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Autore: Melanto    20/10/2011    10 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 7: Il villaggio di Yoshiko (parte III)

Sendai, Dogato di Rhalesta – Regno degli Ozora, Terre del Sud

Il cinguettio degli uccelli e i raggi del sole che riuscirono a filtrare tra le tende tirate le diedero il buon giorno.
Yoshiko aprì lentamente un occhio, mettendo a fuoco la realtà circostante, ancora in penombra. La prima cosa che fece, dopo essersi messa a sedere, fu spegnere la lampada che aveva bruciato per tutta la notte. A breve sarebbe arrivata Miyu con la colazione e la sua giornata sarebbe ricominciata da capo.
Con un sospiro un po’ affranto pensò che gli Elementi del Re dovevano già essere partiti da diverse ore e non avrebbe più potuto ascoltare alcuna storia da parte di Yuzo. Per un attimo si intristì, ma subito scosse il capo ricordando a sé stessa la grande possibilità che aveva avuto e che doveva essere felice di quei desideri che era riuscita a realizzare.
Yoshiko rivolse una preghiera silenziosa alla Dea Yayoi, tenendo stretta i ricordi di quei giorni.
Come aveva pensato, poco dopo arrivò Miyu per prendersi cura di lei e Yoshiko le rivolse un solare sorriso.

