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Autore: Kaori_chan2    21/10/2011    1 recensioni
[Autrice Originale: Kaori-chan2. Tradotta in italiano da Lou Asakura]
Nonostante Nami rispetti davvero Sanji per il suo kishido, non crede del tutto che non abbia mai l'impulso di calciare una donna. Dopotutto, anche un kishido deve avere qualche difetto. E Nami è impaziente di scoprire quali essi siano esattamente.
[Sanji x Nami interaction, One Shot]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Sanji
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: Questa fanfiction è una traduzione. L’autrice originale, Kaori-chan2, è tedesca ed ha originariamente pubblicato questa storia su fanfiction.net a quest’indirizzo.
A gestire l’account e ad aver operato la traduzione è Lou Asakura
(ovvero io ò_o). Questa fanfic mi ha colpito immediatamente, e data la carenza di Sa\Nami nel fandom italiano mi è sembrato carino farla leggere anche a voi >w< Alcune frasi risultano un po’ oscure, ma credo dipenda anche dal fatto che l’autrice originale non è di lingua madre inglese, oppure semplicemente non sono stata in grado di interpretarle nel modo giusto ;_;

Spero apprezziate il mio lavoro di traduzione e soprattutto quello di Kaori-chan2, che ha creato questa splendida storia <3.

***

 

Sanji era un idiota.

Era sicuro cosi com’è sicuro che le uova sono uova*.

Era talmente idiota che la parola idiota non era idiotica abbastanza da descrivere che assoluto idiota fosse. E Nami era sicura di non aver mai incontrato un tale completo, idiotico idiota in tutta la sua vita. Beh, con l’eccezione di Rufy forse, ma non c’era molto che il capitano potesse fare a proposito dell’essere idiota, perché l’essere idiotico faceva parte semplicemente della sua natura. Sanji, comunque, era un’idiota perché voleva esserlo. Ed era esattamente ciò che lo rendeva ancora più idiotico di quanto Rufy potesse mai essere.

Okay, era vero che Nami ammirava Sanji per la sua convinzione di non calciar mai una donna, ma era anche completamente sicura che il suo dannatissimo kishido** l’avrebbe ucciso un giorno o l’altro. La battaglia contro Kalifa del CP9 ne era stata la prova più lampante. Quella dannata donna quasi l’aveva ucciso, l’aveva umiliato trasformandolo in una sorta di bambola scintillante ed ancora Sanji si era semplicemente rifiutato di combatterla. Con la più idiota, ma allo stesso tempo più ammirevole scusa che Nami avesse mai sentito, “Anche se dovessi morire, io non calcerò mai una donna!

Ancora, Nami non riusciva davvero a credergli. Vero, Sanji non aveva mai fatto niente che la facesse dubitare del suo kishido, ma semplicemente non riusciva ad immaginare un ragazzo che non avesse mai l’urgenza di calciare o schiaffeggiare una donna se questa avesse provato a combatterlo. Dopotutto, Zoro per primo diceva a Nami tutti i giorni di avere l’impulso di ucciderla, e restava comunque un uomo rispettabile. Ad ogni modo, semplicemente non era riuscita a credere realmente nel kishido di Sanji. Doveva avere qualche difetto. Nessuno era in grado di tenere duro tutto il tempo. Dovevano esserci cose che una donna potesse fare in grado di fargli perdere il controllo. Semplicemente dovevano.

E poiché Nami era incredibilmente certa di quali cose lo facessero andare su tutte le furie nei confronti dei maschi della ciurma, prese una decisione: Doveva fare un tentativo. Vero, poteva significare star rischiando di prendere qualche calcio o schiaffo in faccia, ma voleva anche significare che non avrebbe mai più dovuto alzare un dito in vita sua, con Sanji che sarebbe rimasto per sempre a crogiolarsi nel rimorso.

Cosi Nami fece ciò che nessuna persona sana di mente, eccetto Zoro forse, avrebbe mai osato fare nel rivolgersi al biondo cuoco. Mise su un espressione irritata e tentò di suonare esattamente come lo spadaccino quando ringhiò, “Oi, sopracciglia a bersaglio.”

Sanji quasi lasciò cadere il coltello col quale stava tagliando le cipolle e si voltò verso la navigatrice, l’espressione del viso che mostrava puro sconcerto. “U-uh…” riuscì a balbettare dopo un attimo di scioccati battiti di ciglia. “S-si, Nami-san?” E poi si stampò un sorriso tremolante sulle labbra. Lei seppe istantaneamente che era falso, ma il fatto stesso che avesse provato era irritante allo stesso modo.

