era tutto il suo mondo e non la semplice nostalgia di casa: era il ritrovare sé stessa. A Jimmy, invece, mancava proprio quella matrice: aveva sempre cavalcato con entusiasmo la vita, senza preoccuparsi del passato, perché questi continuava a camminare al suo fianco. Quando si sarebbe fermato e i sogni realizzati sarebbero diventati ricordi a lui – a tutti loro, in verità – cosa sarebbe rimasto? Tatuaggi sulla pelle, strumenti musicali impolverati nei garage di casa e imparare a vivere una vita normale. Loro, che avevano fatto delle proprie esistenze un entusiasmante, fottutissimo e psichedelico show sarebbero dovuti scendere a compromessi con la vita come tutti gli altri quando il mondo si sarebbe dimenticato di loro e i riflettori si sarebbero spenti sugli Avenged Sevenfold?
 
 
*
 
 
“Ti dico che Brian mi ha sbattuto fuori dalla sala prove!”
Holly aveva sbuffato, imprecando nel tentativo di domare una ciocca ribelle di capelli che continuava a ricaderle sul viso. Roxy e Ian, l’uno accanto all’altra sui sedili anteriori dell’auto e Holly piazzata su quelli posteriori al centro – dritta riflessa nello specchietto retrovisore a coprire la visuale al ragazzo –, si erano scambiati un’occhiata d’intesa. Che per Olivia sarebbe stato difficile riuscire a seguire l’incisione del self-title dei ragazzi era cosa che tutti sospettavano – diretta interessata compresa – ma che i ragazzi applicassero la legge marziale anche per l’innocente vittima che si era sacrificata con entusiasmo per lavorare con loro, sembrava assurdo.
“Di quanto eri in ritardo?”
“Dieci minuti più o meno.”
“Brian odia i ritardatari”, aveva scoccato distrattamente Roxy, fissando i vialetti di Huntington Beach diramarsi lungo i quartieri residenziali.
“Mancava ancora tuo fratello. Solo che lui si era parato il culo, io no. E quindi sono stata sbattuta fuori. Brian si sta vendicando di tutto, e lo farà sino a quando quel maledetto album non sarà completato.”
“Non devi essere sempre con loro, no?”
“No per fortuna. Oggi comunque non dovevamo registrare, mi volevano far ascoltare solo le tracce e leggere i testi. Be’, peggio per loro.”
“Non sarà facile per te, non sei una professionista.”
“Già, ma mi manca cantare. E poi avevo voglia di tornare a casa e restarci per un po’, senza il pensiero di dover ripartire in fretta e furia.”
Si era stiracchiata, allungando le braccia al di sopra della propria testa e sorridendo alla propria immagine riflessa.
“Com’è che avverto un’energia più dirompente del solito?”
“Huntington Beach mi mette di buon umore, Roxy! E poi possiamo andare a fare surf insieme per la prima volta!”
Roxy aveva sollevato un sopraciglio nella tipica espressione ereditata da Brian, voltandosi verso Holly.
“Non eri qui per lavorare con i ragazzi?”
“Certo. E per godermi l’estate californiana come non faccio da anni. Dai Roxy, potremo andare giù alla baia! E insegnerai a Ian ad andare sulla tavola. Ti presto la mia rosa, se vuoi!”
Da quando erano saliti in aereo, Holly non aveva fatto altro che parlare e parlare e parlare sino a stordirli, con quell’euforia esaltata che mostrava solo in compagnia di Zacky, in genere. Il fenomeno però, era inarrestabile, e solo l’arrivo di Nick – previsto per qualche settimana più tardi a causa del tour europeo degli Strokes – poteva darle una calmata. Roxy, in verità, era più propensa a credere che l’accondiscendenza di Nick unita all’adrenalina di Holly avrebbero solo peggiorato le cose, ma aveva la fortuna di poter sfuggire alle sue follie da psicopatica scaricandola a Zacky, Matt o Dakota.
Sarebbe stata vacanza anche per lei, finalmente.
“Lalalalalala!”
Holly aveva guardato Ian come se fosse un pazzo, poi gli aveva scoccato un sorrisino sarcastico.
“Mr. Watkins, non è che per caso tu non sai nuotare, vero?”
“Chi? Io? No, ho solo il rigetto per ogni tipo di sport. Mi hai mai visto fare qualcosa?”
“Gli allenamenti di karate con Nick,” aveva risposto piccata Holly.
“Si, in cui io facevo la cavia e Nick si allenava. Molto poco virile, ma era l’unica cosa che potevo fare per farlo allenare. Mi ha insegnato giusto a parare i colpi per non rompermi il naso. In quello sono diventato un dio, e già lo sono in molti altri campi.”
“Mr. Modestia, vedi di frenare o rischiamo di tamponare l’auto davanti a noi. E dato che stiamo facendo l’ennesimo giro turistico per Huntington Beach perché non ti ricordi dove hai visto il negozio con le giacche in pelle che ti piacevano da morire, vorrei evitare di passare in auto più tempo del dovuto.”
“Ehi, frena!”
“Che ti prende ora? Sei impazzita?”
Holly aveva indicato fuori dal finestrino lo skate park dove era cresciuta, quello in cui si era sbucciata ginocchia e gomiti all’infinito e dove aveva pianto così tante volte da averne perso il conto.
“Io scendo qui, ci vediamo stasera, okay?”
“Ma domani non hai…”
“Si si, domani mattina ho le prove, ma tranquilli. Sarò puntualissima e Brian non potrà cacciarmi a calci! Vado a farmi un giro a piedi, tanto sono vicina a casa!”
Holly non aveva lasciato finire la frase a Roxanne, intenta a caracollarsi fuori dall’auto prima che il semaforo scattasse di nuovo sul verde.
“Sarà una lunga estate. Sei sicuro di voler stare tre mesi qui?” aveva chiesto la ragazza con fare rassegnato.
“Ci divertiremo. Sono abituato a Holly, non mi spaventa. È più carica del solito ma quando torniamo è sempre di ottimo umore, persino se litiga con tuo fratello.”
“Secondo me è esaltatissima per la storia dell’incisione dell’album.”
“Gelosa?”
Roxy aveva scosso il capo, appoggiandosi mollemente allo schienale del sedile.
“No, Holly ha una bella voce. Nick dice che è un potenziale sprecato. Non ci capisco molto in queste cose, ma mi piace sentirla cantare persino quando se ne sta sotto la doccia e imita Matt in farsetto. Non le è mai andata giù l’idea di aver preso tutti i pregi e i difetti di quei cinque, credo, comprese le passioni. Ha condiviso tutto con loro sin da quando era una bambina, è normale ne abbia assorbito le peculiarità. Ad Holly piace fare musica o non avrebbe passato anni al club quando era all’università a New York e non avrebbe preso lezioni di canto prima. Mio fratello spesso la andava a prendere alle lezioni, quando finiva tardi e faceva buio.”
“Dovremmo farla sfogare sul palco almeno una volta, le farebbe bene e si divertirebbe un mondo.”
“Non lo farebbe mai.”
“Sicura? Potrebbe ricevere una buona dose di autostima. E poi ci sarebbero le persone giuste con lei.”
“Cosa pensi che possa fare? La corista? La groupie? O magari la suonatrice di triangolo? Non mi piace quella tua espressione, Ian. Non promette nulla di buono. Cos’hai in mente?”
“Per ora di andarmi a comprare la giacca e portare a cena fuori la mia personale groupie, al resto penseremo poi.”
 