La colazione fu ottima e la bambina la assaporò fino all’ultimo boccone.
Non poteva dire di sentirsi bene, ma, dopotutto, non stava nemmeno così male da non potersi muovere. Insomma, era nella norma cui aveva finito per abituarsi.
“Qual è il programma di oggi?” domandò, restando seduta sul letto. Miyu l’aveva aiutata a lavarsi e vestirsi e ora stava finendo di sistemare la stanza. La finestra era spalancata e le tende oscillavano tenui al vento caldo. Dall’esterno, poteva sentire il vociare confuso delle persone nella piazza miste al gorgogliare della fontana.
La bambinaia ridacchiò; lo stava facendo da quando era arrivata a svegliarla.
“Oh, vediamo, il programma…” e giù un’altra risatina.
Yoshiko inarcò un sopracciglio con perplessità.
“Miyu ti senti bene? Sei un po’ strana.” Le disse, incrociando le braccia al petto e guardandola con attenzione.
La donna si coprì la bocca con la mano. “Sì, sì, signorina. Benissimo.” Ma i modi in cui cercava di trattenersi erano davvero poco efficaci. Chissà che cosa aveva architettato la sua governante. D’un tratto, la bambina si portò le mani al viso, esibendo un’espressione disperata.
“Non dovrò mica fare lezione con il maestro Aella, vero? Oggi non mi va di fare matematica! E poi non gli tornano mai i conti!”
“No, signorina, niente matematica.”
“Allora non sarà mica la signorina Sachiko? Sono sicura che mi farà fare quegli odiosi ricamini che tanto le piacciono.”
“No, nemmeno la signorina Sachiko” negò ancora la governante, sempre mantenendo quel sorrisetto furbo e divertito. “Oggi seguirete una lezione che non avete mai fatto, con un maestro d’eccezione.” S’avvicinò alla porta e diede una rapida scorsa nel corridoio. “A proposito dovrebbe già essere… eccolo! Sta arrivando. Mi raccomando, obbeditegli senza protestare.”
Yoshiko arricciò un po’ le labbra per nulla convinta dell’entusiasmo di Miyu, ma quando vide comparire Yuzo sulla porta, tutta la sua diffidenza venne spazzata via in un attimo e lei rimase a bocca aperta.
“Sentito cosa ha detto la signorina Miyu?” fece eco il volante agitando severamente un indice. “Non dovrai protestare. Sono un insegnante molto esigente.” Poi rise, avvicinandosi alla bambina che continuava a guardarlo con gli occhioni sgranati.
“Ma… ma tu… non sei partito?!” la gioia prese il posto della sorpresa. Strinse le mani viso, esibendo un larghissimo sorriso entusiasta.
“Abbiamo rimandato a questa sera, dopo il tramonto.”
“Evviva! Avremo un’altra giornata da passare insieme! Che cosa mi racconterai? Eh?”
“Quest’oggi nessun racconto, faremo una passeggiata un po’… particolare.”
La bambina nemmeno si chiese cosa mai potesse essere, si fidava ciecamente dell’Elemento d’Aria, tanto da chiedere a Miyu di portarle la sua sedia a rotelle per scendere dal letto. La governante ridacchiò e non si mosse.
“Non ne avrai bisogno” spiegò Yuzo. Il volante si piegò in avanti, avvicinando il viso al suo. “Perché oggi ci muoveremo volando.”
Gli occhi della figlia di Mastro Koji si fecero enormi; spalancati fin quanto possibile. Aveva sentito bene? Per un attimo si convinse addirittura di stare ancora dormendo e quello non era altro che un sogno; bellissimo, stupendo, meraviglioso ma pur sempre un sogno. E invece, quando Yuzo le disse di aggrapparsi al suo collo capì che era davvero la realtà, che a breve avrebbe visto il mondo da una prospettiva nuova, che avrebbe finalmente volato e realizzato il suo più grande desiderio.
La piccola si sentì prendere in braccio senza il minimo sforzo, come fosse stata leggera come una piuma. Già da quell’altezza, la realtà sembrava assumere un punto di vista differente e incredibile. Si volse a guardare Miyu, poco distante, che sorrideva felice e commossa. Lei rise, con la sua gioia incontenibile.
“Miyu! Dopo ti racconterò tutto-tutto!”
La donna si passò svelta il fazzolettino sugli occhi. “Divertitevi, signorina.”
In quel momento, Yoshiko si rese conto che non sarebbe mai riuscita a ringraziarla davvero per tutto quello che aveva sempre fatto per lei, per la dedizione con cui si era presa cura di ogni sua esigenza, dando un grandissimo aiuto a sua madre. Miyu era un po’ una mamma-in-seconda e lei le voleva bene.
“Mi divertirò tantissimo! Promesso!” disse, tornando a guardare il profilo dell’Elemento di Aria che ora era puntato in direzione della finestra.
Yuzo aveva l’odore dell’aria. Dell’aria estiva, per la precisione. Era difficile da inquadrare e catalogare, ma impossibile da non riconoscere. Yoshiko l’aveva percepito fin da quando lo aveva conosciuto, e quel profumo così bello e familiare – perché a Sendai quell’odore c’era quasi per tutto l’anno – le era rimasto impresso come un ricordo.
“Devo avvisare il mio papà.” Si ricordò a un tratto; di sicuro si sarebbe arrabbiato se se ne fosse andata in giro senza nemmeno dirglielo. “E anche la mamma!” Lei si sarebbe arrabbiata anche di più, poco ma sicuro, ma Yuzo le sorrise in quel modo che le ricordava proprio l’affetto dei suoi genitori.
“Ne sono già a conoscenza. Ho chiesto loro il permesso ieri sera. Non preoccuparti.”
Il giovane salì sul davanzale e Yoshiko si strinse istintivamente di più al suo collo. Di fuori, più in basso, la gente si muoveva tranquilla per la piazza, affaccendata nella propria quotidianità. Accanto alla fontana c’erano gli altri Elementi. Erano pronti per andare in escursione nelle terre attorno a Sendai. Più lontano, Yoshiko vide anche i suoi genitori che guardavano proprio nella sua direzione, la stavano aspettando.
“Pronta?” le chiese Yuzo e lei annuì con decisione.
“Prontissima!”
Il voltante rise divertito e avanzò.
La bambina sentì il cuore salirle fino alla gola, volava all’interno del suo piccolo corpo. Erano sospesi nel vuoto, non c’era nulla che li sorreggesse se non l’aria invisibile che entrava e usciva dai suoi polmoni e le sembrava incredibile potesse avere una tale forza. La Magia Elementale era la cosa più bella del mondo.
Dabbasso, la gente la notò e sollevò teste e sguardi. Sorridevano, mentre i più piccoli indicavano, con gli occhi pieni di meraviglia.
Volarono lentamente sopra la fontana e Teppei si sbracciò, salutando con i suoi modi solari. Hajime, accanto a lui, agitò una mano in maniera più composta. Leggermente più distante, già in cammino verso l’uscita del villaggio, anche Mamoru si volse appena, l’espressione sempre imbronciata venne stemperata da un mezzo sorriso; impercettibilmente accennò col capo.
Yoshiko salutò ciascuno di loro con gioia ed entusiasmo e la sua voce riempiva l’aria con toni vibranti per l’euforia.
Quando sorvolarono Mastro Koji e sua moglie, Yuzo planò adagio. Yoshiko lasciò per un momento il collo del volante per abbracciare i genitori.
Strofinò la guancia contro i loro visi. “Volerò! Oggi volerò! Guardatemi!” disse felice e loro la strinsero con calore. “Grazie di tutto! Vi voglio tanto, tanto bene!”
“Anche noi, piccola mia.” Mastro Koji le baciò delicatamente la fronte. “Mi raccomando obbedisci a Yuzo.”
Yumiko le baciò una guancia, separandosi a malincuore dalla sua bambina. “Vola felice, tesoro.”
Yoshiko annuì con decisione, poi tornò a stringersi al volante.
“Vogliamo andare?” le chiese.
Yoshiko non se lo fece ripetere due volte, pronta per affrontare il cielo sconfinato come infinite volte aveva sognato vedendo gli uccelli volare fuori dalla finestra.
“Bene, allora…”, Yuzo si volse a guardare dove l’azzurro si perdeva tra il verde delle fronde e l’oro del sole, “…si vola!”
I gridolini deliziati di Yoshiko si persero nell’aria quando sfrecciarono su Sendai alla velocità del vento.
Nella piazza, Koji li osservò con espressione serena e il cuore più leggero anche se sempre preoccupato: sua figlia era fragile come porcellana, ma vederla così felice sapeva ripagare anche lui di tutte le sofferenze che tutti e tre, insieme, avevano affrontato. Se davvero il suo tempo era quasi finito, allora glielo avrebbe fatto vivere fino in fondo. Ma non fu il solo a scortare i due con gli occhi fino a che non si dissolsero all’orizzonte.
Poco più avanti, anche Mamoru era rimasto a osservarli. “Diamoci una mossa” disse bruscamente ad Acqua e Terra, ma sulle labbra aleggiava un sorriso.

