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Autore: daeran    26/06/2006    3 recensioni
Un amore, un ideale, una famiglia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per nulla al mondo


Lontano dai centri abitati, nascosto agli occhi dei curiosi, un enorme castello antico incombeva silenzioso e cupo nella notte priva di stelle. In lontananza nel cielo, reso ancora più scuro e spaventoso dalle nuvole cariche di pioggia, già si scorgevano lampi abbaglianti, accompagnati da mormorii lontani; presto la tempesta avrebbe raggiunto il palazzo, presto il pianto del cielo si sarebbe sprigionato su di esso.

Il silenzio avvolgeva il maniero come una cappa di morte e disperazione, non un grillo osava spezzarlo, benché ignaro di ciò che si sarebbe ben presto scatenato.
Uno scoppio attutito proruppe nella quiete, immediatamente accompagnato da un tuono il cui brontolio sinistro si protrasse nell’aria, come infastidito dall’intromissione.
Un uomo avvolto in un lungo mantello nero, con il capo coperto sotto il cappuccio, comparve ai piedi del maniero e fissò incerto il grande palazzo quando, senza preavviso, un altro lampo esplose alle sue spalle.
L’uomo sussultò e si voltò con un balzo, prima di emettere un sospiro di sollievo, più simile ad un gemito; si perse per un momento con lo sguardo nel nero più cupo di quella strana notte e sospirò ancora. Chinò il capo e si diresse nuovamente verso l’ingresso del castello. Giunto davanti al grande portone di frassino, si fermò ancora, si poggiò con entrambe le mani sul legno, fissò il suolo e sospirò per l’ennesima volta.

Era a casa.
Nonostante l’enorme costruzione di pietra apparisse all’esterno così gelida e senz’anima, per lui quella era Casa; il solo contatto con la porta era sempre stato sufficiente a rinvigorirlo, a riscaldargli l’anima. Qualunque cosa avesse fatto al suo esterno, per quanto le sue azioni avessero potuto dilaniarlo nello spirito, lì avrebbe trovato la pace e la serenità della vita familiare.
Sua moglie e suo figlio lo attendevano al di là di quella porta, lo avrebbero abbracciato, lo avrebbero accolto, gli avrebbero dato fiducia, nonostante tutto…
“Nonostante tutto.” bisbigliò , mentre le dita gli si stringevano nel tentativo di graffiare il massiccio legno.
Allontanò il ricordo di ciò che era accaduto quella notte, allontanò il pensiero di ciò che sarebbe accaduto dopo quella notte, si costrinse a focalizzare solo il sorriso splendente della sua bella e giovane moglie, i vagiti vitali e orgogliosi del loro unico figlio. 
Chissà se avrebbe più potuto rivederli, sentire nuovamente il detestabile ed insieme indimenticabile pianto di quel bambino, il suo profumo delicato ed indefinibile, subito dopo il bagnetto. Un profumo che non aveva mai sentito prima e che non avrebbe mai percepito altrove, un profumo che gli permetteva di dimenticare ogni problema, ogni dolore; lo stesso profumo che gli invadeva le narici ogni volta che ripensava al sorriso dolce della mamma in attesa.
Non l’aveva mai vista così bella, così splendente ed altezzosamente orgogliosa, nonostante la postura goffa data dal pancione. E forse non avrebbe più potuto rivederla così, non avrebbe più potuto sfiorare la sua pelle liscia, le sue labbra calde; avrebbe potuto solo ricordare, sperando che i mostruosi aguzzini di Azkaban non gli strappassero via le sensazioni e le emozioni che, stando ai dettami della sua stessa casata, non avrebbe mai neppure dovuto provare.

L’uomo si allontanò di un passo dalla porta, inspirò profondamente e si tirò indietro il cappuccio, mostrando un volto liscio e giovanile seppur segnato dalla preoccupazione, si sistemò dignitosamente i lunghi capelli che brillarono di un biondo oro, illuminati dalla luce bianca di un nuovo lampo silenzioso ed estrasse da sotto il mantello una bacchetta, la puntò contro il legno e diede un piccolo colpo di polso; la porta si aprì immediatamente senza un cigolio.
La casa era buia e silenziosa esattamente come l’esterno, ma un tepore rassicurante circondò il mago, non appena questi si richiuse la porta alle spalle. 
Per un istante si credette finalmente al sicuro, nessuno lo avrebbe disturbato lì, nessuno avrebbe osato mai squassare un simile paradiso.
Sorrise a questi pensieri infantili; lui stesso aveva spezzato ormai così tante famiglie, irrompendo nella sicurezza dei focolai domestici, con furia e violenza inaudita, perché mai qualcuno avrebbe dovuto rispettare la sua casa, ora che il Signore Oscuro…