 
La mattina seguente Holly si era presentata alla sala prove con venti minuti di anticipo, due borse della spesa cariche di cibo-spazzatura e una corona da principessa in plastica rosa in testa recuperata da un set di giocattoli per bambine a meno di cinque dollari.
“E quella da dove esce?”, era stato il primo lapidario commento di Zacky dopo averla squadrata da capo a piedi, l’unico ad averla sentita bussare con insistenza alla porta.
“Me l’ha regalata Dakota, abbiamo fatto colazione insieme e mi ha aiutata a fare la spesa. Ti fa schifo?”
“No, sembri solo più scema del solito.”
“Allora non è un problema. Mi aiuti a portare qualcosa? Guarda che pesa eh, e voi mangiate come una mandria di buoi.”
Zacky le aveva sfilato di mano una borsa dando rapidamente un’occhiata al contenuto di entrambe.
“E le birre dove sono?”
“Non puoi bere birra mentre canti, sei scemo? Ti impasta la gola e rendi la metà del tuo potenziale. Non lo sapevi?” gli aveva chiesto lei con il sorriso della vincitrice stampato in volto.
“Ma che ne sai? Io bevo sempre vino durante i concerti e non ho mai avuto problemi.”
“Questo lo pensi tu. I vostri fans vi vogliono bene e vi perdonano tutto, è questa la verità.”
“Toh, la ritardataria. Imparata la lezione,impiastro?”
Holly aveva risposto al nuovo arrivato alzando il dito medio e mostrandogli la lingua, posandogli malamente sui piedi l’altra borsa della spesa, superando i due chitarristi di qualche passo guardandosi attorno estasiata, ignorandoli volutamente.
“Non ha comprato le birre, Brian. Dobbiamo andarle a comprare noi o siamo fottuti.”
“Se lo fai sei un coglione. Almeno durante le prove trattieniti, no?”
“Non fare la saputella.”
“Fa’ come ti pare. Se poi canti da idiota non è un problema mio. Figo questo posto, quanto tempo ci avete messo per portarci dentro tutte le vostre cazzate?”, aveva chiesto lei, indicando la bandiera americana appesa alla parete d’ingresso e il divano che – anni prima – si trovava nel garage dei Sanders.
“Qualche giorno. Almeno ci sentiamo a casa.”
“Mi piace però. Sembra il garage di Matt.”
Holly, aprendo la porta che dava sulla sala d'incisione, per poco non aveva colpito Jimmy in pieno volto.
“Ehi principessa! Pronta per le registrazioni? Matt voleva passarti a prendere per evitare a Brian un colpo apoplettico a causa del tuo ritardo cronico.”
“Mi sono fatta svegliare da Dakota, è più affidabile di quel dormiglione di Matt. Quando iniziamo?”
“Non vuoi nemmeno leggere i testi o sentire le basi?”
“L’effetto sorpresa l’avrei preferito, però okay, mi fate ascoltare qualcosa?”
Matt aveva sollevato lo sguardo dal pc voltandosi verso di lei sorridendole. Ad Holly sembrava di essere tornata all’estate dei suoi sedici anni, quando tutto ancora andava bene e lei non aveva deciso che stare lontana da Huntington Beach sarebbe stata l’unica via di salvezza e crescita. Non aveva poi sbagliato di molto la propria aspettativa, ma lo scotto che aveva dovuto pagare era mille volte più duro di quello che avrebbe mai potuto immaginare.
“Io partirei con Little Piece of Heaven, che dite?”
Holly fissava Matt estasiata, nemmeno fosse dio. In un certo senso era come se gli ultimi anni non fossero mai esistiti, solo lei e loro e la musica e il casino. Era bello essere a casa, fottutamente meraviglioso e fantastico. Era così felice che probabilmente nemmeno la presenza di Gena avrebbe potuto renderle una giornata storta.
“Che è quell'espressione da ebete?”, l'aveva rimbeccata Zacky costringendola a tornare alla realtà. La base musicale della canzone era finita da alcuni minuti e lei, persa a rincorrere i propri pensieri, nemmeno se n'era resa conto.
“Jimmy ti ha chiesto se ti piace. Ma che ti prende? Sei più stordita del solito.”
“Sono felice di essere a casa, tutto qui,” aveva risposto lei accompagnando la frase con un’alzata di spalle.
Zacky aveva distolto lo sguardo scuotendo il capo in direzione di Brian, e questi era scoppiato a ridere di gusto. Era un po' una dichiarazione d'amore quella, no? Per tutti loro, ovviamente.
“La canzone è bella, anche il testo. L'hai scritto tu, vero Jimmy? Si vede lontano un miglio! Brian ma tu lo sai che sei diventato davvero bravo a scrivere gli assoli? Cioè, sono davvero fighi, ecco. Ci sono un sacco di parti corali poi, e queste parti con i cori in stile classico potrebbero davvero funzionare. Ma dov'è il resto delle persone che dovrebbero cantare?”
“Come fai a sapere che deve arrivare altra gente?”
“Perché un coro del genere non lo fai a cinque voci. E' impossibile avere un buon risultato con un coro standard dei vostri. Anche se aggiungete una voce femminile la cosa non funziona di certo. Se deve essere un crescendo epico ed evocativo, serve un coro classico. Non dico lirico, ma classico si.”
“Sei un genio!”
Jimmy l'aveva abbracciata sollevandola da terra, entusiasta come un bimbo al luna park.
“Non direi proprio. Ho solo studiato un sacco di tecnica noiosa quando ero a New York.”
“Scusa ma là non cantavi e basta?”, le aveva chiesto Johnny masticando un bastoncino di liquirizia, svaccato su una delle poltroncine in sala di registrazione con i piedi appoggiati a quella davanti a lui, lasciata libera da Zacky pochi istanti prima.
“No, ai club del doposcuola di carattere artistico ti insegnano un sacco di teoria anche. Al club d'Arte Drammatica studiano la storia del teatro, per esempio. A noi hanno fatto studiare un sacco di tecnicismi e teoria. In un certo senso credono che avendo le basi teoriche tu possa diventare un critico d'arte o musicale, per esempio, e che ti possa servire nel caso tu voglia intraprendere una strada differente. E' una base culturale come un'altra insomma, ma ti rovina la passione. Quando sai cosa c'è dietro una canzone, finisce con il perdere gran parte del suo fascino. Ne percepisci prima i difetti e poi la bellezza. Insomma, ti frega, perché sviluppi un occhio critico davvero spietato e così finisce che l'ottanta per cento di quello che ascolti risulta essere mediocre.”
“Anche noi?”
“Cerco di non studiarvi, mi limito ad ascoltarvi. E poi con voi è diverso... sapevo già come siete, i vostri processi mentali e creativi li conoscevo già. Credevo in quello che facevate quando non ci credevate nemmeno voi. Se non ci fossero state Val e Roxy sareste al punto zero ancora.”
“Grazie eh,” l'aveva apostrofata Matt senza battere ciglio.
“Lo sai benissimo anche tu. In ogni caso, io cosa devo fare? Questa parte, vero?”
“Si, è la parte con il Rev e Zacky.”
“Non la canti tu?”, le aveva chiesto lei sorpresa.
“No, è troppo veloce e non riesco ad attaccarmi con il seguito altrimenti. E poi Jimmy pensava alla mia voce come la voce narrante e...”
“Jimmy ma come nel teatro greco? E' geniale!”
Jimmy e Matt l'avevano guardata perplessi, senza capire cosa stesse dicendo.
“Non credo che Jimmy abbia realmente fatto una cosa del genere, spiacente di deluderti impiastro.”
“Comunque ricorda quel tipo di struttura narrativa. Tutto qui.”
Doveva ricordarsi che di quei cinque solo Brian e Zacky avevano finito il liceo e che tutto quello che lei aveva appreso dal terzo anno in poi doveva cancellarlo o tenerlo per sé. Solo Zacky l'avrebbe capita, e in ogni caso a modo proprio. Quell'idiota era davvero bravo a scuola, se non fosse stato che aveva il temperamento di un esagitato e l'aria da sfigato metallaro che lo rendeva ridicolo agli occhi dei più , avrebbe potuto tranquillamente iscriversi all'università.
Ma non era la sua strada quella.
Era davvero stata la sua, però?
Se lo chiedeva, e forse la risposta era meglio lasciarsela alle spalle. Aveva una laurea, era un'archeologa e si divertita terribilmente a recuperare reperti. Certo, erano ossa di sconosciuti e vasellame e chiese sconsacrate seppellite da secoli di storia, ma anche se non avesse mai trovato il Sacro Graal, a lei sarebbe andato bene lo stesso. Era il suo sogno e l'aveva realizzato.
La realtà, però, era che dovevi vivere di sogni per poter andare avanti, e ora che aveva raggiunto la meta ed era indipendente, realizzata, non era soddisfatta ugualmente. Le mancava un nuovo traguardo da tagliare, una nuova sfida da vincere.
Quelli come lei non si limitavano a realizzare un sogno solo nella propria esistenza e di ciò ne era la prova quello che sentiva ora nell'essere a casa propria. Le serviva un altro sogno da afferrare e costruire con le proprie mani. Qualcosa che la facesse sentire ancora – e di nuovo – speciale.
Se eri come lei, una persona normalissima all'apparenza senza particolari doti, dovevi convertire le tue attitudini nella tua peculiarità per non essere invisibile al resto del mondo. Quando l'aveva capito, lei, che non sarebbe mai stata una bellezza stratosferica? Di certo non a otto anni. Forse già da allora aveva compreso che la bellezza delle persone era da ricercare all'interno, non in un bel viso e occhi da gatta.
Lei però era speciale: per Nick era unica.
Anche per Dakota. Bastavano loro – per tutta la vita – per farla sentire davvero speciale?
 
 
Holly era scoppiata a ridere, Zacky aveva sbuffato ridendo a sua volta seguito da Jimmy.
“Cazzo voi tre! E' mezz'ora che provate le stesse tre frasi!” aveva sbottato Brian esasperato, in crisi d'astinenza da birra e Marlboro.
“E' colpa di Zacky, ha la faccia da pesce lesso quando canta!”
“Ma ti sei vista? Ci credi come se fossi Courtey Love!”
“Non mi offendere! Se non ci credi come fai a cantare, razza di mentecatto?”
“Insomma, Zacky. Holly ti sta dicendo che sta fingendo di giurarti amore eterno, potresti sforzarti di capire il motivo per cui continua a ridere come una cretina senza riuscire a finire la frase, no?”
Johnny, nella schiettezza con cui li aveva incastrati, aveva messo in serie difficoltà Zacky più che Holly.
“Okay, adesso chiudo gli occhi e non guardo Zacky, così riusciamo a finire e ce ne andiamo tutti a casa.”
“Non ho intenzione di stare qui sino a mezzanotte, eh.”
“Io devo scappare tra poco, c'è nonna a cena. Se non mi presento mi diseredano. Finiamo questa canzone e poi via!”
Avevano passato il pomeriggio a provare, ridere, scherzare e fare casino. Avevano finito con il non riuscire a concludere nulla, salvo recuperare dalla scuola di musica dove avevano preso i musicisti classici, il coro che aveva voluto Holly. E in effetti la differenza si era sentita sul serio, solo che nel momento in cui lei e Zacky dovevano entrare in azione, finiva che i due idioti scoppiavano a ridere senza riuscire a finire quelle tre righe di dialogo. Brian iniziava a spazientirsi e se non fosse stato per la leggerezza con cui gli altri stavano andando avanti – si stavano divertendo a livelli incalcolabili, e Holly era più incontenibile del solito. O forse erano loro che non erano più abituati ad averla intorno a quel modo, senza fidanzato o gallese, senza Roxy ma solo con i suoi skinny strappati al ginocchio, il cappello da baseball in testa e la canotta degli Angels che le aveva regalato Zacky l'anno prima – se ne sarebbe già andato da un pezzo. Stavano facendo la figura dei dilettanti e la pazienza che avevano i tizi con cui stavano provando la diceva lunga su quanto lui fosse poco propenso a dimostrare la medesima qualità. Ammesso poi che ne fosse provvisto, cosa di cui dubitava enormemente.
 
 
“Do you take this man in death for the rest of your unnatural life?”
“Yes, I do.”
“Do you take this woman in death for the rest of your unnatural life?”
“I do.”
“I now pronounce you…”
 
 
Zacky aveva lanciato un'occhiata a Holly, fugace, e l'aveva vista cantare a occhi chiusi, il capo chino sul microfono e le cuffie a coprirle le orecchie, senza dare il minimo segno di idiozia. Era la stessa Holly che aveva cantato sul palco di New York quando lui aveva finito con lo scoparsi una tizia di cui non ricordava nemmeno il viso o l'odore. Era come se, concentrandosi su ciò che amava, la investisse un'aura strana, di qualcosa che dovevi guardare senza sfiorare nemmeno. Non era sacra, era diversa: non era la solita distratta e sbadata, non la ritardataria cronica che viveva in un caos in cui solo lei riusciva a dare un ordine logico ma era una tizia senza pensieri che stava lì e faceva quello che doveva fare con professionalità. Ecco cos'era: Holly sembrava adulta, quando cantava. Forse era il timbro di voce che riusciva a raggiungere o, molto più probabilmente, il fatto che immersa nella musica c'erano solo lei e la propria voce, senza tutto il resto della vita a confonderla. Era come se Holly riuscisse a trovare una dimensione di equilibrio solo cantando. Quei pensieri, però, se li sarebbe tenuti per sé: quella scema sarebbe stata capace di decidere di provare a sfondare nel modo della musica se le si dava troppa importanza – così, per il gusto della sfida -, e Zacky non voleva che finisse nel loro mondo, di cui aveva assaggiato la merda e i piaceri in ogni loro forma. Ciò che aveva sempre amato, in Holly, era stata la caparbietà con cui aveva continuato a stare nelle loro vite ma distante dai riflettori, come se fosse la custode segreta del loro passato. Di Holly amava proprio l'essersi tenuta a distanza da tutto quello che erano gli Avenged Sevenfold sul palco, e gliene era inconsapevolmente grato.
“Grazie a Dio ce l'avete fatta!”
Holly aveva sorriso a Zacky, felice della riuscita dell'incisione.
“Possiamo riascoltarla Matt?”, aveva chiesto lei sfilandosi le cuffie.
“Holly e Zacky si sono appena giurati amore eterno davanti al Reverendo Tholomew Plague. Siete fottuti insomma.”
“Tu spari troppe cazzate quando ti impegni, Johnny,” l'aveva accusato Zacky strappandogli dalle mani la bottiglia di birra che si era conquistato in una fuga al discount che si trovava lungo la strada.
Holly era scoppiata a ridere, avvicinandosi a Matt e al pc per ascoltare la traccia che avevano appena inciso, senza badare troppo alle cazzate dei ragazzi.
In fondo, c'era abituata da sempre.
 
 
“Abbiamo pensato, con nonna, di farla trasferire qui.”
“Ma... la camera degli ospiti l'abbiamo agglomerata alla mia stanza, mamma. Dove dormirà?”
Le cene in famiglia – da quando suo nonno se n'era andato – erano sempre un po’ avvilenti: nonna parlava dei bei tempi andati in cui era felice con suo marito, di quanto la casa che possedevano sul lungomare fosse troppo grande e ricca di ricordi per essere abitata da lei soltanto.
“Tu non ci sei mai, Holly, e la nonna è da un po' di tempo che desidera trasferirsi qui da noi. Siamo tutto qui, quello che resta della nostra famiglia, è un peccato restare lontani. Tu poi, ritorni a casa di rado. Quest'estate è un'eccezione per aiutare i ragazzi, non certo per stare con noi.”
“Insomma papà, mi stai dicendo che mi state sfrattando e di trovarmi un albergo per la prossima volta che torno ad Huntington Beach?”
“La nonna ha deciso di lasciarti casa sua, visto che lei occuperebbe la tua camera.”
Holly aveva spalancato la bocca senza riuscire a emettere alcun suono, stropicciandosi gli occhi con il dorso delle mani nel tentativo di svegliarsi da un sogno che le sarebbe costato una gran caduta con il culo a terra.
“Ma io non torno quasi mai a casa. Non converrebbe venderla piuttosto?”
“Per ora avrebbe poco senso, e per te sarebbe forse meglio avere una casa per te. Quando sei qui Nick viene sempre a trovarti e sono anni che vivi da sola. Tua madre sostiene che a casa tu sia un animale in trappola.”
“Be', è difficile adattarsi a ritmi non tuoi e a sottostare alle regole di casa d'altri. Ma è normale.”
Holly aveva spostato lo sguardo sul viso di sua nonna, sorridente mentre sorseggiava il thé che non mancava mai di concedersi dopo cena.
“Nonna ma sei sicura? Casa tua resterà vuota tutto l'anno.”
“A noi piace pensare che, avendo una casa tutta tua qui, prima o poi deciderai di tornare.”
Al sorriso di sua nonna lei aveva risposto con le lacrime, e sua madre le aveva concesso l'abbraccio caldo e confortante a cui sei certo di poter sempre fare ritorno quando la vita ti ricopre di graffi e jeans strappati dalle troppe cadute.
“Ora perché piangi?”
“Perché non me lo merito, ecco perché.”
E perché mi manca terribilmente la California: ora lo so che non potrò vivere in eterno lontana da qui e che prima o poi dovrò fare ritorno. Il mio sogno, inconscio, forse è proprio questo: riprendermi la mia vita qui, ad Huntington Beach, da dove l'ho interrotta sette anni fa.
 
