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Autore: neme_    19/10/2011    14 recensioni
« Lei è il quattordicesimo avvocato che viene qui da me. »
« Lo so. »
« Ma è il primo a dirmi che tornerà. »

Tyki è un giovane avvocato di ventisei anni.
Lavi è il nuovo cliente che ha scelto, colpito dalla sua vicenda che sembra come le altre. Ma già al primo incontro, Tyki capisce che la situazione di Lavi è ben più complicata.
Un incontro, il loro, che spinge Tyki in un viaggio mai intrapreso, allo scopo di capire meglio quel "caso perso".
Perdonate l'aggiornamento che manca da molto. Concluderò la storia non appena avrò trovato un finale adeguato e il modo giusto per trascriverlo.
[Angst][AU][Tyki+Lavi][LaviLina][AlRoad][Suspence][Drammatico][Death][Mistero][Tematiche delicate]
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rabi/Lavi, Tyki Mikk
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
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Author's note; uhm... questo capitolo è un po'... strano. Lavi è proprio incomprensibile... sto scrivendo questa fan fiction sperando di capirlo meglio, e invece mi rendo conto che è davvero incomprensibile. Per questo mi piace tanto. [fangirla spudoratamente]
Ehm, vabbè. Spero che vi piaccia! Certo che pure Tyki ha i suoi momenti bastardelli... non so chi tra lui e Lavi sia il più inquietante in questo capitolo. XD
Ah, piccolo spoiler. Nel prossimo capitolo ci sarà anche Road! E svariati flashback con Komui e Miranda. È ora che parlino anche loro, no?
E qui, oltre ad Anita... sorpresina. Spero che vi piaccia, davvero!
Piccola nota: il tè che Anita serve a Tyki. Il Kanro Kyoroku, è uno dei più raffinati e costosi. [sì, mi sono rifatta una cultura sul tè, lol]
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito finora e tutti quelli che leggono con interesse questa storia!
Grazie mille a
I r i s per avermi inserito tra gli autori preferiti!
Buona lettura!
P.s.: la canzone usata stavolta per l'introduzione mi fa piangere, davvero. E il titolo del capitolo... bè, è implicito, no? Anche se non gli viene chiesto direttamente, è una domanda che sorge spontanea. Inevitabile, ecco. xD





Terzo incontro, ore 16:50

Lavi, chi sei?





Dov'è Mimì?
Mi volto e la vedo.

Perché vai via?”, le chiedo.
Rimani qui, improvvisiamo”.
E fu così che mi conquistò Mimì.
E tutto iniziò da lì.
Non resto senza Mimì.
[ La grande assente – Renato Zero ]






Lavi si svegliò in seguito a un forte rumore. Stava succedendo qualcosa, nel corridoio. Sentiva qualcuno urlare. Forse qualche detenuto come lui l'aveva combinata grossa. E ai secondini importava poco, se qualcun altro stava dormendo, men che meno se si trattava di lui.

Era stato messo addirittura in isolamento, per aver ucciso cinque persone. La televisione la poteva guardare per poco tempo al giorno -e, casualmente, sceglievano sempre gli orari in cui non c'era niente d'interessante- l'ora d'aria veniva scelta sempre quando gli altri erano già dentro. L'unica richiesta che gli avevano esaudito fu la libertà di andare in biblioteca quando preferiva e di restarci quanto voleva. Tanto quello non era un posto adatto per fare conversazione, e poi nel penitenziario Lavi era l'unico che si dedicava seriamente alla lettura. Se non fosse stato “l'incontentabile strabico”, come qualcuno aveva usato chiamarlo, quel posto non sarebbe stato neanche paragonabile a una banale biblioteca comunale. Dovevano ringraziarlo, in fondo era lui che chiedeva libri su libri. Gli piaceva molto leggere. Quando sfogliava le pagine, il mondo fuori non esisteva. Per Lavi leggere era come entrare in contatto con altri mondi, era come spalancare una porta e farsi investire da miriadi di cose che lui aveva ignorato. Aveva sentito dire da qualche parte che “i libri sono come amici, sembrano conoscere tutto di te e parlarti”, ma lui non ci credeva affatto. Lui aveva sempre pensato che i libri aspettassero solo di essere scelti da chi voleva davvero comprenderli e conoscere. E lui era una di quelle persone.

