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Autore: hiromi_chan    19/10/2011    2 recensioni
Un ragazzo alla ricerca di se stesso, un viaggio alla scoperta dell'amore tra passato, presente e futuro.
"Senti deficiente, io ti conosco...dove cavolo ti ho già visto?"
[SpainxRomano][accenni FrUk]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2005, 29 Dicembre

 

Aveva dormito bene. Quello fu il primo pensiero che riuscì a formulare quella mattina. Perché di mattina doveva trattarsi, a giudicare dai tiepidi raggi di sole che filtravano da una finestra.

E dunque aveva dormito di notte senza svegliarsi mai.

Da quanto non succedeva?

Almeno sta volta non si sarebbe addormentato in treno come il giorno prima...il giorno prima! Lovino che gli gridava il suo nome sul treno, Lovino più grande...assurdo pensarlo ma era proprio così! Dopotutto anche Francis era diventato più grande, più vecchio!

Antonio si tirò su di scatto, la sensazione di benessere provata nel dormiveglia era ormai sparita. Si guardò intorno, a disagio, scoprendosi avvolto in un piumone.

Era seduto sul parquet di un salone, un ambiente abbastanza grande e luminoso. La stanza era circondata da graziosi mobiletti pieni di libri impilati l'uno sull'altro. Le pareti bianche gridavano pulizia, la mobilia e i bei quadri appesi davano al tutto un aspetto arioso; in un angolo era depositata una chitarra, nell'angolo opposto un enorme albero di natale risplendeva elegante.

Prima che potesse spingere lo sguardo oltre il salone, Antonio venne ripreso da una voce un po' severa.

Fa già come se fosse a casa sua, il maleducato bastardo”.

Era Lovino, la sua versione di sedici anni.

Antonio scattò in piedi come un soldato sull'attenti. Per qualche istante rimasero entrambi in silenzio. Lo spagnolo aveva mille domande da fare, ma sapeva che qualunque cosa avesse detto, per quanto ci avesse pensato, l'avrebbe fatto passare per pazzo.

Approfittò della sua bocca che non voleva aprirsi per studiare il ragazzo che aveva davanti: aveva una corporatura indubbiamente non massiccia, ma era ben proporzionato. I lineamenti del viso erano regolari e qualcosa nelle forme rotonde del naso e delle labbra faceva pensare alle fattezze di un ragazzino molto giovane. I capelli erano lisci e leggeri e quel taglio gli donava. Ma erano sicuramente gli occhi il punto forte: non più così grandi come quelli dei bambini, ma altrettanto vivaci e luminosi.

Finito di fissarmi? Se continui così mi farai un buco in faccia, coglione”.

Evidentemente la ricognizione di Antonio non era passata inosservata.

Ecco” iniziò lui, con l'impellente desiderio di fare un po' di chiarezza in tutto quel macello, “come sono finito qui?”.

Si guardavano, l'uno di fronte all'altro, parecchi centimetri a dividerli.

Ti ci ho portato io” rispose Lovino, un po' sprezzante. “Ti ho trovato vicino casa mia ieri notte, mentre ero uscito per fumare. Sembravi ubriaco forte e...”, ma non poté finire perchè Antonio lo interruppe:

Fumare? Ma no, fa malissimo, poi tu sei ancora giovane, è una brutta abitudine!”.

Ma...cazzo vuoi?” disse Lovino, agitandosi. “Bel ringraziamento, mi fai la predica dopo che ti ho trascinato fin qui...pesi come un toro e non ce l'avrei mai fatta da solo, ho dovuto chiamare mio fratello!” aggiunse, avanzando di un passo con fare alterato.

Io...ti ringrazio, ma questo non cambia il fatto che fumare...” iniziò Antonio.

Dio, quanto sei pedante! Non ho bisogno di qualcuno che mi dica cosa fare, so badare da solo a me stesso”.

Ad Antonio spuntò in faccia un sorriso divertito.

Che cazzo ridi?” disse Lovino, avvicinandosi di un altro passo per volergli fare chissà cosa.

