# Equilibri
L’acqua scorreva veloce
sulla sua pelle.
Ad ogni bracciata Rick si sentiva
meglio. I pensieri,
prima così pesanti, sembravano ora leggerissimi.
Galleggiavano lontano da lui.
Avere la mente svuotata da tutto
era una sensazione
meravigliosa e liberatoria.
Arrivò a bordo piscina,
fece una capriola e ripercorse
la corsia a dorso.
Le prime volte riusciva a fare ben
poche vasche.
Una decina al massimo prima di
doversi fermare a
riposare qualche minuto.
Ma gli piaceva tanto e lo faceva
stare bene. Voleva
impegnarsi al massimo e dedicarvisi come faceva con la scrittura.
Quando finiva, invece di tornare
subito a casa,
restava a guardare i nuotatori più esperti. Li osservava
attentamente, cercando
di capire come respirare e come
muoversi.
Un’ora ogni giorno Castle
cercava di aumentare sempre
di più il numero delle vasche e di migliorare il suo stile e
la respirazione.
Ora finalmente aveva trovato il suo
ritmo, il suo
equilibrio. Centocinquanta vasche in due ore era il meglio che riusciva
a fare.
Tutte le mattine si alzava presto e
ormai da due
settimane andava a nuotare.
Era uno dei primi ad arrivare,
così da avere le corsie
libere e stare tranquillo.
Alzo gli occhialini sopra la cuffia
e controllò
l’orologio alla parete.
Nuotò fino alla scaletta
e uscì dalla piscina diretto
alle docce degli spogliatoi.
Quando rientrò in casa
trovò un appunto attaccato al
frigorifero da una magnete a forma di pera. Gina voleva sapere se aveva
qualche
idea per il nuovo libro o almeno il titolo.
Con il viaggio a Washington si era
chiusa l’ultima
data del tour di Heat Rises e ora bisognava pensare al nuovo libro.
Aveva creduto che terminare Heat
Rises mentre Kate era
in ospedale fosse stato difficile.
Ma ora che doveva scrivere
addirittura un libro intero
senza la sua musa, lo reputava addirittura impossibile.
Gettò il post-it nella
spazzatura e si preparò un
caffè.
Qualche idea l’aveva.
Anche il titolo c’era. La voglia
di scrivere? Si, anche quella.
Allora cosa lo frenava?
Sospirò consapevole di
avere la risposta.
I libri commissionatigli dalla casa
editrice erano
quattro. E quello sarebbe stato l’ultimo della saga di Nikki
Heat.
E poi? Non sapeva se sperare che la
Black Pawn ne
richiedesse altri o incrociare le dita affinchè arrivasse
un’altra offerta così
da cambiare rotta radicalmente.
Martha scese le scale in quel
momento.
“Eccoti finalmente,
quando nuoti perdi la cognizione
del tempo ormai!” gli disse sorridente.
Castle ricambiò il
sorriso. Fino a due settimane fa lo
dava per spacciato. Era sicuro che lo immaginava cadavere in mezzo alla
piscina. E ora invece era tutta orgogliosa del suo bambino.
La donna bevve un sorso di
caffè prima di accorgersi
che dal frigorifero mancava qualcosa.
“Ha chiamato parecchie
volte in questi giorni. Se non
te la senti di scrivere e vuoi prendere una pausa dovresti dirglielo.
Non la
trovo il massimo come persona ma come editore non la dovresti
ignorare..”
“Non la sto ignorando e
sono assolutamente in grado di
scrivere un altro libro su Kate, mamma” rispose puntando lo
sguardo negli occhi
della donna.
Sapeva che il senso della frase era
quello.
“Ne sei sicuro?
Perché sarebbe comprensibile..”
ma il figlio la interruppe.
“Sono sicuro. Ho preso un
impegno con la casa editrice
e intendo rispettarlo; e posso scrivere su di lei anche se non
è più una
presenza fisica nella mia vita. Anzi, vado all’Old Haunt a
scrivere un po’, poi
chiamo Gina e le comunico il titolo nuovo.” Disse calmo,
tanto da convincere la
madre.
“Hai il titolo?
Veramente?” domandò sorpresa.
“Si, l’ho
pensato mentre ero a Washington” Castle vide
l’interesse di Martha e proseguì “Heat
Broken…”
Lo sguardo di Martha si fece un
po’ triste.
“Qualcosa si è
rotto mamma, è inutile far finta di
nulla, no?”
Era orgogliosa e allo stesso tempo
dispiaciuta per suo
figlio.
“Immagino di
sì…” disse guardandolo uscire da casa.
Seduto ad un tavolo, Castle fissava
sconsolato il
cursore lampeggiare sulla pagina bianca.
