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Autore: Kat Logan    19/10/2011    10 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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“Hei Haruka!” due grandi occhi che ricordavano il ghiaccio dell’Antartide la fissavano curiosi, nascosti da qualche ciuffetto pece dispettoso che tentava di nasconderli.
“Ancora tu? Che vuoi?”
“Ti piace il Natto? Eh? E il Tonkatsu? Ti piacciono?”
“Ma che domande mi fai?!” chiese con una nota di fastidio la bambina di otto anni che sedeva sulle scale appena lucidate.
“La mia mamma cucina sempre quelle cose sai?” Lo sguardo per quanto chiaro non aveva nulla di glaciale, non c’era traccia di freddezza. Quel grigio luminoso riusciva anzi a trasmettere così tanto calore che Haruka pensava di potersi bruciare se si fosse avvicinata di più al viso del ragazzino.
“No”. Rispose secca. “La mia mamma non ha mai cucinato, è troppo stanca per farlo” aggiunse interrompendo il contatto visivo con Akira.
“Quando sarò più grande voglio fare il cuoco! Sarò un grande chef!” il bambino serrò i pugni verso l’alto e la voce era colorata di una forte determinazione.
“Così farò tante pietanze e le insegnerò alla mamma. Poi…” si bloccò un momento, raggiungendo Haruka nel gradino più basso e cercando la sua espressione. “Farò tante cose buone anche per te e per le persone che amo!”
La bambina avvampò in viso a quella rivelazione.
“Akira sei ubriaco?”
“Ma che dici! Sono troppo piccolo per bere!” rise lui divertito.
“Perché dovresti cucinare per me?”
“Perché…” si portò un dito al mento fissando il lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto come in cerca delle parole giuste da dire.
Le labbra si arricciarono in una smorfia pensierosa.
“Sei sempre sola. Da grandi mangeremo sempre insieme! Così mi vorrai bene!”
“Non dire stupidaggini!”
“Non mi vorrai bene nemmeno così?” Akira sembrò deluso. Non riusciva a conquistare quella bambina in nessun modo. Era arrivata da pochi giorni nell’appartamento poco più lontano dal suo, ma sembrava non voler far amicizia e rimanere per i fatti suoi tutto il tempo.
“Non è per quello…” Haruka poggiò il viso paffuto sulle ginocchia e si perse a disegnare dei cerchi invisibili con le dita sul pavimento “non credo di essere capace, io non sono come il mio papà…”
“Ma cosa dici! Tutti quanti sappiamo volere bene alle persone!”
“mmh…” la bambina non sembrava molto convinta.
 
 
 
Haruka sorrise a quel ricordo con lo sguardo perso verso Akira che aveva appena finito di lavare i piatti nella sua cucina aiutato da Minako.
“A cosa pensi?” domandò incuriosita Michiru vedendola per la prima volta con un’espressione rilassata in volto.
“A una cosa che mi disse Akira tanto tempo fa…” rovesciò il capo all’indietro, incrociando le braccia dietro al collo e dondolandosi sulla sedia.
Forse sto riuscendo a voler bene a qualcuno. A te, Michiru.
La ragazza la guardò interrogativa anche se non si aspettava di certo una risposta dall’altra.
“Lo sai…” cominciò la bionda “Voleva fare il cuoco quello li! E guardalo ora…si ritrova a sparare di qua e di la! Al massimo lava i piatti nella mia cucina!” il sorriso che le aveva tirato gli angoli della bocca all’insù andò scemando, incupendo il suo sguardo.
“Questo posto ammazza i sogni della gente”.
 
 
 
 
 
 
 
Al dipartimento di Polizia di Tokyo Setsuna era barricata nel suo ufficio.
Sembrava che si stesse preparando a proteggersi da una calamità naturale rinchiudendosi in un bunker sotterraneo.
Ma l’unica catastrofe che rischiava di travolgerla era un vortice di emozioni e sentimenti che avevano preso a sbattere da una parte all’altra dentro di lei.
Aveva la guerra dentro.
Poteva sentire il battito accelerato rimbombarle nelle orecchie come se fosse l’eco dei cannoni militari.
 
