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Autore: Komoko    19/10/2011    0 recensioni
Aveva pensato che, venendo al matrimonio di Draco, sarebbe cambiato qualcosa? Che, vederlo stringere tra le braccia un’altra, avrebbe scatenato qualcosa di diverso dalla frustrazione? Dalla terribile sensazione d’abbandono?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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I hate to turn up out of the blue uninvited,
But I couldn't stay away, I couldn't fight it,
I had hoped you'd see my face,
And that you'd be reminded that for me it isn't over,

Never mind, I'll find someone like you,
I wish nothing but the best for you, too,
Don't forget me, I beg

 

 

 

 

 

 

   Lo champagne non le era mai piaciuto molto. Troppo frizzante. Nonostante questo, nulla le impedì di inghiottirne con rabbia malcelata un altro sorso che le sfrigolò per la gola. 

   Pansy si sentiva ridicola, avvolta in quello stupido abito pervinca. Ridicola e umiliata. Il vestito le pesava più di un’armatura sotto quel sole cocente, ma non aveva caldo: le piaceva lasciarsi colpire dai raggi tiepidi che passavano dalle tende del gazebo, in solitaria compagnia del suo bicchiere di champagne. 

   Nonostante tutto, non riusciva a impedirsi di avere un groppo in gola e la sua mano sinistra — che fosse maledetta! — continuava a lisciare le pieghe inesistenti della gonna leggera, cercando di sfogare il nervosismo. Lo stomaco si contrasse in una smorfia dolorosa mentre l’immagine di Draco volteggiava davanti ai suoi in una fugace apparizione e si costrinse a buttar giù un altro goccio di quello schifoso spumante. 

   Pansy sapeva di essere appetibile. Aveva il fisico sottile e l’ossatura minuta di sua madre e gli stessi capelli setosi e castani di suo padre. Certo, il suo viso era, effettivamente, leggermente schiacciato, ma si poteva considerare un dettaglio trascurabile; recuperava certamente punti con la sua aria provocante e battagliera, a quanto le dicevano tutti. E inoltre era una Purosangue: innegabilmente un fattore importante. Ma, per quanto potesse essere carina e sapesse, al momento opportuno e nelle situazioni urgenti, tirare fuori un’aria dimessa e una dose abbondante di inconsapevole sensualità, Pansy Parkinson non era affatto una stupida: aveva fiuto per gli affari, una certa intuitività e una mente veloce e scattante, sempre pronta a calcolare in maniera più che efficiente tutti i benefici e gli svantaggi che poteva trarre da una situazione. 

   Eppure, in quel momento, elegantemente seduta con le gambe accavallate nella sua malinconica solitudine, si sentiva incredibilmente sciocca. Un’illusa

   Aveva pensato che, venendo al matrimonio di Draco, sarebbe cambiato qualcosa? Che, vederlo stringere tra le braccia un’altra, avrebbe scatenato qualcosa di diverso dalla frustrazione? Dalla terribile sensazione d’abbandono?

   Stupida, stupida Pansy!

   Non avrebbe saputo ricordare l’attimo esatto in cui si era innamorata, senza nessuna possibilità di redenzione, di Draco Malfoy, sapeva solo che un giorno si era ritrovata a dover far conto anche all’evidente verità che le si profilava davanti: era cotta. Irrimediabilmente, tremendamente e notevolmente cotta. 

   Anche adesso, ripensandoci attentamente e con la testa più leggera per l’alcool, non riusciva a catalogare con definizione precisa i suoi sentimenti a riguardo o a capire cosa, esattamente, l’avesse fatta capitolare definitivamente all’evidenza. Probabilmente il tormento. Perché Draco Malfoy, con quei capelli paglierini e il profilo aguzzo ma fragile, marmoreo ma cristallino, era tormentato, sempre e comunque, da qualcosa. E lei era diventata una vittima di quelle ombre che si stagliavano sotto gli occhi del ragazzo, imparando a riconoscere ogni sua smorfia e a memorizzarla con attenzione. Era diventata schiava dei suoi umori e aveva imparato ad amare quelle ombre, sussurri di morte, che si leggevano sul viso di Draco.

   La guerra aveva diviso le strade in maniera che non riteneva possibile succedere. Lei stessa si era ritrovata sperduta in un appartamento, a soli diciott’anni, ad affrontare la crudeltà di un destino avverso, con il pensiero di dover seppellire una devota e silenziosa madre, morta sotto le macerie di una vita relegata in una casa che non amava. Aveva perso Draco, perso tra le rovine di una vita che andava a rotoli e l’aveva lasciato andare, più costretta che volutamente. Ma il pensiero di lui, dei suoi occhi grigio piombo e del suo sorriso tirato, pallido, le era spesso riaffiorato nei momenti di debolezza, quando, tra le braccia di un altro uomo, si accorgeva che quella non era la strada che avrebbe voluto percorrere.

   Era venuta a quella stupida cerimonia forse sperando di riuscire a dimenticarlo, a mettere da parte il ricordo di Draco Malfoy come aveva fatto con quello di suo padre, misteriosamente scomparso. E invece, l’unica cosa di cui si rese conto, come una pugnalata improvvisa, fu quanto ancora dipendesse dal suo sorriso sbiego e dalla relazione che aveva avuto e che era non era altro che uno sbiadito ricordo della sua giovinezza, sempre più freddo e distante.