 
“Cosa aspetti a chiederle di sposarti? Che lo faccia lei?”
La prima reazione alla lettura del testo di Dear God da parte di Holly era stata la stoccata vincente a Matt, che si era grattato la nuca con aria imbarazzata, chinando il capo verso il basso.
“Attenta a non fargli troppa pressione, o M. Shadows poi scompare in una nuvola di fumo nero”, aveva rincarato la dose Jimmy.
“Com'è?”, le aveva chiesto Matt nervoso.
“La più bella dichiarazione d'amore di sempre. Evita di fartela scappare e sposala. E' una vita che state insieme, cosa ti frena? E' come se foste già sposati. Fai questo passo una volta per tutte, almeno ci darai la possibilità di ubriacarci per qualcosa che non sia qualche festa a Los Angeles o uno dei nostri compleanni.”
“La canterai?”
“Dovresti farla cantare a lei, secondo me.”
“Deve essere una sorpresa. E a lei piace come canti.”
Holly aveva squadrato Matt, l'aria sincera del bambino di sempre: era nervoso, e in quel modo impercettibile di muovere la gamba tenendo il ritmo di chissà quale canzone immaginaria, leggeva tutta l'ansia di un rifiuto per lui comprensibile.
“Ne sarò onorata.”
“Matt ha sempre paura di fare cazzate con te, nemmeno fosse sotto esame.”
“E nemmeno li ha mai dati, eh.”
Holly si era sollevata posando una mano sulla nuca di Matt, in una carezza che gli aveva arruffato i capelli corti.
Jimmy aveva aspettato che Holly fosse nella stanza accanto, intenta a trafficare con la propria borsa cercando le chiavi per aprire agli altri, spostando lo sguardo su Matt.
“E' lei quella adulta. E prima che tu faccia domande del cazzo: è lei quella che è andata avanti e ha superato tutto quanto, non noi. Holly potrebbe tornare qui senza problemi. Stare lontano le ha fatto bene. È cresciuta nelle proprie convinzioni e ora nulla la può schiacciare. Nemmeno le battute al vetriolo di Zacky.”
 
 
“Allora, le incisioni come proseguono?”
“Ormai abbiamo finito. Io e Dakota abbiamo sbagliato tutto nella vita: avremmo dovuto fondare noi i Pinky Mood e fare la vita che fanno quei cinque. Ci saremmo divertite come pazze”, aveva sbottato Holly malinconica in direzione di Ian, intento ad attingere a piene mani dal sacchetto di patate fritte recuperato al chiosco della spiaggia dalla ragazza.
“Che razza di nome è?”
“Oh, non te l'ha mai detto tuo fratello? Era il nome che avevo proposto per gli Avenged Sevenfold, ma si sono rifiutati di darmi ascolto. Come il solito.”
“Sarebbero stati molto poco credibili”, era stata la risposta di Roxanne mentre mangiava il proprio yogurt ricoperto di M&M’s colorati.
“Sarebbe stato poco virile, non di certo poco credibile.”
“Comunque sareste ancora in tempo, no?”
“La Disney sforna cantanti ogni giorno, e no, non ho intenzione di fare la cantante nella mia vita. Quando mi stancherò di fare l'archeologa troverò qualcos'altro con cui guadagnarmi da vivere, ma non mi metterò di certo ad andare a fare piano bar con Nick che suona la chitarra per vecchi bavosi nei pub della California.”
“Che prospettiva rosea...”
“... soprattutto per Nick,” aveva concluso Roxanne ridendo.
“Dovremmo fare un concerto qui ad Huntington Beach, non c'è molta attrattiva in estate nonostante sia alta stagione per il turismo.”
“Scusa, e cosa vorresti che facessimo? Io l'unica cosa che so suonare è la chitarra, e solo in modo molto elementare.”
“Nick quando arriva a Los Angeles?”
“Tra una settimana.”
“Allora abbiamo una settimana di tempo per formare una band. Abbiamo il cantante, il chitarrista e il batterista.”
“Chi sarebbero scusa?”
Roxy vedeva già nello sguardo di Holly la luce dell'entusiasmo più puro e la cosa non prometteva nulla di buono, perché quando quei due si mettevano in testa una cosa non si sarebbero fermati sino a quando non sarebbero riusciti a metterla in atto. E non c'era nemmeno Nick a sostenerla nelle sue perplessità, volendo.
“Io alla batteria, Nick alla chitarra e tu come cantante.”
“Sei tu il cantante tra noi, non io.”
“Anche tu, quindi ti lascio la prima linea per una volta. Ero un batterista in origine, stare là dietro ogni tanto mi manca. Posso sfogarmi sui piatti così.”
“Possiamo avere anche una tastierista? Dakota è fantastica. E sarebbe felicissima di partecipare”
“Nelle band rock non esistono tastieristi,” aveva replicato lui con aria professionale, sistemandosi gli occhiali da sole sul naso.
“Ma lei può arrangiare tutte le canzoni che vogliamo, ce la possiamo fare Ian! Sarebbe fantastico! E poi tu hai un tastierista… mi vuoi fregare? Non possiamo farlo in un locale, moriremmo di caldo...”
“Perché non allo skate park? Tu Holly ci hai passato l'esistenza, sarebbe una cosa carina, no?”
Holly aveva guardato Roxy con espressione estasiata, come se avesse davanti un genio.
“E potremmo chiamarci Pinky Mood. Roxy farai tu la locandina da appendere ovunque?” aveva chiesto Ian alla propria ragazza, ormai inerme sotto i colpi entusiastici dei due “bambini”.
“Si ma chi verrebbe a un concerto del genere? Dovremmo avere degli sponsor o dove troviamo i soldi?”
“Non è abituata a ragionare come voi rock star, si vede eh...”
“Oh! E se facessimo un concerto di beneficenza? Devolveremo tutto a un'associazione per la lotta contro i tumori. Così potremmo trovare gli sponsor e la gente verrebbe per quello. Non sarebbe corretto far pagare un concerto in cui gli unici professionisti siete tu e Nick.”
“Ma quanti problemi ti fai? Io e Nick bastiamo per attirare tutta la zona, cosa credi?”
“A me l'idea di Holly piace. E' una cosa fatta per divertimento, e non avrebbe senso né investirci soldi né tanto meno perderli. Dunque io mi occupo delle locandine?”
“E degli sponsor. L'hai fatto anche per i ragazzi, dunque magari sai dove mettere le mani. Ti do una mano ovviamente, se ti occorre.”
“Io mi preoccupo di trovare una sala prove a Los Angeles e le attrezzature necessarie. Due settimane di prove e poi si va in scena bellezze!”
Ian aveva passato le braccia attorno alle spalle delle due, con l'aria di chi nella vita è stato baciato dalla fortuna. Da quanto tempo non suonava solo per divertirsi, ma solo con addosso la frustrazione di una vetta mancata?
Tanto, troppo tempo: suonare con i propri amici, con l'aria della California a sbatterti in faccia quel senso di libertà di cui Holly e Roxy erano diventate, in qualche modo, simbolo.
Avrebbe fatto brillare quella mocciosa come le stelle, dandogli l’ultima spinta verso la sicurezza: e si sarebbero divertiti come matti.
 
 
Nemmeno ventiquattro ore dopo, Olivia si era presentata alla porta di casa di Baker con aria circospetta.
“Che cosa ti prende Holly? Sembri uscita da un film di spionaggio.”
“Tuo fratello non è in casa, vero?”
“No, perché?”
“Arrivo.”
Holly aveva fatto dietro front ed era tornata alla propria auto, per poi ripresentarsi davanti all'amica con uno strumento musicale chiuso alla perfezione nella sua custodia di pelle nera e un libro dalla copertina immacolata tra le mani.
“Hai una settimana di tempo per imparare a suonarlo.”
“Cosa scusa?”
“Sarai la nostra bassista. Sei l'unica a poterlo fare in così poco tempo. E poi non ti va di stare sul palco al posto di Zacky e Brian, per una volta? Il basso ce l'ha prestato Johnny, ovviamente nessuno di loro saprà nulla sino a quarantotto ore prima del concerto. Dakota propone di mandare a tutti un messaggio con ora e luogo e dirgli di presentarsi. E' una bella idea, che dici?”
“Siete pazzi...”
“Ian è d'accordo sul basso. Quando sarai pronta penseremo alla scaletta del concerto.”
“Sei veramente carica, Holly.”
“Esaltatissima!”
“Era meglio se restavamo a Cardiff. Io non voglio suonare il basso.”
“E a chi lo facciamo fare? Siamo noi quattro e Dakota, punto. E' il nostro divertimento per movimentare quest'estate. Salutiamo Huntington Beah a modo nostro, no?”
“Facendo una gradissima figura di merda davanti a tutti quelli che conosciamo?”
“Studiati i DVD dei concerti, muoviti come Johnny o Brian e siamo a posto. Dakota pensa agli abiti, ed è quella la cosa che mi fa più paura, lo sai?”
Roxy era impallidita, poi aveva sospirato rassegnata: in fondo che male poteva fare una serata nei panni di una rock star?
 
 
*
 
 
Nelle ultime tre settimane Holly era stata inesistente per tutti, e Zacky aveva affibbiato la colpa all'arrivo di Nick. Anche sua sorella e Dakota, infatti, erano partite per Los Angeles, senza dare particolari spiegazioni sulle motivazioni che le avevano spinte a preferire una città afosa e priva di attrattive al mare d'agosto di Huntngton Beach.
“C'è sotto qualcosa vi dico. E' impossibile che Holly mi butti giù il telefono dopo appena cinque minuti di telefonata.”
“Si ma Roxy ti risponde, no?”
“Si, ma è sempre vaga... chissà che hanno in mente.”
Matt era scoppiato a ridere nel vedere l'espressione di Johnny che aveva sbattuto sul tavolo della sala prove un poster dallo sfondo rosa shocking e cinque sagome in nero che si stagliavano su di esso, tutte perfettamente in linea a formare una piramide dietro una punta che era decisamente più bassa di chi le stava alle spalle.
“Non... che cazzo è?”
“Un concerto... tali Pinky Mood, special guests: Ian Watkins e Nick Valensi. Interessante...” aveva letto ad alta voce il primo chitarrista con aria scettica.
“Me l'ha data Jason.”
“Barry?” aveva chiesto Zacky già pronto a farsi spifferare tutto dal rookie.
“Si, mi ha detto che l'ha trovata in uno dei locali del lungo mare. Si ricordava del nome inventato da Holly e mi ha chiesto se sapevamo qualcosa.”
“Quella deficiente si è montata la testa... è colpa tua, Matt.”
“Io non so nulla di questa storia, quindi non guardare me come capro espiatorio.”
“Dunque sono con lei anche mia sorella e Dakota?”
“Secondo te, genio? Ovvio che sono tutti insieme.”
“Faranno una grandissima figura di merda, e io sarò lì a prenderli per il culo.”
“Secondo me sarà una figata pazzesca!”
“Johnny ma tu da che parte stai scusa?”, gli aveva chiesto Brian con il suo tono perentorio di chi non ammetteva voltafaccia nemmeno per cose tanto idiote.
“Da quella di Dakota, ovvio.”
“Secondo me non ci hanno detto nulla apposta, non volevano farsi vedere da noi.”
“E fanno il concerto ad Huntington Beach?” aveva risposto lapidario a Zacky, Brian.
 