Così Lavi passava gran parte del tempo da solo, a farsi sorvegliare da Howard Link -che, vista la sua propensione alla conversazione, era come se non ci fosse- a leggere, mangiare, dormire. E magari anche sognare. Non gli capitava da tempo di sognare lei. Bella come la ricordava, sorridente come la ricordava. Non sporca di sangue, né col viso velato di lacrime. Incontri fugaci permessi solo in un mondo irreale come il sogno. Lei sorrideva, poi andava via, senza dire dove, neanche se le veniva chiesto. Poi lui si svegliava con l'amaro in bocca, faceva una piccola smorfia e tornava alla monotona vita da recluso.

Dopotutto non si meritava altro, no?

Era strano pensare come l'unico che lo trattasse effettivamente come un essere umano, da tre anni a quella parte, fosse Tyki. Un avvocato che non aveva richiesto, ma quell'uomo aveva deciso di difenderlo, andando contro alle sue insistenti parole di aver ucciso cinque persone. Il perché Lavi non riusciva a capirlo, ma non poteva nascondere che ciò lo faceva sentire un po' rincuorato. Forse Tyki lo faceva puramente per un interesse professionale, ma non gli creava problemi. Gli piaceva parlare con lui, e avere qualcuno da aspettare, che ti portava dei dolci, o ti invitava a giocare a carte, e che soprattutto ascoltava ogni cosa che aveva da dire.

Lavi sorrise, osservando l'orologio. Chissà quando sarebbe venuto.

Tyki fece un fischio con fare stupito, quando si trovò di fronte all'abitazione dell'ancora sconosciuta Anita. Era una bella villa, con tanto di giardino. Kanda era stato trattato bene, fortunato lui.

Mentre attraversava il vialetto per arrivare di fronte alla porta non fece che prepararsi un discorso appropriato. Non era certo carino suonare e dire “sono l'avvocato di quello che ha ammazzato tuo figlio adottivo, mi inviteresti a prendere un tè?”, ma doveva anche giustificare il fatto che lui, avvocato che non aveva niente a che fare con lei, fosse andato a suonare proprio alla sua porta.

Bè, in qualche modo avrebbe fatto. Tanto lui se la cavava sempre, e se dall'altra parte c'era una donna la cosa era molto facilitata. Tyki sapeva bene come trattarle, di qualunque tipologia si fosse trattata. Sapeva bene come comportarsi in ogni occasione per uscirne sempre vincitore. E poi lui aveva il neo strategico. Quella piccola nota che aveva fatto Lavi non sarebbe mai andata via dalla sua mente.

Tuttavia, le sue convinzioni sparirono nel momento in cui si ritrovò davanti una donna persino più alta di lui, e calva. Cioè, rasata. Completamente a zero. Se non fosse stato per il seno visibile sotto la maglietta, l'avrebbe scambiato per un uomo. Doveva essere una campionessa di qualche sport estremo, meglio fare attenzione.

« Desiderate? » gli venne chiesto.

« Oh, perdonate l'improvvisata. Parlo con la signora Anita? »

« Siete un conoscente della padrona? »

Ah, meno male. Non era lei. Ma se in quella casa erano tutte così muscolose e con un così discutibile senso del look, c'era da preoccuparsi, pensò Tyki. Ma non era lì per criticare le scelte di stile altrui. Tossicchiò, cercando di darsi un tono.

« Sono l'avvocato Tyki Mikk. Mi dispiace essere venuto qui senza preavviso, ma si tratta di una faccenda abbastanza delicata che la vostra padrona certamente comprenderà. »

« Un avvocato...? »

« Sì. »

« … attendete un momento. » lo lasciò davanti all porta, socchiudendo appena. I passi pesanti rimbombarono per qualche secondo, e Tyki ebbe quasi paura. Di ritrovarsi una sua gemella magari, o una vecchia bisbetica, o una vedova che si consolava con un esercito di gatti in casa. D'improvviso Kanda gli fece una gran pena, immaginando lontanamente cosa aveva potuto passare con una donna che si radeva a zero.