Nami soppresse l’istinto di battersi una mano sulla fronte. “Che diavolo? E’ ancora cosi gentile con me”, pensò snervata. Le sopracciglia si arricciarono ed incrociò le braccia intorno al petto, il viso quasi privo di emozioni. “Di quanto tempo ancora hai bisogno per preparare il nostro cibo, huh? Sono affamata, razza di… uhm, frocio”. Ack. Insultare Sanji era più difficile di quanto avrebbe immaginato.

Il cuoco la fissava in stato assoluto shock ed ebbe bisogno di qualche istante prima di scuotere il capo e reagire, rispondendo “Uhm, sarà pronto tra qualche minuto”. Il suo viso mostrava fin troppo chiaramente quanto lei lo stesse sconcertando in quel momento, non sorrideva neppure più.

“Spero non troppo”, sibilò Nami ed assottigliò gli occhi, letteralmente trafiggendo Sanji contro il muro col solo sguardo, “E se non sarà pronto in cinque minuti, tornerò qui e ti prenderò a calci nel culo, sono stata chiara, stupido chef?”

Sanji aggrottò le sopracciglia. “Uh… Nami-san,” disse molto lentamente, l’espressione trasformata in qualche modo in una preoccupata. “Non ti senti bene oggi? Mi sembri davvero… stressata.”

Nami non poté evitarsi di sbattere gli occhi, completamente sorpresa. “Che diavolo? Si sta preoccupando per me? Ho appena minacciato di prenderlo a calci nel culo, l’ho insultato, accidenti a lui, come può non essere arrabbiato?” pensò disperatamente. Davvero, cosa doveva fare una donna per farsi finalmente colpire da un uomo? Aspetta, adesso suonava semplicemente sbagliato. “Sto perfettamente bene!”, ringhiò sul suo viso, scimmiottando da perfetta attrice. “La tua faccia semplicemente mi irrita! Ed il tuo essere cosi dannatamente ingenuo mi irrita ancora di più! Tu… uh… uh… ero-cook!” L’unico sopracciglio visibile di Sanji si contrasse e Nami sorrise interiormente. Si sentì ancora più sicura della propria vittoria quando un angolo della bocca gli si sollevò, e l’espressione s’incupì in una arrabbiata. “Ha! Il suo kishido non poteva essere impeccabile!”

Ma proprio quando Nami pensava di aver portato il cuoco proprio dove voleva, lui la sorprese con qualcosa che non si sarebbe mai aspettata, quando sibilò furioso, “Quel bastardo buono a nulla di uno spadaccino, sto per massacrarlo!”

E con ciò si affrettò oltre la navigatrice che sbatteva le ciglia perplessa e si diresse verso la porta della cucina. “Eh?” Nami riuscì a biasciare, sbalordita. “Perché cosi all’improvviso?”

Sanji si voltò verso di lei, un’espressione furiosa sul viso mentre sbuffava, “Dimmelo, Nami-san!” Si chiese per un breve istante se stesse per bruciare tra le fiamme. “Quanto ti ha pagata quella testa di culo per farti dire queste cose, huh?”

Che diavolo?” pensò perplessa, “Chi gli ha dato quest’idea?” E perché stava incolpando Zoro adesso? Non era lei quella da biasimare? Assottigliò gli occhi, fissandolo senza capire. “Perché non sei arrabbiato con me, Sanji-kun?”, quasi urlò, senza più preoccuparsi di recitare. “Sono stata io a dire quelle cose! Io ti ho insultato! Perché non stai tentando di massacrare me?

Sanji sbatté gli occhi per un breve istante prima che un sorriso incantevole gli sbucasse sul viso. “Perché tu sei Nami-san”, disse, come se fosse la cosa più normale del mondo ed ogni umano dovesse conoscerla. “Non potrei mai arrabbiarmi con te, neppure se volessi”.

HA!” Nami strillò e puntò l’indice verso di lui. “Allora tu vuoi arrabbiarti con me dopotutto!”.

Il cuoco sorrise lievemente perplesso. “Che cosa vuoi dire?”

Lei sospirò esasperata. “Voglio dire”, disse con decisione, “che dovresti provare a mostrare ciò che provi, Sanji-kun”.

“Ma io sto mostrando ciò che provo per te e Robin-chan”, disse Sanji con semplicità e sorrise. “Lo faccio ogni giorno e lo farò per sempre”.