“Il Signore è rientrato!” una vocetta stridula lo sorprese alle spalle, costringendolo a voltarsi di scatto.
“Dobbie, piccolo inutile scarafaggio, quante volte ti ho ordinato di non apparirmi alle spalle?” l’uomo colpì con un calcio il piccolo elfo domestico che atterrò malamente in mezzo all’atrio.
“Dobbie chiede perdono, Dobbie non voleva spaventare il padrone… Dobbie è dispiaciuto, Dobbie è cattivo…“  l’elfo si alzò in piedi e batté ripetutamente la testa contro il muro vicino.
“Smettila!” ordinò secco il padrone. “Portami del vino in salotto, Dobbie, subito!”
“Come vuole il padrone, subito.” e scomparve con un goffo inchino.

L’uomo sbuffò infastidito e si diresse verso il salotto che appariva, in verità, molto più simile ad un enorme salone da ballo. 
Pregiati mobili, fregiati con gli stemmi di famiglia, coprivano le pareti; l’uomo camminò lentamente, accompagnato dal battito ritmico degli stivali sul rilucente marmo nero. Si sfilò il mantello e lo lasciò cadere a terra, incurante. Si soffermò un istante davanti alle librerie stracolme di tomi antichi ed ornate da pregiati vasi di ceramica bianchissima: la mattina seguente in quei vasi sarebbero sbocciati rigogliosi mazzi di rose bianche, profumate e bagnate di rugiada; persino gli elfi domestici possono essere efficienti se si sa che ordini dare loro e la sua sposa aveva dimostrato, fin dal primo giorno in cui aveva messo piede nel maniero, di saper perfettamente ottenere da loro tutto ciò che desiderava.

Sorrise mestamente pensando alla donna, afferrò un libro rilegato in finissima pelle nera e proseguì. Oltrepassò una grande credenza contenente preziosi pezzi di cristalleria, le cui rifiniture in oro bianco spiccavano, illuminate dalle fiamme danzanti del camino posto in fondo al salotto. Improvvisamente i battiti dei suoi passi vennero attutiti, l’uomo si fermò e fissò il pavimento, aveva raggiunto il tappeto.
Chiuse gli occhi e deglutì a fatica; pochi giorni prima aveva visto il figlio muovere i suoi primi passi proprio su quello stesso tappeto; non aveva quasi fatto caso all’evento, era nel bel mezzo di una violenta discussione con la sorella di sua moglie, le stava urlando in faccia tutta la sua rabbia, quando il bambino, come a voler richiamare la sua attenzione, si era lentamente sollevato sulle gambette grasse ed aveva mosso i primi traballanti passi, prima di cadere in avanti, tra le braccia della mamma che lo incitava sorridente.
Lo aveva quasi ignorato, non poteva dimostrarsi debole davanti a quella donna, non poteva distrarsi in quel momento. La moglie lo aveva guardato con disprezzo, lo aveva odiato per quell’ostentata noncuranza ma non aveva parlato, non aveva mostrato alcuna emozione, non davanti alla sorella, a parte quel fuggevole sguardo e quel bacio freddo, quando aveva preso in braccio il bambino e si era allontanata dicendo: “Vi lascio soli, io e Draco non vogliamo disturbarvi.” 
Aveva tentato di farsi perdonare quella notte, l’aveva abbracciata, baciata, rassicurata, ma lo sguardo di lei era rimasto duro e distaccato fino a quando, spiandolo durante la notte, non lo aveva visto alzarsi dal letto, avvicinarsi alla culla del piccolo Draco ed accarezzarlo dolcemente, mormorando parole di scuse.

Si lasciò cadere pesantemente su una delle poltrone e vi affondò, inspirando l’aria calda emanata dalle braci accese. Il velluto rosso cupo lo avvolse in un rassicurante abbraccio. Rimase per un istante, immobile, in assoluto silenzio a contemplare la danza ipnotica delle lingue di fuoco.

