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Autore: Meme06    20/10/2011    8 recensioni
E se Ikuto fosse un vampiro ed Amu una semplice ragazza che però dentro di se nasconde un'indole oscura e sadica? Che cosa succederebbe? Ambientato nel passato. un'altra storia che ha sviluppato la mia mente malata, spero vi piaccia ^ ^
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The smell of your blood'
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- Ikuto no baka… - mormorò la ragazza prima di lasciare scendere dal suo volto una lacrima rossa che andò a decorare per prima il pavimento. Poiché in seguito venne seguita da tutte le altre. Lacrime rosso scuro, perché anche il dolore che una persona prova all'interno è una ferita e sgorga sangue.

Non riusciva a smettere di colorare il pavimento di quel colore che a Ikuto faceva venire l'acquolina in bocca. Sangue. Si asciugò una lacrima che le stava percorrendo la guancia e se la portò alle labbra.

La cenere… si disse. Non voleva lasciarla lì, era tutto ciò che rimaneva di lui. Ma dove l'avrebbe messa?

La boccetta… pensò. Aveva visto una boccetta nella cucina di quella casa l'altra sera, era piccola e sicuramente ci sarebbero entrate. Provò ad alzarsi ma due braccia premute sulle sue spalle minute la rimisero a sedere. Si voltò con uno sguardo d'odio verso l'assassino del vampiro.

- Amu, ora sarai libera… - le disse. La ragazza gli rivolse uno sguardo d'incomprensione.

- Che cosa state dicendo? - domandò la rosa.

- Come, non lo sai? - questo era Eiji che ora si era alzato e le si era messo di fronte.

- Sapere cosa? - chiese ancora Amu.

- Quando un vampiro muore la creatura da lui generata ritorna umana. - le disse sorridendo felice.

No, non è possibile… disse nella sua mente la ragazza con orrore. Sarebbe stata l'ultima goccia. Quella era l'ultima cosa di Ikuto che le era rimasta davvero. Non poteva tornare umana.

I due ragazzi si abbassarono su di lei. Tutti e due avevano nelle loro facce da idioti due bei sorrisi a trentadue denti stampate in viso.

- Ritornerà tutto come prima… - la 'rassicurò' Hotori. - Domani sarai di nuovo umana.

- Io non voglio tornare umana! - gridò la ragazza totalmente preda dell'ira. - Non voglio essere di nuovo come voi!

Continuò marcando bene l'ultima parola. Eiji sembrò rattristato, mentre Hotori sorrise ancora di più.

- Si che lo vuoi, solo che ancora il demone non se n'è andato. - le disse sempre più convinto di quello che le diceva.

Dal canto suo, Amu era terrorizzata all'idea di tornare ad essere una comune ragazza di sedici anni. No, non voglio perdere anche quest'ultimo ricordo… si disse… però, ora che ci penso non ha senso continuare a vivere come vampiro, senza lui. Non ci sarebbe divertimento a spezzare le ossa delle dita di una mano senza lui accanto che fa la stessa cosa con l'altra. Le grida di dolore non me le godrei mai a pieno senza le sue risate maligne. Forse è meglio se torno umana…

Era talmente assorta nei suoi pensieri che neanche si accorse di essere stata presa in braccio e portata fuori dalla casina.

- Perché non mi lasci andare? - chiese avvicinandosi all'orecchio del ragazzo.

Il moro mosse lo sguardo, nervoso.

- Perché ancora non sei Amu.

La ragazza avrebbe voluto ridergli in faccia e sputargli addosso tutto il suo disprezzo. Ma se avesse fatto così poteva dire addio alla libertà per sempre.

Bene, passiamo alla tattica numero due. Il suo viso si oscurò e iniziò a piangere.

- Voi mi ucciderete, non è vero? - domandò.

- Ma che stai dicendo? - le disse. - G-guarda c-che non m-m'incanti.

Fece con voce tremante. La rosa sogghignò nella sua mente e con il viso nascosto dai capelli sfoderò un bellissimo sorriso malefico.