Era quasi ora di pranzo e il
chiacchiericcio della
clientela non lo aiutava a concentrarsi.
Decise allora di buttare
giù una scaletta con le idee
principali che aveva pensato in modo da non scordarsele. Le avrebbe
sviluppate
poi con calma.
Una volta finito lo schema
mandò una mail a Gina con
il titolo del libro e una vaga trama, tanto per farla
contenta e per
non sentirla per un po’.
In realtà non sapeva
come dirle che non aveva idea di
come finire il libro.
Aveva pensato ad un caso originale
ed avvincente,
Nikki e Rook..beh avrebbe più o meno scritto di quello che
stavano passando lui
e Kate, ma il finale? Come doveva finire Heat Broken?
Bene? Male? Nikki moriva? Rook
moriva? Finale aperto o
chiusura definitiva?
Fissò la parete che
portava al seminterrato.
Si pentì di non avere
una normale porta, come tutti. A
quell’ora sarebbe già nel suo ufficio a scrivere
almeno l’inizio.
Poteva anche tornare a casa dove
aveva uno studio
super tecnologico e attrezzato, certo, ma non era la stessa cosa.
Adorava quel
seminterrato e non trovava giusto non poterci entrare ogni volta che
volesse
senza svelare a tutti il passaggio segreto.
Gli serviva davvero? Era
indispensabile per lui quel
passaggio segreto??
No, affatto. Era stato affascinante
le prime volte,
utilizzarlo.
Avventuroso e fico, assolutamente.
Ma scomodo e poco
pratico.
Senza contare che o si inventava
qualcosa da fare o
era costretto a pensare al finale di Heat Broken e non se la sentiva
ancora di
decidere del futuro di Nikki e Rook.
Prese il telefono e
selezionò il numero di un amico
che conosceva bene.
“Denise? Ciao sono
Richard, il grande capo è in
ufficio? Si aspetto, grazie”
Dopo pochi secondi di attesa
potè parlare con il suo
interlocutore.
“Quanto tempo signor
sindaco, non ha più nemmeno
un’oretta per una partita a poker ultimamente!”
esordì Castle schernendolo
“Richard, lo sai che ci
sono le elezioni tra poco,
senza contare tutti i problemi che ogni giorno spuntano fuori in questa
città,
ma non temere, sarò presto dei vostri” rispose a
tono il sindaco di New York.
“Ti aspettiamo,
Bob”
“Allora, che mi racconti?
La detective Beckett come
sta?” domandò il sindaco.
“Eh...tutto bene...senti
mi servirebbe un favore,
credo” rispose Castle eludendo la domanda.
“Se posso, volentieri,
dimmi tutto!”
“Vorrei fare dei lavori
qui all’Old Haunt, in
particolare buttare giù una parete scorrevole per mettere un
normalissimo muro
con una porta” spiegò lo scrittore.
“Non mi sembra nulla di
impossibile Richard..”
constatò Bob.
“Infatti, credo ci
vorranno un paio i settimane al
massimo, il problema è che questo bar è un
edificio storico e quindi..”
“Ma certo..” lo
interruppe il sindaco “faccio fare dei
controlli da Denise e entro sera avrai i permessi necessari per poter
iniziare
i lavori già da domani!” acconsentì
benevolo.
“Ti ringrazio
infinitamente Bob! Dirò al giudice
Markway di lasciarti vincere la prossima volta!”
“Sono ancora in tempo a
cambiare idea..” rispose
ridendo.
“No, no, per
carità, grazie ancora e a presto!” saluto
riattaccando soddisfatto.
Una certa detective lo avrebbe
guardato storto e si
sarebbe arrabbiata per quel favoritismo.
Si riscosse da quel pensiero. Era
riuscita nuovamente
ad intrufolarsi nella sua testa.
Doveva pensare ad altro. Cosa stava
facendo prima di
telefonare?
Ah, sì, la scaletta per
il nuovo libro. Con gli occhi
ripassò i punti fino al finale mancante.
Sbuffò e aprì
la posta elettronica, sperando che quei
documenti arrivassero in fretta.
Dopo essersi sfogata con Lanie le
cose per Kate
cominciavano ad andare meglio.
Si sentiva un po’
più leggera. Come se il peso del
modo non fosse tutto unicamente sulle sue spalle. Aveva ancora
parecchie
situazioni irrisolte ma sentiva che con Lanie al suo fianco ce
l’avrebbe fatta.
E poi c’erano i suoi fratelloni, Ryan e Esposito. Si
probabilmente sarebbe
riuscita ad andare avanti con un po’ più di
serenità ora.
Anche Jenny faceva la sua parte. Si
vedeva che ci
teneva ed era gentile e comprensiva con lei.