“Non quel tipo di sentimenti, duh!” schioccò Nami e si portò una mano alla fronte, scuotendo il capo con un sospiro forzato. “Dio, sei un tale idiota”. Quando il biondo si limitò a fissarla inquisitorio, grugnì. “Ogni tanto non vorresti liberarti? Tipo, dirmi ciò che pensi davvero di me dritto in faccia?”

Sanji sbatté gli occhi confuso. “Ma tu sai cosa penso di te, Nami-san,” disse. “Penso che tu sia bellissima, affascinante, carina, amabile, incantevole, eccitante, sexy-“

“Non è quello che intendevo,” lo interruppe duramente, puntando le mani sui fianchi. “Cavolo, non hai mai voglia di urlarmi contro? Dirmi quanto io sia una stronza perché colpisco voi ragazzi in continuazione o cose del genere? Dirmi di andare al diavolo quando ti faccio arrabbiare?”

“Tu non mi fai mai arrabbiare”, affermò quasi inorridito, gli occhi spalancati.

Gli occhi di Nami si assottigliarono. “Non credo a una parola”.

“Ma è vero, Nami-san. Una dea come te non potrebbe mai farmi arrabbiare, qualunque cosa faccia”.

“Perciò”, disse, “stai tentando di dirmi che non senti mai l’impulso di colpirmi? Neppure quando ti ho chiamato frocio prima? O quando ti ho detto che la tua faccia mi irrita?”. I suoi occhi lampeggiarono con sufficienza.

Sanji la guardò sinceramente scioccato. “Diavolo, no”, disse con puro orrore. “Perché dovrei anche solo considerarlo?

Nami fece un passo deciso nella sua direzione. “Che faresti se ti dicessi che il tuo cibo fa schifo?” domandò. Quello doveva colpire un nervo. Nulla era più sacro per Sanji del suo cibo.

Il cuoco arricciò il naso. “Sarei deluso e triste, credo”, disse quietamente evitando il suo sguardo. “Ma non ti calcerei o urlerei o qualcosa del genere”.

Questo ragazzo non può fare sul serio, semplicemente non può. Nessuno poteva essere cosi tanto idiota, era impossibile essere cosi totalmente stupidi. Doveva esserci qualcosa che una donna potesse dire o fare in grado di fargli perdere le staffe. “E se io ti trattassi davvero, davvero nel modo più lurido possibile”, continuò Nami facendo un altro passo. “Tipo, calciarti in giro, insultarti appena posso, sputare sul tuo orgoglio o cose del genere?”

“Mi sentirei una merda, certamente” ammise Sanji onestamente ed annuì, pescando una sigaretta dal suo taschino ed accendendola. “Ma ancora nessuna ragione per calciare una donna”.

Non posso credergli!” pensò Nami basita, sbattendo le palpebre. Ma aveva ancora qualche scenario nella manica. Che lei fosse dannata se quelli non avrebbero fatto perdere a Sanji le staffe. “Okay”, annunciò con un sorriso malizioso, “Immagina una guerra orribile. Io sono l’unica responsabile per l’intero casino e tu sei l’unico in grado di sconfiggermi. Allora cosa farest-

“Rifiuterei”, Sanji l’interruppe con calma, ma allo stesso modo determinato, soffiando il fumo attraverso le labbra.

Gli occhi di Nami si spalancarono per lo shock e prese a sbattere le palpebre come fosse impazzita. “Co-Cosa? Rifiuteresti?” Quando vide Sanji annuire, aggiunse “Lasceresti un intero continente cadere semplicemente per non dover sconfiggere una donna? Lasceresti tutte quelle persone morire semplicemente per il tuo kishido?”.

Sanji sbuffò dalla sigaretta, con indifferenza, e fece spallucce. “Se si parla di te, allora si. Farei a pezzi l’intero mondo se tu me lo chiedessi,” disse, e lo fece con un tono talmente serio che un brivido le corse lungo la spina dorsale. Si stava prendendo gioco di lei, ne era sicura. Non poteva davvero voler dire quello. Poi, gli occhi di lui lampeggiarono di comprensione. “Nami-san”, mormorò, “E’ a proposito del combattimento con la donna del CP9, non è cosi?”