SMS: To Zacky From Holly H 13:03 PM
cc: Brian (scemo); Jimmy; Matt; Johnny
Venerdì 17 luglio 2007 Pinky Mood in concerto ore 21.00 @ Skate Park di Huntington Beach. Non mancate ♥
 
“Dicevi Zacky?”, l'aveva preso per il culo Jimmy.
“Che a volte dovrei tacere, per evitare che il karma mi smentisca,” aveva borbottato il secondo chitarrista osservando il display del proprio cellulare con quel misto di curiosità e terrore che accompagnava le follie da cui Holly lo estrometteva. E ultimamente capitava troppo spesso che Watkins prendesse il suo posto e quello di Matt. Già non gli andava a genio per essersi portato via sua sorella, che pretendesse anche di fare il figo e prendersi la sua migliore amica, era davvero troppo.
 
 
 
*
 
 
Los Angeles, 2007.
 
 
Quando hai la mente piena di idee e voglia di fare, ti dimentichi della concezione del tempo e di tutto ciò che è il mondo esterno. Era stato così, per loro, nelle ultime tre settimane. Si erano ritrovati a provare ogni giorno sino a sfinirsi, Holly con la gola che bruciava e Roxanne con i polpastrelli ricchi di vesciche. Un conto era la tecnica, un altro paio di maniche acquisire la velocità necessaria a seguire il tempo delle canzoni. Anzi, il tempo lo dava lei insieme a Ian alla batteria. Roxanne era un punto cardine dei Pinky Mood e la cosa le metteva un'ansia pazzesca addosso.
“Okay, io non ce la faccio. Cercatevi un altro bassista, magari qualche vostro amico, io mi rifiuto di continuare. Non arriviamo da nessuna parte.”
Holly aveva fissato Roxanne senza fiatare seduta sul tavolo, una lattina di Red Bull in mano e i piedi posati sul piano in legno.
“Cazzo Holly, e stai composta! Lì sopra ci abbiamo anche mangiato!”
“Dopo ci puliamo, no?”
“No. E' una cazzata questa del concerto, non ho intenzione di farmi prendere per il culo dalla città in cui sono nata.”
“Magari potresti renderla fiera di te?”
“No. Tu sei ottimista perché sai cantare, non hai dovuto imparare in una settimana come si suona uno strumento.”
“Ma tu puoi farcela, Roxy. Sei speciale perché puoi imparare qualsiasi cosa tu voglia!”
“Un conto è la tecnica, un altro è suonare trasmettendo qualcosa. Io quello non lo so fare.”
Holly si era portata la lattina alle labbra, finendo il suo contenuto, poi si era alzata e si era diretta verso Ian, strappandogli letteralmente le bacchette dalle mani.
“Faremo Walk e tu – e aveva indicato Roxy con le bacchette, facendole roteare sulla testa proprio come faceva Jimmy. Aveva insegnato sia a lei che a Roxy la tecnica per farlo, e Holly ora la fissava con l'aria di sfida di chi non ammetteva repliche – suonerai la batteria. Te l'ha insegnata Jimmy, no? Questo lo renderà fiero di noi, e se anche tutto il concerto sarà una merda colossale questa canzone dovrà essere perfetta. Ian dovrai suonare il basso, ma sono tre accordi tutti uguali... Roxy te li insegnerà. Nick tu dovrai riuscire a fare ciò che fa Brian, e tu Dakota... dovrai colmare la mancanza della seconda chitarra.”
“Finito di dettare legge?” l'aveva rimbeccata Roxy infastidita. Odiava ricevere ordini, odiava essersi fatta trascinare in quel piano assurdo e odiava l'atteggiamento che aveva Holly nei suoi confronti. Non ammetteva che qualcuno le rovinasse il divertimento, ma non si trattava di tuffarsi da dieci metri d'altezza dritta nell'oceano, si trattava di stare sul palco più di un'ora e mezza senza morire. E lei non ne era capace, fine dei giochi.
“Io vado a farmi un giro a preparare la voce, qui dentro farete troppo casino mentre provate.”
“Holly non stai esagerando ora?” le aveva chiesto Nick preoccupato dalla tensione che si stava creando nella sala.
“No. Se non ci crediamo noi allora è inutile che lo facciamo. Dovevamo divertirci, non incazzarci. Che ti frega se salta un accordo? Dakota è in grado di sistemare tutto, ha studiato tastiera e pianoforte per una vita. Divertiti Roxy, e non prenderti sul serio questa volta. Puoi divertirti grazie alla tua memoria e a quello che comporta... prova a divertiti quando suoni, anziché pensare a non sbagliare. Proviamo da due settimane per quello: per minimizzare gli errori.”
“Te ne vai sul serio?” le aveva chiesto Dakota preoccupata di non vederla tornare.
“Roxy sa suonarla alla perfezione, Walk. Insegna gli accordi del basso a Ian, io torno tra poco.”
 
 
Holly non era una professionista, né una leader. Aveva evitato accuratamente di invischiarsi con il mondo dello spettacolo dribblando ogni trappola e aveva evitato di frequentare individui talmente molli da aver bisogno di un modello da seguire. Sapeva però cos'era la paura, sapeva come ci si sentiva a stare su un palco senza avere la certezza che tutto fosse perfetto. Aveva quindi imparato a gestire il terrore del palcoscenico cavalcandolo: sapeva che lì – ad ascoltarla – c'era sempre una folla di individui pronti a sbranarla se l'assolo non era perfetto. Loro invece dovevano divertirsi. Avevano progettato una scaletta ricca di ricordi e vita, una di quelle playlist da I-Pod che la facevano sentire sempre a casa ovunque si trovasse. Walk non era in programma perché comportava per lei un timbro di voce impossibile da replicare, ma aveva deciso di fregarsene e mettere in scaletta l'unica canzone in grado di far divertire Roxy e tirarla fuori dallo stato di paranoia in cui si era cacciata.
Chiusa nel bagno di un bar, Holly emetteva versi gutturali che le nascevano dallo stomaco. Anni prima aveva chiesto al suo insegnante di canto dell'università come si poteva fare screamo senza compromettere le corde vocali, e la risposta era stata: con il diaframma. Holly aveva smesso di fare l'idiota giocando alle imitazioni un sacco di anni prima, ma doveva ritrovare almeno la tecnica con cui poter cantare senza restare a metà concerto senza voce. Sarebbe bastata mezz'ora di tranquillità per ritrovare il momento in cui diaframma e gola si incontrano, per emettere quei suoni graffianti che lei, senza tecnica, non sarebbe mai riuscita a ricreare.
Dopotutto, di Matthew Sanders ne esisteva uno al mondo.
 
 
“Allora?”
Holly si era girata verso Roxanne, sorridente. Aveva portato donuts appena sfornate a tutti, e ora le stava offrendo ai ragazzi dopo la prova di Walk.
“Ti odio.”
“Sempre meglio del tuo me ne vado di prima. Sei una rompipalle quando fai così.”
“Quando detti legge ti prenderei a schiaffi.”
“Lo farei anch'io. Ma me ne prendo la libertà solo quando è necessario. Colpa tua che come una fessa sei rimasta, comunque. Potevi andartene se lo desideravi. Ti ho lasciato la massima libertà di scelta,” aveva risposto la rossa addentando un altro pezzo della propria ciambella.
“Secondo me sarà un successo.”
“Da cosa lo deduci Holly?”
“Dal fatto che se faremo schifo cantando, con Nick e Ian avremo comunque conquistato il pubblico femminile. A quello maschile penserete tu e Dakota.”
“Anche tu.”
“Scordatelo che io mi metta a cantare in bikini e minigonna, non scherziamo.”
“E perché dovrei farlo io?” aveva domandato Roxanne scettica.
“Perché tu devi ricordare ad Huntington Beach chi sei. Chi sono io lo sanno benissimo se resto in jeans e maglietta” aveva risposto la rossa alzando le spalle e posando un bacio sulla guancia di Nick sorridendogli.
“Mi sa che i giri di Walk non ti verranno mai come a Brian, ma lo sai? Resti comunque il mio chitarrista preferito.”
“Mi chiedo come hai fatto a innamorarti di una così,” l’aveva apostrofato Roxy sospirando.
“Me lo chiedo anch'io, poi riesco sempre a ricordarmelo.”
Perché nella sincerità con cui Holly parlava e metteva la sua California al primo posto, Nick riusciva sempre a scorgere quanto fosse speciale il suo, di posto, nella vita della donna che amava. Era l'eccezione che confermava la regola, la certezza che ovunque Holly avesse deciso di vivere, lui l'avrebbe seguita.
 
 
Huntington Beach, 2007.
 
 
Tutti sapevano chi erano le misteriose figure femminili dei Pinky Mood. Chi aveva avuto a che fare con Holly, sapeva benissimo quanto lei avesse insistito perché i ragazzi chiamassero a quel modo la loro band. Una volta Brian, scazzato dalle continue pressioni della ragazza, le aveva risposto con un secco “Crea una tua band e mettile quel nome da femmine.
Lei, anni dopo, l'aveva preso alla lettera, ed ora lui se ne stava in prima fila accanto a un tetro Zacky e due esaltatissimi Jimmy e Johnny ad attendere l'inizio del concerto di un gruppo di principianti. Il problema era che non sapeva cosa aspettarsi, e Matt era in ritardo come il solito mentre la folla si stava accumulando sotto il palco nemmeno dovessero suonare loro.
“Fa uno strano effetto dover guardare un concerto anziché farlo, vero?”
“Specie perché dovremo offrire una spalla su cui piangere a quelle sceme.”
“Secondo me ci stupiranno, Zacky.”
“Sei sempre troppo ottimista, Jimmy.”
Le luci si erano abbassate e Matt e Val si erano gettati nella folla nel tentativo di arrivare alla prima fila, seguite da Michelle e Gena.
“Perché le hai fatte venire insieme?“
“Perché volevo la prima fila senza farmi uccidere, okay?” era stata la risposta di Zacky, piazzato esattamente sotto l'asta del microfono, certo che Holly sarebbe stata lì. Aveva scoccato un'occhiata a Matt, l'aria cupa di chi si era di certo sorbito i dieci minuti di auto più lunghi e sfiancanti di tutta la vita.
“La prossima volta ricordami di risponderti col cazzo alla tua idea di farmi fare ad autista alle ragazze, okay?”
“Viaggio difficile?”
“Secondo te?”
A giudicare da come si erano vestite Gena e Michelle, evidentemente si, specie perché entrambe si erano conciate come se dovessero stare nel backstage, cosa che chiaramente non sarebbe avvenuta, con il conseguente rischio che si sarebbero fatte ammazzare dopo la prima canzone. Zacky conosceva Holly e sapeva perfettamente che non avrebbe cantato solo i Beatles e Jeff Buckley o che, quanto meno, non si sarebbe limitata al suo amore per la musica vintage. Dietro di lui c'era una folla infinita di gente della stessa pasta di quella che frequentava i loro concerti: se li sarebbero mangiati a colazione al primo errore.
Le luci si erano accese all'improvviso sul palco, e dopo alcuni istanti di imbarazzato silenzio, dalle quinte aveva fatto capolino Ian con in braccio Holly – microfono tra le mani e culo all'aria, le braccia a penzoloni dietro la schiena del ragazzo – seguito a ruota dal resto della band che, senza scomporsi, era andato a posizionarsi al proprio posto mentre Watkins scaricava Olivia in proscenio come un sacco di patate, andandosi a posizionare al proprio posto, dietro la batteria.
Un colpo, due, poi era partita la prima canzone.
Holly l'aveva scelta senza esitazione come canzone d'apertura perché se n'era innamorata sin dalla prima volta che l'aveva sentita e perché, come le aveva spiegato Ian, dovevano scaldare il pubblico sin dal loro ingresso in scena. The River, dei Good Charlotte, sapeva di casa come non mai e quello era il regalo per la sua Huntington Beach e per ciò che l'aveva fatta diventare. Con lei nel cuore, sempre e dovunque, era cresciuta ed era diventata adulta. Restava un impiastro per Brian e una scema per Zacky che se ne stavano lì, sotto il palco a fissarli impietriti, ma lei si sentiva davvero grande in quel momento. Non aveva più paura ad affrontare i ritorni a casa e nemmeno aveva paura di ciò che gli altri potevano dire di lei. Aveva dimostrato di potersela cavare anche da sola, poteva dirsi di essere una vincitrice, no? Senza una famiglia sicura a pararti il culo quando sbagliavi, senza quella sensazione di calore rassicurante che ha l'abbraccio del tuo migliore amico: da sola, con le sue sole forze, era diventata adulta.
“Grazie Huntington Beach!”
 
