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Autore: _Shadow_96    20/10/2011    1 recensioni
È facile fingere di non vedere quello che in realtà sai.
E lei lo sapeva che quell’uomo le avrebbe fatto del male, che ne avrebbe fatto anche a sua madre, che non sempre le apparenze ingannavano.
Non si era mai sentita così fragile: solo una bambola di ceramica tra le mani di qualcuno che non aveva dato importanza al cartello “Attenzione, maneggiare con cura”.
Doveva fidarsi però dello spiraglio di luce che era riuscito a penetrare nell’oscurità e sperare di riuscire a risalirne.
Dal capitolo 3
“Oh si hai ragione, per me va bene sempre tu quando puoi?”
“In realtà io…perché non ce la studiamo ognuno per i fatti propri, no?? Non voglio farmi vedere in giro con te e rovinarmi la reputazione, non so se capisci” Eliana sentì il sangue ribollirgli nelle vene ma cercò di mantenere il controllo.
“Dovremmo vederci invece perché altrimenti non avremo sintonia”
“Oh piccola se vuoi un po’ di “Sintonia” io sono sempre disponibile”mormorò lui con voce roca.
“Vaffanculo, Russo Fai quello che ti pare”
Accidenti alla prof!!!Accidenti a Russo!! Accidenti a mamma e soprattutto, accidenti a Davide!!!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aiutami a non avere più paura del buio


Buonasera,
eccomi qui con un nuovo capitolo di questa ff. Ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo, anche i lettori silenziosi.
Un grazie particolare a EliBeke per aver recensito e inserito nelle seguite, SiriaJ per aver recensito e ketax per averla inserita nelle seguite.
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensano anche gli altri lettori.
Ora vi lascio al capitolo
Un bacio
A.M.

Capitolo 2

Go head and sell me out and I’ll lay your shit bare..

Quel mattino Eliana si sentiva più vuota che mai. Il freddo di dicembre le era penetrato nelle ossa o forse era semplicemente il suo cuore che non aveva più voglia di battere. Ogni volta che apriva gli occhi al suono della sveglia sapeva che il suo inferno non era ancora finito. Fortunatamente però la scuola la salvava dal manicomio che era diventata la sua casa. Per non vedere la brutta faccia di Davide, Eliana preferiva andare a scuola sempre, col sole, con la pioggia persino quando aveva la febbre. Non che a scuola ci fosse chissà cosa ad attenderla se non 14 banchi verdi, 28 sedie in legno, l’odore di gesso tra le pareti, i continui sproloqui dei professori e il chiacchiericcio degli altri ragazzi. Non era popolare e non aveva neanche file di spasimanti, non che fosse una brutta ragazza anzi aveva lunghi capelli neri come sua madre e due fantastici occhi azzurri come suo padre, era alta un metro e settantacinque, a differenza di sua madre dalla quale però aveva ereditato la mancanza di curve. Si chiuse a chiave in bagno per una doccia calda ma neanche questo bastò a sciogliere la tensione che le gravava sulle spalle. Uscì dalla cabina doccia avvolta da una nuvola di vapore al profumo di vaniglia e dopo aver ripulito con un gesto della mano la condensa dallo specchio osservò la sua immagine: i lunghi capelli pesantemente appoggiati sulle spalle, gli occhi tristi solitamente verdi di un cupo grigio cenere, le labbra rosee e i lividi delle Sue mani intorno al braccio sinistro. Al ricordo sentì gli occhi pizzicare ma si costrinse ad asciugarsi e prepararsi per la scuola. Indossò i jeans scuri, la maglietta a collo alto viola e il maglioncino nero, mise un po’ di matita intorno agli occhi e allungò le ciglia. Non le era mai piaciuto truccarsi ma da quando Davide era entrato nella sua vita lei non poteva evitarselo, doveva in qualche modo coprire i segni della sua follia. Uscì dal bagno frettolosamente andando a sbattere contro qualcuno, un qualcuno che conosceva fin troppo bene e che per allontanarla le tirò i capelli così violentemente da farle avvertire un tremito di dolore in tutto il corpo.
 
“Buongiorno micina” mormorò prima di leccarle il collo annusando poi la sua pelle profumata dal bagno doccia. Eliana rimase ferma avendo ormai capito che il modo migliore per liberarsi di lui era dargliela vinta. “Tua madre ha preparato la colazione, sbrigati” le lasciò i capelli strattonandola e si chiuse in bagno.