No, è che...i ragazzini fanno sempre così, credono di poter portare il mondo sulle loro spalle ma non sanno di non poterci riuscire. Non voglio essere scontroso, ti dico la verità. Qualche volta è bene chiedere aiuto”.

Antonio e la sua abitudine di dire cosa gli passava per la testa senza pensarci!

Onestamente non sapeva neanche lui come si fosse arrivati a quel discorso proprio in una situazione simile. Magari quelle erano le parole che avrebbe voluto sentirsi dire quando aveva quell'età e per quel motivo aveva parlato così.

Stai tentando di darmi un consiglio?” disse Lovino, appena un po' più mite.

Sto tentando di venirti incontro, e di capire” rispose Antonio, accompagnando le parole con un passo verso l'altro.

Senza che i due se ne fossero resi conto, la distanza tra loro era stata colmata. Ci fu un attimo di silenzio, denso di una certa aspettativa da entrambe le parti. Antonio studiava Lovino, Lovino lanciava occhiate a casaccio in giro per la stanza.

Sarai anche un noioso bastardo” fece poi il più giovane, piano, “ma almeno mantieni la parola”.

Antonio lo guardò con aria interrogativa.

Me l'avevi detto...” bisbigliò Lovino, iniziando ad arrossire lentamente, “...che saresti tornato”.

In quel momento Antonio non pensò a quanto fosse assurdo tutto ciò, a cosa significasse la frase che il ragazzino aveva appena detto, a quando, dove e come lo avesse già incontrato, al perchè gli avesse garantito che sarebbe tornato.

Pensò invece a quanto fosse deliziosamente adorabile vedere quel giovane iroso piegare la testa e arrossire fino alla punta delle orecchie.

Non...so ancora come ti chiami, non me l'hai mai detto” disse Lovino. Aveva abbassato tanto gli occhi che ormai si guardava le scarpe.

...Stronzo” aggiunse.

Antonio ripensò al piccoletto con i calzini a fantasia di pomodori che gridava il suo nome sporgendosi dal finestrino del treno. Sorrise.

Mi chiamo Antonio” disse, tendendo la mano.

 

E così quello era proprio il 2005. Non era poi molto diverso dagli anni '90, aveva garantito Lovino. Lui e Antonio avevano parlato un po', entrambi più che confusi dalla situazione.

In fin dei conti sembrava proprio che Antonio avesse viaggiato nel tempo. Era sul treno a schiacciare un sonnellino il 28 Dicembre 1996 e un attimo dopo spiava Lovino e Francis il 28 Dicembre 2005.

Puoi farmi tutte le domande che vuoi, tanto non saprò risponderti. Non so perchè ti succedano queste cose, sicuramente ne so meno di te. Anzi, non so molto neanche su di te” aveva detto Lovino, mangiandosi le parole alla fine.

Magari non ne sapeva niente, ma Antonio era sicuro che Lovino c'entrasse qualcosa: infondo aveva accettato l'idea che lui avesse viaggiato nel tempo e da come ne parlava sembrava si fossero incontrati più di una volta a cavallo tra gli otto e i sedici anni di Lovino; significava quindi che quel giovane rappresentava una costante in quella marea di fatti incredibili. Una costante abbastanza piacevole, si disse Antonio.

Perché fai quella faccia ebete, a che stai pensando?” grugnì Lovino.

No no, a niente”.

Prima che Antonio potesse chiedere altro, un rumore proveniente dall'ingresso avvertì i due che qualcuno era rientrato in casa.

E' mio fratello” disse Lovino, un po' allarmato. “Non dire cazzate, capito? Lui non sa niente...di noi”, terminò, arrossendo.

Antonio rimase per un attimo imbambolato, con tutte quelle informazioni ancora da registrare che gli affollavano la testa. Poi realizzò che Lovino doveva aver avuto i suoi buoni motivi per non rivelare al fratello di conoscere un ragazzo che “veniva dal passato”...chiunque avrebbe rinchiuso entrambi al manicomio se si fossero anche solo lasciati scappare affermazioni simili.