“A cosa stavi pensando?”
“A te”
 
L’immagine di Rei che la guardava intensamente e rispondeva alla sua domanda con voce tremante le tornò prepotente alla mente.
Ma che l’è preso?!
Il suo viso avvampò bloccando il suo scartabellare nevrotico di documenti.
No. Cos’è preso a me piuttosto!
Si coprì il viso con le mani, lasciandosi sfuggire un mugolio che morì poco dopo.
A quella dichiarazione era scappata a gambe levate come se fosse stata rincorsa da una belva feroce, lasciando Rei in quella stanza d’ospedale in piena notte.
Non sapeva come comportarsi. Era abituata ad agire secondo schemi precisi, su vie sicure, già testate prima. Le novità la prendevano alla sprovvista, scatenando il panico in lei.
Era brava a riconcorrere e catturare criminali, ma di sentimenti e storie d’amore non ne sapeva niente, aveva solo capito di aver una particolare dote nello scappare quando le si presentava qualcosa d’ignoto come quello.
“Così non va!” disse a voce alta cercando di recuperare un po’ di contegno e una buona dose di sangue freddo.
 
“Cos’è che non va?” una voce a lei familiare irruppe nella stanza assieme al cigolio della porta e il passo zoppicante accompagnato da un paio di stampelle.
Setsuna si voltò imbarazzata e vide Rei sulla soglia.
“Chiudi la porta!” disse.
“Ho le mani un tantino occupate!”
Giusto. L’ispettore si affrettò a blindarsi dentro il proprio ufficio con la mora, al sicuro da orecchie indiscrete.
“Siediti…” le disse recuperando il suo tono gentile e avvicinandole una sedia.
“Mi sono fatta portare qui da un collega e le pratiche che avevi lasciato sta notte in ospedale le ho fatte appoggiare al centralino”. Spiegò con tono professionale sedendosi a fatica per poi liberarsi dalle stampelle.
“Ci penserò io dopo…”
“Bene. Ora dobbiamo parlare però.” Il tono di voce di Rei era piatto e lo sguardo non si era ancora poggiato su di lei, come a voler sfuggire dalla figura di Setsuna sulla quale fino a qualche ora prima amava posarsi.
La donna deglutì appoggiandosi alla scrivania come per ricevere un sostegno, le gambe sembravano volerle cedere da un momento all’altro, mentre ogni cellula del suo corpo tentava di ribellarsi alla sua volontà di rimanere ferma; e soprattutto impassibile.
Sarebbe bastato così poco per abbracciarla.
“So che devi lavorare, faremo in fretta non preoccuparti, non ho intenzione di rubarti troppo tempo…”
La freddezza nella voce di Rei aveva l’effetto di una lama tagliente e stonava con i ricordi che Setsuna aveva di lei.
Mi dividono pochi passi da lei e rimango ferma immobile.
“Mi dispiace…”
Sarei io quella che dovrebbe scusarsi.
La mora deglutì rumorosamente, con gli occhi puntati in un’altra direzione, lontana dai suoi desideri. Sarebbe stato troppo doloroso guardare qualcosa che voleva così tanto intensamente ma a cui non poteva nemmeno avvicinarsi o le sarebbe sfuggita via come granelli di sabbia dalle dita.
“No, non è vero che mi dispiace!” si corresse sbuffando.
“Ok, sono confusa…”  annunciò Setsuna cercando di mantenere il controllo.
“Lo vedo!”
“Rei, insomma…” la donna sospirò azzardando un passo nella direzione dell’altra.
“No, stammi a distanza di sicurezza, te lo chiedo come favore personale!”
“Sono io a dovermi scusare, questa notte mi sono fatta prendere dal panico…”
Sul viso di Rei comparve l’abbozzo di un sorriso “ispettore non la facevo così paurosa!”
Questa è una frecciatina bella e buona! Sleale!
“E tu di cos’hai paura invece?”
L’espressione della mora si fece confusa. Di essere allontanata da te. “Di nulla, perché?!”
“Perché da quando hai messo piede qui eviti di guardarmi!”
“Touché”.
Setsuna gongolò interiormente per quella piccola rivincita.