Essere parte del vento, fenderlo e crearne di nuovo era un qualcosa che Yoshiko non avrebbe saputo descrivere nemmeno se avesse avuto tutte le parole del mondo.
L’aria scivolava sulla pelle come se la stesse accarezzando e ogni cosa, vista da lassù, era così piccola da poter stare in una mano; miniatura del mondo.
Yoshiko era rapita da quella prospettiva che superava di ben oltre le mille fantasie che aveva costruito negli anni. Il verde di Sendai era intenso e vitale e brillava sotto i raggi del sole caldo e benevolo. Ogni nuovo particolare che riusciva a cogliere era un piccolo gridolino di stupore e estasi e ‘Yuzo! Yuzo, guarda! Quelle persone laggiù sono piccolissime!’ e ‘Yuzo! Il corso del fiume sembra un serpente! Com’è lungo, non finisce più!’ e ancora ‘Yuzo! Dei cavalli selvatici, che belli! Guarda come corrono!’.
Il volante rideva di cuore.
C’era tantissimo di lui nella meraviglia di Yoshiko, nel suo non credere ai propri occhi, nell’indicare di continuo ogni cosa vedesse; c’era la propria infanzia, la stessa incredulità di quando aveva volato anche lui per la prima volta, stretto tra le braccia di suo padre. Ricordò di non avergli dato un attimo di respiro in quel viaggio verso Alastra, ma l’uomo aveva continuato a ridere di piacere, proprio come lui adesso rideva con Yoshiko. In quel momento comprese il significato di tanta euforia: probabilmente, anche suo padre aveva rivisto qualcosa di sé e conoscendo per primo quanto assoluta fosse la libertà che si provava volando, non aveva potuto non gioire nel poterla condividere. Lo stesso valeva per lui adesso. Rendere felice gli altri dava la stessa libertà e leggerezza del volo.
“Sì che li ho visti, anzi, adesso ci avviciniamo.” Svelto Yuzo planò, rallentando alla velocità dei cavalli e volando tra loro. Criniere al vento assieme alle code, livree lucide.
Yoshiko era senza fiato: erano vicinissimi, poteva sentire i respiri affannati dello stallone baio che correva alla testa del gruppo. Allungò una mano e le dita sfiorarono il corpo dal manto liscio. Poi presero velocità e se li lasciarono indietro, mentre salivano di quota.
Nel vederli divenire più piccoli, Yoshiko li salutò, quasi avessero potuto rispondere.
“Allora, ti piace?” domandò Yuzo, mentre sorvolavano le fronde boschive.
“E’ bellissimo!” rispose Yoshiko, entusiasta. “La cosa più fantastica che io abbia mai fatto! Era come l’avevo sempre sognato… tutto cambia da quassù.”
Yuzo atterrò su un grosso ramo di quercia e rimase in piedi con la bambina tra le braccia a osservare l’intorno con più calma. Yoshiko si lasciò coccolare dal tepore dell’aria calda, chiudendo appena gli occhi per imprimersi tutto nella memoria.
“Grazie, Yuzo, per tutto quello che hai fatto per me.”
“E’ presto per i ringraziamenti, abbiamo ancora tantissime cose da fare prima di goderci il tramonto.”
“E cosa?” la piccola sollevò subito il capo.
“Beh, dobbiamo passare alla seconda lezione di oggi, ovvero: volare da soli.”
“Ma… ma io non sono una Sacerdotessa, non so come si fa…” Yoshiko parve titubante, ma il sorriso dell’Elemento riuscì a dissolvere ogni dubbio.
“Non temere, ti aiuterò io” disse, guardandosi poi intorno, come a valutare la loro posizione. Non c’era nessuno se non loro, il verde e gli animali del bosco. “Penso che possiamo cominciare.”
Un brivido tra l’impazienza e il timore attraversò la bambina, ma non smise nemmeno per un attimo di ascoltarlo.
“Per prima cosa lascerò andare le gambe.”
Yoshiko annuì, ma istintivamente rafforzò la presa attorno al collo.
Yuzo rise. “Tranquilla, anche se non ci saranno le mie mani, non ti farò mai cadere. Fidati di me.”
Aveva detto una frase simile anche a Mamoru e il modo in cui la piccola si stringeva a lui gli ricordò la Fiamma. Non avrebbe mai lasciato precipitare le persone a cui teneva.
Adagio, sfilò la mano sotto le ginocchia che si distesero senza nessun appiglio. Yoshiko non le sentiva pesanti, ma avvertiva l’aria renderle stranamente leggere e poter finalmente essere ‘in piedi’, dopo tantissimo tempo, era una sensazione che non credeva avrebbe mai più provato. Però faceva così strano non avere un appoggio che non allentò comunque la presa attorno al collo di Yuzo.
“Prendimi le mani.”
“Ma… ma non cadrò in questo modo?”
“No, non cadrai. Te l’ho detto, no? Non ti lascerò cadere.” Sorrise ancora. “Ecco, così, piano.” Adagio guidò i suoi movimenti affinché non risultassero troppo bruschi.
Yoshiko sciolse a poco a poco la stretta e fece scivolare le mani sottili lungo le spalle e le braccia fino a stringere le sue dita.
Ora era completamente in piedi e… non stava toccando da nessuna parte. I piedi erano ancora sospesi nel vuoto quando Yuzo abbandonò il ramo di quercia con un passo.
“Bene e ora… le ali.”
“Ali?”
Yuzo annuì. “Le Sacerdotesse Elementali usano lo stesso principio di volo degli Elementi, ma in più materializzano l’aria sulla schiena, dandole la forma di ali in onore della Divina Yayoi.”
Yoshiko era affascinata. “Questo non c’era scritto nei miei libri.”
Tante altre cose non erano scritte in merito alle Sacerdotesse, ma non gliele avrebbe rivelate perché era giusto così: per quel giorno, Yoshiko sarebbe stata una piccola Sacerdotessa libera.
Stringendo le sue mani, richiamò i propri poteri modificando la consistenza della materia. Divenne visibile e sembrava nascere dalla schiena di Yoshiko. Le ali si spiegarono nel vuoto, vibrando e sbattendo senza fare rumore. La bambina si volse e riuscì a intravederle.
“Sembrano vere...” esalò.
“Lo sono. Vere ali d’aria” rise Yuzo. “Adesso, lascia le mie mani e vola.”
“D-devo cosa?”
“Lasciale, non avere paura. L’hai desiderato per tutto questo tempo. Goditelo, è il tuo momento.”
Lei osservò le sue iridi nocciola. Non avrebbe mai avuto un’altra occasione, lo sapeva.
Lentamente allentò la stretta, continuando a cercare il coraggio necessario nei suoi occhi e in quella serenità che le sembrava indistruttibile. Quasi non ci credette quando si ritrovò sospesa nel vuoto, senza più un appiglio. E non cadeva, non cadeva.
Yoshiko si guardò intorno tra l’intimorito e l’incredulo.
“Quelle ali ti porteranno ovunque vorrai andare, basterà un tuo ordine.” Le spiegò Yuzo. “Ma non volare troppo in alto, non sei abituata all’aria troppo rarefatta di alta quota.”
Andare ovunque. Avrebbe dovuto dire semplicemente ‘A Ovest’ e ci sarebbe andata. Guardò per un momento ancora l’Elemento d’Aria con le sopracciglia aggrottate, ma non ebbe bisogno di esporre la sua perplessità.
“Vola tranquilla, sarò sempre accanto a te se ti troverai in difficoltà.”
Il sorriso tornò sulle sue labbra e si allargò caloroso e felice.
“Allora… allora a Ovest!” decise, gridandolo quasi con liberazione e le ali iniziarono a sbattere come quelle degli uccelli, portandola via.
Yoshiko volò tra gli alberi, toccò le fronde, si librò nel vuoto assoluto del cielo e poi planò, camminò sulla superficie di un lago, sfiorandola appena con le suole e bevve l’acqua fresca di una cascata. Accompagnò uno stormo di fenicotteri rossi e giocò a nascondino con Yuzo tra le fronde. Non si era mai sentita così viva e indipendente, non era un peso per nessuno, non doveva costringere Miyu a spingere la sua carrozzina né rinchiudere il proprio spirito in quel corpo troppo fragile.
Lei era libera. Non aveva più nulla da desiderare.