   Osservò la coppietta avvicinarsi a lei con aria felice, le mani unite in una stretta disgustosamente perfetta. Non si guardavano ma i loro occhi rilucevano della stessa gioia condivisa e parevano.. sentirsi; come se avvertissero con spietata precisione l’uno la presenza dell’altro in quell’attimo cruciale della loro vita insieme. 

   Pansy era stupita, mentre afferrava distrattamente l’ennesimo calice di spumante: non provava rancore verso Astoria Greengrass, ora Malfoy, avvolta nel suo bellissimo vestito da sposa, fresco e candido come lei e il suo sorriso aggraziato. Non provava nemmeno rancore a Draco Malfoy, l’unico ragazzo che era mai stato in grado a scaldarle il cuore, avvizzito in fretta e in silenzio, con qualche parola gentile e la sua disarmante sincerità. Provava solo un’incommensurabile vuoto all’altezza del petto al pensare che quella felicità, così genuina e sentita, dovesse coincidere con la sua disperazione, che non fosse la sua anima quella predisposta dal destino per compiere un cammino di felicità con Draco.

   «Tu devi essere Pansy Parkinson, giusto?»

   Si girò. Davanti a lei, quasi trasandato nel suo smoking, c’era un ragazzo che aveva pressapoco la sua età, con un sogghigno tranquillo sulle labbra sottili. Aveva un ché di straniero. Carino, dopotutto. 

   «Sì. E tu saresti..?», rispose, inarcando con aria ironica il sopracciglio castano.

   «Dimitri Karkaroff, piacere.»

   Pansy fece un sorrisino, quasi divertita, osservando l’aria improvvisamente.. spaesata — avrebbe osato dire — del coetaneo. «Quel Karkaroff?»

   «Beh, non credo ne esistano tanti di così famosi, purtroppo!», si limitò a sospirare lui, con le guance rosse. Poi trasse a sé un’altro sgabello e ci si accomodò sopra, accanto a lei. Si sentì infastidita da quella presa di posizione ma non dal fatto che i loro gomiti si stessero accidentalmente sfiorando. 

   Draco era poco più in là e stava battendo una pacca amichevole sulla spalla di un sorridente Blaise Zabini, perfetto nel suo abito da cerimonia. Pansy si sentì sollevata ma seccata dal fatto che non fossero ancora venuta a salutarla e riprese a lisciarsi la gonna, nervosa. 

   «Sembra.. sereno

   «Come?»

   «Sembra sereno. Lui, dico», ripeté a suo beneficio il ragazzo, facendo un cenno col capo verso lo sposo. Stava davvero intrattenendo una conversazione del genere con un perfetto sconosciuto?! «Sai, lo conosco da qualche anno e mi è sempre sembrato.. teso. Ma ora.. Beh.. Non lo é!»

   Già. Inghiottì amaro. Aveva ragione lui, Pansy lo sapeva. La faccia di Draco era visibilmente rilassata, non contaminata dalle solite ombre d’angoscia; distesa e felice. 

   Pansy si era innamorata  dell’aria tenebrosa e tormentata di Draco, ma, quando si era conto che amava tutto del Malfoy, aveva desiderato con tutta se stessa riuscire a cancellare quei segni amari del destino dal suo viso pallido. E non c’era riuscita. Guardò, con la bocca dello stomaco serrata in una potente stretta, Astoria avvicinarsi a suo marito e stringergli dolcemente la mano, graziandolo con un sorriso divertito, e capì. Capì che la Greengrass, piccola e delicata ma determinata e resistente come un fiore di campo, temprato dalle esperienza ma pur sempre puro e cristallino, era riuscita laddove nemmeno lei era arrivata: sciogliere i nodi dell’ingiustizia dal cuore di Draco; lavare via lo sporco delle scelte che era stato obbligato a compiere, guarire con una risata le ferite del suo animo fragile. E si sentì improvvisamente triste, rassegnata e tutta dolorante, ma, nonostante tutto, felice. Perché Draco aveva accanto una persona migliore di lei, che gli avrebbe saputo dare la gioia che lei non aveva da donare. Draco era felice così e lei si sarebbe cibata della gioia nei suoi occhi di piombo. 

   «Lo conosci da tempo?»

   «Chi?»

   «Draco.»

   Fece una smorfia. «Ero la sua fidanzata, tempo fa.»

   Karkaroff rimase zitto, con una strana faccia: sembrava dispiaciuto, imbarazzato e sorpreso al tempo stesso. Pansy non riuscì a non scoppiare in una risatina contenuta e spostò lo sguardo dal novello sposo al ragazzo che la affiancava. 

   «Allora, Dimitri, raccontami un po’ di te..»

   Lui sorrise e Pansy ricambiò. Non c’era nessun Draco per cui lottare, ora; poteva essere felice anche lei. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Author’s Note:

Allora, non so bene cosa sia questa schifezza >o< So solo che stavo ascoltando Someone like you, di Adele e.. puff! mi è venuta questo schifo di storia in mente -__-’’

Ovviamente la coppia finale è Pansy/Dimitri <3 Non so perché ma io me la vedo spostata con il nipote di Karkaroff *o* Ah, ovviamente lui non ha l’accento schifoso che aveva suo nonno (o zio? o.O), perché non mi piace affatto >o< 

Bene, grazie per aver letto questo piccolo parto. Sentitevi liberi di lasciare qualche commentino ;)

 

Kiss,

Komoko

  
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