Merry Christmas, I don’t wanna fight
tonight.
L’articolo
di cronaca bianca faceva parte del giornale scolastico fino dal giorno
della
sua creazione – erano passati quasi quattro
anni, mica bruscolini, durante i quali aveva assolto al
proprio dovere in maniera
pressoché eccellente. Certo, aveva visto dei periodi bui,
non tutti erano
portati per la scrittura, e Andrea aveva davvero
bisogno di rivedersi il discorso sul verbo avere, però
nessuno si era mai
lamentato troppo.
Ancora
un anno e avrebbe accompagnato fuori la sua prima generazione, tutto
tronfio, e
non c’era mese di maggio che non facesse gli auguri ai
maturandi insieme con
tutti i colleghi.
Però
c’era un problema.
Nonostante
l’impegno costante di tutti, sembrava proprio che
l’interesse per il giornalino
stesse scemando: l’anno precedente avevano accolto anche
quell’insieme odioso
di parole e punti esclamativi che era l’articolo di cronaca
rosa, contro
l’etica del direttore della “testata”,
però dopo qualche mese di ritorno alla
ribalta sembrava ancora che mancasse qualcosa.
Alla
cronaca bianca era stata davvero molto simpatica la rubrica Scemo chi legge, con i suoi occhi
intelligenti e gli stupidi giochi di parole che richiamavano questo o
quello
studente, però la professoressa di spagnolo non sembrava
pensarla alla stessa
maniera, così la rubrica aveva dovuto mettere nella scatola
di cartone il
pupazzetto a forma di “Made in China” che le aveva
regalato la redazione e se
n’era andata con orgoglio.
Qualcuno
se ne era uscito a metà ottobre con l’idea di una
rubrica sportiva, qualcosa
che verso fine novembre era ormai diventato un vero e proprio articolo,
guadagnandosi a volte la prima pagina. Nulla di troppo ambizioso,
parlava della
provincia e della regione e non nutriva troppo interesse nel resto,
però era
difficile competere con lui, adesso che era al centro delle chiacchere.
L’articolo
di cronaca bianca lo trovava stupido.
Non
stupido nel senso di poco intelligente, questo sarebbe stato offensivo
nei suoi
confronti: era spensierato, a volte troppo. Si occupava del proprio
basket, del
proprio nuoto, della pallavolo e del nuovo centro di free
climbing appena fuori città, però al di
fuori di questo non
trovava nulla di cui parlare. E il direttore sapeva se la cronaca
bianca non ci
aveva provato, a trovare un argomento comune con la cronaca sportiva.
Aveva
quei suoi spensierati capelli folti e in perfetto stile bed-head,
quello spensierato sorriso in grado di commuovere un
cieco ed era alto uno spensierato, fottuto
metro e ottantasei. Se l’articolo di cronaca bianca non
avesse avuto timore di
essere schiacciato da uno dei suoi giganteschi piedoni ogni volta che
gli
rivolgeva la parola, avrebbe potuto credere di essersi preso una cotta.
«Ehi,»
aveva cercato di avvicinarlo una volta; era il dieci Dicembre,
l’ultimo giorno
in cui si sarebbero visti prima dell’interruzione natalizia:
poi, per
divergenza di orari e per la chiusura del giornale stesso, non si
sarebbero
rivisti probabilmente addirittura fino a fine Gennaio. Certo, il lavoro
aveva
richiesto che si scambiassero l’indirizzo email mesi prima,
però non… Non c’era
nulla.
«Yo,
schizzetto!» esclamò con entusiasmo la cronaca
sportiva, ricorrendo all’odioso
soprannome che gli aveva affibbiato il primo giorno; gli
appoggiò una grossa
mano sulla spalla e gonfiando il petto con orgoglio. «Hai
visto? Abbiamo
sconfitto quelle marmotte sfigate, esattamente come avevo
previsto—»
«Sì,
me ne sono accorto» cercò di tagliare corto
l’altro articolo. Non poteva
permettere che la conversazione prendesse una piega diversa da quella
che aveva
deciso con largo anticipo: sì, insomma, per essere curato da
uno studente di
seconda era molto scorrevole, pieno di un entusiasmo che alla cronaca
bianca
mancava durante il secondo anno del suo
autore, però questo non era un buon motivo per farsi
distrarre.
«Mi
chiedevo, sai, dal momento che io sono
(stato costretto a) andato a
(tutte)
quelle
(tue stupide e interminabili) partite di cui mi avevi
parlato (per
ore lunghe e interminabili), magari
potrei ricambiare il favore e proporti (qualcosa di
intellettualmente stimolante,
magari) la
mostra fotografica in
biblioteca, resterà aperta solo ancora per qualche giorno...
Pensavo, sai. Che
potresti andarci. (Anche io potrei.)
Sì, anche
io dovrei ancora vederla, sembra interessante.
(Andiamo insieme?) Magari potremmo andarci
insieme. (Un
appuntamento.) No,
detta così suona
male.»
«Come?»
«Nulla.
Allora, cosa ne dici?»
«Mhh,»
l’articolo di cronaca sportiva si strofinò il
mento con la mano aperta, «ho già
organizzato di andare a vederla con la rubrica culturale questo
weekend, lei ha
già preso i biglietti. Se vuoi posso cercare di recuperarne
uno, potresti
venire con noi.»
La
cronaca bianca ridacchiò; «Nah, lascia stare, va
bene così.»
«Detto
fra noi? Quella mi terrorizza. Se
potessi le darei buca, non ho intenzione di passare l’intero
pomeriggio a
cercare di evitare – come li ha chiamati Stefania? Approcci sessuali – per sei
ore.» Sorrise di nuovo, questa volta di
un sorriso tranquillo e rilassato. «Mi farebbe piacere se ci
fossi anche tu.»
«Oh,
(certo
che vengo) Devo—pensarci (non
ne
ho bisogno), non
vorrei che fosse
una cosa imbarazzante (verrei lo stesso), però
se dici che non ci sono problemi (sarò
grato all’universo per l’eternità)
credo che opterò per il
sì.»
«Grande!
Grazie amico, mi salvi la vita!»
Gli
batté la mano sulla schiena e fece per andarsene,
congedandosi con la promessa
di trovargli un biglietto il prima possibile, a costo di sacrificare il
proprio
e condannare se stesso a un pomeriggio di noia domestica e videogames.
Cambiò
idea all’ultimo momento, afferrandolo per la manica e
avvicinandolo, scivolando
in basso per potergli parlare più a bassa voce nonostante
fosse la settima ora
e la scuola fosse praticamente vuota, eccezion fatta per la redazione
del
giornale e la segreteria.
«Magari
ci scappa una sveltina nel bagno, prima di tornare a casa.»
«…
Eh?»
L’articolo
di cronaca sportiva lo spinse lievemente, allontanandolo, e sorrise
sornione:
«Mica adesso, il giorno della mostra. Rilassati. Pensaci, mi
raccomando.»
Strizzò
l’occhiolino e gli diede le spalle, ignorando prima il
silenzio esterrefatto
del collega, poi i suoi strepiti e le richieste di spiegazioni che
stavano
sicuramente attirando l’attenzione degli altri. Oh, quella
invernale sarebbe
stata un’interruzione così
divertente.
the
end