Quella stessa donna tornò in poco tempo, invitandolo a entrare. « La padrona si scusa per avervi fatto attendere. »

L'interno non tradiva le aspettative, le sensazioni che regalava il soggiorno ordinato e pieno di oggetti antichi e più o meno di valore erano le stesse che Tyki aveva provato guardando la casa dall'esterno. Anzi, da fuori sembrava persino più piccola. Notò del tè fumante, con dei biscotti, già posto sul tavolino circondato da poltrone e divani rossi. La televisione era stata accuratamente spenta, e solo il tic tac di un orologio a pendolo molto vecchio faceva da sottofondo.

Poi, quasi dal nulla, arrivò a fargli compagnia lei, la padrona. Per gran fortuna di Tyki completamente diversa da quella che sembrava più una guardia del corpo che la domestica. Gli occhi orientali risaltavano bene col trucco, e i capelli erano acconciati in maniera sì particolare ma non assurda. Era davvero una bella donna, con un ottimo portamento, sorridente e cordiale. Davvero una piacevole sorpresa per l'avvocato.

« Io sono Anita, piacere di conoscervi, signor Mikk. Ho fatto preparare del tè Kanro Gyokoru, spero sia di vostro gradimento. »

« Ah... il piacere è tutto mio. » rispose lui, colpito da tanta cortesia.

« Prego, sedetevi. Mahoja mi ha detto che siete qui per una faccenda delicata. »

Il ragazzo diede una piccola occhiata alla donna muscolosa di prima che evidentemente rispondeva al nome di Mahoja. Fece un sorriso sghembo, afferrando poi la propria tazza di tè.

« Vi sembrerò sfacciato, Anita, ma... sono qui per parlare di un ragazzo. Anzi, due. » dalla borsa tirò fuori due foto che ritraevano Lavi e Kanda. Anita dapprima spalancò gli occhi, un po' sorpresa, poi elargì un sorriso amaro.

« Lavi come sta? » chiese infine, sorprendendo Tyki.

« Ha... ha detto di salutarvi. Ehm, Anita... voi conoscete Lavi Bookman Jr.? »

« Naturalmente. Veniva spesso qui, quando Kanda era ancora vivo. »

Anche lei pensava che fosse morto. Eppure non parlava del guercio con odio o disprezzo. Forse non credeva alla colpevolezza del ragazzo. Tyki poteva dunque giocarsela bene.

« Vorrei che mi parlaste di loro. Vorrei sapere se i due hanno mai litigato in modo brusco, se hanno avuto dei precedenti... »

« Voi siete l'avvocato di Lavi? »

« Sono il quattordicesimo, a essere sincero. » fece una risata ironica.

« Nessuno prima di lei era venuto a chiedermi un parere. È la persona di cui ha bisogno Lavi in questo momento. »

« Anita... voi non pensate che Lavi sia colpevole, vero? »

« Lui era un ragazzo particolare. Amava più di tutti la vita. Non si prendeva mai troppo sul serio, non di fronte agli altri. Ogni volta che veniva qui diceva una battuta nuova. Metteva il buonumore, e riusciva a tenere compagnia a Kanda. Immagino voi sappiate di Yu... »

« Vi riferite all'incendio? »

« Aveva perso tutto dopo quella catastrofe. Non sorrideva mai, non tentava di stringere amicizia con nessuno, era problematico. È stato difficile farlo ambientare e aiutarlo a cambiare vita. Io non posso avere figli, e quando ho saputo di lui ho subito voluto adottarlo. Il mio è stato un desiderio un po' egoista. Pretendevo di dargli amore e di aiutarlo, quando lui aveva già perso ogni speranza e ogni voglia di avere contatti con qualcuno. Ma col tempo, grazie anche all'aiuto di Lavi, si stava riprendendo. Aspettate un secondo. » rivolse il capo a quella che sembrava la guardia del corpo -Tyki non aveva ancora capito che ruolo avesse in quella casa- e le disse. « Mahoja, vai a prendere l'album di fotografie in camera mia, per favore. »