“Stasera ripartirete?”
Il cielo aveva perso il suo azzurro limpido, verso Est, dove il violetto colorava già l’orizzonte. Verso Ovest, invece, stava per approssimarsi il tramonto. Yuzo e Yoshiko restavano seduti su di un ramo. Avevano volato per tutto il giorno, fermandosi per mangiare della frutta rinfrescante.
Yuzo non l’aveva mai persa di vista, prestando attenzione alla sua salute e non gli sfuggì come adesso apparisse stanca.
“Sì. Hajime è il nostro navigatore” disse con un sorriso. Quando l’avvertì appoggiarsi alla sua spalla, le labbra si tesero un po’. “Stai bene? Vuoi che rientriamo?” chiese, osservando la testa castana i cui capelli oscillavano alla brezza.
“Tornare a casa non cambierà le cose né farà passare il dolore.” Yuzo non riusciva a vederla in viso ma ebbe l’impressione che stesse sorridendo. “Non rinuncerò a questo tramonto, è la mia unica occasione. Vediamolo insieme.”
Il volante rimase in silenzio, acconsentendo alla sua richiesta. Le passò un braccio attorno alle spalle e l’altro sotto le ginocchia, sollevandola ancora con quella semplicità che sembrava far immaginare la leggerezza estrema di Yoshiko, quasi che la giovane stessa fosse fatta d’aria. Le ali si dissolsero in un attimo, tornando invisibili e intangibili.
Insieme, con la bambina appoggiata al suo petto, si librarono un po’ più su delle fronde e da quello spazio infinito poterono finalmente scorgere la sfera rossa che calava placidamente verso le montagne distanti.
“E’ davvero bellissimo” mormorò Yoshiko con gli occhi lucidi e pieni di quel colore così carico da sembrare un enorme incendio indomabile. Era il suo ultimo sogno che si avverava, e la gioia, il senso di appagamento riuscivano persino a scacciare la fatica di respirare, l’intorpidimento delle braccia e delle gambe e il peso che le premeva sul petto. Ogni sofferenza diveniva di colpo inesistente e lei si ritrovò ancora a sorridere, affidandosi completamente a Yuzo. Nella mente, tornarono le parole del Principe Tsubasa.