- Non ti voglio incantare ma credo di meritare la libertà. - rispose la vampira tentando di recitare la parte il meglio possibile. Alzò il viso sporco di sangue a causa delle lacrime, posò i suoi occhi miele su quelli smeraldo del ragazzo. - Anche se sono un demone… non merito di essere libera?

Per un attimo l'idea di lasciarla andare senza che Hotori se ne accorgesse attraversò la mente del ragazzo. Ma subito dopo scosse la testa e rafforzò la presa sul corpo della ragazza, come se avesse paura che scappasse.

- Tu tornerai umana, di questo devi stare tranquilla… - le disse.

Era proprio una testa bacata. Questo pensava la ragazza. Sciocchi esseri umani. Perché dovevano tentare di convincersi con frasi false? Ma lei la sapeva la risposta.

Perché sono deboli. Sono deboli gli umani, non riescono ad accettare la verità e per non essere schiacciati da essa preferiscono essere abbindolati con futili parole e affermazioni che non hanno né capo né coda.

Avrebbe voluto dirgli quello che pensava, ma doveva restare calma ed essere paziente fino alla sera.

- Se lo dici tu ci credo… - gli rispose nascondendo di nuovo il viso sotto i fili di seta rosa.

Eiji la guardò sorpreso. Che stia riacquistando la sua umanità così presto? si chiese.

Cercò di non pensarci, finché non ne era pienamente convinto non doveva lasciarsi andare così facilmente.

Hotori davanti a loro camminava tranquillo e sereno. Tutto sarebbe andato per il meglio, ne era convinto. Sicuramente tutto sarebbe tornato come prima. Domani mattina Amu sarebbe tornata umana, magari avrebbe perso la memoria e non si sarebbe più ricordata di quel vampiro, come se non fosse mai esistito. Avrebbe trascorso tutta la sua vita con lui, facendogli compagnia e lui l'avrebbe trattata come una figlia. Come trattava Tadase.

Questi pensieri lo rincuoravano ed era come se si volesse rassicurare, se volesse convincersi che non sarebbe più stato solo.

Non sarò più solo d'ora in poi… questa frase ormai era un loop nella sua mente.

- Signore? - domandò Eiji.

Il biondo si girò a guardare il ragazzo. Aveva l'aria stanca e frastornata, forse dovevano fare una sosta, ma non erano ancora usciti dal bosco.

- Dimmi Eiji.

- Vi prego fermiamoci per un po'… - supplicò il moro.

Hotori guardò lui, poi spostò lo sguardo su Amu, la quale non sembrava nemmeno parte di questo mondo in quel momento. La sua mente era altrove e solo il suo corpo era rimasto a dare la prova della sua presenza. (come faccio io mentre sto in classe u.u)

- Va bene. - rispose l'uomo sedendosi a terra, seguito, dopo un sospiro di sollievo, dal ragazzo.

Eiji posò Amu vicino a lui. Non gli sembrava neanche più di avere a che fare con una persona, ma piuttosto con una bambola.

- Amu… - la richiamò scostandole i capelli dal viso. - Come stai?

Come vuoi che stia brutto deficiente, mi sento come se fossi stata massacrata in mille pezzi e le mie ossa siano state frantumate e chiuse in un urna senza possibilità di essere ritrovate…

- Bene. - fu la risposta apatica della ragazza.

Eiji avrebbe voluto chiederle nuovamente che cosa aveva, poiché era chiaro che stesse male. E anche se non lo avrebbe mai detto al signor Hotori lui la capiva. Lui non aveva visto Mary morire davanti ai suoi occhi come era capitato ad Amu. Ma aver visto il suo corpo era stato davvero atroce. E nonostante odiasse Ikuto capiva che quando gli occhi miele della ragazza avevano fissato per l'ultima volta quelli ametista di lui era stato il momento più intenso e triste di tutti. Lo capiva, ne era convinto e avrebbe tanto voluto poter trovare un modo per tirarla su di morale.