Gli occhi le si riempirono di lacrime e la testa cominciò a pulsare così forte che le sembrò di avere un martello pneumatico piantato nel cranio. Costrinse le gambe a raggiungere la sua camera e si lanciò sul letto ancora sfatto stringendo tra le mani le lenzuola per evitarsi di piangere e rovinare il trucco. Si concentrò e digrignando i denti riuscì a cacciare indietro le lacrime e afferrare la borsa con i libri. Al piano di sotto Romina con i capelli spettinati e gli occhi arrossati si avvicinò a lei: smagrita, con il colorito pallido e la camicia da notte bianca sembrava più il fantasma della donna solare che era sempre stata. Eliana le baciò una guancia abbracciandola e si sedette a tavola per fare colazione: il latte le scivolò in gola e la marmellata addolcì il suo umore incattivito. Aveva sempre amato la marmellata alle prugne, quel retrogusto leggermente acidulo rispetto alla dolcezza del latte.Terminò la sua colazione proprio mentre Davide scendeva dal piano di sopra e si stravaccava senza alcuna eleganza sulla sedia ,dopo aver dedicato una pacca al sedere di Romina, per leggere il giornale. Eliana si alzò per andare in bagno a lavare i denti poi infilò il cappotto nero e si costrinse a reprimere la bile che le saliva in gola sporgendosi per baciare la guancia di Davide e quella della madre augurando a entrambi una buona giornata anche se dentro sperava sempre che tornando a casa non avrebbe trovato più la sua faccia di merda.
L’aria era particolarmente gelida e lei non potè evitare al suo corpo di rabbrividire per il venticello che la investì appena la porta si richiuse alle sue spalle. Prese cuffie e cellulare dalla tasca e con gli Evanescence che le urlavano nelle orecchie si avvicinò alla fermata. Mancavano ancora 10 minuti all’arrivo della sua corsa così si sedette su una panchina sfregando le mani e maledicendosi per aver dimenticato di prendere i guanti e un cappello. Per distrarsi si concentrò sulle altre persone in attesa come lei dell’autobus: la cameriera con le borse della spesa tra le mani, la donna in tailleur e auricolare sempre impegnata in chissà quale conversazione, il ragazzino al primo anno di liceo ancora curioso di scoprire cose nuove e quello che, invece, dopo tanti anni aspetta solo di poter chiudere i libri per sempre. Ad Eliana non pesava molto studiare anzi molte volte nel pomeriggio, per non tornare a casa, preferiva andare in biblioteca, con una cioccolata calda della macchinetta , l’odore di carta e il religioso silenzio del sapere. L’autobus arrivò puntuale e la ragazza si affrettò a entrare riuscendo persino a trovare un posto a sedere. Per arrivare al suo liceo ci volevano circa quarantacinque minuti di autobus e restare in piedi per tanto tempo non era il massimo. Frequentava il liceo scientifico: aveva sempre amato le materie scientifiche in particolare la chimica, la biologia e tutto ciò che riguarda la scienza della terra e l’anatomia. Non era una secchiona ma la sua media dell’8.6 se la teneva ben stretta anche perché quando appena diplomata avrebbe lasciato finalmente quella casa per andare a studiare alla facoltà di Biologia. Sbadigliò sonoramente appoggiando la testa al finestrino e chiuse gli occhi. Prima che potesse evitarselo iniziò a rivivere il suo primissimo giorni di scuola alle elementari: sua madre aveva passato l’intera mattinata a scattarle foto ricordo e Matteo l’aveva accompagnata con l’auto restando con lei fino all’inizio delle lezioni, tenendole stretta la mano e mormorandole tanti ti voglio bene.
Dove era finita quella famiglia?? Le prime lacrime le fecero bruciare gli occhi così si costrinse ad aprirli e concentrarsi sul paesaggio che scorreva dal finestrino. Ormai era inutile cercarla, quella famiglia era scomparsa per sempre.


********

L’autobus si fermò dando l’opportunità ai ragazzi di scendere e raggiungere il cancello principale. Per accedere al liceo, una volta oltrepassato il grande cancello in ferro bianco, si attraversava un viale in ghiaia che separava in due un grande prato verde con querce alte e maestose sotto le quali i ragazzi si sedevano per fumare. L’istituto era di un semplice colore giallo crema con le imposte verdi e il grande portone in legno all’ingresso. Eliana raggiunse la sua classe e si sedette al suo posto: secondo banco della fila di sinistra accanto alla finestra. Guardando l’orologio si accorse che mancavano circa cinque minuti per il suono della campanella così ne approfittò per ripetere le disequazioni e i teoremi in caso di interrogazione. La sua era la classe più numerosa delle sei quarte, la 4 A e comprendeva un numero di 28 alunni a dispetto dei 20 o 16 delle altre. La campanella suonò proprio mentre i suoi compagni entravano in classe sbuffando e sbadigliando. La sua compagna di banco Daniela prese posto accanto a lei mormorando un buongiorno tra i denti prima di accasciarsi sul banco sospirando pesantemente.