Intanto il fratello minore di Lovino aveva fatto la sua apparizione, parlando per primo e risolvendo in un attimo i soliti convenevoli; si chiamava Feliciano, aveva 14 anni, ed era una versione più piccola, rosea e allegra di Lovino...Antonio lo trovò seriamente adorabile.

Sono felice che tu stia bene, ieri sera eri in condizioni abbastanza pietose”, aveva detto Feliciano ad Antonio, stringendogli la mano e scuotendo forte.

Prenditi tutto il tempo che ti serve, io intanto vado a preparare il sugo per la pasta. Per ottenere un risultato perfetto ci vorrà un pochino”, aggiunse strizzando l'occhio, prima di sparire in cucina.

Antonio esitò.

Ma davvero a tuo fratello sta bene...avere uno sconosciuto in casa?” disse.

Magari Lovino l'aveva riconosciuto subito, ma non si può mai essere sicuri di un estraneo, specie se lo si trova tramortito in strada...in quel momento Antonio sentì nascere spontanea una piccola fitta di preoccupazione a proposito delle scelte spensierate di vita dei due ragazzini.

Lui è fatto così” disse Lovino con un'alzata di spalle, seguendo Feliciano.

Antonio lo guardò camminare in fretta, quasi a scatti, mentre faceva strisciare una mano alla parete.

Ma non è un idiota, Feliciano. Sa riconoscere le persone buone da quelle cattive”.

Più che parlare aveva borbottato a sé stesso, ma Antonio non poté trattenersi dal provare un certo senso di soddisfazione al pensiero che si stesse riferendo a lui.

 

Dunque Antonio si trovava a pranzo a casa Vargas, una bella abitazione con giardino, ospitato dal minore dei fratelli Vargas che lo riteneva un simpatico ubriacone, e dal maggiore che gli si poneva con un misto di curiosità e diffidenza, punzecchiandolo senza sosta.

Inoltre il tutto stava accadendo nove anni avanti nel futuro.

Questa qui sì che è un'espressione veramente idiota, complimenti” disse Lovino, rivolto ad Antonio.

Prima che lo spagnolo potesse rispondergli, lamentandosi di quanto fosse brutto che un ragazzo parlasse in quel modo, intervenne Feliciano:

Dai fratellone, fin'ora non gli hai dato un attimo di tregua, lascia che si ambienti”.

Antonio provò un immediato moto di gratitudine e simpatia verso il ragazzino più piccolo; sentiva che Lovino in qualche modo avrebbe potuto piacergli, ma mentalmente l'aveva già associato a una specie di gatto selvatico, pronto a graffiare la mano che lo accarezza quando meno te lo aspetti.

Invece Feliciano era più un gattino da appartamento, buffo e pacifico. Antonio aveva subito armonizzato con il carattere allegro di Feliciano e non poté trattenersi dal rivolgergli un gran sorriso.

E falla finita, Cristo! Sembra che tu ti stia mangiando con gli occhi mio fratello” sbraitò Lovino.

Antonio sospirò mesto e Feliciano scoppiò a ridere mentre si dirigeva verso la caffettiera. Di schiena rispetto alla tavola ancora occupata dagli altri due, iniziò ad armeggiare col gas e disse:

Allora Antonio, raccontaci qualcosa di te”.

Il ragazzo rizzò la schiena; era arrivato il momento dell'interrogatorio di circostanza. Dunque anche Feliciano, per quanto ingenuo potesse essere, voleva sapere chi era lo sconosciuto a cui aveva preparato il pranzo! Antonio si volse immediatamente verso Lovino, che ricambiò con uno sguardo abbastanza inquieto. Ci fu un attimo di silenzio, ma quando Lovino articolò con la bocca un “parla, cazzo!”, Antonio si riscosse, esordendo con un lungo “ehm”.

Io...ho venticinque anni”, disse alla fine.

Davvero? E cosa fai nella vita?” chiese Feliciano, ancora di spalle.

Antonio con la coda dell'occhio aveva notato che a quella domanda Lovino si era fatto più attento. Magari perchè non conosceva la risposta? Infondo poco prima aveva detto di non saperne molto di lui.