 
Zacky non riusciva a credere a ciò che vedeva e sentiva. Avvertiva un'enorme sensazione di disagio mista a un profondo orgoglio che lo faceva sentire un perfetto idiota, lì a rimirare la sua migliore amica e sua sorella fare ciò che faceva lui da sempre. Aveva accusato il colpo dei ricordi proprio come Brian, perché nulla di quelle prime canzoni era stato lasciato al caso. Erano i ricordi di Holly messi in musica e questo Zacky lo sapeva benissimo. La ragazza aveva bevuto da una bottiglietta d'acqua, gettandola tra la folla, dando al pubblico – e alla band – un attimo di respiro dopo il ritmo serrato con cui avevano affrontato i primi venti minuti di concerto.
“Mi scuso per l'ingresso da imbranata, ma la verità è che dopo aver fatto la paternale a Roxy, non ci volevo salire io sul palco. La canzone che vi vogliamo offrire ora è un ricordo dell'adolescenza di un casino di voi, ma più di tutti è mia e di Dakota. Non vogliamo farvi morire proprio ora, e prima di un po' di mosh vogliamo regalarvi un paio di buone canzoni acustiche.”
Ian, Roxy e Nick avevano lasciato il palco mentre i riflettori si puntavano su Dakota alla tastiera, Holly che – seduta cavalcioni sul palco, le gambe penzoloni nel vuoto – aveva imbracciato la chitarra acustica che si era ripromessa di non toccare mai più.
“Questa è una canzone d'amore che, se ci fosse stata dedicata quando avevamo sedici anni, ci avrebbe fatte capitolare. Johnny questa Dakota la dedica a te.”
Quando, sulle note dell'arrangiamento acustico che ne avevano fatto le due era partita la voce in farsetto di Holly, Johnny aveva preso a gridare come un ossesso che quella alla tastiera era la sua donna. “Fuck her Gently”, di Jack Black, cantata da Holly, sembrava persino una canzone d'amore seria, una di quelle dichiarazioni per cui davvero una donna sarebbe capitolata.
“Non me la sto sognando vero?” era stata la domanda di Zacky a Brian, che per tutta risposta cercava dietro le quinte Roxanne. Matt rideva, con quella sua risata da ragazzino che non aveva cambiato mai: quel film l'avevano visto insieme e Holly per settimane intere si era fatta cantare quella canzone da Matt, quando erano al sicuro tra le mura della camera della ragazza. All'epoca non l'aveva capito, lui, che quella era una dichiarazione d'amore che Holly gli estorceva con l'inganno ma in quel momento gli sembrava come se, in fondo, fosse sempre stato al gioco per comodità.
E probabilmente, era stato davvero così.
 
 
Quando il resto della band era rientrata sul palco, Ian teneva tra le mani il basso di Johnny – eletto a portafortuna dei Pinky Mood da Dakota - e Roxy si trovava alla batteria, sistemandosi sul seggiolino.
“Non ci credo... non ci posso credere. Non ci credo sino a quando non la sento, cazzo!”
Jimmy era elettrizzato, aveva già le braccia alzate prima ancora che la canzone iniziasse.
“Vi abbiamo promesso che vi avremmo regalato un giro di mosh pit... è tutto per voi!”
A quelle parole le bacchette si erano incrociate in aria, poi Roxy le aveva fatte girare e con forza le aveva battute contro le percussioni, dando il segnale di avvio di Walk mentre Holly si dirigeva verso di lei quasi correndo, scoccandole un bacio sulla guancia e lasciando il proscenio nelle mani di Nick e Ian che avevano attaccato con la propria parte.
A Ian Watkins non era costato cedere la prima linea a Holly: era un cantante, sapeva cosa significava la prima fila di gente che sta lì solo per ascoltarti e incitarti. E poi quella era una prima fila speciale, che a lui avrebbe dato ben poco rispetto a quello che stava dando alle ragazze. Aveva fatto la scelta giusta e poi poter suonare la batteria senza preoccupazioni gli aveva fatto tornare la voglia di fare musica, quella che gli mancava da un po' di tempo a quella parte.
“Quelle sono le mie ragazze, cazzo!”
Jimmy le ascoltava e gli sembrava che tutto il mondo potesse essere meno stronzo, in quel momento: le guardava e vedeva sé stesso sei anni prima, quando tutto era iniziato e avevano solo una voglia fottuta di divertirsi e fare casino.
La voce di Holly arrivava limpida e dura, diversissima da come erano abituati ad ascoltarla: aveva la tecnica e la utilizzava anche per poter cantare i generi più disparati, senza perdersi o essere ridicola. Avevano arrangiato tutte le canzoni in modo da settarle sulla tonalità di voce di Holly, per quel motivo tutto risultava assolutamente naturale, persino la durezza delle grida di Holly che camminava avanti e indietro sul palco, sino ad andarsi a posizionare tra Ian e Nick, pericolosamente in bilico su uno degli amplificatori.
“Dai Holly, buttati!”
Johnny era stato il primo a gridarglielo, e lei gli aveva sorriso continuando a cantare, la mano che andava a sfiorare quella di una prima fila in cui riconosceva volti e in cui volti nuovi le sorridevano entusiasti. Era davvero solo così figo fare la rock star? Lei era solo rock, ma le andava bene lo stesso: per quella sera, sarebbe stata lei a far divertire gli altri divertendo per prima sé stessa.
“Dai Holly! Ti prendiamo noi!” 
Alle grida di Jimmy, Holly non aveva saputo resistere: quante volte l'aveva fatto, di gettarsi dal palco di concerti che non erano suoi? Per una volta poteva decidere di farlo da protagonista indiscussa, no?
“Okay, ragazzi: se la prima fila non mi prende al volo, il concerto finisce qui.”
Holly non aveva il senso della misura ma era una di quelle persone che avevano dalla propria parte una fortuna sfacciata in fatto di abbonamenti evitati al pronto soccorso: aveva preso la ricorsa continuando a cantare e si era gettata a pancia in sotto sui ragazzi, venendo afferrata al volo da Jimmy e Matt, che si era spostato sostituendo Johnny per evitare a Holly una morte quasi assicurata.
Zacky la guardava ridere e cantare mentre mani di individui più o meno ubriachi la sorreggevano, gli shorts troppo corti unico ricordo dell'abbigliamento imposto da Dakota a lasciarle scoperte totalmente le gambe, coperti dalla canotta dei Lackers che le arrivava ben oltre la loro lunghezza, il bikini che si intravedeva al di sotto della canotta troppo larga. A giudicare dalla mini di sua sorella e dagli shorts vertiginosi di Dakota e dal loro bikini colorato, Zacky aveva intuito che Holly si fosse coperta all'ultimo minuto. C'erano cose che nel tempo non l'avrebbero mai tradito, che gli avrebbero sempre dato la certezza di una continuità nella sua vita e Holly era una di quelle.
 
 
Un'ora e mezza di concerto e ancora resistevano sul palco. A Brian sembrava non dovessero finire mai di suonare. Gli piaceva come avevano adattato le canzoni in favore di Holly, e se anche Nick non era al suo livello, aveva fatto un'ottima figura. Di Roxy aveva studiato ogni singola espressione del viso, ogni gesto e ogni accordo: non aveva sbagliato un colpo, e il regalo che avevano fatto a Jimmy era stato l'ennesimo ricordo della loro vita spalmato su quattro accordi e le parole giuste. Pomeriggi passati a insegnare a Roxy a suonare uno strumento di cui non le importava nulla e che l'aveva fatta sentire un mostro erano diventati invece la dimostrazione che quella sua memoria era un dono. Roxy si era divertita con il basso di Johnny, aveva tirato fuori non la tecnica di un apprendimento meccanico ma la voglia di fare musica. E l'aveva lasciato a bocca aperta proprio come la prima volta che Jimmy le aveva posato le bacchette tra le mani e le aveva detto “suona”, proprio come ogni volta in cui lei gli dimostrava come funzionasse quel suo dono che viveva come una condanna. Lo era ancora, per lei, uno scherzo del destino?
Stavano mostrando a tutti loro come era semplice – e difficile – avere una memoria come quella di Roxy: e quella lezione Holly l'aveva indorata con la patina rock e casinista di tutta la sua vita. Era il loro concerto, erano i ricordi di un'intera vita messi in una playlist che chiunque di loro avrebbe potuto scrivere, in corsa verso il gran finale della serata.
 
 
“Ci sono canzoni che ci ricordano chi siamo, o cosa siamo stati. Ci sono persone che ci rimandano sempre a un passato per ricordarci cosa abbiamo perso o cosa abbiamo guadagnato. Siamo cresciuti ad Huntington Beach e loro – e aveva indicato con il dito indice i ragazzi - ci hanno resi fieri di essere ciò che siamo... questa canzone la dedichiamo a voi che occupate la prima fila stasera. Grazie di tutto.”
Quando credi di sapere tutto, finisce che scopri di non aver capito un cazzo di niente. Quello che a Zacky era sembrato un addio, era invece la spietata crudeltà con cui il destino aveva deciso di restituirgli ciò che lui stesso aveva creato. Holly, ferma immobile con il microfono tra le mani, aveva attaccato le prime note di Seize the Day a occhi chiusi e tutto, in una frazione di secondo, era collassato su sé stesso offrendogli il ricordo di una festa in cui Holly gli aveva stampato un bacio a fior di labbra; di troppi addii in aeroporti gremiti di gente e la richiesta mai espressa di non partire ancora; viaggi infiniti in tour bus dove avvertiva quel senso di vuoto lasciato da una sedia priva del suo solito proprietario; volti sconosciuti a riscaldargli il letto per ripagare il senso di solitudine e abbandono; il sorriso di Gena che aveva stemperato il colore di una chioma rosso fuoco e le aveva dato la giusta collocazione nella sua vita: l'etichetta con su scritto “Migliore amica. Per sempre”.
Zacky la guardava cantare e non riusciva ad allontanarsi dalla folla per trovare di nuovo aria respirabile e pulita: si sentiva sopraffatto e le sue parole, in bocca a Holly, avevano un sapore diverso: amaro e nostalgico, atrocemente malinconico. Non era come quando era cantata da Matt, cantata da Holly era... struggente.
Cazzo, fa venire il nodo in gola.
Davvero aveva scritto una canzone così bella per quella scema? Forse però, a pensarci bene, era così bella solo se la cantava lei, con quello sguardo perso verso il cielo stellato a inseguire ancora una volta i suoi pensieri, non quelli degli altri, ancora una volta troppo concentrata su sé stessa per accorgersi di quello che aveva attorno.
Sei la solita egoista.
Questa volta hai vinto tu, mi arrendo.
 
