Una rosa rossa sulla nuda pietra, dove c’è inciso il suo nome: Andrè Grandier.
Le mie lacrime si uniscono con le gocce di pioggia che cadono ormai da più di mezz’ora.
Mi sembra solo ieri quando ci incontrammo per la prima volta, occhi verdi come l’erba in primavera, capelli castani lunghi fino alle spalle che incorniciavano il tuo viso da ragazzo di città.
Io invece ero una nobile. Una di quelle che tu, saresti stato destinato a servire e proteggere, ero diversa tu lo sapevi, eppure mi amavi ostinatamente.
Perché, perché Andrè solo ora ho capito di amarti così tanto?
Sei morto per proteggermi, ed io non ho potuto far nulla per salvarti.
Ero sicura di averti per sempre, ora solo mi rendo conto di quanto la tu presenza fosse fondamentale per andare avanti.
E’ dura svegliarsi la mattina senza un tuo: -Buongiorno Oscar. -
Già, quelle due parole, anche se quotidiane per me equivalevano ad un  - ti amo - .
 
*** *** *** ***
 
Cammino senza meta per poco più di un metro, quando mi fermo a guardare il tramonto.
E’ impossibile vivere così. Qualunque cosa io faccia, veda e senta si ricollega a te.
Quel tramonto.
Quante cose mi ricorda, quando eravamo bambini dopo aver giocato a fare le lotta, esausti ci mettavamo con le spalle ad un albero e guardavamo il tramonto.
Quel rosso che ci accecava gli occhi, ma noi, ostinati, continuavamo a guardare il sole finché non tramontava definitivamente.
Era bello, bello come te, ma allora non ci facevo molto caso, non ti notavo, e tu soffrivi per questo. Io ti ho sempre considerato un amico Andrè, poi però non siamo più riusciti ad andare avanti come tali.
Ci amavamo troppo, tutti ci guardavano con fare malizioso ma noi andavamo avanti.
Poi è arrivata quella dannata guerra, e da li sono incominciati tutti i problemi.
Eravamo sempre così distanti, litigavamo non tutti i giorni, ma spesso.
Sentivamo il bisogno di fuggire da quella situazione che non ci faceva vivere a pieno la nostra storia d’amore.
Più che essere fidanzati ci consideravamo due amanti.
Dovevamo fuggire dagli occhi indiscreti delle dame a corte, dai sospetti di mio padre, dal lavoro che si faceva sempre più pesante per tutti e due.
Stavamo come due uccellini che aspettano la loro mamma.
Aspettavamo che il tempo ci venisse a darci l’esperienza di una vita che fino a quel momento era andata a puttane.
Già, per noi ci sono stati pochi momenti felici.
Eravamo una di quelle coppie che si amava, ma chi per un motivo, chi per un altro, non riusciva a sfruttare quei momenti di serenità che il destino concedeva, così sprecandoli ne cercavamo altri, ma ci cacciavamo solo nei pettegolezzi di donne di quartiere.
 
* Angolo dell’autrice *
 
Eccomi qui con una nuova One-Shot!
Non mi chiedete di continuarla perché sennò mi impiccio, e dopo va a finire che non ci capiamo nulla ne io ne voi!
Questa è stata una delle tante fan fiction che scriverò, e che faranno parte del mio repertorio qui su questo sito.
Spero vi piaccia, anche se è un po’ malinconico.
 
Sirio**