“Dobbie ha portato il vino, come il padrone ha ordinato. Dobbie è obbediente.”
La vocina stridula e fastidiosa dell’elfo, tornò a distrarre l’uomo.
“Bene, Dobbie, versamene un bicchiere, poi sparisci dalla mia vista!”
“Dobbie versa e sparisce, Dobbie fa come vuole il padrone.”
Dopo aver riempito il bicchiere di vino vermiglio, l’esserino si allontanò silenzioso dalla poltrona del padrone, percorse parte del salone e si avvicinò titubante al pesante mantello nero che giaceva al suolo. L’elfo lanciò un’occhiata incerta all’uomo biondo, quando vide che questi era voltato di spalle e non lo guardava, si avventò più velocemente che poté, sul prezioso indumento.
“Evanesco!” il mantello svanì, lasciando dietro di sé rade volute di fumo ed una scintillante maschera argentata che fissò inespressiva l’elfo domestico; questi balzò indietro e spalancò gli occhi terrorizzato, guardò la poltrona sulla quale il suo padrone, ancora con lo sguardo fisso sul fuoco, gli puntava contro la bacchetta, pur non degnandolo apparentemente di attenzione.
“Che cosa diavolo credi di fare, piccolo sudicio vermiciattolo?”  sibilò tra i denti.
“D… Dobbie… niente, signore… Dobbie ha visto disordine… Dobbie voleva pulire, signore…”
“Stai mentendo al tuo padrone, Dobbie.” pareva più una constatazione che una domanda.
“Dobbie non mente… Dobbie… Oh, Dobbie è un bugiardo! Dobbie voleva fuggire!” Improvvisamente si portò le mani sulla bocca, spalancò ancora i grandi occhioni azzurri, prese a dimenarsi, cadde in ginocchio e cominciò a battere violentemente la testa al suolo.
“Dobbie cattivo, Dobbie cattivo! Dobbie fedele al padrone! Dobbie non tradisce!” piagnucolò, colpendo ripetutamente il suolo.
“Va bene, Dobbie. Ora chiudi quella bocca e sparisci!”  ordinò nuovamente, non aveva la voglia, né la forza in quel momento di pensare a come punire quell’inutile essere, non voleva più sentire la sua voce stridula.
“Non voglio ripetermi, Dobbie.” aggiunse minaccioso.
Subito l’elfo si sollevò in piedi, si piegò in un inchino incerto e scomparve, senza aggiungere alcun suono.

L’uomo rimase così nuovamente solo, avvolto nel silenzio, spezzato solo dai cadenzati scoppiettii, provenienti dai ciocchi ardenti.

Che cosa sarebbe accaduto domani?
Gli auror avrebbero bussato alla porta del maniero, lo avrebbero trascinato via, lo avrebbero portato via dalla sua famiglia.
Per cosa? Che cosa aveva guadagnato in tanti anni di fedele servizio?
Tanti anni di sofferenze, inflitte e subite e cosa aveva ottenuto?
Un soggiorno gratuito ad Azkaban, ospite dei Dissennatori.

Come era potuto accadere? 
Il Maestro era caduto e con lui tutte le speranze si erano spezzate quella notte.
Tutto per colpa di un miserabile bambino, un piccolo sgambettante marmocchio paffuto, dell’età di suo figlio.

Come aveva potuto un bambino, ignaro della magia, riuscire in ciò che nessun mago al mondo aveva mai osato tentare?

Chi mai poteva essere quel bimbo?
Un nuovo potente Stregone Oscuro?
Una nuova vera guida o un nuovo temibile nemico?

Sbuffò, prima di sorseggiare il liquido sanguigno e perdersi con lo sguardo nei cerchi concentrici che ne solcavano la superficie.
Che senso aveva ormai pensarci?
Che cosa importava ormai sapere il perché di ciò che era accaduto?
Non si poteva tornare indietro; il Signore Oscuro era stato sconfitto, forse non sarebbe mai più ritornato.

Improvvisamente l’uomo sentì come una scossa attraversargli le dita, guardò in basso: aveva poggiato la mano sul libretto nero preso dalla libreria.
Non avrebbe mai dovuto tenerlo lì in vista, doveva nasconderlo, doveva accertarsi che fosse al sicuro, protetto come “un tuo stesso figlio“, queste erano state le parole del Maestro, quando glielo aveva consegnato pochi giorni prima. Aveva pensato di chiuderlo in un baule e nasconderlo nello scomparto segreto sotto il camino, sapeva che avrebbe dovuto farlo immediatamente ma in fondo si trattava solo di un libro, ci avrebbe pensato in seguito, il Maestro gli aveva solo detto di custodirlo in un luogo sicuro e di certo casa sua e la sua libreria personale erano luoghi sicuri.
In un altro momento, avrebbe seguito alla lettera gli ordini ma in quei giorni i preparativi per gli ultimi grandi attacchi ai sottoposti del ministero, gli avevano occupato la mente più di quanto desiderasse ammettere.
La cognata era stata inserita nel suo gruppo d’azione e non era stato facile placarla, impedirle di commettere azioni sconsiderate, per il bene della buona riuscita dei piani.
Sembrava che quella donna si divertisse incredibilmente nel provocare immenso dolore e disperazione nelle sue vittime, prima di ucciderle.
Di certo sapeva come perdere tempo.