Come un perfetto soldato durante un addestramento, la donna scattò sull'attenti e corse su per la rampa di scale, facendole quasi scricchiolare. Si era creato un silenzio alquanto imbarazzante, alleggerito tra sorsi di tè poco rumorosi. L'album che portò in seguito Mahoja era grande e pesante, un po' impolverato, ma pieno di ricordi legati a Kanda. E Lavi. E c'era anche Linalee.

Anita porgeva con gentilezza le foto, lasciando che Tyki scavasse nei loro ricordi, permettendogli di spiare le vite spezzate di quei ragazzi. Il ragazzo provò una strana sensazione, ma non era senso di colpa. Non sapeva definirlo.

« Lavi si faceva fotografare spesso con Kanda. Questa risale al compleanno di Yu... la torta l'aveva fatta Linalee. Povera ragazza... »

« Avevate festeggiato in questa casa? »

« Sì, proprio in giardino. » porse un'altra foto. « Lavi era caduto in piscina e si era trascinato dietro Yu... non gli ha rivolto la parola per mezza giornata. »

« Permaloso, eh... »

« Kanda non sapeva nuotare... »

« Capisco. » Tyki afferrò altre foto, fatte in luoghi diversi. Quella che aveva appena pescato sembrava fatta a un concerto. Era abbastanza buio, ma i volti dei ragazzi erano comunque ben definiti. Sempre loro tre, Lavi, Kanda e Linalee. E un ragazzo che Tyki non riconosceva.

« Chi è questo ragazzo? »

« Oh, lui è Alma. Anche lui si era molto affezionato a Kanda. »

« Mi hanno detto che Yu Kanda era... asociale. Però da queste foto sembra circondato da persone che gli volevano davvero bene... »

« Siamo stati fortunati ad aver incontrato persone come loro. »

L'avvocato stava per rispondere, quando si imbatté in una foto inusuale. Doveva essere stata scattata a tradimento. Erano presenti solo Lavi e Linalee, abbracciati, come fossero intenti a parlarsi, come se stessero per scambiarsi un bacio. Sorridevano entrambi, e in quella foto si poteva vedere come Lavi stesse tentando di avvolgere la ragazza con la propria sciarpa. Un'immagine così spontanea non poté che fargli un po' di tenerezza. Ma allo stesso tempo, provò un misterioso senso di inquietudine. Si trovavano in un posto semibuio, con poche luci. Si vedevano solamente loro due, ben distinti, in mezzo a figure nere che sembravano prossimi a inghiottirli. Sembrava una premonizione. In fin dei conti, tutti quei ragazzi erano sprofondati in un abisso cento volte più grande di loro.

« Quando è stata scattata questa fotografia? »

« La data è scritta dietro. »

Tyki girò velocemente il foglio. « Ventidue settembre 2004... »

Gli vennero subito una serie di dubbi. Gli venne da chiedersi se Lavi non avesse mentito riguardo gli incontri “piccanti” che aveva avuto con lei. Era successo davvero sei volte? Se quella foto risaliva davvero a settembre, quando avevano cominciato a frequentarsi?

Tyki non possedeva una memoria formidabile e infallibile come quella di Lavi, ma una sua frase l'aveva ricordata bene.

« Non stavamo insieme. Se avevamo voglia e capitava, lo facevamo. »

Come no. Tant'è che alla fine si era innamorato di lei.

Non era il massimo basarsi solo sulle parole di Lavi. Linalee non poteva più parlare, dire cosa provasse davvero per Lavi. E nemmeno Kanda poteva parlare. Anita forse... forse sapeva qualcosa.

Le mostrò la foto, e lo rincuorò vedere l'espressione della donna non cambiare minimamente. Anzi, sembrava addirittura nostalgica.