Ovviamente non mancavano i momenti
in cui si fermava a
fissare la sedia vuota lasciata da Castle o la lavagna improvvisata che
aveva a
casa riportante i punti decisivi sul caso dell’omicidio di
sua madre. Ma erano,
appunto, momenti.
Dolorosi e tristi. Questo
sì. Ma riusciva a trovare
comunque un motivo per alzarsi dal letto la mattina.
Ryan ed Esposito tornarono da un
sopralluogo in un
magazzino.
Era seduta alla sua scrivania e li
vide uscire
dall’ascensore ed avvicinarsi per ragguagliarla
sull’indagine.
Gli occhi di Beckett si spostarono
per l’ennesima
volta sulla cravatta di Ryan.
Era orribile eppure non si riusciva
a smettere di
guardarla.
Castle avrebbe fatto una battuta.
Anzi, molte battute.
Ed era certa che Esposito si stava
trattenendo da
tutta la mattina per non rischiare di essere sgridato.
Forse era giunto il momento di
dimostrare che ora
riusciva a farcela da sola.
Insomma, poteva fare una battuta
senza sentirsi
vulnerabile, no?
I colleghi poliziotti
l’avevano chiamata terminator in
quell’ultimo mese, quando credevano di non essere sentiti.
Forse era ora di
ristabilire un minimo di equilibrio e ritornare la Kate di sempre.
Castle le aveva dato tanto in quei
quattro anni.
L’aveva aiutata ad essere meno chiusa, meno quadrata e a
regalare un sorriso di
tanto in tanto. Non era stato tempo sprecato.
Era ancora capace di sorridere ed
era ora di farlo
anche senza Castle.
Doveva camminare da sola, non
poteva sempre contare su
di lui.
L’aveva allontanato lei;
doveva accettare la cosa e
comportarsi da persona adulta.
Si era disperata, si era sfogata e
ora doveva tentare
di tornare alla normalità.
Quando Ryan la raggiunse insieme al
suo compare lei lo
bloccò prima ancora di iniziare a parlare
“Qualunque cosa tu stia per dirmi
fallo con questa in mano” gli disse porgendogli una
cartelletta.
Il detective sorpreso la prese in
mano ma non capì cosa
doveva farne.
Beckett lo guidò
“Un po’ più su..” Ryan
eseguì
ubbidiente spostando la cartellina “un po’ a
destra.. ecco perfetto ora puoi
parlare..” disse seria a braccia incrociate.
Ryan si voltò appena
verso Esposito ma anche lui non
aveva idea di cosa avesse Beckett.
“P-perchè devo
parlare stando così?” domandò incredulo
Ryan.
“Perché se ti
devo prestare attenzione non voglio
avere davanti agli occhi quell’orrenda cravatta a
distrarmi!” spiegò scoppiando
a ridere alla fine della frase.
Esposito la seguì a
ruota “Amico, non ce la facevo più
a fare finta di niente, stavo scoppiando!” disse rivolto al
poveretto.
“Ma è un
regalo di Jenny! E non è così
orrenda..”
tentò lui, anche se con poca convinzione.
“Dovrò fare
due chiacchiere con quella ragazza stasera..”
esordì infine Kate.
I due la guardarono sorridenti.
Stava scherzando e la sera si
sarebbe vista con le sue
amiche.
Erano contenti per lei, si stava
rimettendo in piedi.
E se c’era qualcuna tosta
abbastanza da risollevarsi
dopo una brutta caduta quella era Kate Beckett.
La vita gliene aveva riservate
parecchie di cadute ed
ogni volta, più o meno malconcia, ce l’aveva
sempre fatta a rimontare in sella.
Non dubitavano che ce
l’avrebbe fatta anche questa
volta.
Senza contare che, loro due, erano
gli unici a
conoscenza di entrambe le situazioni.
Sapevano come stava Beckett e
sapevano come stava
Castle.
Entrambi si stavano ancora leccando
le ferite.
Entrambi si sarebbero rimessi in
piedi più forti che
mai.
I due detective li tenevano
d’occhio, sicuri che il
capitolo Castle&Beckett non
era
ancora giunto alla fine.
Il capitano Gates uscì
dal suo ufficio a passo di
carica annunciando il trasferimento di un prigioniero dal carcere di
Sing Sing
al loro distretto.
I tre si ricomposero e si
prepararono ad accoglierlo nella
sala interrogatori.
Angolo
dell’autrice:
eccoci con il nuovo capitolo! Che
ne dite? Come se la
passano i nostri Castle e Beckett? Ce la faranno a risollevarsi? Il
destino li
farà incontrare di nuovo?
Al prossimo capitolo mie Caskettine!
Grazie per il supporto e per tutti
i meravigliosi
commenti!
Un bacione enorme, vi voglio bene!
;D
Ivi87