Un’altra scossa gli attraversò le dita, riportandolo alla realtà del presente.
L’uomo sollevò il libretto e prese a sfogliarlo; le pagine erano bianche, o meglio, ingiallite ma non appariva alcuna scritta, sembrava essere un diario piuttosto vecchio ma mai utilizzato. Che interesse avrebbe mai potuto avere il signore Oscuro in un simile oggetto?
Lo rivoltò tra le mani, esaminando la pelle nera della rilegatura: sul retro, in basso, vide una scritta in rilievo che luccicò d‘oro: Tom Marvolo Riddle.
Conosceva quel nome, era uno dei pochi che conoscessero ancora quel nome.
Tom Marvolo Riddle era il vero nome del Padrone.

Dunque quello strano libretto era appartenuto all’Oscuro Signore?
Un diario intonso con su scritto solo il nome disprezzato e dimenticato dal più grande mago Oscuro di tutti i tempi.
Che cosa poteva mai significare?
Sfogliò ancora le pagine, molto più lentamente, esaminandole una ad una.
Non trovò nulla finchè non raggiunse l’ultima facciata dove notò una minuscola macchia, quasi invisibile, al centro del foglio ingiallito dal tempo.
Il mago vi avvicinò lentamente il viso, nel tentativo di comprendere di cosa si trattasse ma non vide nulla più che uno scarabocchio, una sbavatura d’inchiostro dalla quale non riuscì a distogliere lo sguardo; senza pensarci afferrò la bacchetta, la puntò contro la pagina e bisbigliò: “Lumos” .
La luce, emanata istantaneamente, illuminò il foglio ed all’improvviso l’inchiostro brillò di un intenso rosso vermiglio, dopo pochi istanti però, la bacchetta si spense ancora, contro il volere del suo padrone.
Fatto eccezione per la fioca luce ondeggiante proveniente dal camino, tutto nella sala venne oscurato da un’ombra più scura delle tenebre stesse, l’uomo sussultò pur mantenendo la propria attenzione sul diario.
In quello che parve un effetto ottico, provocato dalle fiamme danzanti, la macchia prese ad ingrandirsi, lentamente occupò tutta la pagina, poi l’intero libro, fino a quando, raggiunti i margini esterni, non prese a scorrere sulle dita dell’uomo sempre più attonito.
Un familiare odore acre gli invase le narici mentre il liquido appiccicaticcio cominciava a scorrergli sui palmi, gocciolare sui vestiti, cadere a macchiare la preziosa poltrona ed il ricercato tappeto.
Conosceva quell’odore, lo aveva sentito ormai così tante volte, eppure un gelo mortale gli attanagliò le viscere, quando nella sua mente si formò la consapevolezza che si trattava di sangue.
Il diario dell’Oscuro Signore stava sanguinando.

Quella che era stata una macchia, pareva ora una ferita aperta e pulsante, la pagina sembrava carne viva ed esposta.
L’uomo non fiatò, sentì il proprio cuore fermarsi; una lama di ghiaccio gli squarciò i polmoni, quando un mormorio lontano prese a sollevarsi nell’aria ed invadergli le orecchie. Gemette terrorizzato, desiderò liberarsi del diario, lanciarlo  nelle fiamme voraci del camino e distruggerlo definitivamente. Pensò addirittura di scappare, fingere che nulla del genere potesse davvero essere accaduto invece non riuscì neppure a muoversi; rimase immobile con gli occhi inchiodati sulle pagine intrise dello stesso sangue che gli aveva imbrattato le mani ed i vestiti.
Il mormorio si fece poco alla volta più deciso, più chiaro. Era una voce familiare dal timbro baritonale che rantolava, provocando un sibilo sinistro; era una voce che conosceva da molto tempo.
<< Liberami! >>
Un’ombra si delineò sulla pagina, sotto il sangue grondante; un viso indefinito si sollevò bruscamente dal foglio
<< Liberami! >> ripeté la voce, ora più chiara.