Il signor Hotori aprì una borsa di stoffa che si era portato dietro, l'aveva nascosta dietro un albero prima di andare nella casetta.

Tirò fuori da essa un sacchetto marrone, in carta.

- Ecco qua… - disse sorridente, porgendo ad Eiji due panini con all'interno cipolla e formaggio.

Il ragazzo prese i panini con gli occhi illuminati. Aveva tantissima fame. Porse l'altro ad Amu, mentre addentava avidamente il suo.

- Amu… - mormorò Hotori prendendo il panino dalla mano di Eiji e porgendolo lui stesso alla ragazza. - questo è per te… ricordo… ricordo che ti piaceva molto il panino con la cipolla e il formaggio.

Prima mi torturi, poi uccidi Ikuto e adesso osi pure parlarmi come se tra di noi ci fosse un rapporto intimo? si chiese la ragazza colma d'ira.

Questa volta non ce la fece a mantenere del tutto la calma. Con un gesto della mano colpì il polso del biondo facendogli rotolare il panino distante. Poi alzò il volto e lo fissò negli occhi con il fuoco che ardeva in lei.

L'uomo chiuse gli occhi e annuì.

- Capisco che tu non abbia fame… - le disse alzandosi e tornando al suo posto.

La ragazza seguì i suoi movimenti con lo sguardo senza mai smettere di trasmettergli uno sguardo ricolmo d'odio.

Eiji che aveva guardato tutta la scena ora riservava ad Amu uno sguardo pieno di comprensione e tristezza.

- Riprendiamo il cammino… - disse Hotori non appena ebbe finito di mangiare anche il suo, preso poco dopo che ebbe offerto il cibo ad Amu.

Il moro annuì. Prese di nuovo la ragazza, che stranamente non oppose resistenza e si incamminò insieme al biondo.


In mezza giornata riuscirono ad attraversare tutto il bosco e a sbucare nuovamente nel paesino. Eiji non ricordava di averci messo così tanto all'andata, probabilmente era dovuto al fatto che ora portava Amu e che si erano fermati a fare diverse soste.

- Signore? - lo richiamò il moro.

- Dimmi.

- Credete che ce la faremo a giungere a Mitsuyo per questa notte? - domandò con fare incerto.

- Se ci sbrighiamo si, ma se continuiamo a procedere a passo lento sarà difficile arrivare in tempo. - rispose accelerando il passo.

Eiji era davvero stanco, avrebbe voluto riposare ancora, ma sapeva che non poteva. E inoltre anche lui non vedeva l'ora che la sua migliore amica tornasse ad essere se stessa.

In circa tre quarti d'ora avevano attraversato tutto il paesino ed erano giunti all'uscita.

- Adesso ci aspetterà un bel po' di strada da fare… - disse Eiji sospirando. Più andavano avanti più rimpiangeva la sua stupida scelta di seguire quo pazzo. Quasi quasi rimpiangeva davvero che Ikuto non avesse potuto ucciderlo quel biondo psicopatico.

- Hey Eiji, sei stanco? - chiese la ragazza. - Sei vuoi posso camminare da sola.

Proposta allettante, ma non doveva farsi fregare.

- T-ti ringrazio Amu, ma non ne ho bisogno. - rispose, anche se era incerto di quella risposta.

- Andiamo, se mi fai scendere puoi sempre tenermi per mano… - gli disse.

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. Era pomeriggio, non era neanche tanto tardi, forse non poteva usare i suoi poteri.

Forse avrebbe dovuto rischiare. Sentiva le braccia stanche che gridavano in cinque lingue diverse di lasciarle riposare.

- Va bene, ma niente scherzi ti avverto… - le rispose mettendola giù.

La ragazza annuì 'felice'. Toccare con i piedi il suolo era una sensazione che le sembrava quasi meravigliosa. Odiava essere trasportata. Ora sapeva che cosa provava un povero zaino a stare sulle spalle del proprio padrone.

Continuarono a camminare silenziosamente. Fecero un'altra sosta quando furono sicuri che ci avrebbero messo poco per raggiungere il paesino e che ormai Mitsuyo era a meno di un'ora di viaggio.