« Voi sapevate della relazione tra Lavi Bookman Jr. e Linalee Lee? »

« Kanda aveva sospettato sin dall'inizio che tra loro ci fosse qualcosa. Una volta tornò da scuola dicendo “mi chiedo se Linalee sia davvero stupida o stia solo facendo finta di non capire quanto Lavi le stia dietro”. Forse il loro è stato un amore nato gradualmente, non credete? Linalee aveva un fratello molto geloso, non poteva confidargli le sue cotte o i suoi incontri, così veniva a confidarsi con me, da donna a donna. Mi diceva che teneva molto a Lavi, ma non voleva rendere ufficiale la cosa, non si sentiva pronta. Eppure, guardate questa foto... erano così spontanei... non potevano nascondersi per sempre. Linalee parlava di Lavi sempre più spesso, con sempre più ammirazione, sembrava davvero felice. Mi ha confidato anche di aver perso la verginità con lui. Sapete, gli ho anche permesso di andare in uno dei miei hotel. »

« Ah, voi gestite hotel? »

« In questa città vi sono tre hotel di mia proprietà, uno di questi è a ore. Li chiamano anche love-hotel. »

« Sì, li conosco. »

« Oh... siete forse un cliente fisso dei love-hotel? » entrambi risero. Era davvero una persona piacevole, quell'Anita, e pure spiritosa.

« Chi lo sa... comunque, avete permesso a loro due di alloggiare in un vostro albergo? »

« Per loro era fuori discussione andare a casa di Linalee o nel collegio di Lavi. L'unica soluzione che avevano trovato fu negli alberghi a ore. Così ho voluto... far loro un regalo nel mio hotel di lusso, senza far pagare nulla. Linalee stava quasi per piangere commossa quando gliel'ho detto. » la donna ridacchiò, nel ricordare quell'episodio.

« Quindi loro due stavano insieme, ma non in maniera “ufficiale”, è questo che volete dire? »

« Solo Kanda ne era al corrente. Forse anche Alma. »

« Dov'è ora questo Alma? »

« Si è trasferito un mese prima della morte di Linalee e Yu. Da qualche parte dovrei avere il suo indirizzo. »

« Siete stata gentilissima, Anita. Ma avrei un'ultima cosa da chiedervi... »

« Certo, ditemi pure. »

« Lavi è dentro da tre anni. Perché non siete mai andata a trovarlo? »

Lei si rabbuiò un po'. Le uscì una lacrima senza volerlo. Le guance si rigarono di un pianto nostalgico. Ma cercava di sorridere. « Le visite di persone così vicine a Linalee e Kanda lo mortificherebbero. »

Tyki non aveva ben compreso la sua risposta, ma non volle tirare la corda più del necessario. Era stato sufficiente irrompere in casa sua a sbirciare foto così personali. Tuttavia Anita si sentì in dovere di lasciargli almeno un ricordo.

« Portate a Lavi questa foto, e ditegli che lo saluto. » porse all'avvocato la foto che ritraeva il ragazzo con Linalee, in quel buio irreale. E, ancora con occhi velati di lacrime, Anita strinse una mano di Tyki, e con la voce rotta dal pianto lo supplicò. « Aiutatelo, vi prego. Fatelo tornare quel ragazzo che amava la vita. »

Il ventiseienne accennò un sorriso, cercando di risultare accomodante e comprensivo. « Non preoccupatevi. Mettere in croce i giudici è il mio lavoro. E poi, nemmeno io penso che sia stato lui. Non so perché lo stia facendo, ma lo scoprirò. »

« Lavi... sorride ancora? »

« Diciamo che non fa altro che sorridere. »

« Meno male... vi ringrazio infinitamente, signor Mikk. »


Lavi aveva ormai preso gusto nel tamburellare sul tavolo nella sala colloqui, sempre più forte, come se stesse creando una qualche melodia. Dover aspettare tutto solo lì dentro lo spazientiva sempre un po'. Finché non arrivava Tyki, non aveva proprio niente da fare, se non picchiettare sul tavolo o leggere qualcosa.