“Lucius… “
L’uomo balzò in piedi, lasciò cadere a terra il diario e si voltò di scatto, bacchetta alla mano puntata verso il centro del salone.
Le candele ed il fuoco nel camino tornarono a brillare ed illuminare il salotto con la loro calda rassicurante luce.
“Mio Dio, Lucius, cosa …”
Una splendida giovane donna dai lunghi e luminosi capelli biondi che scivolavano leggeri ed ordinati sulla vestaglia di seta bianca, fissò spaventata l’uomo e la bacchetta che questi le puntava al cuore.
“Narcissa.”
Lucius sospirò di sollievo, riconoscendo la moglie e, dopo averle lanciato uno sguardo vuoto, abbassò la bacchetta.
“Lucius, cosa succede?” domandò la donna, avvicinandosi lentamente.
“Dovresti essere a letto, Narcissa, è molto tardi.”
L’uomo distolse lo sguardo dalla moglie e tornò a fissarsi le mani con aria interrogativa.
Il sangue era sparito completamente, non vi era alcuna traccia né sulle mani, né sui vestiti. Cercò il diario sul pavimento e lo vide buttato sul tappeto, aperto con le pagine schiacciate al suolo; la copertina in pelle luccicò per un istante dello stesso rosso vermiglio del sangue. Il suo cuore perse un battito ma subito l’uomo si rese conto che si trattava solo di un riflesso.

“Io … non riesco a dormire, quando sei fuori per ordine Suo. Lo sai.”
Lucius sospirò profondamente. Conosceva le paure della moglie, i dubbi che l’assalivano ogni volta che i compiti da svolgere per l’Oscuro Signore lo portavano a tardare, ma quella notte era stata diversa, quella notte non aveva fatto tardi per svolgere un compito affidatogli.
Aveva vagato a lungo immerso nei pensieri più cupi, incapace di reagire alla scomparsa dell’uomo che aveva seguito senza porsi mai alcuna domanda, incerto e spaventato da ciò che gli avrebbe riservato il futuro da quel momento in poi.
“Sono qui ora, Cissy. Puoi andare pure a dormire.” bisbigliò senza alzare lo sguardo.
La donna sussultò lievemente. Non capitava spesso che il marito, così ligio e legato all’etichetta nobiliare, le si rivolgesse con quel vezzeggiativo che solo sua sorella Bellatrix usava con tanta disinvoltura.
“Lucius, è successo qualcosa?” domandò ancora.
Il marito sospirò ancora prima di rivolgerle un tenue sorriso.
“Non preoccuparti, Cissy. Sono solo un po’ stanco. Vai a dormire, io verrò su subito.”

 La donna non si lasciò convincere, si avvicinò leggera all’uomo e gli sfiorò una guancia con il dorso della mano. Aveva il viso freddo, poté sentire chiaramente i rivoli di sudore che gli scivolavano sulla pelle.
Lucius strinse dolcemente la mano della moglie e le baciò le dita, senza rispondere al suo sguardo interrogativo. Le sorrise ma i suoi occhi rimasero freddi e distaccati.
“Dimmi cosa è successo.” bisbigliò ancora la donna.

“L’Oscuro Signore …” bisbigliò infine l’uomo, in un sospiro. “L’Oscuro Signore è caduto, Narcissa. Questa notte l’Oscuro Signore è stato sconfitto.”
Narcissa spalancò gli occhi stupefatta, si portò una mano alla bocca ed indietreggiò barcollando.
“Non può essere… “ sussurrò.
“Sapessi quante volte me lo sono ripetuto da quando mi è giunta la notizia.” sospirò il marito, lasciandosi ricadere sulla poltrona.
“Cosa … Cosa accadrà ora?” balbettò Narcissa.
Lucius sorrise sarcastico ma non rispose alla donna che si avvicinò e cadde in ginocchio davanti a lui.
Aveva gli occhi spaventati e tremava da capo a piedi.
“Non lascerai che… “ non terminò la frase, gli poggiò il volto sulle ginocchia.
L’uomo le accarezzò la nuca, scivolando delicatamente con le dita tra i suoi lunghi capelli biondi. Sapeva cosa voleva chiedergli, sapeva cosa temeva la donna ma finse di non capire o di ignorare la sua domanda.