“Troverai chi ti aiuterà a realizzare tutti i tuoi desideri e dopo non avrai più alcuna pena a farti soffrire. Non avere paura, non sarai da sola.”

Quella persona era magicamente comparsa e lei, proprio come dettole dal Principe, non aveva affatto paura.
“Sono felice di poterlo vedere con te.”
Il volante sorrise eppure avvertiva qualcosa di strano nell’aria, qualcosa di malinconico che aveva il suono di un addio. Si sforzò di ignorarlo, concentrandosi invece sulle parole della bambina.
“Yuzo, tu hai detto di avere tanti fratelli ad Alastra, i tuoi compagni di scuola…”
“Sì, esatto.”
“Ecco, nonostante non sia un Elemento, ti andrebbe di avere anche una sorella?” rise con difficoltà “A me sarebbe sempre piaciuto avere un fratello maggiore come te.”
Il sentore di ‘addio’ si fece ancora più forte e stavolta il volante faticò a scacciarlo. La preoccupazione si nascose dietro la maschera dell’Autocontrollo.
“Ma certo. Mi piacerebbe molto” rispose con calore e affetto, sorridendo un po’ dentro di sé al pensiero di come Mamoru l’avrebbe rimproverato per il suo modo troppo rapido di legarsi alle persone.
“Allora, quando tutto sarà finito e non avrai troppi impegni, torna a trovarmi. Ho ancora tanti posti da farti vedere.”
“Verrò di sicuro, mi piace molto questo villaggio. Ma perché, nel frattempo, non mi scrivi? Possiamo ricevere posta dall’esterno.”
Lei sembrò rinvigorirsi per un attimo. “Davvero? Posso davvero?”
“Tutte le volte che vorrai.”
Forse sarebbe potuto apparire utopico fare piani per un futuro tanto lontano quando il presente era ancora così incerto, ma era un piccolo gesto di speranza e fiducia per un domani che sembrava ancora troppo in là da venire.
Nel frattempo, del sole non era rimasto che una mezza sfera; l’altra metà era stata divorata dalle cime aguzze dell’Ovest dietro le quali, anche se non era visibile, c’era il mare.
“Grazie, Yuzo.” Yoshiko chiudeva e riapriva gli occhi adagio; anche le palpebre erano divenute pesanti. “Lo so che lo dico sempre e sono sicura che anche mio padre te lo avrà ripetuto tantissime volte, però sento che devo dirtelo ancora perché quello che hai fatto per me non lo dimenticherò mai. E anche la mia mamma e il mio papà, dovrò ringraziare di nuovo anche loro.”
“Rivolgi loro un sorriso, varrà più di mille parole.”
Lei ridacchiò, chiudendo gli occhi; non riusciva a tenerli aperti.
“Allora farò così. Certo che il sole… è davvero abbagliante…” ma non avrebbe saputo dire che lacrime fossero quelle che scivolavano lungo le guance. “Se mi dovessi addormentare, potresti dire a mamma e papà che è stata la giornata più bella della mia vita e che… che gli voglio tanto bene?”
“Sì, non temere. Penserò io a tutto, tu riposati”
Un respiro profondo accompagnò le ultime parole della bambina.
“Yuzo… voglio bene anche a te.”
Un affettuoso sorriso addolcì l’espressione del volante. “Anche io te ne voglio, Yoshiko.”
Dopo non rimase che il fruscio del vento a riempire il silenzio. Sgattaiolava tra le fronde sottostanti, trascinava via degli strati di nuvole altissime che ancora brillavano d’oro rosso, mentre il sole scompariva al di là dei rilievi.
Il tramonto era finito.
“Torniamo a casa.” Yuzo lo mormorò appena e quando non ricevette risposta, abbassò lo sguardo. La bambina aveva gli occhi chiusi e un sorriso felice; sembrava stesse dormendo placidamente.
Sembrava.
L’addio, aleggiante nell’aria, divenne tattile e lui lo stava tenendo tra le braccia.
L’espressione sul suo viso mutò, si fece ferita, e nonostante l’Autocontrollo non riuscì a nasconderla, sul momento, non del tutto. Aveva fallito l’incantesimo ma non era l’unica cosa che provava. Dentro, qualcosa si spezzò e qualcos’altro tornò a galla.
“Buona notte, mia piccola sorella.”
Il rosso del cielo tornò a ferire i suoi occhi.