Sorrise nel momento in cui vide l'avvocato fare il suo ingresso in tutta fretta e un leggero fiatone. Si rimise composto, quasi per darsi un tono, e lo salutò cordialmente.

« Sono in ritardo, eh? » Tyki si accomodò al proprio posto.

« Non si preoccupi. »

« Ho portato le carte, giochiamo a scala quaranta? »

« Sì! »

Rimasero in silenzio per parecchio, concentrati nel sistemare le carte e ponderare la strategia giusta. Tyki aveva fatto sin da subito un sorriso compiaciuto nel vedere il proprio mazzo. Poi guardò Lavi, che tutto tranquillo sistemava le proprie tredici carte.

« È poi andato da Anita? » chiese all'improvviso il guercio.

« Non mi aspettavo che me lo avresti chiesto. » il primo a scartare una carta fu l'avvocato.

« Come sta? »

« Ti saluta. »

« Davvero? »

« Pensavi che ti odiasse? »

Lavi restò in silenzio per qualche secondo, approfittandone per scartare la propria carta.

« No, non lo pensavo. »

« Mi ha detto che tu e Linalee stavate insieme. »

« Si è sbagliata. »

« Non ufficialmente, almeno. » stavolta Tyki non scartò alcuna carta, perché posò sul tavolo due gruppi di quattro carte.

Lavi si mostrò sorpreso, ma sicuramente era ironia la sua. « Ma come, già cala? »

« Non dovrei ? »

« Bè, può fare come crede... allora... anch'io. » anche Lavi cominciò a calare delle carte sul mazzo, sorridendo compiaciuto.

« Sai, ragazzo... nemmeno Anita crede che sia stato tu a uccidere suo figlio. »

« Anita è troppo buona. »

« Mi ha anche detto che ti ha permesso di usare uno dei suoi hotel. »

« Sì, è vero. Ogni volta che io e Linalee dovevamo andare in un albergo a ore, pagavo sempre io. Ma gli hotel di Anita sono esclusivi... non me lo sarei mai potuto permettere. È stata gentile. » Lavi scartò un'altra carta, poi sporse di poco la testa per osservare le carte dell'altro. « Che asso è quel jolly? »

« Uhm... picche. »

« Merda. »

Tyki fischiettò, seriamente divertito. Era da parecchio che non giocava così tranquillamente con qualcuno. Ed era niente meno che con un detenuto. Quella situazione aveva un che di esilarante.

Stava per scartare un'altra carta, quando Lavi, con un tono quasi severo, lo colse in flagrante.

« Guardi che la vedo. »

« Cosa? »

« Stava per sostituire una carta. Si chiama imbrogliare, Tyki. Non va bene, sa? Lei è un avvocato, dia il buon esempio. »

Restò per un momento senza parole. Gli venne da ridere, per quanto si sentisse ferito nell'orgoglio. « Sei... sei il primo che se ne accorge. »

« Lo fa spesso? »

« Solo in casi estremi. »

« Aaah, allora si sente in pericolo! Stia tranquillo, non chiudo subito. »

L'avvocato poggiò il mento su una mano, intento a osservare attentamente il volto del rosso di fronte a lui. Era un ragazzo che gli dava innumerevoli impressioni diverse. Sembrava tranquillo, posato, gentile, scherzoso. Quello stesso ragazzo che amava la vita di cui gli aveva parlato Anita. Eppure a volte sapeva mettere in soggezione. Per esempio quando diceva in tutta tranquillità che aveva ucciso una ragazza che amava. Tyki voleva credere che non fosse stato lui, ma era di certo difficile mantenere vivida quella convinzione quando dall'altra parte sembrava non esserci nemmeno il rimorso. Solo nostalgia, quando gli veniva raccontato qualche spezzone di vita normale.

« Perché hai deciso di interrompere tutto? » si era chiesto. Ma le parole che gli rivolse furono ben altre.

