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Autore: Eralery    20/10/2011    12 recensioni
Dalla parte uno: « Mai detto il contrario, ma non sarei un cavaliere se non lo facessi. Ho pur sempre un’immagine da difendere, McKinnon » constatò Sirius, riponendo la bacchetta in tasca, « Perciò, ora ti accompagno a casa e fine della discussione ».
Dalla parte due: « Sei tu che hai iniziato » ribatté lei, indignata, spingendolo verso la camera da letto.
« Sei tu che hai continuato ».
« Ti odio! ».
« Non è vero ».

Prima classificata al “Ciack, si gira! – Contest” indetto da Tefnut sul forum di EFP, vincendo inoltre il Premio Caratterizzazione.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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capitolo 33333
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Capitolo 2 – Lasciarsi andare.

12 ottobre 1979.

 Erano passati due mesi dalla prima ronda che avevano fatto insieme, e ormai Marlene si era abituata a camminargli a fianco con le bacchette strette in pugno e a farsi riaccompagnare a casa. E Sirius non scordava mai di lasciarle un bacio sulle labbra, come la prima volta.
Era diventata parte della routine, praticamente, e Marlene voleva perdere quell’abitudine il più tardi possibile. Perché, nonostante tutto, le piacevano le attenzioni che Sirius le riservava, gli sguardi che le lanciava, e i baci, talmente leggeri da sembrare carezze, che le dava prima di Smaterializzarsi. Di Smaterializzarsi lontano da lei, pensava Marlene, vagamente preoccupata da quel pensiero.
Dopo quel che era successo con Benjy, aveva paura di legarsi a qualcuno più del minimo indispensabile. Non voleva soffrire più come alla morte dell’amico, per questo cercava di tenersi il più lontana possibile dagli altri. Eppure sembrava che le persone, dopo questa sua decisione, avessero deciso di avvicinarsi a lei. Per esempio, Lily Evans le aveva rivolto la parola più volte nell’arco di quei due mesi che durante i quattro anni passati ad Hogwarts assieme. E anche James Potter sembrava più disponibile nei suoi confronti. Marlene non riusciva a capacitarsene. Poi c’erano Fabian e Gideon, ma loro erano suoi vecchi compagni di scuola, i suoi migliori amici insieme a Benjy, che però era stato più come un fratello.
E poi Sirius, che in quel momento le camminava accanto come sempre, la bacchetta tra le dita affusolate e le labbra sottili curvate in un sorriso appena accennato.
Finirono la ronda come ogni volta, e si ritrovarono davanti alla porta di casa sua. Come ogni volta.
Marlene gli sorrise ed aprì la porta di casa, mentre Sirius si faceva sempre più vicino. Come ogni volta.
Lei si girò e il ragazzo catturò le sue labbra in un bacio; un bacio diverso da quello solito. Sentì una delle mani di Sirius posarsi sul suo collo e l’altra dietro, sulla schiena, stringendola a sé. La lingua di lui percorse la linea della sua bocca, come a chiederle il permesso di approfondire il bacio. Marlene socchiuse le labbra e posò le mani sulle spalle di Sirius, aggrappandosi a lui come se fosse un’ancora – la sua ancora.
Sirius mosse qualche piccolo passo e varcò la soglia di casa, chiudendo poi la porta dietro di loro con un calcio. Il rumore le parve lontano mille miglia, o forse era semplicemente la lingua di Sirius che rincorreva la sua a darle quell’impressione di vuoto attorno a lei. Era come se non ci fosse niente; niente, se non Sirius.
La appoggiò alla parete continuando a baciarla con irruenza, per poi staccarsi dalle sue labbra con il fiatone. Sembrava uno che aveva appena finito di correre alla Maratona di New York, pensò Marlene.
« Forse dovremmo fermarci… » sussurrò Sirius con voce roca, le labbra a pochi millimetri dall’orecchio di lei.