 
Brian aveva la netta sensazione che quella canzone fosse stata ben ponderata: canzone di chiusura, l'unica di cui Roxy avesse eseguito i cori, un assolo di chitarra da vertigine e un'esplosione di emotività da parte di Olivia. L'impiastro non aveva guardato nessuno di loro, si era estraniata cantando a occhi chiusi, fissando il cielo come se avesse dovuto trattenere le lacrime – quella scema non avrebbe mai pianto per così poco – ma era stata Roxy, invece, a cantare guardando Brian, senza staccargli gli occhi di dosso. Un'accusa, una preghiera, una supplica: c'era tutto, in quella canzone, e tutto gli precipitava addosso come un fiume in piena. Roxy era perfetta e gli aveva sbattuto in faccia gli anni della loro storia, il loro addio e ciò che non sarebbero stati mai più. Quando Watkins le aveva dedicato a sorpresa “Always” di BonJovi, accompagnato da Holly nei cori e da Nick alla chitarra acustica, aveva compreso che se anche avesse valutato l'idea di riprendersela, avrebbe dovuto combattere contro il muro di scudi di quella che era la sua vita presente. Gliel'aveva distrutta una volta, avrebbe davvero avuto il coraggio di rifarlo?
No, Roxy non se lo meritava.
E non si meritava nemmeno uno come lui, che anziché essere fiero dei propri sentimenti era scappato a gambe levate prima di trovarsi invischiato in un qualcosa più grande, che non sapeva come gestire.
Era stato sconfitto da una dichiarazione d'amore fatta ad arte, bella e spontanea nel modo in cui era nata, con Holly seduta ai piedi di Watkins a gambe incrociate mentre cantava una delle storie d'amore a cui era morbosamente attaccata sin da quando ne aveva memoria: aveva contro il mondo intero, e avrebbe avuto contro anche Zacky. Aveva perso ogni diritto su Roxanne due anni prima e ancora non era in grado di mettere a tacere quella voce che gli ricordava quanto fosse stato stupido.
Puoi perdonarti gli errori di quando sei un ragazzino in età adulta? La sua coscienza non era però così magnanima da chiamare “ragazzino” un uomo di ventiquattro anni.
 
 
*
 
 
Holly aveva chiuso il concerto promettendo ai presenti fotografie e autografi. Erano le due del mattino quando finalmente iniziava a non esserci più nessuno attorno a loro.
Roxanne parlava fitto con Ian, Dakota smaniava perché Johnny arrivasse da lei – l'aveva avvertita che sarebbero andati da loro quando la folla fosse scemata – e Holly faceva fotografie a destra e manca, anche ai fans che le chiedevano foto ricordo di un concerto pazzesco.
“Senti Ian, ma secondo te perché ci stanno osannando così tanto?”
“Merito della scaletta. Era equilibrata e aveva un ottimo trend emotivo.”
“Se lo dici tu”, aveva borbottato lei stampando un bacio sulla guancia a Nick sorridendogli.
“Lo sai? Sei riuscito a battere Brian in Seize the day.
Lui l'aveva attirata a sé baciandola di nuovo, sorridendole mentre lei – imbarazzata – cercava di dimenarsi.
“Merito tuo, hai superato te stessa.”
“Sarò stata ispirata.”
“Dove sono le nostre rock star?”
L'entrata di Jimmy e Johnny aveva distolto i ragazzi dal proprio momento di tranquillità, interrotto da Dakota che – dopo aver emesso un grido entusiasta – si era gettata addosso a Johnny che l'aveva presa al volo, evitando a entrambi una rovinosa caduta.
“Sono commosso, voi mi avete reso un uomo felice.”
“Dai Jimmy, era una cosa fatta tanto per occupare il tempo.”
“Tu sei la mia degna erede, lo sai?”
Holly era scoppiata a ridere, strizzando l'occhio a Roxy.
“Te l'avevo detto no? Era un regalo perfetto. Te lo sei meritato, continui a sopportare il residuo degli idioti che di solito bazzica con te, almeno una soddisfazione nella vita dovrai pur riceverla, no?”
Jimmy aveva riso e in quel momento avevano fatto capolino i ragazzi, Zacky e Brian con l'aria imbarazzata di chi non sa bene come dosare le parole.
“Ehi, volete un autografo?”
Holly non avrebbe voluto chiudere il concerto con quella canzone, ma alla fine le era sembrata la scelta più giusta. Voleva vedere che effetto potesse fare su Brian e, anche se a distanza di diverse ore, gli sembrava abbastanza a disagio da aver fatto centro e colpito l'obiettivo.
“Dai, facciamo le foto ricordo?”
Holly aveva lasciato scivolare la mano di Nick accanto alla propria e con un leggero cenno del capo si era staccata da lui ed era andata dai suoi amici, sventolando fiera la macchina fotografica.
“Voglio una foto con le ragazze da solo, quindi Johnny levati dalle palle. Senza offesa per voi due, ma preferisco svegliarmi ogni mattina con la loro foto che con la vostra.”
“Oh tranquillo Jim, tanto io mi sveglio ogni mattina accanto a Roxy, direi che posso capirti.”
Stilettata dritta al cuore di Brian e ai nervi di Zacky.
Holly aveva dato la macchina a Jimmy, in modo che potesse inquadrare tutti e quattro vista la sua altezza, poi si era staccata dal gruppo e aveva fotografato Dakota e Johnny intenti a scambiarsi un bacio.
“Siete disgustosi tanto siete melensi. Ma non smettete mai di essere così tanto innamorarti?”
“Bell'amica del cuore che ho... mi augura di farmi scaricare dal mio fidanzato,” l'aveva apostrofata Dakota prendendola in giro.
“No tranquilla, Johnny non ti scaricherà mai. Invecchierete insieme e farete una miriade di bambini. L'hai sentito come urlava mentre suonavi? Uno così non può che portarti all'altare.”
“La veggente Bridges ha parlato, avanti il prossimo.”
Holly aveva fatto una smorfia in direzione di Johnny, poi si era girata per cercare Brian e Zacky intenti a confabulare con Roxy, e si era quindi lasciata prendere alla sprovvista da Val e Matt.
“Dovevo sponsorizzare voi quando abbiamo iniziato con gli Avenged Sevenfold, altro che storie.”
“Val mi ha fatto notare che le nostre canzoni cantate da te sono migliori.”
“Sono solo più femminili e questo è un paradosso, in ogni caso. Grazie per essere venuti e aver assistito a questo strazio.”
“Ci siamo divertiti moltissimo, volevamo complimentarci con Roxy ma è impegnata... glielo dici tu? Anche perché qui c'è qualcun altro in fila per gli autografi, vero Zacky?”
Holly aveva stornato lo sguardo da Roxy e Brian a Zacky, sorpresa.
“Sarà fatto Val. Grazie.”
“Posso abbracciarti?”
“Che cazzo di domande fai?”
Valary aveva sospirato, dando una leggera spinta a Matt che aveva allargato le braccia nelle quali Holly era stata avvolta come da una rassicurante coperta di Linus.
“Dovevo chiederti di suonare con noi. A due voci potevamo fare un sacco di cose in più con gli Avenged Sevenfold.
“Ti avrei comunque detto di no, lo sai. Siete perfetti così.”
“Grazie per il bel concerto.”
Matt le aveva sorriso, passando poi il braccio destro sulla spalla di Val, allontanandosi per raggiungere gli altri.
“Sei una fottuta cantante con i controcazzi, okay?”
“Eh?”
“Non lo ripeterò un'altra volta. E visto che mi sei praticamente planata in testa, voglio una foto ricordo dell'unico momento in cui sei stata una figata assurda.”
“Io sono sempre una figata assurda. Sei uno scemo, lo sai?”
“Potevi ammazzarti.”
“Mi avete presa al volo. Mi fido di voi: se mi dite di lanciarmi io lo faccio.”
“Nonostante tu sappia benissimo che potremmo lasciarti cadere?”
“Non mi risulta l'abbiate mai fatto, nel caso, vi ho trascinato giù con me.”
Zacky aveva sollevato la macchina fotografica verso l'alto, scattando la foto nel tentativo maldestro di darle un bacio sulla guancia. Holly gli aveva strappato la macchina di mano, guardando il risultato scettica.
“Fai pena a fare le foto, lo sai?”
Era stato il suo turno, di scoccargli un bacio sulla guancia e scattare e Nick si era alzato dal proprio posto allontanandosi in una delle sale accanto. Era un mondo in cui non sarebbe mai entrato, e nonostante non provasse gelosia – ma era davvero così, poi? O si stava facendo andare bene tutto perché temeva di perderla al minimo sentore di catene ai polsi da parte sua? - era comunque l'essere messo da parte per un passato ingombrante che sarebbe sempre stato presente e non sarebbe mai stato accantonato. Tra i due, era probabile che fosse lui a essere messo al secondo posto, non loro.
“Così tu terrai questa, scemo. E grazie.”
“Ehi Zacky, mi passi la macchina?”
Holly aveva guardato Brian, battendo sul tempo l'amico e correndo da lui e Roxy.
“Faccio io la foto, Zacky è un disastro.”
Holly si era posizionata davanti a loro e Brian aveva passato il proprio braccio attorno alla vita di Roxy, attirandola delicatamente a sé, guancia contro guancia.
Che carini. E tu che idiota sei, Brian.
Holly aveva visto Roxanne irrigidirsi a quel contatto, per poi imbarazzarsi mentre cercava di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. In quel contatto di volti, in quella vicinanza che non si concedevano da quando si erano lasciati, Holly vedeva in realtà solo il proseguimento di ciò che era finito due anni prima.
Brian era ancora innamorato di Roxy, il problema era che c'era Ian e Holly, be', non sapeva per chi fare il tifo perché era difficile tenere distinto ciò che era giusto sperare e ciò che invece avrebbe reso Roxanne davvero felice. Quindi, si sarebbe sentita uno schifo nei mesi a venire, nel tenere per sé il segreto che si sarebbe trascinata dietro sino alla morte.
 
 
*
 
 
Olivia aveva passato il mese di agosto a ripulire quella che – nel suo prossimo ritorno a casa – sarebbe stato il suo nido sicuro, non lontano per altro dalla casa di Johnny. Aveva passato giornate intere a sistemare con cura i ricordi di sua nonna in scatoloni tutti uguali, archiviando con la perizia devota del suo lavoro album di fotografie, cartoline, lettere dal fronte di suo nonno e persino l'abito del suo matrimonio. Zacky le aveva chiesto se fosse impazzita, ma Holly era ben decisa a non buttare nulla, riponendo con cura ogni cosa in garage, lasciando l'auto nel viottolo di casa. Doveva a suo nonno l'amore per la storia, a sua nonna – che era stata pittrice – quello per l'arte. Aveva lasciato alla parete del salotto un enorme tela che ritraeva la spiaggia di Malibu al tramonto, uno dei primi dipinti di sua nonna ad averla conquistata da bambina. Aveva ridipinto le pareti con l'aiuto di Nick, Ian e Roxy, ripulito casa e montato mobili fai-da-te con l'aiuto di Dakota.
Infine, il suo nido era pronto per essere aperto al pubblico proprio quando era giunto il momento di tornare a Cardiff.
Era stata una bella estate, intensa e pazzesca: alla noia di luglio si era sostituita – dopo il concerto e con l'arrivo di Nick – la voglia di rimettere in sesto la sua nuova casa, seppur con qualche riserva del ragazzo.
“Sicura che poi non decidi di tornare qui?”
“Se torno tu puoi sempre venire con me. O ritornare a New York. Lo sai meglio di me che resti a Cardiff facendo scazzare Julian solo perché ci sono io.”
“Questo è verissimo,” le aveva riposto lui imbrattandole un braccio di pittura gialla prima di abbracciarla e stringerla a sé come se temesse di vedersela strappare da qualche onda spietata dell'oceano.
“Prometto che non scappo da nessuna parte senza di te. Potremmo stare qui quando ritorniamo senza far sentire i miei in imbarazzo.”
“Vorresti tornare a vivere qui, vero?”
“Prima o poi si. Non si può scappare per sempre e io l’ho fatto a sufficienza. Ormai dovrei decidere di fermarmi. Voglio farlo con te, però.”
Nick l'aveva stretta un po' più forte e lei aveva risposto con la stessa intensità: sapeva quanto gli chiedeva e quanto doveva fare paura quel suo desiderio.
“Non ti lascerò mai, te lo prometto.”
“Nemmeno io.”
 