Sto cercando un lavoro...sono laureato in storia dell'arte” rispose a Feliciano, ma guardando Lovino dritto negli occhi. Questo sobbalzò, un po' sorpreso come chi è colto in flagrante, poi assunse un'espressione seccata.

Ah, che bello! Anche a me piacerebbe molto studiare queste cose in futuro. Oppure vorrei diventare un artista!” disse Feliciano.

Un artista di che tipo? Ah, magari musicale? Prima ho visto che nel salone c'era una chitarra” disse Antonio.

No no, io vorrei fare il pittore...e quella chitarra, bé” iniziò Feliciano, ma venne interrotto da Lovino che improvvisamente gli fu accanto con un balzo, tappandogli la bocca.

Nessuno di noi due sa suonarla” disse rapido, ancora con la mano sulla bocca di Feliciano che rideva e borbottava cose indistinte.

E tu sai suonarla, o meglio, sai fare qualcosa oltre che startene lì con quell'aria da coglione?”.

Sì che so suonarla” fece Antonio, un po' ferito nell'orgoglio, “e anche bene!Sta a sentire”.

Detto questo si diresse al salone, afferrò lo strumento, tornò in cucina e, dopo essersi sistemato sulla sedia, diede sfoggio di tutta la sua abilità.

Si potevano dire molte cose di Antonio: che amava un po' troppo divertirsi, che aveva la testa tra le nuvole, che poteva essere sfacciato, ed era tutto vero; ma guai a mettere in dubbio che ci sapeva fare con la chitarra. Era quando suonava che esprimeva tutto il suo sangue latino in ogni gesto che faceva e in ogni corda che pizzicava. Molti gli avevano detto che in quei momenti era particolarmente affascinante e che fosse difficile non restare rapiti dalle sue melodie.

Sembrava che ora l'eco di quell'effetto fosse stato riprodotto anche a casa Vargas; Feliciano ascoltava a occhi chiusi e anche Lovino se ne stava buono buono in silenzio, a braccia incrociate.

E Dio, se non era soddisfacente ammansire quella specie di gatto selvatico!

 

Dato che nel pomeriggio Feliciano doveva tornare a scuola, dopo pranzo Lovino e Antonio lo accompagnarono a piedi. Durante il tragitto continuarono a parlare del più e del meno; per fortuna Feliciano non era un tipo impertinente e non chiedeva cose particolarmente personali, quindi ad Antonio fu facile rispondere alle domande sulla sua vita senza dover mentire neanche una volta.

Alla fine si separarono e Feliciano li salutò agitando il braccio, stagliandosi nel grigio cielo di Dicembre.

Antonio e Lovino camminavano piano sull'asfalto freddo, il più grande che seguiva l'altro a un paio di passi di distanza. Finalmente erano soli e sarebbe potuta essere un'ottima occasione per ragionare un po' insieme su quell'assurda capacità che aveva portato Antonio avanti nel tempo. Eppure, nonostante lo spagnolo avesse mille domande in testa, non sapeva davvero da dove cominciare, perchè era tutto talmente assurdo che faceva fatica a rimettere insieme i pezzi.

Non avrai mica intenzione di rimanertene a sbafo a casa mia?” disse Lovino, rompendo la catena di pensieri di Antonio. “Si può sapere dove cazzo abiti?”.

Accidenti, è vero!” esclamò Antonio, “Avevo quasi dimenticato casa mia!”

Togli pure il 'quasi'” soffiò Lovino.

Oh, è incredibile, tutto è cominciato perchè ieri sera non riuscivo ad entrare” disse Antonio, ignorando il commentino dell'altro, “per questo sono andato da un mio amico ma poi ho visto...ora non importa, la prima cosa da fare è tentare di rientrare in casa!” disse, animandosi.

Era così felice di aver qualcosa di concreto da fare che, preso dall'entusiasmo, afferrò Lovino per il gomito, trascinandolo, nonostante le proteste, verso il suo familiare vicoletto.