“ Scusami, è che sono preoccupata per le interrogazioni” disse rivolta verso Eliana più presa dal libro di algebra che dalle parole della compagna.
 
“Oh..oh, no figurati, sfogati pure” la ragazza abbozzò un sorriso e ritornò al suo libro. Daniela era l’unica con la quale aveva un rapporto un po’ più di confidenza rispetto agli altri. Non era come le altre ragazze della classe più interessante al lucidalabbra, la Armani Jeans o il nuovo ragazzo di 5 piuttosto che allo studio. Daniela aveva i capelli castani a caschetto, gli occhi topazio e la carnagione bianco latte, era formosa e prosperosa ma a differenza di molte altre non si lamentava per i chili di troppo anzi, le sembravano più un pregio che non.
 
“Allora ragazzi silenzio” la professoressa De Liberti, insegnante di filosofia, si chiuse la porta alle spalle brandendo la sua rubrica verde nel la quale annota tutti i comportamenti dei ragazzi. Le prime ore volarono tra un’interrogazione e un’interruzione di Francesco il più casinista e nullafacente della classe nonché idolo delle ragazze con i suoi capelli biondi e gli occhi verdi, il fisico modellato dagli allenamenti di calcio e il sorriso perfetto. All’ultima ora mentre Eliana stava per aprire un pacchetto di M&m’s venne bloccata dalle risate sguaiate di alcuni ragazzi nel corridoio di fronte alla loro classe, proprio alle spalle della prof Marra.
 
“Sai cosa succede??” chiese a Daniela che però fece spallucce e tornò a messaggiare col suo nuovo ragazzo Stefano.
 
“Eh su fate un po’ di silenzio!!” li riprese la professoressa ottenendo però l’effetto contrario “Buongiorno ragazzi, vi starete domandando il perché della presenza di questi ragazzi di 5E ebbene, io e la loro professoressa di letteratura abbiamo deciso di mettere in scena Romeo e Giulietta. Vi metteremo in coppia e dovrete lavorare insieme. Avrete tre settimane non una di più per preparare un atto in base al quale poi sceglieremo una delle coppie per i protagonisti” un mormorio di dissenso si innalzò dai ragazzi mentre le ragazze cominciavano a tirare giù le magliette per mettere in mostra il seno strizzato nei push up. A Eliana non importava un granchè con chi avrebbe dovuto lavorare così tornò allo schizzo che aveva iniziato a fare nel cambio alla seconda ora. Disegnare era un’altra forma d’arte per la quale aveva una passione sfrenata che continuava a coltivare fin dall’età di sei anni “ De Biasi…in coppia con Russo” un coro di Oooh si innalzò al termine dell’annuncio della prof. Eliana alzò lo sguardo verso il trio delle grazie Federica, Antonella e Erica che la fulminarono con lo sguardo e poi tornarono a guardare in direzione della prof con aria sognante “ De Biasi, sveglia!!” La ragazza sobbalzò e raggiunse la prof e il ragazzo accanto a lei che si presentò come Federico Russo porgendole la mano.

“ De Biasi Eliana” anche se titubante lei la accettò cercando di non far trapelare le sue emozioni. Federico era un bel ragazzo aveva capelli castano/biondi lisci e corti con la frangia sull’occhio destro, profondi occhi grigio antracite, zigomi pronunciati e mascella squadrata. Era alto ma aveva un fisico allenato e robusto con due spalle larghe, vita sottile e gambe lunghe. Se non fosse stato per il sorriso sfrontato e l’atteggiamento da spaccone avrebbe potuto anche essere il ragazzo perfetto.

“Quello che dirò vale per voi come per gli altri. Dovete organizzarvi voi dopo la scuola perché non possiamo perdere ore scolastiche, quindi, scambiatevi i numeri di cellulare e poi vi mettete d’accordo” Eliana tornò a posto con il foglietto tra le mani seppellendo il viso tra le braccia per non sopportare le occhiate incomprensibili e fastidiose del terzetto.
Finalmente il suono della campanella mise fine al terribile spettacolino liberando anche Eliana dalla pressione di quei tre sguardi assassini.

 

  
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