 
Holly adorava Ian perché, proprio come Zacky, era un mattatore delle feste. Per salutare l'estate e festeggiare il loro rientro in Galles, Ian aveva proposto un falò sulla spiaggia, accolto con entusiasmo dalle ragazze che avevano ovviamente elargito l'invito all'intera tribù.
La sera del falò sembrava tutto perfetto: avevano fatto il bagno nell'oceano al tramonto, con il sole che scivolava veloce dietro la linea dell'orizzonte, e poi avevano lasciato ai ragazzi il compito di preparare la carne sul fuoco acceso da Jimmy e Matt. Olivia e Dakota parlavano fitto tra loro, estraniandosi dal resto del gruppo: non sarebbero mai riuscite a stare in mezzo ad altre ragazze senza finire con l’estraniarsi totalmente da ciò che le circondava, persone comprese.
“Potresti rimanere qui. La casa di tua nonna è diventata pazzesca!”
“Solo perché abbiamo zebrato la libreria non vuol dire che sia bella.”
“Si ma quello è un posto solo tuo, come quello che hai a Cardiff, ma qui. Insomma, potresti pensarci no?”
“Per ora Nick desidera restare a Cardiff e io là ho un lavoro che amo. Qui dovrei andarmi a chiudere in qualche museo a Los Angeles e, se ci penso, mi sento soffocare.”
“Potresti allestire mostre o cose del genere, no?”
“No, io posso al massimo scrivere le guide che le capre ignoranti che allestiscono le mostre temporanee non conoscono.”
“Però vorresti tornare.”
“No.”
“Menti e lo sai anche tu.”
Roxy si era girata nella loro direzione, come se stesse sentendo ciò che si stavano confidando, estraniandosi dalle chiacchiere di Gena e Val. Holly le aveva rivolto un sorriso, poi era tornata a guardare Dakota.
“Mi ha fatto bene questa estate. E' stata... come tornare a casa, appunto. Senza fretta, senza ritagliarmi tempo per tutti centellinando i minuti. Ma ancora non mi va di tornare per restare. Ci sono un sacco di cose che mi aspettano a Cardiff.”
E un sacco le ho qui, ma per ora Cardiff è ancora il porto sicuro che regge le mie insicurezze. Quando sono ad Huntigton Beach, la notte, mi sento sopraffare dal timore di aver smesso di sognare, di essere una persona arida e vuota che si accontenta di ciò che ha. E questo senso di oppressione mi terrorizza.
 
 
Ian era intento ad abrustolire alcune salsicce sul fuoco, quando Michelle gli si era avvicinata mettendoa scaldare la propria e quella di Brian.
“La stai cuocendo anche per Roxanne?”
“Di solito è l'uomo a prendersi cura della donna, non il contrario.”
Il gruppo si era disperso un po' tutt'attorno, lasciando attorno al fuoco solo chi aveva davvero voglia di mangiare il quarto giro di carne e chi, come Nick, aveva troppo freddo per respirare l'aria dell'oceano senza rabbrividire sotto i colpi della brezza.
“Cosa vi fa restare qui con noi? Siete estranei alla fine, non vi sentite di troppo?”
Michelle DiBenedetto aveva sbagliato a scegliere come bersaglio del proprio malumore il gallese: già se fosse stato Nick, per esempio, sarebbe riuscito a non affondarla in un mare di insulti. Ma Ian Watkins era uno che, nel difendere ciò che gli apparteneva, era disposto a uccidere l'avversario: uomo o donna che fosse.
“Sai cosa non sopporto proprio? Le gatte morte e le persone che insinuano soltanto. Non sono Brian, non mi freghi. Levati dai piedi.”
Senza scomporsi, Michelle aveva incassato il colpo sorridendo.
“Il fuoco è di tutti se non sbaglio.”
“Sei brava a rubare anche le cose che appartengono agli altri, a quel che mi risulta.”
“Non credo di seguirti.”
“Hai portato via Brian a Roxy, e questa è una cosa disgustosa.”
“Se non l'avessi fatto tu non staresti con lei.”
“Forse ci starei comunque. Ha sofferto anche a causa tua, e questa cosa non la perdonerò né a te né a lui.”
“Tutto qui?”
“Levati, la tua carne è pronta.”
E con quelle parole Ian si era avvicinato a Nick, Holly e Roxy, stretti attorno al fuoco poco distanti da dove si trovavano prima lui e Michelle.
“Che ti è accaduto?”
“Ha fatto la gatta morta.”
L'aria incazzata di Ian non prometteva nulla di buono, e Roxy aveva lanciato un'occhiata in tralice a Michelle, intenta a rosolare le proprie salsicce con scarso entusiasmo.
“In che senso Ian?”
“Ma ci ha provato con te?” aveva sibilato Holly lanciando – da sopra la spalla del cantante – occhiate furtive alla ragazza.
“No, insinua cazzate. Tipo che dovremmo sentirci di troppo qui.”
“Certo, come se lei non la fosse mai stata, di troppo. Non è che perché avevamo Val dovevamo per forza sopportare anche lei, eh.”
Holly aveva parlato a voce abbastanza alta da farsi sentire da Michelle: questa, aveva finto di non sentire nulla, andandosene da Brian e dai ragazzi, seduti al buio a rimirare il cielo stellato sopra le proprie teste.
Erano tanti, ma tutti divisi in quel momento. Dakota e Johnny erano andati a fare una passeggiata verso il molo, e di certo non sarebbero tornati prima di un paio d'ore; Jimmy e Zacky erano intenti a gustarsi un angolo di cielo stellato verso la scogliera, mentre Gena, Brian, Val, Michelle e Matt se ne stavano a bere birra e fare casino distesi su pesanti teli da spiaggia portati da Gena dal suo negozio.
“Nick suoni qualcosa? Così cantiamo la ninna nanna a Ian e si calma un po'. Dai, non farti rovinare la serata da quella serpe. Non interessa nemmeno più a Roxy.”
Roxy, però, faceva buon viso a cattivo gioco, e il colpo della presenza di Michelle continuava ad avvertirlo eccome. Non era giusto nei confronti di Ian, per cui incassava i colpi degli abbracci di Brian e delle sue attenzioni rivolte a Michelle in silenzio. Non aveva alcun diritto ormai, ma facevano male ancora come la prima volta. Ed era certa, comunque, di amare Ian.
Dov'era allora il problema? Tutto nella sua testa malata e nella sua memoria del cazzo?
“Cosa suoni?”
“Suona Grace, ti prego.”
“Tu canti però, altrimenti non ha senso suoni la chitarra.”
“Le tradizioni di casa nostra potresti anche non sbandierarle a questi due, è imbarazzante.”
Erano scoppiati a ridere, mentre Holly si era alzata ed era andata a sedersi sul tronco d'albero su cui si trovava Nick, dietro di lui, cingendogli la vita con le braccia e posando il proprio viso sulla sua spalla.
“Fai la scimmietta del circo ora?”
Holly aveva annuito con un cenno deciso del capo, posandogli un bacio sul naso.
“Dai, inizia...”
Roxy si era acciambellata sulla sabbia, tra le gambe di Ian, posandogli il capo sul ginocchio sinistro mentre lui giocava distrattamente con una ciocca dei suoi capelli.
Se avessero potuto restare così per sempre, sarebbe andato bene a tutti loro: niente passato ingombrante e quattro sconosciuti che erano riusciti a creare un famiglia nonostante le diversità caratteriali marcate. Forse era stato il desiderio inconscio di ognuno di loro a volersi sentire meno solo, forse il bisogno di una famiglia lontano da casa o forse la voglia di dimostrare che esistevano legami ugualmente importanti che non erano dettati solo dal passato ma anche dal loro presente e dal loro futuro.
 
 
Quando Zacky e Jimmy avevano fatto ritorno dagli altri, la prima cosa che li aveva accolti era stata la voce di Holly, poi un fuoco che andava estinguendosi che dava a quei quattro un bozzolo sicuro nel quale il resto del mondo non era ammesso.
“Quando ripartono?”
“Tra un paio di giorni, ai primi di settembre.”
“Sarà dura ricominciare senza di loro, vero?”
“E' difficile dopo due settimane, figurati dopo tre mesi. Quando la madre di Holly mi ha detto della casa pensavo decidesse di restare.”
“Se ci pensi è la prima volta in sei anni che si ferma così a lungo. Significa che ormai è pronta per tornare magari.”
Zacky si era arrestato bruscamente quando aveva udito distintamente le parole della canzone di Holly: sei anni prima, quand'era partita per New York, gli aveva regalato il cd di Jeff Buckley. Lei lo adorava, lui si era sempre rifiutato di ascoltarlo. Gliel'aveva praticamente imposto regalandoglielo, e aveva scoperto un sacco di cose di Holly. La prima, che era anche la più banale e che aveva sempre ignorato, era che lei si esprimeva per simbolismi. La seconda, era che Holly era una stramaledetta romantica come tutte le donne ed era stata così brava da mascherarlo per anni. Ora, vedendola stretta a Nick, si accorgeva di come quell'aspetto si fosse accentuato, come se tutte le cazzate sull'amore fossero vere. Persino Holly si era ammorbidita da quando stava con lui, o forse aveva deciso che non era il caso di rispondere ad ogni sua provocazione con un'altra per continuare così, all'infinito, per giornate intere, dimostrandosi superiore a lui nel cercare di rendere più adulto anche il loro rapporto.
Holly li aveva avvertiti avvicinarsi, interrompendo Nick alzandosi di scatto nel vedere Zacky e Jimmy avanzare nella loro direzione, posando un bacio distratto sulla nuca del ragazzo.
“Andiamo a fare il bagno?”
“Fa freddo, Holly...”
“E' l'ultimo qui in California... ti prego, Nick.”
“Vai tu con Roxy o gli altri, ti aspetto qui.”
“Sicuro?”, le aveva chiesto lei delusa.
“Assolutamente si, tanto mi riprendo la mia parte quando torniamo a casa.”
Gli aveva posato un bacio sulle labbra togliendosi all'improvviso felpa, maglietta e shorts dirigendosi verso Zacky e Jimmy strattonandoli entrambi per mano incurante dell’aria gelida.
“Com'è scema.”
“Cosa?”
“Ti sembra una persona che segue un filo logico?”, aveva chiesto Nick a Roxy, indicando Holly trascinare in acqua Zacky e Jimmy ancora vestiti.
Si stava per mettere a piangere, quella stupida.
Era davvero così difficile lasciarli?
 
 
“Sai cosa tiene accese le stelle?”
“Che razza di domande fai mentre stai nuotando?”
“Lo sai o no?”
“Spara la cazzata.”
“Sono tutti i nostri sogni. Come sei tonto.”
Zacky l'aveva guardata fare il morto, lo sguardo rivolto verso il cielo stellato e i capelli sciolti attorno al viso.
“Tu ne hai?”
“Si, ma sono un segreto. Tu ne hai ancora, piuttosto?”
“Nulla che non abbia già.”
“Non ti stanchi mai di avere già tutto quello che desideravi?”
“Cosa posso volere di più?”
“Magari qualcosa di non materiale. Matt, ad esempio, vorrebbe sposare Val.”
“E questo come lo sai?”
“Dal fatto che lui non sa come chiederglielo.”
“E gli altri?”
“Be', Jimmy vorrebbe una donna che lo ami davvero. È l'unico che non ha ancora una relazione stabile, è normale. Johnny vuole un mucchio di figli da Dakota e Brian rivuole tua sorella. Tu cosa vuoi Zacky?”
“Tu cosa vuoi, Holly?”
“Cos'è, una domanda trabocchetto? Voglio essere felice, tutto qui.”
“Non sei...”
Holly si era già messa a pancia in sotto, scivolando sott'acqua per riemergere alcuni metri più avanti.
“Io torno a riva, fa troppo freddo per stare fermi!”
Già, e io cosa voglio? Un sacco di marmocchi da Gena? Tu sei felice, Holly?
Lì dove sei, con mia sorella e l'uomo che ti porterà all'altare, non sei felice?
Perché sarà così: è stato l'unico a cui hai permesso di avvicinarsi senza mordere. Questo privilegio significherà qualcosa, no?
 