“Dovresti spostarmi a un’altra sezione, in quella investigativa ci sei solo tu…” sibilò all’improvviso l’altra rimettendosi in piedi e dirigendosi a fatica verso la porta.
Il cuore della donna perse un battito.
Vuole allontanarsi da me?
“Così non interferirò col tuo lavoro” aggiunse sempre dandole le spalle.
Setsuna percorse a grandi falcate la breve distanza che le separava e la prese per un braccio facendola voltare.
Il rumore della stampella che cadeva al suolo coprì l’imprecazione soffocata che si fece scappare Rei.
“Vuoi essere un poliziotto si o no?!” Gli occhi dal taglio orientale attraversati da lampi porpora la scrutarono intensamente.
“Se la tua risposta è si, rimani con me!”
“Setsuna, rischio di cadere se…”
“Ti tengo io!” la interruppe l’ispettore.
Negli occhi un guizzo.
Cos’era quella frase? Era riferita solo al fatto che non l’avrebbe fatta cadere o che l’avrebbe tenuta con sé ad ogni costo?
Non farti illusioni, Rei!
“So di non essere brava in queste cose…” la presa dell’ispettore si fece quasi ferrea attorno ai fianchi dell’altra che barcollò leggermente tenendosi alle braccia di Setsuna.
“Non ho mai avuto una…” deglutì abbassando un attimo lo sguardo a terra, quasi come se si vergognasse di ciò che stava confessando. “Relazione!” disse in un fiato.
“Non so come comportarmi, oltretutto…siamo due donne…”
“Ma..”
“Non interrompermi, per favore!” la implorò Setsuna.
Se avesse perso il filo del discorso non avrebbe più avuto il coraggio di dirle ciò che aveva iniziato.
“Non ho niente in contrario su due donne che si amano, è solo…più nuovo del nuovo, insomma…in più…”
Spinse piano la mora contro la porta chiusa.
Rei venne scossa da un brivido. La voce rassicurante di Setsuna le stava facendo una confessione a cuore aperto e il suo respiro profumato le solleticava il collo.
“In più io sono praticamente il tuo capo, se si venisse a sapere, potrebbero…”
“Non m’interessa!” ora Rei non poteva più tacere.
La distanza tra i loro visi era praticamente nulla e poco importava se si sentiva andare a fuoco. Se stava bruciando. Perché sarebbe arrostita volentieri tra le fiamme pur di non perdere anche la più piccola occasione di stare con lei.
“Possono dire quello che vogliono. Non ha importanza. Potranno insinuare che non sono brava nel mio lavoro ma vado avanti lo stesso solo grazie a te o quello che gli pare…NON IMPORTA!”
La voce le si spezzò in gola, e gli occhi si fecero più lucidi.
Le mani di Rei andarono ad intrecciarsi dietro al collo dell’altra, trovando la stabilità nell’appoggio del muro per non cadere.
“Posso affrontare tutto per te. Perché non voglio passare il resto della mia vita dietro ad una scrivania persa ad osservarti tutto il giorno, costretta solo ad immaginare come sarebbe potuto essere viverti…”
Setsuna non poté fare a meno di sorridere. A quelle parole la investì una gioia che non aveva mai provato prima.
“Mi piacciono le poliziotte coraggiose!”
La mora giocherellò con una lunga ciocca dei capelli dell’investigatore, senza nascondere la propria felicità sul suo viso.
Le mani di Setsuna la tirarono di più verso di sé per sorprenderla con un bacio caldo e appassionato.
Sto sognando?
Se quello che stava vivendo fosse stato solamente un viaggio onirico, Rei avrebbe pagato  oro pur di non svegliarsi più. Le sue dita annasparono tra i lunghi capelli della donna che aveva ardentemente desiderato dal primo giorno in cui l’aveva incontrata, per poi trovare un appiglio sulla stoffa che le ricopriva le spalle.
Quando le bocche furono sazie di quel contatto e le loro labbra decisero di staccarsi le une dalle altre, Setsuna capì che quello era il bacio che aveva tanto desiderato da ragazzina e probabilmente Rei, era la persona che aveva tanto atteso.
“Sei pronta ad essere la donna del capo?”
 