« Io e te non siamo poi così diversi, ragazzo. »

« A cosa si riferisce? »

« Quando ci sentiamo in pericolo, imbrogliamo. »

« Ah ah ah! Ehi, ehi, io non imbroglio! »

« Ah, no? »

« Con tutto il rispetto, non sono certo io quello che nasconde le carte sotto la manica. »

« Vedi? Stai imbrogliando ancora una volta. »

Lavi smise subito di sorridere. A Tyki parve quasi irritato. Forse era una di quelle persone che detestava essere scrutato dentro. Non gli sembrava così furente, ma il sorriso era improvvisamente scomparso, e l'atmosfera attorno a loro si era fatta più pesante in un soffio.

Il ragazzo posò sul tavolo le carte, evidente segno che non era il caso di continuare a giocare. Avvicinò la sedia al tavolo per farsi più vicino e scrutare con attenzione il viso di Tyki.

« Imbrogliare, eh...? » gli sussurrò. « Immagino che lei si stia divertendo, non è così, Tyki? Dica un po', che gusto prova a valutare le persone giocando a carte? Pensa di averle in pugno, vero? Pensa di poter ottenere qualunque cosa voglia... »

Tyki sorrise, mantenendo un modo di fare noncurante e sarcastico. « Io non lo penso. Io lo so. »

« No, lei sa di poter ottenere determinate cose imbrogliando, come sta facendo ora. Come sta facendo con me. Lei vorrebbe che io non sia colpevole, ma purtroppo per lei... sono stato io. »

« Sei un grande oratore, ragazzo... si vede che leggi molto. E soprattutto, si vede che imbrogliare per te è la prassi. »

Lavi fece un sorriso sghembo. Il suoi occhio era, in quel momento, davvero simile allo sguardo di un assassino. Ma se pensava di spaventare Tyki per una cosa del genere, sbagliava di grosso.

« A che gioco stai giocando, ragazzo? »

« E lei? »

Ci fu una breve pausa di silenzio tra i due, che serviva a trovare una falla nel comportamento nell'altro. Senza risultati.

« Anita mi ha parlato di un certo Alma. »

« Lui non c'entra niente. Si era trasferito. »

« Che fortuna, eh? »

« Tanto non l'avrei ucciso... a meno che non mi avesse creato problemi. »

« Come Yu Kanda? »

« Come lui, Komui, Reever e Miranda. »

« Non ti dispiace se vado a trovarlo, vero? Gli porto i tuoi saluti? »

« Non so dove abiti. »

« Ma lo so io. »

« … faccia come crede. »

Prima o poi avrebbe ceduto, il guercio. Dopotutto aveva solo diciotto anni, per quanto potesse essere forte non avrebbe mai vinto contro di lui. Ci aveva scherzato su, ma Tyki era davvero il tipo che se voleva qualcosa, la otteneva. Anche imbrogliando, nella convinzione che il fine giustifica i mezzi. E lui avrebbe fatto di tutto per provare l'innocenza di quel ragazzo. Aveva deciso così, ance se Lavi sembrava far di tutto per sembrare uno psicopatico.

« Ah, già. Anita mi ha detto di darti questa. » trascinò sul tavolo freddo e umido la foto che aveva trovato in casa della donna, aspettando una qualsiasi reazione da Lavi. Lui guardava e guardava, aveva preso la foto tra le mani, a capo chino, ma non diceva alcunché. Era indefinibile.

« Grazie. » disse infine, con un'indifferenza quasi inquietante.

Lavi cercò di trattenere con tutte le sue forze una qualche imprecazione quando Tyki se ne andò. Quell'incontro non era stato poi così piacevole. Perché, diamine, odiava davvero che qualcuno lo sfidasse in quel modo plateale. Gli sembrò una situazione assurda, sembrava che dovesse dimostrare a tutti i costi la sua colpevolezza e non l'innocenza come facevano tutti. E odiava pensare che Tyki avesse fatto parzialmente centro: anche lui era un imbroglione. Si divertiva a osservare gli altri, a giocarci quel tanto che bastava per poi voltarsi e non tornare indietro.