Marlene gli prese il viso tra le mani e lo baciò nuovamente, con più foga di prima. Non ci volle molto perché Sirius rispondesse al gesto.
Era come se le girasse la testa e non riusciva più a capire molto bene quel che stava succedendo. L’unica cosa di cui era sicura, era che lo voleva. Sì, lo voleva.
La bocca di Sirius si separò dalla sua e seguì il contorno della mascella per poi scendere alla pelle tenera del collo. Alternò i baci a piccoli morsi, mentre Marlene cercava di sfilare i bottoni della sua camicia dalle asole in cui erano costretti, lasciandosi a volte scappare dei piccoli gemiti.
Aveva un buon profumo, Marlene, così fresco e dolce. Il naso di un cane ha duecentoventi milioni di recettori olfattivi e le frequenti trasformazioni in Padfoot gli avevano lasciato qualche nuova abilità, come quella di memorizzare gli odori e i profumi. Ne aveva sentiti molti, di odori, ma il profumo di Marlene era qualcosa di nuovo per lui; qualcosa di nuovo e incredibilmente bello. Bello, come Marlene.
Fermò la sua discesa sulla spalla di lei, aprendo leggermente gli occhi per poter capire di che odore si trattasse. Gli ricordava i prati verdi, ma non era quello. Gli ricordava un fiore, ma non ricordava quale.
Gelsomino? No, non era lei. Rosa? No, nemmeno. Mimosa? Neanche. Giacinto? Sirius non lo sapeva, non l’aveva mai annusato, il giacinto. Lavanda? No. Biancospino? Sì, biancospino sì.
Sirius decise che profumava di biancospino, anche perché il candore – pallore – della pelle di Marlene gli ricordava i piccoli petali di quel fiore, i suoi capelli rossicci richiamavano l’immagine dei fiori del biancospino, e perché spesso Marlene sapeva essere più pungente delle spine di quel bel fiore.
Per lui, Marlene era un biancospino.
« Hai un buon odore » mormorò, solleticandole la pelle con le labbra. « Profumi di biancospino ».
« Mh. Tu invece puzzi vagamente di cane e di muschio » rispose Marlene, sfilandogli finalmente la camicia e gettandola a terra, insieme alla giacca che Sirius le aveva appena tolto.
« Lo prenderò come un complimento, ma adesso smettila di parlare » disse piano, privandola anche della maglietta.
« Sei tu che hai iniziato » ribatté lei, indignata, spingendolo verso la camera da letto.
« Sei tu che hai continuato ».
« Ti odio! ».
«Non è vero » replicò candidamente Sirius, facendola sdraiare sulle lenzuola azzurrine e posizionarsi sopra di lei, puntellandosi sui gomiti per non pesarle addosso.
« E tu che ne sai? » sputò, per baciarlo poi con passione e stringerlo prepotentemente a sé, la cintura dei pantaloni di lui che aveva raggiunto il pavimento come gli indumenti precedenti.
« Lo so e basta » mormorò, aiutandola a calarsi i jeans scuri.
Marlene s’irrigidì sentendo le mani di Sirius stringere i bordi dei suoi pantaloni.
Lo stavano davvero per fare? Non poteva, si era ripromessa di non avvicinarsi troppo ad altre persone. Non voleva soffrire ancora, e non voleva nemmeno che gli altri soffrissero a causa sua. D’altro canto, poteva morire anche il giorno dopo. E chi era lei per far soffrire così Sirius? Ma poi, Sirius avrebbe sofferto? Almeno ci teneva a lei?
Le parole che sua nonna le ripeteva sempre quand’era piccola riaffiorarono dall’oblio in cui erano rinchiuse: 
“Non lasciare mai che la paura di perdere ti impedisca di tentare.
Dopo quelle parole, pensò che dopotutto ormai nei casini ci si trovava già. Separarsi da Sirius in quel momento e smettere di vederlo avrebbero fatto male ad entrambi, nemmeno ad uno solo. Forse valeva davvero la pena tentare.
Sirius sembrò accorgersi del turbamento della ragazza, perché si separò da lei e le si sdraiò accanto.