Cambiarsi i vestiti, mangiare le sue cose, avere in mano qualcosa di suo e ritrovare un po' di certezze...Antonio non stava più nella pelle.

In breve arrivarono a destinazione col fiato corto. Lovino scoccò uno sguardo sprezzante alla casa di Antonio.

Devi essere proprio un poveraccio, tu”, disse.

Ma Antonio non lo ascoltava, intento com'era a tirare fuori la chiave dalla tasca dei pantaloni e pregando che la serratura decidesse di collaborare almeno quella volta. Ma non fu così, la porta proprio non voleva saperne di aprirsi...di nuovo. E mentre Antonio continuava a provare con una certa furia a girare la chiave, una signora grassa si affacciò con aria truce da quello che avrebbe dovuto essere il suo balcone.

Che accidenti stai facendo, razza di piccolo scassinatore!” urlò.

Cheee?” fece Antonio guardando in alto.

Non provarci neanche, pidocchio! Cercare di derubare una casa simile, ma non ti vergogni? Non ce l'hai un po' di decenza?” gridò la signora grassa.

Ma veramente...”

Adesso chiamo la polizia, capito? Vattene o ti butto in testa questo!”, e prese a far roteare un mattarello di legno.

Ascolti, c'è un errore, io...”

Ti avevo avvisato!” ululò la signora, iniziando a scagliare verso Antonio una serie di utensili da cucina. Il ragazzo schizzò via tirandosi dietro Lovino e i due tornarono di corsa sui loro passi fino ad arrivare alla scuola di Feliciano in un battito di ciglia.

Mi sa che non ci abiti più, lì” annaspò Lovino, un misto di ironia e astio nella voce.

Oh” disse Antonio, con una mano sulla milza. Quello si che era un bel colpo.

Magari...magari ho trovato un bel lavoro o ho vinto alla lotteria e quindi mi sono trasferito in un posto migliore!” iniziò a fantasticare.

E' più probabile che tu sia diventato definitivamente un barbone” disse Lovino.

Antonio lo guardò supplichevole per poi appoggiarsi con aria sconfitta al cancello del liceo frequentato da Feliciano.

Allora dove abitava lui nel 2005? O meglio, dov'era Antonio nel 2005?

Adesso che ci pensava, se avesse ancora abitato lì ed entrando si fosse ritrovato faccia a faccia con un se stesso più vecchio di quasi dieci anni, che sarebbe successo? Un brivido gli percorse la schiena al pensiero di tutte le possibili conseguenze che aveva appreso guardando film fantascientifici. Forse aveva appena corso un bel rischio senza saperlo! Forse era meglio cercare di stare più alla larga possibile dall'Antonio del futuro.

Sta per piovere” disse Lovino, lo sguardo al cielo ricoperto da una fitta rete di nuvoloni.

Scommetto che quell'idiota di Feliciano non ha preso l'ombrello. E' una scocciatura e non ne ho la minima voglia, ma devo andare a casa per portargliene uno”, disse, ben attento a dimostrarsi più acido possibile.

Antonio lo guardò; aveva iniziato un pochino a capire come funzionava quel ragazzo. Sulla sua bella faccia c'era scritto “attenzione, belva feroce”, ma bastava guardare meglio per rendersi conto che anche lui sapeva fare le fusa.

Sei un bravo fratello”, gli disse, sorridendo, “e anche un bravo ragazzo”.

Lovino si agitò e borbottò qualcosa sul dover prendere anche un altro ombrello per se stesso.

Allora staremo in due sotto lo stesso ombrello?” scherzò Antonio.

L'altro, dopo averlo mandato a quel paese, aggiunse incespicando:

Non ci metterò molto, tu aspetta qui...poi cerchiamo di capire che cazzo di fine hai fatto nel 2005”.

Antonio lo guardò allontanarsi e pensò che non fosse molto diverso dal bambino capriccioso che sul treno voleva a tutti i costi la sua catenina con la croce.

Era un po' strano, perchè in genere con la crescita si mettono da parte vizi e strepiti e si matura, ma sembrava che Lovino si fosse portato dietro dall'infanzia tutti i suoi modi, ed era così buffo.