 
*
 
 
Haruka parcheggiò la macchina anonima dai vetri oscurati in una via parallela a quella dov’era ubicata la sala di Pachinko di proprietà di Yoshio.
Aveva guidato prudentemente forse per la prima volta in vita sua.
Si aggiustò gli occhiali da sole sul naso e guardò lo specchietto retrovisore nel quale spiccava il riflesso di Minako.
Ed eccolo li il motivo per cui il viaggio era stato un inno al silenzio più assoluto.
Guardò di sottecchi l’amico nel sedile accanto a lei, era rigido, dritto con le braccia incrociate e i tratti induriti da una decisione scomoda e con la quale non era in accordo.
“Mina, sappi che non sono d’accordo con questa tua scelta!” la voce di Akira tuonò infastidita, quasi irriconoscibile, all’interno nel veicolo.
I due avevano avuto una lunga discussione sulla questione quella mattina, dopo le poche ore di sonno dovute all’essersi trattenuti troppo dall’amica e all’addormentarsi solo all’alba.
“Questo l’ho capito.”
“Beh, te lo ribadisco!”
Haruka guardò altrove, leggermente imbarazzata e stranita nel vederli litigare.
“Akira non essere troppo duro con lei…” si limitò a dire in tono affabile.
“Tu, taci!” rispose brusco divincolandosi con la cintura di sicurezza che gli diede l’impressione di soffocare.
E’ vero me lo merito, in fin dei conti non ho fatto nulla per dissuaderla dalla sua scelta.
“E’ così difficile da capire?”
Minako sbuffò alzando gli occhi al cielo, mentre lui si voltava verso di lei per guardarla in viso.
“Non voglio che entri negli affari della Yakuza. Tu non centri!”
La trapassò con il suo sguardo glaciale, come se potesse scrutarle anche l’anima.
“Ho cominciato a centrare in ogni cosa che fai Akira da quando stiamo insieme, da ben due anni! Quindi non ricominciare…”
“E’ rischioso…”
“Lo so!” Lo interruppe spazientita, “ma sarebbe peggio perderti e non aver nemmeno tentato di aiutarti!”, senza dargli possibilità di replica scese veloce, chiudendo violentemente la portiera dell’auto.
L’istinto di rincorrerla e portarla via con la forza si fece prepotente nel ragazzo che però venne prontamente fermato da Haruka che lo bloccò.
“Ormai ha deciso, è rischioso farsi vedere qui, non è il caso. Non rendere vano ciò che sta facendo per te già in partenza. Rispetta la sua scelta…”
Akira boccheggiò, l’aria sembrava non aver alcuna intenzione di arrivargli ai polmoni.
Guardò Minako allontanarsi, voltargli le esile spalle e dirigersi a passo deciso e determinato verso quella situazione che sarebbe spettata a lui.
La sensazione di poterla perdere in quel momento, gli provocò un crampo allo stomaco.
Alla fine l’aveva sporcata, intaccata con quel mondo marcio in cui lui era costretto a vivere da quando era piccolo; e in cui lei ora si era gettata incurante della morale, dei principi con cui era cresciuta, dei pericoli, pur di non far compiere a lui quel gesto.
Sono disgustoso.
“Dovevi pronunciarti contraria.” Trovò il fiato per quelle poche parole, per poter colpevolizzare qualcun altro. Non voleva essere l’unico responsabile di quel danno ormai irreparabile.
Haruka sospirò, si sentì colpevole. L’istinto di conservazione e il suo egoismo avevano prevalso su quello del dovere. Lei era una complice bella e buona di quelle conseguenze che avrebbero potuto rovinare la vita di una persona genuina e innocente come Minako.
Era come mandare in guerra una bambina. Non perché fosse infantile ma a quella ragazza apparteneva una purezza di spirito che pochi adulti avrebbero potuto vantare.
“Mi dispiace Akira…”
“Se le succede qualcosa ti prenderò a bastonate, sappilo!”
“Ne hai tutto il diritto! Te lo lascerò fare…”
E che uomo sono io? Incapace di fermare la donna che amo…
Si pentì di ogni sua scelta, si pentì di non essere stato abbastanza forte, si pentì di aver litigato con lei anziché baciarla ancora una volta e si augurò di non perderla in quel modo.
 