« Che succede? ».
« Niente… » mormorò appena lei.
Lui sospirò e si passò una mano sugli occhi. « Guarda che non sono stupido. Non voglio forzarti, se non ti va non importa ».
« Non è quello… Ho paura. » rivelò infine, chiudendo gli occhi mentre le guance le s’imporporavano leggermente.
Qualunque riposta si aspettava, Sirius, fuorché quella. “Ho paura”. Paura.
« Questa sarebbe la tua prima volta? » chiese, stupito.
Marlene ridacchiò e scosse la testa, confondendo ancora di più il ragazzo. « Guarda che ho ventidue anni, mica quattordici, no che non è la mia prima volta!».
« Allora non capisco di cosa tu abbia paura » ammise Sirius, avvicinandosi a lei per passarle un braccio intorno alla vita, scacciando dalla mente l’idea di Marlene stretta ad un altro.
« Della realtà, Sirius. » disse semplicemente, sentendo la stretta di Sirius farsi un po’ più forte. « Sia tu che io potremmo morire da un momento all’altro. E lo sai. E io ho paura, perché, se tu dovessi morire, soffrirei ancora. E se invece dovessi morire io – cosa più probabile – soffriresti tu, e non è giusto ».
Sirius annuì lentamente, posando il mento sulla spalla di Marlene, riflettendo sulle sue parole. Realtà. Morte. Paura. Morte. Paura. Realtà.
« Perché è più facile che muoia tu, Marlene? » chiese dopo una manciata di secondi di silenzio opprimente.
« Lo sappiamo tutti che Travers mi sta cercando. Se nemmeno Dorcas è riuscita a salvarsi dall’attacco che era stato premeditato per ucciderla, io non ho scampo. È inutile sognare cose troppo belle per essere anche lontanamente credibili ».
« Uhm. » mugugnò Sirius sulla sua pelle. « Non è meglio stare aggrappati ad un sogno meraviglioso invece che rovinare tutto con la realtà? »
Marlene rimase in silenzio, prima di mormorare: « Taci, cane rognoso » con il solito accento del nord e poi baciarlo di nuovo. Le parole dette da Sirius avevano avuto come un effetto rivitalizzante su di lei, esprimevano alla perfezione quel che voleva sentirsi dire. Ma sapeva che non avrebbe potuto aggrapparsi a quel sogno per sempre.
Marlene decise che, però, per quella notte l’avrebbe fatto.
L’avrebbe fatto per Sirius.
Per se stessa.
Per loro.
Marlene non aveva mai voluto amare Sirius; anzi, a dirla tutta non aveva mai voluto amare nessuno. Non voleva legami troppo importanti che andassero oltre la semplice amicizia. Prima perché li trovava una stupida perdita di tempo, successivamente perché, con la guerra alle porte, non voleva mettere nessuno più in pericolo di quanto non fosse già. Dopotutto, lei era una Mezzosangue, e il suo nome probabilmente era già stato scritto tra le persone da eliminare per via del sangue sporco. Non avrebbe mai permesso a qualcuno di legarsi a lei, non con i rischi che avrebbero corso entrambi.
Ma con Sirius era stato diverso, non era stato premeditato. Ad Hogwarts la fama del giovane Black era quella di uno ‘sciupa femmine’, perciò non lo aveva mai preso in grande considerazione, pensando che sarebbe stato difficile essergli anche semplicemente amica. E anche fuori era stato così, pensava non fosse cambiato.
Invece lo era. No, non lo era, lo sembrava. Lei non poteva sapere se fosse davvero cambiato, ma ormai aveva preso la sua decisione: quella notte l’avrebbe passata senza pensare, si sarebbe lasciata guidare dall’istinto.
E fanculo alla guerra che batteva sui vetri sporchi delle finestre.




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Questa storia sta giungendo al termine, ragazze. Mi mancherà tantissimo. Oltre ad essere la prima volta che arrivo prima ad un contest, questa storia è stato il primo tentativo di un 'nuovo' stile. Prima non scrivevo così, no, decisamente. Ho cercato di arricchire di più le storie, e... beh, è venuto fuori questo.
Dio, e sono felicissima anche di tutti i vostri commenti. Davvero. ;AAAA;
Cioè: 5 persone l'hanno inserita tra le preferite, ventitré nelle seguite, e una persona tra le ricordate. E vogliamo parlare delle bellissime venticinque recesioni? Sono commossa. Ci sono state recensioni che mi hanno fatta sorridere come una demente per giorni, e non c'è nemmeno un commento che mi abbia lasciato l'amaro in bocca.
Basta, ne avete abbastanza dei miei sproloqui, posso capirvi. ù_ù
A presto! 

   
 
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