Istintivamente, gli occhi si assottigliarono in furiose fessure quando ricordò quanto duramente Sanji si fosse ferito, quanto preoccupata lei fosse stata e quanto disperatamente avesse avuto bisogno di sconfiggere quella stronza senza pietà, per lui. “Certo che è a proposito di quel combattimento, imbecille!” disse seccata digrignando i denti, nonostante la sua ira non fosse davvero diretta a Sanji. “Il tuo stupido kishido ti ha quasi ucciso, Sanji-kun! Come puoi davvero aspettarti che io lo capisca?” Fece una pausa per un breve istante e continuò con espressione accigliata ed una voce più quieta, “Nonostante io ti rispetti davvero, davvero per la tua convinzione di non alzare mai una mano su una donna nel modo sbagliato, ancora non riesco a capirti. Semplicemente non posso. Vuoi davvero morire per il tuo kishido, un giorno? E’ questo che vuoi?”

Sanji la fissò con gli occhi spalancati, un po’ intontito. E poi, lentamente ma con sicurezza, un sorriso s’insinuò sulle sue labbra. “Heh,” ridacchiò all’improvviso.

Questo fece abbassare la guardia al navigatore, che boccheggiò “Che c’è di cosi divertente?”

“Niente”, replicò il biondo e scrollò il capo, ancora ridacchiando. “Sono solo felice che tu sia preoccupata per me, Nami-san. Ma, davvero, non devi. Non ho intenzione di morire per il mio kishido.” Le sorrise. “Non prima di aver trovato l’All Blue”.

“E dopo di ciò?” domandò Nami in un sussurro, un altro scenario che le si presentò in mente. “Che faresti se io tentassi di ucciderti dopo aver trovato l’All Blue? Mi lasceresti fare? Davvero ti lasceresti uccidere da me senza combattere?”

Sanji si accigliò con espressione ansiosa. “Nami-san, perché stai anche solo suggerendo una cosa del genere?”

La navigatrice strinse i pugni e si morse il labbro inferiore. “Perché voglio sapere cos’è che ti fa perdere le staffe”, replicò, determinata.

“Quindi basicamente vuoi sapere se il mio kishido ha qualche difetto?” domandò, sollevando il sopracciglio visibile. Quando vide Nami annuire speranzosa, sospirò e le sorrise. “Ti dirò un segreto allora”, disse dolcemente, e lei istantaneamente drizzò le orecchie. “Quando eravamo su quell’edificio ad Enies Lobby e Robin-chan ci ha detto di voler morire, ho pensato che l’avrei certamente schiaffeggiata se le fossi stato abbastanza vicino”. Il respiro di Nami crebbe rumorosamente e lui scrollò le spalle. “Il suo grido era semplicemente troppo insensato per non arrabbiarmi. Ho avuto l’impulso di urlarle e dirle quanto si stesse comportando da  bambina agendo cosi… Urlarle per non aver avuto fiducia in se stessa ed in noi. Mi sono sentito davvero incazzato, deluso, triste e… ho sentito l’impulso di schiaffeggiarla. Mi sento male per averci pensato, però”. La navigatrice lo fissò il silenzio e Sanji le sorrise un po’ imbarazzato. “Perciò, ecco che hai il tuo difetto, Nami-san”, disse con una quieta risatina.

Nami era scioccata, semplicemente scioccata. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato cosi facile spremere il cuoco, invece lui era li, a parlargliene come fosse cultura generale. Quindi tutto ciò che doveva fare era chiedergli dei difetti? Perché si era preoccupata di insultarlo e mettere su quella scenata? Alla fine, sorrise, comprendendo l’enigma. “Perché Sanji-kun è imperscrutabile”, pensò e sospirò, scuotendo il capo. “Sei davvero un idiota, Sanji-kun” sussurrò a se stessa ed aggiunse, a volume inudibile “Ma ammiro l’idiota che sei”.

Sanji sbatté gli occhi. “Hn? Hai detto qualcosa, Nami-san?”

La navigatrice fece un cenno con la mano e gli sorrise. “Niente, niente. Sono solo lieta che il tuo kishido non sia perfetto come ho sempre immaginato che fosse”, ridacchiò. Avrebbe dovuto aspettarselo.

Il biondo le rivolse un largo sorriso. “Anche un kishido ha qualche difetto”, disse.

“E’ una buona notizia”, Nami gli assicurò mentre camminava verso di lui, accarezzandogli la spalla. Comunque prima che potesse uscire dalla cucina, fu costretta a fermarsi quando Sanji disse qualcosa che fece battere il suo cuore sorprendentemente più veloce.

“Ma, Nami-san, non ho mai avuto l’impulso di schiaffeggiare te”.