Narcissa si sollevò di scatto, calde lacrime le solcavano le guance esangui.
“Non lascerai che ti portino via?  Non mi lascerai sola? Non abbandonerai Draco?” domandò con voce stridula.
“Credi che abbia scelta?” l’uomo la allontanò con stizza e si alzò in piedi; prese a camminare nervosamente davanti al caminetto acceso, ormai dimentico del diario che giaceva a terra poco lontano.
“Verranno a prendermi, Narcissa. Gli Auror saranno qui entro domani e non potrò limitarmi a chiudere loro la porta in faccia! Non abbiamo più la protezione dell’Oscuro Signore ma non mi avranno facilmente! Combatterò fino alla morte contro quei maledetti traditori del …”
“No!”
La donna balzò in piedi ed abbracciò il marito, affondò il volto nel suo petto e prese a singhiozzare.
“Non devi farlo! Non puoi farlo! Non puoi abbandonarmi così, non puoi abbandonare Draco!”
“E cosa dovrei fare?” l’uomo non rispose all’abbraccio ma non reagì neppure per allontanarla. “Arrendermi? Lasciare che mi trascinino in catene come un qualunque pezzente? Vi abbandonerei in ogni caso, Narcissa, a meno che tu non voglia seguirmi ad Azkaban assieme a nostro figlio. Se combatto invece potrò onorare ciò per cui ho lottato tanto, potrò andarmene con onore, trascinando con me quei maledetti filobabbani!”
“Non c’è alcun onore nella morte, Lucius. Se Tu sai Chi è scomparso, che senso ha ormai soffrire per lui? Ci sono delle alternative, devi solo…”
L’uomo afferrò la donna per le spalle e la spinse con forza lontano da sé.
“Che cosa vuoi che faccia?” le urlò rabbioso. “Che rinneghi tutto? Che volti le spalle ai miei compagni? Vuoi che mi faccia passare per vigliacco, non è così?”
“Voglio solo che tu rimanga con me, Lucius.” Narcissa singhiozzò, indietreggiando davanti all’esplosione del marito.
“Narcissa, io … “ l’uomo tentennò. La rabbia, la paura e la completa mancanza di certezze lo avevano spinto a comportarsi come non avrebbe voluto. Stava spaventando sua moglie e, per quanto preferisse non ammetterlo, la voce di lei incrinata dal pianto gli lacerava l’anima come un coltello incandescente.
“Non posso, Narcissa, lo capisci? Se mi tirassi indietro ora, se negassi i miei ideali, che figura farei davanti al mondo dei maghi? Cosa penserebbero di me? Apparirei come un vigliacco, un povero stupido che si è fatto irretire da … “
“Dal mago Oscuro più potente di tutti i tempi, Lucius!  Non appariresti come un vigliacco ma come una vittima della maledizione Imperius, come una vittima dell’Oscuro Signore.”  lo interruppe ancora la moglie.
“I miei compagni saprebbero la verità, ai loro occhi risulterei un sudicio traditore del sangue.”
“I tuoi compagni agiranno nello stesso modo! Faranno di tutto per non finire in prigione, diranno le menzogne più spregevoli su di te, Lucius, pur di pararsi le spalle e coloro che invece proseguiranno su questa cieca speranza del ritorno un giorno del Maestro, marciranno ad Azkaban per il resto dei loro giorni! Che importanza può avere ciò che penseranno di te?” 
Lucius tacque davanti a tanta sicurezza.
Non aveva tutti i torti, gli bastava negare, raccontare di aver agito sotto il controllo mentale del Mago Oscuro, denunciare qualche altro Mangiamorte e, grazie al potere ed al denaro che aveva per diritto di nascita, si sarebbe potuto tranquillamente salvare. Davvero gli importava che cosa potessero pensare di lui gli altri maghi?
Non li aveva sempre considerati tutti troppo deboli e stolti? Semplici maghi di bassa lega, nemmeno lontanamente paragonabili a lui ed ai pochi veri potenti discendenti dalle antiche famiglie?

Riprese a passeggiare nervosamente davanti al camino.
Improvvisamente colpì con il piede qualcosa adagiato sul tappeto. Lo sguardo gli cadde sulla rilegatura in pelle nera del diario di Voldemort e sulla piccola scritta vergata in oro: Tom Marvolo Riddle.
Si chinò, senza pensare ed afferrò il libretto. Questa volta non ebbe il coraggio di aprirlo, né di sfogliarlo.
Una certezza si fece strada nella sua mente mentre la familiare scossa cominciava ad attraversargli le dita.
“L’Oscuro Signore tornerà, Narcissa. L’Oscuro signore risorgerà.” bisbigliò come in trance.
Dopo questo, rimase in silenzio con lo sguardo perso nelle venature dorate di quel nome così comune, quanto innocente.