“Come volevasi dimostrare, l’ulteriore sopralluogo è stato inutile.”
Hajime sospirò con evidente frustrazione alle parole di Mamoru.
Non era spuntato alcun indizio, nonostante avessero non solo approfondito il controllo dell’area a Est di cui il Tritone non era stato convinto, ma avessero pattugliato zone già setacciate. Niente. Non era emerso niente. Ed era scoraggiante.
Hajime e il tyrano si lasciarono cadere pesantemente sul bordo della fontana nella piazza principale. Mamoru, invece, rimase in piedi con le braccia conserte. Erano rientrati al villaggio da circa un’oretta e avevano avuto giusto il tempo di darsi una rinfrescata e preparare i leggeri bagagli che avevano con loro. Al ritorno di Yuzo sarebbero ripartiti. La moglie di Mastro Koji aveva insistito affinché la cuoca preparasse loro la cena da portare via e consumare durante il viaggio.
Con piglio più seccato del solito, la Fiamma si guardò attorno, levando lo sguardo al cielo in cui sperava di scorgere presto il volante e non perché gli mancasse. Voleva solo andarsene il prima possibile e depennare l’ennesimo buco nell’acqua dalla lista. L’elenco delle città andava rapidamente assottigliandosi; non potevano essere troppo lontani, o almeno così sperava.
Scrutando a fondo e in ogni direzione il cielo ormai indaco, Mamoru arricciò le labbra con fastidio, prendendo a picchiettare al suolo la punta del piede.
“Ma quanto ci mette quell’impiastro? Aveva detto che alla fine del tramonto sarebbe stato di ritorno. Vatti a fidare della sua parola.”
“Eddai, vuoi dargli il tempo di arrivare?” Hajime restava ogni volta sconvolto dal modo in cui la Fiamma tendeva ad attaccare l’Elemento d’Aria. Non gliene faceva passare nemmeno una. “Ha la bambina con sé, non può mica sfrecciare come un fulmine. A quest’ora l’aria è anche più umida, non dimenticare che Yoshiko è cagionevole di salute.”
L’altro ruotò gli occhi, dandogli le spalle. “Sì, sì. Come dici tu.” Gli seccava ammettere che doveva dargli contro solo per puro piacere e non perché ce l’avesse realmente con il volante. Lo sapeva anche lui che non era da solo.
“Sei stato accontentato” esordì Teppei interrompendo il discorso. “Yuzo sta tornando.”
Tutti e tre si fermarono a osservare la sua figura farsi sempre più vicina mentre le luci delle lampade venivano accese all’interno delle case e lungo le strade. Da una delle traverse che portavano alla piazza, sopraggiunse anche Mastro Koji. Stava rientrando dopo l’ennesima lunga giornata di lavoro. Sorrise; era arrivato giusto in tempo.
Piano, Yuzo iniziò a planare fino a toccare terra con eleganza e leggerezza. La casacca lunga oscillò prima di fermarsi al cessare del vento.
Teppei si alzò di slancio. “Avete fatto una buona passeggiata?” domandò, salutando il volante e Yoshiko con un gesto della mano, ma non venne ricambiato.
Shhh! Teppei, non urlare!” lo riprese Hajime ancora seduto.
“Oh, scusa!”
Anche Mamoru non si era mosso. Era rimasto a osservare il lento avvicinarsi dell’uccellino.
“C’è qualcosa che non va” mormorò, attirandosi l’attenzione dei compagni. Non sapeva nemmeno lui come avesse fatto ad accorgersene. L’aveva semplicemente ‘percepito’ nei movimenti compiuti dal giovane, negli sbuffi di vento che lo avevano accompagnato fino a che non aveva toccato il suolo: gli erano parsi ‘perfetti’ e per questo ‘non naturali’; c’era l’Autocontrollo di Alastra dietro.
Yuzo seguitò ad avanzare con passo lento ma deciso. Tra le braccia teneva il corpo minuto della piccola Yoshiko. La bambina aveva le mani raccolte in grembo e il capo adagiato contro il suo petto, gli occhi chiusi e un’espressione serena, eppure bastò uno sguardo al viso del volante per capire quale fosse la realtà della situazione.
“Oh, no…” mormorò Hajime, dopo che ebbe incrociato la sua espressione seria, mentre Mamoru si limitava a scuotere il capo e emettere un profondo quanto nervoso sospiro.
“Che succede?” domandò il tyrano, piuttosto perplesso.
“Non te ne sei accorto?”
“Accorto di cosa?”
Il Tritone sospirò. “E’ morta, Teppei.”
A quelle parole, l’Elemento di Terra spalancò gli occhi puntandoli sulla bambina che, davvero, sembrava stesse solo dormendo, e su Yuzo che passò accanto a loro senza fermarsi, puntando invece il capo villaggio Koji.
Il sorriso dell’uomo scomparve lentamente quando ebbe davanti l’Elemento d’Aria e lasciò il posto posto a un’espressione che tentava strenuamente di reprimere il dolore. Anche le altre persone presenti si erano fermate e non volò una mosca in tutta la piazza. L’unico rumore fu solo quello della fontana e mai era sembrato a ognuno di loro tanto assordante.
Mastro Koji sfiorò il viso della figlia in un’amorevole carezza paterna.
“Dimmi, ragazzo…”, la voce cercava a fatica di trattenere l’emozione, “…è riuscita a vedere il tramonto dall’alto delle nuvole che aveva tanto sognato?”
“Sì” rispose semplicemente.
“E non ha sofferto, vero?”
“No. Ha chiuso gli occhi… e si è addormentata. E’ stata felice.”
L’uomo gli rivolse un sorriso affranto ma, al tempo stesso, pieno di gratitudine.
“Grazie per aver realizzato i suoi desideri.”
Yuzo scosse il capo. “Grazie a voi per avermelo permesso.”
Lasciò che Koji prendesse il corpo della piccola dalle sue braccia e si allontanasse per scomparire tra le mura dell'abitazione.
Teppei ringhiò. “Era solo una bambina…”
“La morte non bada all’età” sentenziò la Fiamma, mentre si dirigeva verso l’Elemento d’Aria.
Yuzo era rimasto immobile e silenzioso con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso in avanti.
Mamoru si fermò accanto a lui, scrutandone il profilo. “Stai bene?”
“No.” 
La sua espressione era così imperscrutabile da sembrare una statua. L’Autocontrollo era lì, nella sua massima manifestazione.
La Fiamma avrebbe voluto rispondergli qualcosa, qualsiasi cosa pur di strappargli una reazione, seppur minima, ma rimase in silenzio. Avrebbe voluto sapere cosa c'era nella sua testa, cosa pensava, quali erano i veri sentimenti che si agitavano dietro a quel controllo che lo rivestiva come un'armatura. Eppure non chiese né ordinò.
Yuzo gli volse le spalle allontanandosi un passo alla volta adagio, da principio, e poi correndo fino a che non spiccò il volo.
Teppei tentò di fermarlo, ma Hajime lo bloccò, scuotendo il capo.
“Lascialo andare, ha bisogno di stare un po' da solo.”
In un attimo la sua figura venne inghiottita dal buio della notte.