 
 
Il sole troneggiava nel cielo della città, pallido, circondato da un alone biancastro.
Spento. Come la paura di Minako che era stata annullata, eliminata.
Freddo. Come aveva cercato di essere in quegli ultimi istanti, perché se avesse mantenuto il suo modo di fare caloroso e allegro, se avesse dato tutto il suo amore a quel ragazzo, non avrebbe trovato il coraggio di compiere quel gesto.
Lui l’avrebbe dissuasa.
Lei avrebbe rinunciato. Perché Akira poteva tutto su di lei anche se non se ne rendeva conto la maggior parte delle volte.
 
“Sei una traditrice, hai fatto la spia!”
“Non è vero!” si difese Minako col broncio.
“Tu stai dalla parte dei cattivi, non sei capace di essere una vera amica!”
 
Un'altra serie di piccoli passi e si trovò davanti all’entrata del locale.
L’insegna era accesa e luminosa nonostante fossero le undici del mattino.
Prese un respiro profondo, si guardò intorno senza dare troppo dell’occhio e spinse la porta a vetri per poi varcare la soglia della sala.
Una coppia di anziani stava giocando a Pachinko.
Un ragazzo stava cambiando la propria piccola vincita per ritentare la fortuna.
Minako percorse il salone dirigendosi al bancone dietro il quale Ami era seduta, presa da un libro di testo.
Sono sempre stata dalla parte dei cattivi, fin dall’asilo, come disse quella bambina…
La bionda sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi quando l’altra alzò il capo voltando pagina e la vide.
“Ciao Minako!” l’accolse con un sorriso che accompagnò uno sguardo sorpreso.
“Non c’è lezione oggi, come mai qui?”
La bionda le fece un cenno di saluto con la mano.
“Sono venuta a trovarti!”
Sono una traditrice.
“Mi fa piacere vederti! Vuoi fare una partita?” le chiese gentilmente riferendosi alle slot machine presenti nella sala.
“No, a dire il vero vorrei parlarti!”
Perdonami Ami.
“A che proposito?” l’espressione di Ami mutò nel vedere incupirsi lo sguardo di Minako “sembra una questione importante…”
“E’ delicata in effetti…”
“Di cosa si tratta?”
La bionda aggirò il bancone lucido avvicinandosi all’orecchio dell’altra.
“Di tua sorella Michiru” disse in un soffio.
Ami sbiancò, l’incredulità dipinse il suo volto assieme alla confusione.
Cosa vuol dire? Cosa sa?
Dovette appoggiarsi allo sgabello o le gambe avrebbero ceduto per il tremore.
Minako continuò sottovoce “Dovremmo andare in banca a fare un bel prelievo io e te”.
“Co – come?”
“Se rivuoi tua sorella viva e vegeta basta saldare il debito che hai con la yakuza…” la bionda si portò le mani sul capo, stiracchiandosi con fare indifferente, lanciò un’occhiata furtiva al di là del vetro e scorse il riflesso di una macchina che si parcheggiò al di là della strada.
“Cosa centri tu con questa storia?”
“Ami. Non voglio che nessuno si faccia male, dammi retta…”
“Io non posso credere che tu…”
Il campanello della porta che si apriva stroncò la sua frase, mentre qualcuno di familiare varcò la soglia.
 