La donna dai capelli arancio si voltò, un’aria basita sul viso, le guance tinte della più leggera sfumatura di rosa. Dopo un istante di silenzio a fissare la schiena di Sanji senza parole, sentì la sua voce domandare, più calma che poté “E-e perché no?”. Il suo sguardo si gettò sul terreno. “Voglio dire, sto continuamente a lagnarmi in giro e cose del genere. Zoro mi dice ogni giorno di andare al diavolo. E sono sicura che addirittura a Rufy piacerebbe colpirmi qualche volta”.

“Te l’ho già detto”, disse Sanji e si voltò verso di lei con un largo sorriso. “Tu sei Nami-san. Non potrò mai arrabbiarmi per le cose di te che amo cosi tanto.”

Nami sentì le guance infiammarsi e si voltò rapidamente in modo che il cuoco non notasse che credeva veramente a ciò che aveva detto. “Era troppo per il tuo kishido avere qualche difetto. Era troppo bello per essere vero, comunque” disse rapidamente col suo solito tono burbero ma amichevole.

“Oh, ha dei difetti”, ridacchiò Sanji. “Semplicemente non quando si parla di te. Quando si parla della mia Nami-san senza difetti, anche il mio kishido lo è”.

“Di che stai parlando, Sanji-kun?” domandò Nami quando si voltò nuovamente. “Io non sono di certo senza difetti. Nessuno lo è”.

Il cuoco scrollò le spalle, sorridendole. “Questo può essere vero quando sono gli amici e la famiglia a giudicarti”, disse. “Ma per l’uomo che ti ama, tu sarai sempre senza difetti. Perché i tuoi difetti sono il motivo per cui ti ama”. Il suo sorriso si allargò in una risata quando le disse, ardentemente, “E per me, tu sei senza difetti”.

A quel punto, Nami arrossì tanto da divenire scarlatta, gli occhi dilatati per lo shock. Stava davvero tentando di dirle ciò che lei pensava che fosse? Non sapeva cosa fare, per non parlare di cosa rispondere, perciò optò per ciò che faceva di solito mormorando, “Sei davvero un idiota, Sanji-kun”. E con ciò si voltò ed afferrò il pomello della porta, mentre il cuoco si domandava se avesse detto qualcosa di sbagliato.

Ma, d’improvviso, il kishido di Sanji non le pareva più tanto stupido. Non del tutto. In verità, adesso lo ammirava soltanto di più. La mano si arrestò sul pomello, si morse il labbro inferiore tentando di calmare il rapido battito del cuore. A dire il vero, il suo kishido era piuttosto straordinario dopotutto. A dire il vero, Sanji era piuttosto straordinario dopotutto. Straordinario per lei abbastanza da…

Sorrise con un sospiro. In realtà, lei era stata la vera idiota per tutto quel tempo. “Grazie, Sanji-kun”, mormorò.

Sanji drizzò le orecchie, confuse. “Huh? Per cosa?”

Nami gli sorrise da oltre le spalle. “Per quel tuo stupido kishido”.

A dire il vero, il più grande difetto di Sanji era ciò che lo rendeva cosi impeccabile ai suoi occhi.

 

 

 

Owari

 

 

Note di traduzione:

*: Idioma che significa letteralmente “assolutamente sicuro”, “certezza assoluta” eccetera XD.
**: Kishido vuol dire “Cavalleria” in giapponese. Avrei potuto tradurlo in italiano, ma ho preferito rispettare il volere dell’autrice originale e lasciarlo cosi <3.

 

Note di Kaori-chan2:

E’ venuta fuori meglio di come pensavo. In verità mi piace questa one-shot O.o E anche parecchio. E’ spaventoso. No, aspetta, non dovrebbe essere cosi. xD

Uhm, ad ogni modo, mi è piaciuto davvero il modo in cui ho presentato Sanji e Nami. Potete arrabbiarvi con me per come ho rappresentato Sanji e gli ho fatto dire di aver sentito il bisogno di colpire Robin quando ha affermato di voler morire, ma è in questo modo che io vedo lui ed il suo kishido.

E semplicemente non ho potuto resistere dal dare a questa fanfic una fine fluffosa. xD Ho davvero, davvero provato, ma ho fallito cosi miseramente. E’ solo che, ARGH, questa coppia è cosi adorabile e tutto il resto, lo sapete? -.-

Perciò in ogni caso spero che vi sia piaciuta e se l’ha fatto, sentitevi liberi di lasciare qualche commento. :)

  
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