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Autore: FreedomForFree    21/10/2011    1 recensioni
Ebbene si; è un vaneggino un pò contorto e depresso...io l'ho sempre detto che sono l'unica che può capire quello che scrivo. Comunque è un pensiero di una situazione attuale che mi abbatte decisamente. Godetevi il mio "primo lavoro" e siate clementi :DDD
Godetevi il mio "primo lavoro" e siate clementi :DD
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Eppure è frustrante. Non sono mai stata la brava bambina per eccellenza; certo, “Sei proprio un maschiaccio!!!” mi dicevano sorridenti, ed io, felice come non mai, facevo il maschiaccio. Ma il mondo cambia, e con lui, lente e sempre più cupe, anche le persone. Sono cambiata, si, ora sono una signorina (mia sorella trova divertente chiamarmi così)…ma quante responsabilità ha effettivamente portato? E’ frustrante. Frustrante non poter far più conto sull’infantilità, frustrante essere diversa, frustrante provare ad essere felici. Per quanto la chiesa mi stia stretta, dice che i bambini siano i più puri. Forse perché nel loro piccolo non esiste rancore, desiderio…esiste solo la coscienza del male e del bene. Coscienza che si sbriciola, insieme alla mia autostima. Non farò la ragazza vissuta, non ne ho passate così tante. Quel che mi è accaduto però, basta e avanza. Probabilmente chi mi conosce non noterebbe mai il mio “autodistruttivismo controllato”. Citando Nietzsche, gli attori non provano il sentimento che esprimono; sarebbero perduti se lo facessero. Forse, in questo caso la felicità non farebbe male. Non sto parlando della felicità di un sette in matematica; io parlo della felicità vera, che ti fa sentire vivo. Come se sentissi che, ogni piccolo desiderio, ogni progetto si sia realizzato. Che ogni fibra del tuo corpo vada a ritmo con i tuoi pensieri. Sono stanca di essere stanca. Di essere stufa di quello che sta accadendo, stanca di non sentirmi all’altezza, di non esserlo affatto. Non è nemmeno come se tutto mi remasse contro; ironicamente, l’unica che lo sta facendo sono io. E come se sapessi di poter dare di più, dando già tutta me stessa. Ciò che faccio non è sufficiente ma è il massimo. Dì quello che vuoi, dì che valgo di più, dì che non mi riconosci…sono tutte cose che già so. Ed è proprio la consapevolezza che porta dolore. La consapevolezza di poter essere di più. Di più della piccola puttanella che tutti vedono dietro i capelli rossi e il trucco, di più di tanti altri, ma mai più di quello che ti aspetti. Io sono così e le volte che ho dato il massimo non sei nemmeno riuscita a complimentarti. “Sai cosa…potevi fare di più?”. Lo so benissimo. E allora perché non lo faccio, perché rimango intrappolata in questa cazzo di gabbia di mediocrità? Forse pretendo troppo da me stessa, forse pretendi troppo. Ma no, non si può mai pretendere troppo. Quindi di nuovo perché? L’unica cosa che riesco a chiedermi è perché. Un perché generale; perché non raggiungo niente, perché mollo qualsiasi cosa faccia, Perché non riesco in ogni cosa faccia… Anche in questo pensiero, confido che almeno qualcuno lo legga, ho dovuto fallire. Questa è la realtà che mi accompagna e mi deride; La mediocrità è la melma in cui sguazzo, inerme, incapace di risollevarmi. Sono debole. Insicura. Distrutta.
  
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