“Fallo per Draco.” Narcissa si avvicinò silenziosamente e gli accarezzò dolcemente le mani; afferrò il diario e lo allontanò dalla presa del marito, lo lasciò cadere a terra, poco lontano dai tizzoni ardenti che scoppiettavano rumorosamente.
La donna si insinuò tra le sue braccia, si alzò in punta di piedi ed appoggiò le labbra sul suo collo scoperto.
“Fallo per me, Lucius. ”
L’uomo fremette, quando un brivido freddo gli attraversò la schiena, sentì le mani della moglie scivolargli sul petto, il suo profumo invadergli le narici, portando con sé un calore ed una pace che gli riscaldarono il cuore e l‘anima.

“Narcissa … sai cosa mi stai chiedendo?” bisbigliò Lucius Malfoy, accarezzandole delicatamente la nuca e la schiena coperta dalla sottile vestaglia di seta. “Vuoi che dimentichi gli ideali delle nostre famiglie, vuoi che ignori il mio orgoglio, che mi faccia trattare da vigliacco. Vuoi che tradisca la fiducia dell’Oscuro Signore, Narcissa.”
“L’Oscuro Signore è morto, Lucius e non tornerà mai più! Io invece sono qui, Draco è qui. Siamo noi la tua famiglia, siamo noi il tuo futuro.”
Si sollevò ancora sulla punta dei piedi e baciò il marito intensamente, le lunghe dita affusolate affondarono nei lunghi capelli biondi dell’uomo e si aggrapparono alla stoffa della sua camicia, nel disperato tentativo di trattenerlo a sé; non avrebbe più permesso a nessun altro di portarle via il suo uomo.
Lucius dapprima rimase sorpreso dal calore e dalla passionalità della moglie ma ben presto si lasciò coinvolgere dall’abbraccio, le cinse le spalle con le braccia, le sue mani scivolarono ad accarezzarle il collo e la nuca, ad afferrarle dolcemente il viso. La baciò con trasporto, dimenticando le preoccupazioni e le paure che quella maledetta notte gli aveva risvegliato.
Con una semplice carezza, le scostò le spalline della vestaglia che scivolò a terra con un fruscio, lasciando la pelle, bianca come il latte, scoperta e indifesa agli spifferi gelidi che filtravano sotto le grandi porte di frassino del castello.
La donna tremò lievemente ma Lucius la trasse ancora di più a sé, le sue mani presero ad esplorare bramose quel corpo perfetto che aveva imparato a conoscere nei pochi anni di matrimonio condivisi. La spinse a terra, con delicatezza la fece adagiare sul morbido tappeto bordeaux. Rimase per un momento sospeso sulle proprie braccia ad ammirare la donna sdraiata sotto di lui; aveva gli occhi chiusi ed un’espressione così seria dipinta sul volto che spinse l’uomo a sorridere divertito, prima di sfilarsi con decisione la camicia e chinarsi su di lei per baciarla e sfiorarle con le labbra ogni singolo centimetro di pelle, partendo dal collo e scendendo lentamente.
La donna gemette ed inarcò lievemente la schiena, quando l’uomo quasi per gioco le mordicchiò il seno.
“Lucius …” sospirò affannata.
“Narcissa” rispose semplicemente il marito, tornando a baciarle le labbra.
“Lucius, dimmelo … “ sospirò ancora la donna.
L’uomo esitò.
“So quello che pensi, so che non credi sia necessario dirlo ma ti prego, almeno ora; ho bisogno di sentirtelo dire, Lucius.” bisbigliò ancora.
Lucius sospirò incerto ma non parlò, tornò semplicemente a baciare la moglie con sempre maggior passione.
 