Proprio mentre Antonio lo stava studiando, iniziò a piovere e una goccia gli cadde dritta in un occhio.

Se la sfregò via in fretta, ma quando tornò con lo sguardo a ciò che stava osservando prima, Lovino non c'era più.

 

L'aveva aspettato, aspettato, aspettato, ma dopo un'ora Lovino non era ancora tornato a scuola con gli ombrelli. Anche la pioggia era ormai cessata.

Qualcosa nella testa di Antonio, o forse nel suo cuore, gli suggerì che fosse meglio andare a casa Vargas per controllare che non fosse accaduto nulla. Infondo, Antonio era un po' un fatalista; credeva nella fortuna e allo stesso modo si fidava ciecamente del suo sesto senso, dell'istinto.

E così, con le ali ai piedi, tornò a casa dei due fratelli, ma dovette fermarsi di colpo davanti al cancelletto d'ingresso, tuffandosi dietro una grossa siepe decorativa.

Perché aveva appena visto un bambino, tutto infagottato in un giubbotto rosso, intento a disegnare sul prato. E quel bambino era indubbiamente Lovino coi suoi occhi verde oliva, anche se sembrava ancora più piccolo e basso di quando l'aveva visto la prima volta sul treno.

E' successo di nuovo” disse in un soffio Antonio.

In giardino a qualche metro di distanza da Lovino c'era anche anche un piccolissimo Feliciano, arrampicato come uno scoiattolo sulle spalle di un uomo che lo faceva giocare, e se la rideva di gusto, gridando con la sua vocetta:

Ancora più in alto, nonno!”.

Dunque i due fratelli vivevano con il nonno. Evidentemente Antonio prima non l'aveva visto perchè non era in casa...

Vedrai che bella festa di fine anno organizzerà il nonno, Feli! Ci sarà da divertirsi!” disse l'uomo.

A quel punto il piccolo Lovino cambiò l'espressione del visetto e abbandonò fogli e colori.

Bravi, divertitevi voi due! Non voglio partecipare a nessuna stupida festa” urlò scattando in piedi, “voglio solo diventare subito più grande, voglio che l'anno nuovo arrivi in fretta!”.

Detto questo entrò come una furia in casa, mentre Feliciano, con un dito in bocca, chiedeva triste al nonno:

Al fratellone non è piaciuto il 1994? Perché vuole che arrivi subito il 1995?”.

Il cuore di Antonio mancò un battito. Niente più spiare la vita degli altri per ora, niente più cercare di capire cosa succedeva, adesso. Bastava così.

Se quello era davvero il 1994 non gli serviva sentire altro, sapeva perfettamente dove doveva andare.

Si allontanò di corsa da casa Vargas, dimentico della fitta di dispiacere che aveva provato assistendo all'inquietudine del piccolo Lovino; infondo era sicuro che a prescindere dal fatto che fosse intervenuto o meno, le cose non sarebbero cambiate...la sua presenza non poteva certo interferire in qualche modo nella vita del bambino.

Lo lasciò quindi al suo destino, diretto con il cervello e l'anima alla casa in cui aveva abitato con Francis e Gilbert, il cuore che gli batteva a mille e le lacrime che premevano per uscirgli dagli occhi.

 

 

Dunque, questo capitolo è uscito più lungo dei primi due perchè volevo che Antonio iniziasse a relazionarsi come si deve con Lovino. Fin'ora si è limitato ad osservarlo incuriosito, a cercare di capire che tipo di persona sia. Intanto il nostro eroe è stato trascinato dagli eventi...ma dal prossimo capitolo il suo animo latino si farà sentire e Antonio passerà all'azione ^^

Spero di non avervi annoiato, grazie di cuore per il supporto a chi commenta, segue, legge, spulcia questa storiella, a chi la mette tra i preferiti...wow, la cosa mi incoraggia tanto!xD fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino ^^ allora ci vediamo al prossimo aggiornamento verso inizio settimana prossima!!

   
 
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