Setsuna e Rei fecero il loro ingresso.
“Ami,Aino,buongiorno!” le salutò l’ispettore ancora lontano da loro.
Minako cinse le spalle della ragazza in un finto abbraccio “Ami, se non vuoi che le succeda nulla tieni la bocca cucita e filiamocela!” insistette sottovoce la bionda con  un filo di voce.
“Buongiorno ispettore!" Dissero in coro le due ragazze.
“Lei è la mia collega, Rei Hino!” disse la donna presentando la mora che avanzava cercando di essere il più disinvolta possibile con le stampelle.
“E’ un piacere…siete arrivate in un brutto momento, noi stavamo andando…”
“Oh, non è un problema! Volevo solo avvisarti che saremo di pattuglia qui, nelle vicinanze, in caso si facciano vivi di nuovo!” la informò l’ispettore.
Sta coprendo qualcuno Minako, l’aveva previsto!
“Chiamo mio padre, così potete parlare con lui ed informarlo…” disse Ami raggiungendo il piccolo ufficio dell’uomo per poi dirgli del suo spostamento e dell’arrivo di Setsuna.
“Bene possiamo andare!”
“Fantastico! Faremo un sacco di compere!” improvvisò la bionda prendendola a braccetto.
“Già!”
Setsuna notò poco entusiasmo in Ami. Qualcosa non andava.
Aveva un che di rigido e qualcosa stonava.
“Oh su, non puoi sempre stare sui libri!” disse Minako dandole un colpetto alla spalla.
“Hai ragione…” era tesa. Maledettamente tesa.
Ami avrebbe voluto urlare in quel momento.
“Ehm…mio padre sarà qui a momenti…anche perché non lascerà mai incustodita la sua preziosa sala!”
Rei e l’ispettore annuirono col capo.
“C’è qualcosa di strano…” sibilò la donna mentre le due ragazze voltarono loro le spalle.
“Sono d’accordo…” ne convenne la compagna.
 
“Ah Aino!” Setsuna richiamò l’attenzione della ragazza che sembrava aver una certa fretta.
“Si?!” si bloccò all’istante.
“Come va con i ragazzi?”
Minako sorrise “Ultimamente nemmeno uno nei paraggi!”
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Bella gente eccomi qui! Il capitolo è breve, ma almeno sono riuscita ad aggiornare e a non lasciarvi proprio senza!
Mi sono concentrata poco sulla coppia Haruka / Michiru sta volta ma era ora che Setsuna e Rei si dessero una mossa quindi hanno occupato una buona parte di capitolo!
Tenterò di recuperare col prossimo, portate pazienza!
 
Colgo l’occasione per dirvi che:
Il natto= è un alimento a base di fagioli fermentati, sono pochi i giapponesi che lo consumano ma sembra essere un alimento molto salutare.
Il tonkatsu= è una cotoletta di maiale impanata e fritta che viene servita con riso bianco e verze, il tutto condito con una salsa apposita.
 
Non chiedetemi perché la scelta di questi due piatti. Li avevo in mente e gli ho messi “in bocca” ad Akira. Ultimamente sto scoprendo che mi piace un sacco scrivere dei ricordi che appartengono a lui ed Haruka, così l’ho inserito anche se magari avrà poca importanza rispetto al resto.
 
Ho cancellato una scena riguardante Akira e Minako che potete trovare sulla pagina fb.( Dove c’è di tutto).
Per chi di voi era curioso di sapere quali cose sono state aggiunte nella storia, c’è l’ultimo post sul blog che è segnalato nella mia pagina autore qui su efp!
 
Credo sia tutto…alla prossima!!
Kat

   
 
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