I minuti passarono inesorabili mentre marito e moglie trascorrevano quella che, per quanto ne sapevano, avrebbe potuto essere la loro ultima notte assieme.
Presto gli Auror avrebbero circondato la casa, presto avrebbero fatto irruzione nella sua pace ed avrebbero trascinato via in catene il capofamiglia; lo avrebbero interrogato, lo avrebbero costretto a confessare o rinnegare i suoi crimini.
Che cosa avrebbe raccontato? Come avrebbe dovuto agire al loro arrivo?
Accoglierli a bacchetta alta, per dimostrare loro il vero orgoglio di essere un Mangiamorte? O dimostrarsi supplichevole, sconfitto e mortificato, pronto a rinnegare gli ideali di una vita?
Non importava, ora voleva solo poter vivere all’infinito quell’attimo di passione, quell’intimità così profonda e reale, quel sentimento che provocò uno sbalzo improvviso del suo cuore, quando si formò nella sua mente la consapevolezza di ciò che davvero stava provando.

Quando raggiunse l’apice del piacere, avvicinò il viso a quello della moglie e le bisbigliò all’orecchio:
“Ti amo, Narcissa.”
La donna sussultò, sentendolo pronunciare le parole che desiderava sentire da molto tempo ma che, per orgoglio, l’uomo non aveva mai voluto esternare; non riuscì a fermare le lacrime, quando sorridente abbracciò il marito che si accasciò esausto accanto a lei.

Ora Lucius sapeva cosa sarebbe accaduto, sapeva come si sarebbe comportato. Guardando la donna che amava, dormire tranquillamente tra le sue braccia, aveva finalmente compreso quale sarebbe stato il suo futuro.
Rispettava il Signore Oscuro, era ancora convinto degli ideali che lo avevano spinto ad unirsi a lui ma amava sua moglie ed amava la sua famiglia. Nonostante gli avessero insegnato fin da piccolo che l’amore era un sentimento da deboli, che l’orgoglio e la forza erano le uniche sensazioni che un Malfoy avrebbe mai dovuto provare, in quel momento l’unico pensiero che davvero lo spaventava era il dover abbandonare Narcissa e Draco.
Avrebbe vissuto l’umiliazione, avrebbe subito l’odio dei suoi compagni, la rabbia del Signore Oscuro, se mai un giorno fosse riuscito a tornare, ma non avrebbe abbandonato la sua famiglia.
Per nulla al mondo.
**********
Era quasi l’alba, la flebile luce mattutina filtrava dalle finestre oscurate dalle pesanti tende in broccato. L’uomo si alzò in piedi e, dopo aver fatto comparire una vestaglia con un semplice gesto della bacchetta magica, prese in braccio la moglie, ancora addormentata e la adagiò sul divano. La donna si rivoltò senza svegliarsi e, con un sospiro, sprofondò ancor di più nel sonno. Lucius sorrise nel vederla così indifesa e tranquilla ma subito lo sguardo gli cadde sul diario di Voldemort che ancora giaceva per terra, dove Narcissa lo aveva gettato la sera prima.
Lo afferrò e, dopo averlo studiato per pochi secondi, si avvicinò al camino, puntò la bacchetta contro i ciocchi fumanti, ormai completamente consumati, questi si spostarono di lato, lasciando spazio ad una botola che a sua volta si mosse con un cigolio sinistro. L’uomo si chinò e, con un sospiro vi lasciò cadere dentro il diario.
Distruggerlo non sarebbe stata una mossa furba, era pur sempre un oggetto del Signore Oscuro e doveva nascondere dentro di sé un enorme potere, l’importante era solo scoprire di cosa si trattasse. Forse un giorno sarebbe tornato utile, qualunque cosa fosse ma doveva nasconderlo dove il ministero non potesse trovarlo e la botola sotto il camino era il luogo perfetto.
Tornò nuovamente vicino alla moglie e le accarezzò silenziosamente i capelli.
Aveva deciso. Per quella donna avrebbe dovuto dimenticare il suo orgoglio, avrebbe indossato da quel momento una maschera, avrebbe nascosto il suo vero io, per presentarsi come un qualunque mago agli occhi del mondo.
Sospirò teso, la donna si voltò sul divano, aprì gli occhi e gli sorrise teneramente; l’uomo si perse nel blu di quel cielo calmo ed infinito.
Non l’avrebbe mai abbandonata, non l’avrebbe lasciata.
“Per nulla al mondo” bisbigliò convinto, chinandosi su di lei per baciarla.

***************
Il sole ormai era sorto, le nuvole di pioggia erano completamente scomparse, il prato ancora bagnato brillava di smeraldo, quando innumerevoli uomini coperti da lunghi mantelli comparvero dal nulla, armati di bacchette magiche e circondarono Malfoy Manor con uno scopo ben preciso. Arrestare il Mangiamorte.

(FINE)

  
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