- Siamo quasi arrivati, ben presto potremo riposarci. - disse Hotori mentre se ne stavano tutti seduti a terra,a fare cena. Ovviamente gli unici che mangiavano erano Eiji e Hotori. Amu li guardava semplicemente. Il moro a volte si sentiva a disagio sotto il suo sguardo. Ma tanto stavano migliorando le cose, no? Amu avrebbe potuto ricominciare una nuova vita, da umana. Si, si lo avrebbe dimenticato Ikuto.

Hotori intanto non faceva altro che sonnecchiare. Aveva deciso di fare almeno mezz'ora di riposo. Al ragazzo non importava, avrebbe aspettato.

- Sei nervoso Eiji? - chiese la vampira con un sorriso derisorio dipinto sul volto.

Il ragazzo la fissò con gli occhi sgranati. Come lo aveva capito?

- C-come?

- Sei ancora convinto che lo dimenticherò? - gli chiese ancora la ragazza. - Sei convinto che ritornerò umana? Che tutto ritornerà come prima?

Gli strisciò lentamente davanti e imprigionò il suo sguardo miele negli occhi verdi del ragazzo, facendolo rabbrividire.

- Le cose non ritorneranno mai come prima… - gli disse. - Neanche se ritorno umana. Sono cambiate da quando è stato ritrovato il primo cadavere. Già da quel giorno tutto è cambiato, le nostre vite sono cambiate. Ma questa cosa riguarda solo me…

- Che cosa stai dicendo? - chiese confuso.

- Sto dicendo che ti puoi sforzare quanto ti pare, tanto non ritornerà mai niente come prima. Altrimenti la tua preziosa Mary dovrebbe resuscitare… - gli disse maligna.

Eiji deglutì rumorosamente. E se avesse avuto ragione lei? No, non doveva farsi impressionare. Quella che parlava non era Amu, era il demone che aveva dentro.

- Ed è qui che ti sbagli… - disse d'improvviso lei. - dentro di me non c'è mai stato un demone, questa sono io…

Non è possibile che senta i miei pensieri… si disse.

- Incredibile, vero? Piccolo pregio che mi è stato donato quando diventi vampiro. Non capita spesso, sai? - gli disse sempre più cattiva, godendo dello sgomento del ragazzo.

- Eiji… - il signor Hotori si era svegliato proprio in quel momento. Aveva ancora l'aria stanca, ma si alzò lo stesso in piedi e riprese a camminare incitando il ragazzo. - Coraggio, andiamo o non arriveremo mai…

Il moro annuì, anche se ancora sotto shock. Prese la ragazza per un polso e si avviò alla svelta verso l'uomo davanti a loro.

L'ultima ora a camminare la passarono in un religioso silenzio, come se stessero compiendo un cammino spirituale.

Nessuno osava aprire bocca, tanto che sembrava che neanche respirassero.

Dopo tutta la camminava videro finalmente l'entrata per Mitsuyo. Eiji sorrise soddisfatto, ce l'aveva fatta, finalmente era riuscito a portare a termine qualcosa.

Entrarono nel villaggio che era tardo pomeriggio. Si diressero subito a casa del signor Hotori.

- Portala qua… - disse il biondo. Chiusero Amu nella sua vecchia stanza. - Ci vediamo domani Amu…

Un ultimo sincero sorriso da parte dell'uomo, prima di andare nella propria camera. Eiji dopo avergli augurato la buonanotte fece lo stesso.

La ragazza si guardò intorno. La conosceva bene quella camera. Ricordava benissimo quando Ikuto aveva mangiato il cuore di quella donna. Quando era umana le aveva fatto schifo, ora che ci pensava invece aveva l'acquolina. Beh, dopotutto era un vampiro, no?

Sentì che la notte si stava avvicinando e che l'oscurità le donava le forze di cui aveva bisogno per poter portare a compimento quello che doveva fare. Si passò la lingua fra le labbra.

- Direi che è ora di cena...

  
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