Questo finché non conobbe Linalee. Con lei cambiò tutto. Con lei tutto era diventato necessario. Con lei aveva deciso di smettere di divertirsi alle spalle degli altri. Suo nonno diceva sempre che “le persone sono solo un mucchio d'inchiostro”. Ma Linalee non era così. Non lo era nemmeno Yu. Loro erano stati la penna e la pergamena che avevano permesso a Lavi di fermare i ricordi più importanti della sua vita. Loro lo avevano aiutato a scrivere ciò che era davvero importante ricordare.

E lui, sempre lui, aveva stracciato quei fogli e li aveva bruciati. Come uno stupido.


« La... Lavi... »
« Non parlare... »
« Ho... freddo... »
« Sssht, tra poco passerà... »
« Lavi... p-perdonami... »
« Non hai niente di cui scusarti... »
« Non sono stata... abbastanza forte... »
« Ma che dici...? »
« Stammi vicino... fino alla fine... »
« Certo. »
« Io... ti ringrazio... grazie... di avermi amata... »
« Linalee... »
« Ti prego, Lavi... continua a sorridere... per me... »
« … sì... te lo prometto... »
« Allora perché... stai piangendo...? »


Il ragazzo scosse il capo e si coprì metà volto con una mano. Era stato davvero un cretino. Non vi erano aggettivi per descrivere la sua condotta di allora. Era stato cieco, non perchè aveva una benda sull'occhio, ma perché non aveva capito niente di quello che gli succedeva. Amava così tanto Linalee che non si era accorto di come l'aveva lasciata sfuggire tra le dita. Ma era stata colpa sua. Doveva prendersi delle responsabilità. E anche se sapeva di non meritarlo, voleva concedersi il privilegio, ancora per un po', di ricordare quei giorni. Tornò a fissare la foto, e a stento si riconosceva. Erano già passati tre anni da allora. Per quanto tempo ancora avrebbe ricordato?


« Yu... sono andato a letto con Linalee. »
Kanda aveva spalancato gli occhi e lasciato che la soba ricadesse sul piatto. Fu una delle espressioni più divertenti -per quanto poco ci fosse da ridere- che fece, tant'è che Lavi fu tentato di fargli una foto.
« E lei...? »
« Ha goduto come non mai... »
Kanda cambiò subito espressione, quasi esasperato.
« Ah... volevi sapere in senso generale? »
« Sei sempre il solito ritardato, stupido coniglio. »

Lavi rise. « Yu, sei proprio un vero amico! »
« Vabbè, insomma? Lei come ha reagito? »
« Oh... sembra felice. »
« E tu? »
« Io... penso di essermi innamorato. »
« È un problema? »
Lavi sorrise di nuovo, come se si fosse tolto un peso dal cuore. « Penso di no. Tu che ne pensi? »
« Penso che non siano fatti miei. Ma se lo fossero, penserei che non è un problema. »
« Già... »
« E quindi? Dovrei farti le mie congratulazioni? »
« Le faresti? »
« Forse. » Kanda restò un po' in silenzio, osservando la sua porzione di soba mangiata a metà. Non era abituato a ricevere confidenze di quel tipo, anzi, non era abituato ad avere vicino qualcuno che si fidasse così tanto di lui da fargliele. Tentò di mostrarsi indifferente, spostando il piatto di soba al centro del tavolo e porgendo all'amico delle bacchette.
« Ne vuoi un po'? »
Lavi sorrise di nuovo. « Grazie, Yu. »


« Ma dai... Alma non vive poi così lontano. »
Tyki ridacchiò, pregustandosi il suo nuovo, futuro incontro con quel tale, Alma Karma.
« Guercio, forse sarò un imbroglione, ma sono un professionista, sai? » si afferrò una sigaretta e, ridendo, se l'accese. Era proprio di buonumore.





Ho perso te, tutto il resto è qua,
compreso chi ti ha condannata già.
È gente che, una battuta e via,
vittime poi di quella stessa ironia.
Ti ritroverò, lo so,
se questo cuore ascolterò,
volando, volando.
[
La grande assente – Renato Zero ]

   
 
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