Quello, ad Alastra, non glielo avevano insegnato.
Nella città in cui si inneggiava alla vita, alla pace, al controllo degli impulsi negativi non gli avevano insegnato come si affrontava la morte, e ora che l’aveva stretta tra le mani si sentiva schiacciare da tutte quelle emozioni che gli erano esplose dentro.
Il controllo su cui aveva tanto lavorato, la meditazione per cui Magister Misaki si era complimentato non erano altro che traguardi effimeri che sentiva svanire in scoppi leggeri.
Era questo che intendeva il Master quando gli aveva detto che per diventare Magister avrebbe dovuto fare esperienza e conoscere il mondo(1)?
Aveva avuto ragione, lui, quando gli aveva detto di non essere pronto per affrontare l’esterno che si estendeva oltre la sua piccola realtà perfetta, e i fatti lo stavano confermando: non era preparato a quello, non era preparato a stare così male.
Se quello era il prezzo da pagare per divenire un Magister, beh, allora ci avrebbe rinunciato senza pensarci due volte. Tra tutta la confusione che regnava nella sua testa, quella era l’unica certezza a essergli rimasta: avrebbe abbandonato ogni proposito di diventare un insegnante, avrebbe completato il ciclo di studi ma sarebbe rimasto presso la scuola. Non avrebbe più lasciato Alastra, il suo nido, isolato da tutto ciò che poteva ferirlo, perché quel particolare dolore, quello della perdita, era un qualcosa contro cui non aveva mai saputo vincere.

“Ma perché devi essere sempre così insicuro? Vedrai che sarai all’altezza della situazione. Io mi fido di te…”(2)

Il Master si fidava? E come poteva se era così debole da non riuscire a sopportare una cosa tanto naturale come la morte? Ne era stato sopraffatto e l’unica cosa che aveva saputo fare era stata fuggire, lasciarsi tutto alle spalle, ma il dolore sapeva volare più veloce di lui. E questo, Yuzo non l’aveva messo in conto.
Mentre fendeva l’aria incurante della direzione che stava prendendo, le lacrime si ghiacciarono all’altezza degli zigomi. Sembrava una folgore precipitata dal cielo, una stella cadente. Fuggiva veloce senza nemmeno sapere cosa ci fosse attorno a lui, quali zone stesse sorvolando; magari erano le stesse in cui aveva riso con la piccola Yoshiko. Tentò di aprire gli occhi, ma la vista era appannata per il pianto e allora cercò di asciugarsi con il dorso della mano. Se avesse abbassato lo sguardo avrebbe scorso solo immense quanto buie distese boschive; minacciose, ostili. Il cielo, invece, era limpido, illuminato da una splendida luna piena.
Ma per Yuzo ogni pezzo della realtà circostante stava collassando su sé stesso, accartocciandosi nei ricordi del passato emersi prepotentemente con la morte della bambina.
“E’ sempre qui…” masticò, ma le parole restarono incastrate nella bocca. “…quel dannato dolore non se ne andrà mai, vero? Vero?” Yuzo afferrò la stoffa all’altezza del cuore, che batteva veloce, torcendola e stringendo gli occhi con rabbia.
“Come vorrei poter parlare con te, in questo momento, padre.”