 
*
 
Il self-title degli Avenged Sevenfold era stato lanciato in 31 ottobre 2007, con un party a Los Angeles a cui erano stati invitati tutti gli amici e collaboratori della band. Holly e Roxanne non avevano potuto risparmiarsi il volo, e in meno di due mesi avevano fatto ritorno nuovamente negli Stati Uniti, seguite da Ian e Nick.
“Allora dobbiamo decidere da cosa travestirci!”
“Tutti e quattro con lo stesso tema diventa difficile.”
“Io voglio un costume ad effetto... che ne so, tipo... ah! Perché non facciamo qualche coppia famosa del cinema o del teatro?”
“Una novità assoluta, eh...”
“Sei tu quella con la memoria infallibile, non io,” aveva sbottato Holly incrociando le braccia sul petto.
“Nick facciamo Romeo e Giulietta? Quelli del film con Di Caprio... ti prego!”
L'aveva costretto a riguardare quel film una settimana prima, versando lacrime e sospirando ad ogni passo recitato dal biondino.
“Per me si può fare, a New York troveremo sicuramente qualche noleggio di vestiti degno di questo nome.”
“Esistono anche a Los Angeles, eh.”
“Si, ma dobbiamo andare a trovare Julian o lo caccia a calci nel culo dalla band”, aveva risposto Holly a Roxy con sarcasmo.
“Tu non hai a che fare con le dinamiche di una band di soli uomini in cui il cantante è una fottuta prima donna.”
“No, grazie a Dio Matt è sempre stato uomo senza manie di protagonismo.”
“Okay, io ho trovato il travestimento per me e Roxy: tu ti vesti da coniglietta di Playboy e io da Hugh Hefner.”
Holly era scoppiata a ridere nel vedere l'espressione inorridita di Roxy che aveva inarcato il sopracciglio in direzione di Ian.
“Sarà pieno di conigliette di Playboy. E poi che razza di travestimento sarebbe?”
“Ma vorresti qualcosa di macabro? Proprio tu?”
“È Halloween, no?”
“Potremmo noleggiare tutti i costumi da coniglietta di Los Angeles, così ci saresti solo tu.”
“Io voto per i personaggi di The corpse Bride, Emily e Victor! Sareste perfetti!”
“Tu e la tua fissa per Tim Burton...”
“Però come idea è bella, no?” aveva chiesto la rossa, un po' delusa.
“Si, mi piace. Però niente trucco azzurro in viso.”
“Sarai la sposa cadavere più bella del pianeta, lo sai?”
“Se dovessi mai essere geloso di qualcuno, penso proprio che inizierò con l'esserlo di te, Holly.”
“Hai avuto la mia benedizione, quindi è mia per la metà che a te non serve.”
“A me serve tutta.”
Roxy aveva sospirato, tappando la bocca di entrambi dando una manata alla propria destra e una alla propria sinistra.
“Basta. Un viaggio di dodici ore con voi due in questa condizione di iperattivismo non posso reggerle. Quindi, fine, stop, chiuso. Okay?”
E Roxanne aveva alzato il volume delle cuffie del proprio I-Pod, mettendo la parola fine al dibattito tra i due.
 
 
Dakota aveva riconosciuto immediatamente la chioma fulva, poi le ali da angelo e infine il semplice vestito bianco che indossava. Poi, dopo qualche istante, aveva realizzato che accanto a lei Nick, in armatura, la teneva per mano con l'aria di chi, lì in mezzo, teneva il bene più prezioso.
“Sono bellissimi.”
Alle parole trasognate della bionda – truccata da zombie-infermiera in coppia con Johnny - Zacky e Brian non avevano potuto fare a meno di voltarsi in direzione dei due arrivati, per scoprire che se c'era una cosa che non avrebbero mai creduto di poter vedere nell'arco della propria vita, era Holly nelle vesti di Giulietta.
“L'ha fatto davvero?”
“E' uno dei suoi film preferiti... ovvio che l'abbia fatto. Vado a salutarli! Vieni Johnny?”
Se il colpo di scena si fosse limitato a Holly con l'espressione trasognata di un Giulietta moderna, la serata poteva dirsi persino conclusa con una nota positiva, ma Roxy e Ian si erano presentati vestiti di tutto punto come i protagonisti di “The Corpse Bride” – un altro dei film preferiti da Holly e Zacky – e il vestito di Roxy lasciava davvero poco spazio all'immaginazione.
Quando Roxy e Holly si erano ritrovate vicine, per un istante a Zacky erano balenate in testa due fottutissime scritte: Syn & Grace. Il problema era che erano state appiccicate sui corpi di sua sorella e della sua migliore amica, una inviolabile per DNA condiviso e l'altra per essere l'anti-femminilità per 363 giorni l'anno. Aveva infatti dovuto depennare dalla lista il giorno di Natale e quello di Halloween, dunque restava solo il residuo.
“Lo fa apposta.”
“Chi?”
“Mia sorella.”
“Zacky è la festa per l'uscita dell'album. Se facciamo casino questa volta Val e Matt ci spaccano il culo. E senza mezzi termini.”
“Tracannare birra risolverà il tuo problema? Riprenditi mia sorella e molla Michelle.”
“Prima non ti andavo bene.”
“Prima l'hai fatta soffrire, ma se stesse con te tornerebbe qui. Sarebbe già qualcosa, pur di non vederla con quel gallese. Guarda! Cazzo, che schifo... ma lo vedi?”
“Zacky...”
“Guarda come se la tiene stretta addosso, sono lì, appiccicati a strusciarsi mentre ballano... ho la nausea, okay?”
Zacky aveva ingollato il contenuto del proprio bicchiere senza nemmeno ricordare cosa ci fosse dentro. Gena si stava avvicinando e non poteva litigare nemmeno con lei, visto che Matt li avrebbe seriamente ammazzati uno ad uno se solo avessero osato fare casino.
“Vado a far ballare Gena, altrimenti rischio di mettere le mani addosso al gallese.”
Per una volta Nick non era nemmeno contemplato o meglio, lo era solo di riflesso: Nick si coccolava Holly come se fosse una bambola, erano più... più realmente Romeo e Giulietta. Ian e sua sorella, invece, iniziavano a essere la versione per adulti del film di Burton.
E speriamo che Brian faccia qualcosa.
 
 
Roxanne era andata a sedersi accanto a Brian in un momento in cui Michelle era sparita a recuperare qualcosa in auto e Ian era andato a cercare Nick e Holly, dispersi nella zona del deejay cercando di far partire qualche canzone non meglio definita.
E Brian era già palesemente ubriaco.
“Non hai esagerato?” e aveva indicato la bottiglia di birra ormai vuota che teneva tra le mani.
“Tu non hai esagerato con il gallese? State sempre appiccicati, Cristo... con me non eri così.”
“Cosa c'entra? Non è la stessa cosa non...”
“Con me eri fredda, con lui stai a scioglierti come una quattordicenne con il suo primo ragazzo. Ero io quello, non lui.”
“Tu hai bevuto troppo.”
“Tu sei diventata una troia.”
“Ehi, modera il linguaggio Haner.”
L'arrivo implacabile di Ian era stato provvidenziale quasi quanto le lacrime che Roxy era riuscita a ricacciare indietro con forza.
“Aspetta Ian.”
“Non aspettarla, levati dai piedi gallese, sono affari che non ti riguardano.”
“Considerando che hai dato della troia alla mia ragazza per ciò che fa con me, direi che si, sono affari miei anche.”
“Ian non ti ci mettere anche tu, so gestirlo da sola. Se ti da così fastidio che un altro uomo mi tocchi, dovevi pensarci prima Brian.”
“Non me ne frega un cazzo di chi ti tocca, mi frega che faccio io la figura del fesso per...”
... per? Essersela fatta scappare? Non aver cercato di riprenderla? Essere fuggito?
Cazzo mi esplode la testa.
“Andiamo Ian, lascialo perdere. E' ubriaco, gli passerà.”
“Io non mi faccio compatire da una come te... una che...”
“La sai finire una frase, si o no?”
Roxanne non si sarebbe fatta schiacciare né tanto meno avrebbe lasciato che Brian le rovinasse la serata. C'erano decine di altre feste a Los Angeles, e la presenza per l'uscita dell'album ormai l'avevano fatta: potevano andarsene in qualsiasi momento e quello, era probabilmente arrivato.
“Andiamo.”
Ian le aveva passato una mano attorno alle spalle attirandola a sé con fare protettivo, e Brian gli si era avventato addosso cercando di dividerli. Era stata questione di pochi istanti e anche Nick e Holly erano corsi dove si era radunata la folla di curiosi, da dove giungevano le urla di Roxy che tentava di staccare Brian da Ian strattonandolo dalla camicia, che dopo averlo inchiodato a terra con il proprio corpo cercava di colpirlo in viso.
“Ian!”
Nick era corso in aiuto dell'amico, cercando di sollevare di peso Brian con scarsi risultati.
Matt si sarebbe davvero incazzato? Magari era da qualche parte con Val...
Zacky si era avventato su Nick, spostandolo lontano da Brian afferrandolo per le spalle. Era leggero, molto più di Brian ovviamente, ed era stato davvero semplice metterlo fuori gioco. Erano così abituati a fare a botte tra di loro o con quelli della loro stazza, che Nick e Ian sembravano due ragazze.
“Lasciali stare, non sono cazzi tuoi”, era stato l'ammonimento del chitarrista.
“Si stanno ammazzando, sei diventato scemo?” gli aveva risposto incazzata Holly che si era fatta largo tra la folla di curiosi arrivando esattamente davanti a Brian e Ian, Roxy che ancora cercava disperatamente di dividerli.
“Voi non capite proprio un cazzo quando bevete.”
C'erano voluti Johnny e Jimmy, richiamati da Dakota, per dividere Brian e Ian. Brian era così ubriaco da essere riuscito a colpire il gallese solo un paio di volte, mandando a vuoto la maggior parte dei colpi.
Holly era incazzata nera e si era avventata contro Zacky puntandogli il dito contro, lo sguardo gonfio di lacrime che finiva con il non versare mai, quello di quando lui riusciva a rovinare qualcosa che per lei era speciale.
“Perché non sapete mai stare al vostro posto? Non la riavrà mai indietro a questo modo, smettila di fare guerriglie mandando Brian avanti. Più vi comportate in questo modo più finirete con l'allontanarla. Cazzo Zacky, metti da parte il tuo fottuto egoismo e guarda in faccia la realtà: tua sorella ora è felice, non presentargli il suo passato ogni volta che torniamo, o non metteremo più piede negli Stati Uniti!”
Zacky aveva riso, di una risata malevola che l'aveva zittita. Al dito indice portava la replica dell'anello di Giulietta nel film, e lui le aveva sollevato la mano fissandolo.
“Questo fa parte del costume?”
Holly si era liberata dalla presa del ragazzo fissandolo stranita, senza sapere cosa volesse esattamente da lei.
“Ma che cazzo ti prende? No, me l'ha regalato... l'ha ordinato in una gioielleria di New York. Sei impazzito sul serio stasera?”
“Perché non me lo dici?”
“Cosa?”
“Che riesco sempre a rovinare tutto?”
“No, voi vi state rovinando con le vostre mani, è diverso.”
Holly non aveva udito la canzone dei Garbage che aveva fatto da sottofondo alla lotta tra Ian e Brian – troppo presa dalla situazione -, né la dedica finale “alla più bella Giulietta di sempre.”
Quando siamo ubriachi facciamo un mucchio di cazzate, su questo hai ragione. E anche sul fatto che rovino sempre tutto. Ma non sono capace di distinguere quali siano le cose importanti per cui combattere e quelle no. Combatto per ogni cosa con il massimo delle forze, e finisce che arriva sempre qualcuno a soffiarmi il primo posto.
 
 
 

  





Note dell'autrice. Ordunque, ecco qui il capitolo di metà mese, più corto dei precedenti e Hollycentrico. Mi scuso quindi con Judy per aver relegato in un angolo Roxy ma spero di farmi perdonare nei prossimi capitoli. Ringrazio come sempre chi di voi continua a seguire Destini e a chi ha iniziato a seguire "Freak Show". Speriamo di non deludervi, ma entrambe le storie - se lette contemporaneamente - possono darvi molto più di quanto non stiano già facendo.
Un abbraccio speciale va a tutti quelli che stanno commentando Destini, dimostrando un entusiasmo senza il quale non scriverei in modo tanto veloce.
Al prossimo capitolo lavorerò da inizio novembre, ma spero di potervi lasciare qualche regalo nella Zucca di Halloween.
Detto ciò, mancano due capitoli alla conclusione di questo prequel, per poi entrare nel vivo della storia... non scappate dunque (^.^) E, come mi ha fatto notare Judy nei commenti, la crescita di Holly è così forte che... che... sono fiera della mia bambina (;_;) *inchino*
   
 
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