“L’hai agganciato?”
La pesante balestra veniva mossa seguendo il percorso della preda.
“Sì.”
“Bene, tiralo giù.”
Un attimo dopo il dardo sibilò, fendendo lo spazio.

Acuto e improvviso, il dolore alla spalla gli mozzò il respiro mentre riapriva gli occhi di scatto.
Un dardo, di cui poteva vederne solo l’estremità dalla coda piumata, lo aveva passato da parte a parte, strappandogli un lamento sofferente e riportandolo alla realtà.
L’Elemento d’Aria cominciò inesorabilmente a perdere quota non essendo più in grado di mantenere la concentrazione per tenersi in volo. Mentre precipitava, diretto nella boscaglia buia, Yuzo si chiese da dove fosse sbucata quella freccia e chi mai avesse potuto lanciargliela. Forse l’avevano scambiato per un uccello.
Con uno sforzo tentò di convogliare tutte le energie nel tentativo di attutire l’impatto. Generò una serie di flussi d’aria che crearono un cuscinetto che andò a frapporsi tra il suo corpo e le fronde, rendendo il colpo meno traumatico ma comunque poco ortodosso.
Rovinò tra i rami di una delle querce che si spezzarono sotto il suo peso e la forza di impatto, facendolo scivolare sempre più in basso fino a che non atterrò, di schiena, con un tonfo.
Yuzo rimase immobile e dolorante, incapace di compiere anche il movimento più semplice. Gli risultava difficile perfino respirare e lo faceva con boccate brevi e rantolate. Si sentiva intontito e gli faceva male la testa. Doveva essere colpa della botta mentre la spalla gli pulsava martellante come un picchio, diramando una sorda sofferenza in tutto il corpo.
Yuzo roteò gli occhi e cercò di individuare qualche elemento familiare che potesse suggerirgli la sua posizione, ma il bosco sembrava essere tutto uguale di notte e a poco serviva la pallida luce della luna piena che occhieggiava quasi con indifferenza dall’alto del cielo.
Poi, un pensiero balzò alla sua mente, come per beffarlo: sarebbe morto lì? In quel modo così… stupido? Abbattuto come un fagiano durante una caccia?
Quasi sorrise, quella era la giusta fine che si meritava per non essere mai riuscito ad affrontare, con il giusto coraggio, tutte le sue paure e insicurezze.
- Mi spiace, padre, di averti deluso…- pensò, mentre chiudeva gli occhi, quando dei rumori improvvisi lo misero sull’attenti.
Ascoltò.
Nulla.
Forse li aveva solo immaginati o forse non erano altro che i normali fruscii prodotti dal popolo del bosco, sia animale che vegetale.
Rimase in ascolto ancora per qualche momento, trattenendo il respiro già flebile, ma a vuoto. Poi, li sentì di nuovo. Ed erano più decisi e forti, si stavano avvicinando, sembravano passi.
In lui si riaccese un filo di speranza, soprattutto quando sentì dei mormorii sconnessi accompagnare lo scalpiccio.
C’era qualcuno! Era salvo!
Yuzo raccolse le ultime energie di cui era ancora dotato.
“A… iuto… aiuto…”
Forse poteva ancora farcela.
Aiuto!” chiamò con quanta più voce avesse. I passi e i mormorii cessarono subito. “Aiutatemi!”
Ricomparvero più veloci ed erano diretti verso di lui. Oh, Dea, lo avevano sentito e individuato. Forse erano proprio i suoi compagni o forse coloro che lo avevano scambiato per un uccello: avrebbero avuto una bella sorpresa.
Due persone emersero dalla boscaglia, rallentando l’andatura per avvicinarsi. Appena entrarono nel suo raggio visivo, Yuzo avvertì una sensazione di pericolo che fece scomparire l’abbozzo di sorriso dalle labbra.
Uno di loro, quello mastodontico, stringeva una pesante balestra; il dardo incoccato aveva le stesse piume di quello conficcato nella sua spalla. L’altro aveva una pessima pettinatura e un sorrisetto perfido. Scambiò un’occhiata col suo compagno e disse: “Portiamolo da Hans.”
Prima di perdere conoscenza a causa della stanchezza e del dolore, un nuovo e più inquietante pensiero si fece spazio nella mente del volante: forse non era stato abbattuto per sbaglio.

Gira la ruota che sceglie la sorte.
A te quale tocca: la Vita o la Morte?
Magari entrambe o forse nessuna,
gira la ruota e buona fortuna.

 


[1] e [2]: citazioni dal Capitolo 2 (parte III)


 

…Il Giardino Elementale…

*w* è finita la calma apparente!!!
XD non l'avevate notato, vero?
Capitolo dai toni angstosi; non potevo lasciarvi senza angst, non sarei stata Melanto XD
Ecco che il mistero inizia a infittirsi. Chi sono i misteriosi uomini che hanno abbattuto Yuzo? E perché? Chi è 'Hans'?
Tutto questo, lo scoprirete solo... XD NELLA PROSSIMA PUNTATA!!! MWAAHAHAHAHHAAHAH!!!
XD scusate, la battuta scema dovevo farla!
Ringrazio tutti coloro che continuano a seguire questa storia :D


Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti

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